GEYSER (dall'islandese Geysir)
I geyser sono manifestazioni secondarie del vulcanismo, si volgono sempre in regioni vulcaniche e sebbene anch'esse declinino e scompaiano contemporaneamente alle attività vulcaniche primarie a cui sono collegate, tuttavia costituiscono un gruppo di fenomeni dotati di una loro propria attività che è rappresentata da emissioni intermittenti di quantità più o meno grandi di acqua calda e mineralizzata. I geyser sono quindi sorgenti termominerali intermittenti, dalle quali l'acqua scaturisce mediante una successione di getti violenti spesso molto regolari che si alternano con periodi di riposo. L'acqua dei geyser è soprattutto ricca di silice idrata, disciolta o meglio dispersa in essa allo stato di idrosol. Questa silice, in seguito alla parziale evaporazione dell'acqua e al suo progressivo raffreddamento, si deposita intorno alla bocca del geyser sotto forma d'incrostazioni concrezionate appartenenti a una varietà di opale detta geyserite che si accumula dando origine a un caratteristico conetto biancastro. Si hanno anche geyser calcarei che dànno luogo a depositi di carbonato di calcio. Essi però non sono frequenti, essendo stati osservati sinora solo nel Parco nazionale del Yellowstone (Stati Uniti). Il carbonato di calcio è costituito da calcite concrezionata che dà origine a conetti simili a quelli dei geyser silicei, ma facilmente riconoscibili per la loro differente costituzione chimica.
Il Damour, da un'analisi quantitativa compiuta su 1000 parti di acqua emessa dal Gran Geyser d'Islanda, ottenne i risultati seguenti: SiO2 = gr. 0,510; Na2CO3 = gr. 0,194; Na2SO4 = gr. 0,107; K2SO4 = gr. 0,047; NaCl = gr. 0,254; CO2 = gr. 0,056; oltre a tracce di (NH4)2 CO3, di MgSO4, di Al2O3 e di Fe3O3. Egli ammise che la silice dei geyser si trovi, invece che allo stato libero, combinata allo stato di silicati alcalini che verrebbero decomposti all'atto dell'efllusso per opera di vapori cloridrici e solforosi e dell'anidride carbonica penetranti nell'interno del condotto dei geyser dalle fenditure laterali. Questa ipotesi non è però necessaria, non essendo la quantità di silice superiore a quella che nelle ordinarie condizioni di temperatura e pressione si può mantenere disciolta; e tanto più poi se si pensa che essa si trova in parte allo stato di idrosol disperso nell'acqua. È quindi più logico supporre che si tratti inizialmente di acque termali, acide per acido cloridrico, solforico e carbonico, le quali, passando attraverso rocce silicate, le decompongano formando cloruri, solfati, e carbonati solubili e lasciando in libertà la silice, la quale verrebbe in parte anch'essa disciolta o asportata allo stato di colloide. Il che concorda con le esperienze di G.-A. Daubrée e dello Spezia sull'energia chimica molto grande che l'acqua acquista ad alta temperatura e sotto elevate pressioni; specialmente quando si tratta di acque ricche in acidi minerali. Il che appunto si avvera per le acque proprie delle regioni vulcaniche le quali sono sempre ricche dei predetti acidi.
Caratteristica è fra le acque cloridriche quella di White Island nella Nuova Zelanda, che su 1000 parti ne contiene 104 di acido cloridrico libero e 27,5 di cloruro ferrico, oltre a piccole quantità di altri cloruri e di solfati; e fra le solforiche quella di Oak-Orchard negli Stati Uniti che su 1000 parti di acqua ne contiene 2, 10 di anidride solforica libera, oltre a numerosi solfati. Le masse dei depositi geyseriani hanno forme terrose, stalattitiche e concrezionate, talvolta anche spugnose come nella vlandite del Parco nazionale del Yellowstone. Sono prevalentemente formate da geyserite con molte impurezze. Quella del Gran Geyser d'Islanda contiene 84% di silice, 8% di acqua, 30% di allumina, 2% di sesquiossido di ferro oltre a tracce di ossidi di calcio, magnesio e di metalli alcalini. Le proporzioni dell'acqua variano assai, avendosi nel Parco nazionale del Yellowstone delle geyseriti che da un massimo di 13% di acqua giungono, come nella pealite, a un minimo di 1,5%.
Tipico è il modo di funzionare del Gran Geiser d'Islanda che fu il primo che venne studiato. Esso presenta alla sua base un cono appiattito di geyserite, alto circa 10 metri, che contiene un bacino largo una settantina di metri al cui centro si apre un piccolo cratere largo 20 metri e profondo due e che si prolunga in basso in un condotto verticale largo circa tre metri. All'inizio di una fase attiva, il condotto e il bacino appaiono pieni di acqua calda ma ancora calma. In seguito questa comincia a gorgogliare e a sussultare raggiungendo un vero ribollimento, a cui fa seguito la proiezione di una colonna d'acqua alta fino a 40 metri, del diametro di 2 o 3 metri, circondata da una nube di vapori acidi. Questo getto acquista la massima intensità dopo qualche minuto ed è seguito da una successione di altri getti che vanno diminuendo d'intensità e che determinano la completa vuotatura del bacino e del condotto. Poi, sia per la ricaduta di una gran parte dell'acqua espulsa nel bacino e nel condotto sia per l'apporto di nuova acqua dovuta alle infiltrazioni laterali, avviene un nuovo riempimento, e il fenomeno si ripete. A qualche ora di distanza dalla fine di ogni fase esplosiva si sentono nell'intemo delle detonazionì dovute all'immissione di vapori soprariscaldati nella massa relativamente fredda delle acque occupanti il condotto.
Gl'intervalli fra le varie fasi di attività variano assai da un geyser all'altro, anche in un medesimo distretto; ed è anche da notarsi, e ciò in rapporto con l'affievolirsi dell'attività vulcanica in generale, che col tempo l'attività geyseriana va lentamente diminuendo. Così il Gran Geyser d'Islanda, che ai tempi in cui fu per le prime volte visitato a scopo di studio, cioè verso il 1846, dava un'esplosione ogni sei od otto ore, attualmente invece ne dà solo ogni 24 o 36. Nella stessa isola vi è un altro geyser, lo Strokkur, le cui acque ribollono continuamente e che solo ogni due o tre giorni dà luogo a violentissime esplosioni. Si hanno però geyser molto più attivi, come ad esempio l'Old Faithful (Vecchio Fedele) del distretto americano del Yellowstone, che dà un'esplosione esattamente ogni 65 minuti. Il meccanismo delle esplosioni fu dapprima spiegato dal Tyndall. La spiegazione dei Tyndall è fondata sullo studio delle temperature che si hanno nel Gran Geyser d'Islanda a differenti profondità del suo condotto in rapporto a quelle che si richiedono perché l'acqua possa passare allo stato di vapore, tenendo conto dell'innalzamento che esse subiscono in causa della pressione esercitata dalla soprastante colonna d'acqua. Qui sotto sono riportati questi valori con le lettere A, B, C, che rappresentano le profondità in metri, le temperature osservate e quelle richieste per l'ebollizione dell'acqua, quando il condotto e il bacino sono pieni d'acqua, come avviene all'approssimarsi di una fase d'esplosione.
Come si vede, a 13 metri di profondità v'è un punto in cui le due temperature B e C differiscono soltanto di 3°. Ora, se si considera il grande svolgimento di calore dovuto alle infiltrazioni di vapori soprariscaldati che ad intervalli si manifestano lungo le pareti del condotto, si comprende facilmente come, in conseguenza della penetrazione di detti vapori nell'acqua che già occupa il condotto, si abbia in questo un notevole aumento di calore, i cui effetti si faranno sentire particolarmente dove la differenza fra le due temperature è minore. In detta zona quindi si avrà un rapido passaggio dell'acqua allo stato di vapore che determinerà la violenta espulsione dell'acqua soprastante, dando quindi origine al primo e più violento getto. Ma poiché in seguito a questa parziale espulsione verrà a diminuire la pressione che si esercita sulle sue parti inferiori, anche in queste l'acqua verrà a trovarsi gradatamente dall'alto verso il basso in condizioni favorevoli al suo passaggio allo stato di vapore, avendosi come conseguenza il susseguirsi di altre minori esplosioni fino a completo esaurimento dell'acqua. Il Tyndall anzi poté dimostrare che realmente le proiezioni hanno inizio nella predetta zona a 13 metri di profondità.
I distretti geyseriani che corrispondono realmente per tutti i loro caratteri a tale tipo di manifestazioni vulcaniche secondarie sono essenzialmente tre. Fra questi il più anticamente noto (fin dal sec. XIII) e studiato è quello dell'Islanda. Esso si trova in una desolata pianura, circondata da ghiacciai, alla base del M. Barnefell a circa 45 km. a NO. dell'Hecla e consta di un numero limitato di geyser attivi. Fra questi sono specialmente da menzionare i già accennati Gran Geyser e Strokkur. Il secondo distretto è quello molto più vasto del Parco Nazionale del Yellowstone negli Stati Uniti. In esso il numero dei geyser supera l'ottantina, essendo taluni di essi calcarei. Sono da ricordare il Gigante; il Beehive meno violento del precedente; il Geyser architetturale; e il già menzionato attivissimo Old Faithful. Il distretto geyseriano della Nuova Zelanda era certamente il più importante, occupando una lunghezza di oltre 230 km. con una ininterrotta e imponente successione di fenomeni vulcanici secondari di tutti i tipi (vi erano oltre a settanta geysers), ma nel 1886, in seguito a una violentissima deflagrazione vulcanica, esso fu sconvolto e quasi del tutto demolito. Ai geyser si possono anche riferire le caldeiras dell'isola di San Miguel nelle Azzorre. (V. tavv. CXLIII e CXLIV).