GHERARDI, Cristofano, detto il Doceno
Nacque a Borgo Sansepolcro nel novembre del 1508 da Guido di Francesco, a detta di Giorgio Vasari (pp. 214, 243) di famiglia nobile e agiata.
Fonte principale per la conoscenza del G. rimane ancora oggi la vita scritta da Vasari, del quale egli fu uno dei più stretti collaboratori. A sedici anni, quindi presumibilmente nel 1524, già dedito alla pittura e particolarmente abile nelle raffigurazioni di animali, entrò nella bottega di Raffaellino del Colle. A Sansepolcro ebbe modo di conoscere anche Giambattista di Iacopo, noto come il Rosso Fiorentino, che soggiornò in questa città tra il 1527 e il 1529 circa, impegnato a dipingere la Deposizione per la chiesa di S. Lorenzo e il Cristo in gloria per il duomo di Città di Castello. Se l'alunnato presso Raffaellino condizionò visibilmente il suo linguaggio pittorico, l'incontro con il Rosso non sembra aver lasciato tracce profonde. Nella stessa occasione incontrò per la prima volta Vasari, anch'egli attratto a Sansepolcro dalla presenza del Rosso Fiorentino.
Nel 1529-30 il G. si arruolò come soldato al seguito del condottiero di Sansepolcro Giovanni de' Turrini, impegnato nella guardia di Firenze, assediata dalle truppe imperiali e pontificie. Concluso l'assedio nel 1530, passò sotto il comando del nobile condottiero di Città di Castello Alessandro Vitelli, comandante della guardia fiorentina. Vitelli venne a conoscenza delle qualità artistiche del G. tramite Battista della Bilia, pittore e soldato di Città di Castello, e in quella occasione ebbe dal G. un dipinto. Decise quindi di affidare al G., allo stesso Battista della Bilia e a un altro "Battista similmente da Città di Castello" (Vasari, p. 215) la decorazione di una sua residenza allora in costruzione a Città di Castello, oggi identificata con il palazzo Vitelli alla Cannoniera. Ma il progetto non ebbe seguito, e il G. si stabilì a Firenze, riprendendo la sua attività artistica presso Vasari e rimanendovi in qualità di collaboratore per circa un anno, probabilmente tra il 1533 e il 1534.
Fu Vasari che lo coinvolse nuovamente nella decorazione di palazzo Vitelli a Città di Castello, dove lo condusse nel 1534 circa, insieme con gli architetti Antonio da Sangallo e Pier Francesco da Viterbo, convocati per intervenire sulle mura pericolanti dell'edificio. Secondo Vasari, il G. e il già ricordato Battista da Città di Castello eseguirono su suo disegno alcune decorazioni per le facciate, per una stufa e i fregi di alcune stanze.
La partecipazione del G. alla decorazione di palazzo Vitelli alla Cannoniera è oggi accettata dalla critica, ma con pareri diversi riguardo agli specifici interventi. Accolta perlopiù la paternità delle grottesche a graffito che ornano le facciate esterne, avvicinate alle grottesche fiorentine di Andrea Feltrini (Ronen, 1975). Lo stesso dicasi per la voltina a grottesche del secondo pianerottolo dello scalone, per i fregi a grottesche al piano nobile nelle sale II, V, VI, nonché per le grottesche con paesaggi della sala VIII e del salone. Al pianterreno il G. sarebbe intervenuto con le grottesche delle sale XIV e XV e della stufa. Recentemente è stato aggiunto anche un Fregio con armi nella sala VII al piano nobile; mentre è stata respinta la sua paternità per la decorazione delle volte dello scalone, assegnata a Battista da Città di Castello o a Nicola Filotesio (Cola dell'Amatrice). Gli interventi del G. sarebbero da dividere in due fasi: la prima, nel 1534, sotto l'egida di Vasari, la seconda, nel 1537-38, da solo o con altri collaboratori (Ronen, 1975; Mancini, 1987).
Il G. quindi non ripartì con Vasari ma dovette fermarsi a Città di Castello e forse tornare in seguito a Borgo Sansepolcro. Nel 1536 il G. venne nuovamente chiamato da Vasari a Firenze come aiuto, insieme con Raffaellino del Colle e Stefano Veltroni, nell'allestimento degli apparati per l'ingresso di Carlo V. Nel mese di maggio dello stesso anno, partecipò anche agli apparati per le nozze del duca di Firenze Alessandro de' Medici con Margherita d'Austria, per i quali Vasari ricorda, in particolare, uno stemma per la duchessa eseguito dal Gherardi. Nel 1537, in seguito all'uccisione di Alessandro de' Medici, il G. si trovò coinvolto, sembra suo malgrado, in un complotto antimediceo che gli costò la messa al bando dal territorio fiorentino, l'esilio dalla natia Sansepolcro e la rinuncia alle committenze in area toscana. Secondo Vasari, Alessandro Vitelli non volle intervenire in suo favore per legarlo ai lavori di Città di Castello: a questa circostanza potrebbe forse collegarsi la seconda fase della decorazione del palazzo Vitelli alla Cannoniera.
Nel 1537-38 circa il G. lasciò Città di Castello per trasferirsi con altri fuoriusciti nella località poco lontana di San Giustino. Qui iniziò a decorare alcuni ambienti del castello Bufalini (il probabile committente è stato identificato con Giulio Bufalini: Ronen, 1968).
La decorazione del castello Bufalini comprende otto ambienti affrescati con soggetti mitologici e grottesche. Fu eseguita dal G. in più riprese dal 1538 circa al 1554 e frequentemente interrotta dalle chiamate di Vasari o da altre committenze in area umbra. Costituisce la testimonianza principale dell'attività autonoma del G.; ma particolarmente complessa è la datazione dei singoli ambienti, vista l'assenza di documenti, la scarsa precisione di Vasari e la conoscenza ancora approssimativa dell'evoluzione pittorica del Gherardi. Inoltre, le citazioni da opere romane di Raffaello e della sua scuola che vi compaiono potrebbero derivare da incisioni e non necessariamente dal soggiorno romano avvenuto con sicurezza solo nel 1543. Alla prima fase decorativa potrebbero risalire le decorazioni nella sala di Apollo e nella stufetta che mostrano ancora una certa rigidità esecutiva (Id., 1993).
Nel 1539 Vasari chiamò ancora il G., insieme con (Giovan) Battista Cungi, per coadiuvarlo nella decorazione del refettorio olivetano di S. Michele in Bosco presso Bologna, dove furono raggiunti da Stefano Veltroni. Secondo Vasari, il G. si distinse eseguendo a gara con Veltroni le grottesche sulle pareti e i festoni vegetali intorno alle finestre. Suoi sarebbero anche alcuni "casamenti" in due delle tavole a olio e "l'apparecchio del mangiare" (p. 222) nella tavola con la Cena di s. Gregorio. Una caduta dai ponteggi ne limitò infine la partecipazione.
Le indicazioni vasariane sono state a volte contestate dalla critica; inoltre la mano del G. è stata ravvisata anche negli ovali con Storie dell'Apocalisse e nelle Vedute di conventi olivetani, affrescati sulle pareti. L'attribuzione al G. di un disegno relativo alla decorazione parietale conservato agli Uffizi, suggerirebbe infine una sua partecipazione assai meno passiva anche alla fase progettuale (Barocchi, Mostra…, 1964).
Nel 1540 da Bologna il G. tornò a San Giustino, per proseguire la decorazione del castello Bufalini e forse per eseguire anche alcune opere a Città di Castello che Vasari cita a questo punto della sua biografia: una tavola precedentemente commissionata a Battista Cungi e una lunetta affrescata con tre figure sopra la porta laterale del duomo, opere oggi non identificate. Nell'autunno del 1541 il G. partecipò inoltre agli apparati per l'ingresso di Paolo III a Perugia, per il quale Vasari ricorda "un Giove irato e uno placato" e "un Atlante con il mondo addosso", nonché due figure femminili con spada e bilancia, probabilmente allegorie della Giustizia.
Nel dicembre 1541 il G. raggiunse nuovamente Vasari, questa volta a Venezia, sempre con Battista Cungi, per collaborare all'allestimento dell'apparato per la Talanta di Pietro Aretino.
Vasari ne ricorda l'ampia partecipazione escludendolo però dall'ideazione e dai disegni preparatori e ricordando in particolare il Carro della notte, i mostri marini nella raffigurazione di Adria e le consuete grottesche e festoni. Nonostante questo rimane accesa da parte della critica la discussione sulla possibilità di attribuire al G. alcuni dei disegni relativi all'apparato (Barocchi, Complementi…, 1964; Monbeig-Goguel, 1972).
A Venezia, il G. collaborò con Vasari anche all'esecuzione dei nove dipinti a olio con figure allegoriche per un soffitto del palazzo di Giovanni Corner, oggi Corner-Spinelli; dei dipinti, non più in loco, quattro sono conservati presso le Gallerie dell'Accademia.
Nell'estate del 1542 il G. lasciò Venezia e probabilmente tornò in Umbria dove forse riprese i lavori nel castello Bufalini, finché, nel 1543, Vasari lo chiamò a Roma. In questo caso però Vasari non specifica la sua partecipazione ai dipinti che stava allora eseguendo, ma dichiara che il G. approfittò della circostanza soprattutto per visitare la città. A questo primo soggiorno romano si è fatta risalire invece l'ipotetica ma convincente partecipazione del pittore alla decorazione farnesiana del palazzo dei Conservatori, ravvisata nel fregio della sala delle Aquile, che mostra evidenti affinità con le decorazioni parietali di S. Michele in Bosco (Gaudioso, 1981).
Secondo Vasari il G. da Roma tornò a San Giustino dove dimostrò negli affreschi del castello Bufalini le recenti acquisizioni del soggiorno romano. A questa fase potrebbe risalire la "stanza dei fatti dei Romani", ricca di citazioni dalle opere di Polidoro da Caravaggio e posteriore al 1541, per una citazione dal Giudizio sistino, così come la "stanza degli dei pagani", che potrebbe però anche essere di poco precedente. L'unica che potrebbe invece collocarsi anche in una fase successiva è la "stanza di Prometeo", che mostra una nuova audacia di scorci e una scioltezza nell'esecuzione che rivelano un artista giunto a un notevole livello qualitativo.
Tra la primavera e l'autunno del 1543, sono stati inoltre collocati gli affreschi (oggi distrutti) che decoravano la Rocca Paolina di Perugia, ai quali il G. partecipò insieme con Raffaellino del Colle, Lattanzio Pagani, Dono Doni e Tommaso Papacello. Gli affreschi sono legati alla committenza di Tiberio Crispo, allora governatore di Perugia, con il quale il G. ebbe diverse occasioni di contatto. Tra il 1541 e il 1545 si può forse collocare anche la pala con la Visitazione e i ss. Girolamo e Agostino (Tolosa, Musée des Augustins), proveniente dalla cappella Costanzi di S. Agostino in Città di Castello, recentemente attribuitagli dalla critica (Béguin).
Nel gennaio del 1545 Vasari sollecitò la presenza del G. a Napoli, per coadiuvarlo nella decorazione del refettorio di Monteoliveto, oggi S. Anna dei Lombardi; ma il G. risultò impegnato in certi non meglio precisati lavori per Paolo Vitelli nobile di Città di Castello (Frey). Questi lavori da alcuni vengono fatti coincidere con la decorazione del palazzo Vitelli a porta S. Egidio, ipotesi decisamente rifiutata da altri (Rosini). Vasari afferma però che il G. venne comunque a Roma, da dove non lo raggiunse a Napoli, perché trattenuto dal fratello Bernardino che voleva coinvolgerlo in un viaggio in Francia al servizio del condottiero Giovanni de' Turrini, con il quale il G. si era già arruolato in passato. A questo secondo soggiorno romano si fa risalire un intervento ipotetico del G. nella decorazione degli appartamenti farnesiani in Castel Sant'Angelo.
L'intervento del G. è stato individuato nelle grottesche del vestibolo della biblioteca, eseguite accanto a Luzio Romano, nella decorazione del corridoio pompeiano e nei pannelli a grottesche con putti e festoni della sala di Amore e Psiche. Tali lavori coinciderebbero con la presenza, in qualità di castellano, di Tiberio Crispo, per il quale il G. aveva già lavorato a Perugia, e sarebbero databili tra il 1545 e il 1546 (Gaudioso).
Nel 1546, tornato Vasari a Roma, il G. collaborò con lui all'esecuzione di alcune tavolette a olio con Storie dell'Antico Testamento e Storie del Battista, destinate alla sagrestia di S. Giovanni a Carbonara a Napoli (oggi disperse tra vari musei, tra i quali la certosa di S. Martino e il Museo nazionale di Capodimonte di Napoli), nonché alle portelle d'organo per il duomo di Napoli.
Nello stesso 1546 il G., ammalato, tornò a San Giustino, dove Vasari lo trovò nel 1547, ancora impegnato con Bufalini, quando passò di lì per condurlo con sé a Rimini. Il G. lo raggiunse molto più tardi e a detta di Vasari non partecipò in modo determinante alle opere vasariane di Rimini e di Classe. Forse durante questo viaggio sulla costa adriatica, prima o dopo la sosta a Rimini presso Vasari, il G. eseguì la pala con la Madonna e santi, per la chiesa di S. Domenico a Recanati (Recanati, Museo diocesano). Si tratta di una delle rare opere attribuite con sicurezza al G.: fu eseguita per la famiglia Angelita e se ne conosce anche il disegno preparatorio conservato a Roma, nel Gabinetto nazionale dei disegni e stampe (Monbeig-Goguel, 1977).
Secondo la testimonianza di Vasari, oggi comunemente accettata, il G. portò a termine una pala con Madonna in gloria e santi per la chiesa di S. Maria del Popolo a Perugia (Perugia, Galleria nazionale dell'Umbria). La pala sarebbe stata commissionata a Lattanzio Pagani da Tiberio Crispo, cardinal legato a Perugia, e il G. ne avrebbe eseguito la parte superiore, databile al 1548-49.
A partire da quest'ultima committenza e fino al 1554, anno del perdono mediceo, non si hanno notizie sull'attività del G. né Vasari ne menziona la collaborazione nei suoi cantieri romani durante il pontificato di Giulio III. Forse il G. tornò a San Giustino, forse ebbe altri lavori in territorio umbro, per esempio a Città di Castello, dove le guide locali segnalano diverse sue opere oggi non identificate e dove rimane aperta la questione della sua partecipazione agli affreschi del palazzo Vitelli a porta S. Egidio (Rosini).
Nel 1554 Vasari, mentre progettava la decorazione esterna del palazzo fiorentino di Sforza Almeni, riuscì a ottenere finalmente da Cosimo de' Medici la revoca del bando contro il G., avvalendosi dell'aiuto dello stesso Sforza Almeni. La notizia raggiunse il G. a Città di Castello ed egli, dopo aver ritrovato la famiglia a Sansepolcro, si recò ad Arezzo presso Vasari; e da qui insieme tornarono a Firenze per lavorare al palazzo Almeni. Vasari ricorda l'estesa partecipazione del G. alla decorazione della facciata, oggi distrutta; ma più recentemente gli sono state attribuite anche alcune figure allegoriche della volta di una sala al pianterreno (Davis). Nello stesso anno il G. eseguì, sempre a Firenze e autonomamente, anche alcune storie a monocromo per il giardino di Bernardetto de' Medici, comprendenti il Rapimento di Proserpina e Vertumno e Pomona, e figure di termini e di putti, oggi scomparse.
Nell'autunno del 1554 il G. andò con Vasari ad Arezzo e quindi a Cortona, dove eseguì, quale suo collaboratore, gran parte della decorazione della ex chiesa del Gesù, distinguendosi soprattutto nei Sacrifici biblici, per i quali è stata avanzata anche l'attribuzione dei disegni preparatori conservati agli Uffizi (Barocchi, Complementi…, 1964). Nel marzo del 1555 il G. iniziò, accanto a Vasari, la decorazione di palazzo Vecchio a Firenze.
Non tutte le indicazioni fornite da Vasari circa la partecipazione del G. sono state accettate: oggi la mano del G. è riconosciuta nella sala degli Elementi, dove interamente di sua mano sarebbero gli ovati a monocromo, nella sala di Opi, dove si segnalano soprattutto le Stagioni, nel terrazzo di Giunone, dove avrebbe eseguito gran parte della decorazione, mentre marginale sarebbe il suo intervento nella sala di Cerere e nella sala di Giove. Anche in questo caso è assai complessa e discussa l'attribuzione dei disegni preparatori (Allegri - Cecchi; Monbeig-Goguel, 1991).
Nel marzo del 1556, dopo la morte del fratello Bernardino, detto Borgognone, il G. tornò a Sansepolcro, dove morì il 4 aprile di questo stesso anno; fu sepolto nella chiesa di S. Francesco come ricordano una epigrafe e un ritratto marmoreo (Vasari, p. 244).
La messa a fuoco della figura del G. è ancora ardua, nonostante il progressivo emergere di un vasto curriculum e di un tessuto di relazioni che attraversa la Toscana, l'Umbria, Roma e le Marche. La rendono difficoltosa il suo quasi perenne status di "collaboratore", il condizionamento della biografia vasariana, l'imperfetta conoscenza dell'opera pittorica dello stesso Vasari con le sue componenti di eterogeneità e pluralità di riferimenti, nonché la difficile valutazione dello spazio ideativo concesso ai collaboratori nella bottega vasariana e la conseguente difficoltà di attribuire i disegni prodotti al suo interno. A giudicare dal complesso decorativo di San Giustino, principale opera autonoma del G., il giudizio vasariano sembra trovare una parziale conferma: ne emerge l'abilità di frescante e di inventore di grottesche, l'attenzione al dettaglio naturalistico e agli sfondi paesaggistici, ma anche una libertà di linguaggio, un'apertura alle suggestioni di Francesco Salviati, Perin del Vaga e del suo primo maestro Raffaellino, che esulano dal rigorismo vasariano.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite… (1568), a cura di G. Milanesi, Firenze 1881-82, VI, pp. 213-244; VII, p. 665; VIII, p. 26; H. Voss, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, Leipzig 1920, pp. 521 s.; K. Frey, Der literarische Nachlass Giorgio Vasaris, I-II, München 1923-30, ad indices; A. Venturi, Storia dell'arte, IX, 5, Milano 1932, pp. 621-652; G. Previtali, in G. Vasari, Le vite…, Milano 1962, pp. 103 s.; P. Barocchi, Complementi al Vasari pittore, Firenze 1964, pp. 269-277; Id., Mostra di disegni del Vasari e della sua cerchia, Firenze 1964, pp. 53-61 e passim; A. Ronen, Un ciclo inedito di affreschi di C. G. a San Giustino, in Mitteilungen des Kunsthisthorischen Institutes in Florenz, XIII (1967-68), pp. 367-380; C. Monbeig-Goguel, G. senza Vasari, in Arte illustrata, V (1972), 48, pp. 130-141; A. Ronen, "Storie dei fatti de' Romani": C. G. and Polidoro da Caravaggio, in Storia dell'arte, 1974, n. 20, pp. 5-17; Id., Palazzo Vitelli alla Cannoniera. The decoration of the staircase, in Commentari, n.s., XXVI (1975), pp. 56-88; A. Cecchi, Qualche contributo al corpus grafico del Vasari e del suo ambiente, in Vasari storiografo e artista, Atti… Arezzo… 1974, Firenze 1976, pp. 143-161; C. Monbeig-Goguel, Un tableau d'autel de C. G. à Recanati, in Paragone, XXVIII (1977), 327, pp. 108-116; A. Ronen, The pagan gods: a fresco cycle by C. G. in the Castello Bufalini, San Giustino, in Antichità viva, XVI (1977), 4, pp. 3-12; ibid., XVII (1978), 6, pp. 19-30; C. Davis, Frescos by Vasari for Sforza Almeni, "coppiere" to duke Cosimo I, in Mitteilungen des Kunsthisthorischen Institutes in Florenz, XXIV (1980), pp. 127-202; E. Allegri - A. Cecchi, Palazzo Vecchio e i Medici, Firenze 1980, ad indicem; F.M. Aliberti Gaudioso - E. Gaudioso, Gli affreschi di Paolo III a Castel Sant'Angelo (catal.), Roma 1981, I, pp. 34 s., 56 s., 63, 132-138, 162; II, pp. 60, 70, 72-75, 89, 102 s; Giorgio Vasari (catal., Arezzo), Firenze 1981, pp. 140-142, 273-280 e passim; S. Béguin, Pour C. G., in Giorgio Vasari tra decorazione ambientale e storiografia artistica.Convegno… Arezzo… 1981, Firenze 1985, pp. 409-415; F. Santi, Galleria nazionale dell'Umbria. Dipinti, sculture e oggetti dei secoli XV-XVI, Roma 1985, pp. 193-195; C. Rosini, Dietro la moda delle grottesche. Prospero Fontana e Paolo Vitelli, Città di Castello 1986, pp. 74-99, 146 s., 161-185 e passim; F.F. Mancini, Pinacoteca comunale di Città di Castello, I, Dipinti, Perugia 1987, pp. 40-46, 57, 66-68, 72-83, 124-131; A. Giovannetti, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, Milano 1988, II, pp. 725 s.; A. Ronen, Prometheus creating the first man. Drawings by C. G. and Cherubino Alberti, in Jahrbuch des Zentralinstituts für Kunstgeschichte, 1989-90, nn. 5-6, pp. 245-252; C. Monbeig-Goguel, Da Francesco Salviati a C. G. e Battista Franco, in Da Leonardo a Rembrandt. Disegni della Biblioteca reale di Torino (catal.), Torino 1991, pp. 121-130; F.F. Mancini, in La Rocca Paolina di Perugia, Perugia 1992, pp. 127-132; A. Ronen, G.'s frescoes in the room of Apollo in the Castello Bufalini, their sources and iconography, in Storia dell'arte, 1993, n. 78, pp. 129-155; Id., Gli affreschi di C. G. nella stufetta del castello Bufalini a San Giustino, in Studi di storia dell'arte, 1993, n. 4, pp. 69-84.