CAPONSACCHI, Gherardo
Figlio di Caponsacco, fu uno dei membri più illustri dell'antica famiglia fiorentina che Dante dice discesa da Fiesole (Parad., XVI, 121)e che fece parte del gruppo dirigente che dette origine al Comune di Firenze, nel corso del sec. XII. La data di nascita del C. deve probabilmente collocarsi intorno alla metà del sec. XII o poco oltre.
Suo padre fu con ogni verosimiglianza quel Caponsacco che si incontra tra i presenti al giuramento prestato il 5 maggio 1172da alcuni Samminiatesi, a nome del loro Comune, di aiutare Pisani e Fiorentini contro le forze fedeli all'imperatore Federico I; mentre potrebbero essere il C. e il figlio i nobili Gherardo e Caponsacco che stipulano alcuni patti con i socii di altre case-torri esistenti presso la chiesa di S. Maria in Campidoglio a Firenze il 19 genn. 1179.
Le prime notizie sull'attività politica del C. risalgono al 1183: l'8 marzo di questo anno egli fu infatti console di giustizia di Firenze insieme con Gianni de Filippola. Non siamo in grado di stabilire ora se egli svolgesse in questa carica funzioni di giurista o di politico, ma la natura dell'organo, prevalentemente politica, e la successiva carriera del C. fanno propendere per la seconda ipotesi. Pertanto, in base a questa constatazione, non possiamo neppure verificare l'ipotesi che egli avesse avuto una formazione giuridica.
Nel 1193 il C. venne eletto podestà di Firenze: è questa la prima volta che tale ufficio, d'importanza preminente, viene ricordato dai cronisti fiorentini. A giudicare dai consiglieri eletti insieme col C., e appartenenti tutti al partito filoimperiale, si può concludere che gli sviluppi della situazione politica della città toscana agli inizi dell'ultimo decennio del sec. XII rappresentarono il trionfo di un gruppo familiare e sociale che nel C. e nella sua famiglia trovarono la propria guida autorevole sulla base di una solida struttura economica fondata sul possesso delle terre e di tutti i simboli di un antico e radicato potere sia tra le mura cittadine che nel contado. L'appoggio dell'imperatore garantiva, comunque, la sopravvivenza di tale gruppo politico ed in particolare del suo capo, il C., dinanzi a qualsiasi minaccia di sconvolgimenti interni provocati da altre consorterie e da altre forze sociali. Sotto la podesteria del C., verso la metà del 1193, Firenze manifestò di nuovo la volontà di estendere il suo dominio sul territorio circostante: il 14 luglio sottomise il castello di Trebbio, poco distante da Siena e corrispondente all'attuale Castellina in Chianti. L'atteggiamento favorevole all'Impero caratteristico dell'amministrazione del C. riemerge anche in tale occasione, in quanto la conquista fu preceduta da una dichiarazione nella quale si garantiva il rispetto dei diritti dell'Impero.
Nel 1196 a Firenze tornavano al potere i consoli. Dallo svolgimento successivo dei fatti si arguisce che tale cambiamento di regime aveva coinciso col riaffiorare in tutta la sua asprezza del contrasto tra gli interessi cittadini e quelli imperiali. L'anno seguente le città della Tuscia stipularono la lega di San Genesio per difendersi da ogni insidia che potesse provenire dall'imperatore: anche Firenze vi ebbe parte, essendovi rappresentata, tra gli altri, da numerosi ex partigiani dell'Impero. Alcuni di quest'ultimi entrarono nel Consiglio cittadino che venne eletto nello stesso anno. Il C., invece, con maggiore coerenza e dignità non intese riconoscere subito il nuovo regime al punto di collaborare con esso. Dovette comunque prestare, come tutta la cittadinanza, giuramento per il sestiere di Porta S. Pancrazio, accanto a quello di un altro membro della famiglia, Benedetto (15 genn. 1198). Ma dopo breve tempo il C. ritornò alla vita politica e si riconciliò con le forze al potere: il 23 nov. 1200 fu presente come testimone al giuramento che diversi nobili del Volterrano e delle terre confinanti del Senese prestarono all'indomani della cattura di Ildebrandino di Querceto da parte di Firenze, per garantire che essi non avrebbero portato la guerra contro quest'ultima ed in aiuto di Semifonte. Trascorsi alcuni mesi, il 27 apr. 1201 il C. presenziò ad un altro giuramento, al quale presero parte gli uomini di Colle, impegnandosi anch'essi a non aiutare i Semifontesi contro i Fiorentini. Egli fu dunque tra i protagonisti degli avvenimenti diplomatici che precedettero la distruzione di Semifonte, preparando il suo progressivo isolamento dagli altri centri della Tuscia.
Per alcuni anni non abbiamo più notizie del C.; il senese Gherardo Caponsacchi che il 19 ott. 1208 giurò pace e concordia con il Comune di Firenze insieme con molti altri suoi concittadini non è evidentemente da confondersi con l'omonimo e coevo uomo politico fiorentino, quantunque si debba far qui notare che la sua posizione di rilievo in Siena, quale proprietario di terre presso le mura e quale titolare di un cospicuo patrimonio, lo faccia ritenere probabilmente appartenente alla stessa famiglia.
Nell'autunno del 1212 il C. era podestà di Bologna. Dopo la partenza di Ottone IV di Brunswick dall'Italia, nel gennaio di quell'anno, era scoppiata la guerra tra Bologna e Pistoia. Firenze non aveva ritenuto opportuno lasciarsi coinvolgere in questo conflitto; con ogni probabilità fa proprio per questo motivo che i Bolognesi chiamarono come podestà due fiorentini, il C. e Catalano della Tosa, che era stato podestà di Arezzo. Si potrebbe tuttavia avanzare l'ipotesi che la nomina mirasse ad indebolire la posizione politica di Pistoia, la quale in definitiva fu la più danneggiata dalla guerra. Tra il settembre e il novembre il C. ed il suo collega e concittadino rappresentarono il Comune bolognese dinanzi a Lotario, arcivescovo di Pisa, che era stato scelto come arbitro tra le due città. Nel dicembre essi risultano ancora in carica: compaiono infatti come arbitri in una lite avente per protagonista l'abate di Santo Stefano, Azzo, e originato da una condanna subita dal suo monastero al tempo del podestà Guglielmo da Pustierla.
Il C. aveva acquistato fama di politico autorevole nel mondo comunale del secondo decennio del XIII secolo, negli anni in cui la crisi dell'Impero permetteva lo sviluppo delle autonomie cittadine: infatti, nel 1214 egli fu chiamato a svolgere le mansioni di podestà di Verona, mentre nell'anno seguente, in settembre, fu investito della stessa carica in Todi. Negli anni successivi, tuttavia, iniziò il declino della sua carriera politica, probabilmente anche a causa dell'avanzare della età. Le ultime notizie che abbiamo di lui lo riportano nella città natale e nel contado circostante. Nel 1224, camerlengo del Comune a Firenze, si mise in luce in occasione di un importante provvedimento. Lo sviluppo della città favoriva ed incoraggiava l'occupazione del suolo pubblico, al punto che il Comune avvertì l'esigenza di provvedere alla revisione dei conti rimasti in sospeso con i privati e alla ricognizione dei rispettivi diritti. Il camerlengo che portò all'ordine del giorno tale problema avviando questa revisione fu il C., le cui tendenze ghibelline non gli impedivano evidentemente di svolgere tali delicate mansioni al servizio del Comune, per quanto il guelfismo avesse ormai preso il sopravvento nel popolo fiorentino. L'anno seguente, il 9 febbraio, le fonti a noi note citano, per l'ultima volta, il C., testimone di una controversia, a San Godenzo nel Mugello, tra i figli del conte Guido Guerra da una parte, e dall'altra Paolo Traversari di Ravenna, loro parente in linea femminile.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Diplomatico,Riformagioni,atti pubblici, 1198 genn. 15, 1225 febbr. 9; P. Santini, Documenti sull'antica costituzione del Comune di Firenze, Firenze 1895, pp. 31 n. XX, 61 n. XXXIII, 65 n. XXXV, 169 n. LIX, 224 n. III, 363 n. 1; 520 n. 3; G.Richa, Notizie istoriche delle chiese fiorentine divise ne' suoi quartieri, II, Firenze 1755, p. 50; P. Villari, I primi due secoli della storia di Firenze, Firenze s.d., pp. 147, 149, 155; L. Savioli, Annali bolognesi, Bassano 1789, II, 2, pp. 289, 329 s., 332, 334 ss.; M. Sarti-M. Fattorini, De claris Archigymnasii Bononiensis professoribus, Bononiae 1888-96, I, p. 643; R. Davidsohn, Storia di Firenze, Firenze 1956, I, pp. 886 ss., 913 ss., 917 ss.; II, pp. 38, 144; V, p. 200; E. Fiumi, Fioritura e decadenza dell'economia fiorentina, in Arch. stor. ital., CXVII(1959), p. 492 n. 299. Sul Gherardo Caponsacchi senese si veda: Archivio di Stato di Siena, Diplomatico, 1222 dic. 14; Il Caleffo vecchio del Comune di Siena, a cura di G. Cecchini, Siena 1934, II, nn. 602, 637.