CANIGIANI, Gherardo
Nato a Firenze intorno al 1370 da Iacopo, risulta immatricolato nell'arte del cambio. Fu banchiere, mercante e uomo politico di primo piano all'epoca del predominio degli Albizzi. Nel 1393 appare come procuratore di Tebaldo Guerriero de' Rossi, quando costui rinunziò al suo stato di magnate per farsi popolano. All'incirca in questo periodo di tempo dovette sposarsi con Lena di Filippo di messer Rinieri di Villanova. La sua prima carica politica di un certo rilievo fu quella di capitano di Pistoia, che egli ricoperse nell'aprile del 1408.
Dopo l'occupazione di Pisa da parte di Firenze nel 1406, il C. fu tra gli operatori economici fiorentini che impiantarono rilevanti attività economiche nella città tirrenica. Il C. e suo fratello Antonio vi svolsero attività bancaria e commerciale: trafficavano in stoffe, lane inglesi e spagnole, seta e pellami. Intorno al 1420 i due fratelli erano in società con Bartolomeo Spinelli. Il C. inoltre consolidò la sua posizione economica nel Pisano acquistando dalla famiglia Gambacorti una vasta proprietà a Fabrica, nel contado. Nel 1409 fu uno degli ambasciatori fiorentini a Pisa, e della cittadella di Pisa fu nominato capitano nel 1412. Dal 1416 al 1422 risiedette spesso nella città tirrenica, ricoprendovi importanti cariche politiche: riformatore nel 1416, commissario nel 1418, capitano nel 1419, e finalmente nel 1422 console del Mare.
Il C. fu infatti uno dei primi dei consoli del Mare che vennero istituiti da Firenze nel 1421 per sovrintendere alla creazione di una marineria fiorentina di Stato; e in tale veste si recò a Livorno, il 22 luglio 1422, ad ispezionare le prime due galee fiorentine in partenza per Alessandria di Egitto, sulle quali si trovavano gli ambasciatori della Repubblica Felice Brancacci e Carlo Federighi. Oltre agli incarichi politici ricoperti a Pisa, il C. svolse in questo periodo di tempo importanti funzioni anche nella stessa Firenze e nel territorio che da essa dipendeva. Priore a Firenze nel 1410, podestà di Prato nel 1412 e nel 1413, vicario di Valdelsa nel 1415, fu per due volte gonfaloniere di Giustizia: nel bimestre luglio-agosto 1420, e nel bimestre novembre-dicembre 1423. Fu quindi capitano di Castrocaro nel 1424 e nel 1427. Subito dopo il suo primo gonfalonierato fu tra gli otto ambasciatori nominati dal governo fiorentino per accompagnare il pontefice Martino V nel suo viaggio verso Roma. Morì a Castrocaro nel 1427.
Negli ultimi anni della sua carriera politica il C. si costituì un notevole patrimonio fondiario comprando proprietà in Val d'Ema, nel contado di Arezzo e nella Maremma nei pressi di Bibbona, che si vennero ad aggiungere ai beni che egli già possedeva nel territorio di Pisa. Abitava nella parrocchia di S. Felicita Oltrarno. Dal suo matrimonio con Lena di Filippo di messer Rinieri ebbe quattro figli: Bernardo, nato intorno al 1395; Iacopo, nato nel 1397; Tanna, nata nel 1412; e Filippo, nato nel 1414.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Tratte, 66, ff. 8, 25, 38; 67, ff. 6, 11; 134, passim; Catasto 15, f.240; 64, f.60; Firenze, Biblioteca nazionale, Carte Passerini 186, n. 77; 219, n. 19; Carte poligrafo Gargani 471; Archivio di Stato di Pisa, Archivio del Comune, B, 23 bis, 24, 27, 28, passim; Commissioni di Rinaldo degli Albizzi per il Comune di Firenze,dal 1399 al 1433, a cura di C. Guasti, Firenze 1867-1873, I, pp. 184, 310; Istorie fiorentine di Marchionne di Coppo Stefani, in Delizie degli eruditi toscani, XIV (1781), p. 282; I. Salviati, Cronica,ibid., XVIII (1784), p. 338; G. Morelli, Ricordi,ibid., XIX (1785), p. 52; G. Cambi, Istorie fiorentine,ibid., XX (1785), pp. 152 s.; Diario di Felice Brancacci ambasciatore con Carlo Federighi al Cairo per il Comune di Firenze (1422), a cura di D. Catellacci, in Archivio storico italiano, s. 4, VIII (1881), p. 160; F. Melis, Aspetti della vita economica medioevale, I, Firenze 1962, tav. XXXI; M. E. Mallett, The Sea Consuls of Florence in the Fifteenth Century, in Papers of the British School at Rome, XXVII (1959), p. 158; Id., The Florentine Galleys in the Fifteenth Century, Oxford 1967, p. 23.