CLEMENTI, Gesualdo
Nacque a Caltagirone (prov. di Catania) il 25 apr. 1848 da Pasquale e da Silvia Criscimone.
Nel 1871si laureò in medicina e chirurgia presso l'università di Napoli, ove fu allievo di C. Gallozzi, che lo avviò all'arte chirurgica. Per completare la propria formazione frequentò importanti istituti stranieri: di patologia generale, a Vienna, ove lavorò con G. Thin confermando, in uno studio sulle infezioni putride, il fenomeno dell'aumento della virulentazione degli agenti infettivi nelle trasmissioni a catena; il laboratorio di R. Virchow e le cliniche chirurgica di B.R.C. von Langenbeck e medica di L. Trauber, a Berlino; la clinica chirurgica di Edimburgo, diretta da J. Lister. Il contatto con i celebri maestri, con quelle scuole ispirate alle moderne concezioni sui fenomeni infettivi dovrà risultare della massima importanza per l'orientamento della sua attività chirurgica.
Tornato in Italia, nel '75 iniziò all'università di Catania un corso libero di istologia; nel '76 conseguì la libera docenza in patologia chirurgica e medicina operatoria, iniziando un corso pareggiato delle due materie; in seguito, dopo essere stato incaricato degli. insegnamenti di clinica chirurgica e di medicina operatoria, nel '79 divenne titolare della cattedra di clinica chirurgica dell'università di Catania. In questa sede fu anche preside di facoltà e rettore dal 1903 al 1905. Fu inoltre chirurgo primario nel vecchio ospedale di S. Marta, oggi ristrutturato e intitolato al suo nome, del quale divenne anche rettore nel 1887.
Brillante chirurgo, il C. si impose ben presto in campo clinico e universitario, pur costretto a vincere non poche resistenze e posizioni prevenute di un ambiente medico tradizionalista e ancorato a teorie ormai superate, del tutto chiuso alle esperienze di un mondo scientifico in rapida evoluzione. Il contrasto con i colleghi che lo osteggiavano divenne pienamente manifesto quando il C. decise di intervenire su una paziente affetta da cisti ovarica adottando il metodo antisettico di Lister, che aveva sperimentato e apprezzato a Edimburgo e in cui riponeva piena fiducia: tra l'altro, gli venne persino interdetto l'uso della sala operatoria del S. Marta col pretesto dell'impossibilità di approntarla per l'esecuzione dell'antisepsi, così che fu costretto a operare presso l'ospedale Vittorio Emanuele.
Sotto l'attento sguardo di chi sperava nel suo insuccesso, il 2 genn. 1881 il C. eseguì perfettamente l'ovariectomia e, malgrado la complicazione della rottura della cisti, la paziente guarì rapidamente, in un'epoca in cui era pressoché interdetto qualsiasi intervento sull'addome per la frequenza di pericolose infezioni. A questa prima operazione in antisepsi seguirono presto altre ovariectomie, isterectomie, escissioni di cisti ovariche: il C. aveva vinto, e i malati si rivolgevano con fiducia al giovane chirurgo innovatore. Egli applicava il metodo antisettico così come lo aveva direttamente appreso dal Lister, basato sull'utilizzazione dell'acido fenico, di cui erano ben note le proprietà disinfettanti. con questo venivano irrorati continuamente mediante uno spruzzatore il campo operatorio e le mani del chirurgo, erano preventivamente sterilizzati i ferri, si imbevevano garze che in confezioni di sette strati erano poste a protezione delle ferite.
Sicuro negli interventi sull'addome, il C. fu autore di uno studio sulla possibilità di realizzare l'emostasi epatica, al quale era stato indotto dalla necessità di operare la resezione di un tratto di fegato nel corso di un intervento sull'intestino (Importanza della emorragia nella resezione diretta del fegato emostasi diretta, Roma 1891; Legatura immediata dei vasi nelle ferite del fegato, in Archivio e atti della Soc. ital. di chirurgia, VIII [1892], pp. 495-501). Tentò anche di intervenire sulle alterazioni del circolo portale col metodo della omentopessia, ma, a differenza di quanto riferito da altri chirurghi, non ne conseguì risultati apprezzabili.
Notevole fu anche la sua tecnica di protesi immediata nella resezione del mascellare inferiore (La protesi immediata definitiva nellaresezione del mascellare inferiore, in Memoriechirurgiche pubblicate in onore di F. Bottini, II, Catania 1902, pp. 455-64); e, soprattutto, il suo metodo di ricostruzione della continuità dei vasi mediante trapianto di un tubo arterioso autologo e sutura con doppia invaginazione, introdotto dal C. nel 1894 e ripreso poi da J. B. Murphy (Resection ofarteries and veins injured in continuity - end toend suture -: experimental and clinical research, in Medical Record [New York], LI [1897], pp. 75-88) e successivamente indicato come metodo di Clementi e Murphy.
Dotato di un'ottima preparazione scientifica e di grande abilità tecnica, formatosi alla scuola di grandi maestri, non fu il C. stesso fondatore di una vera scuola chirurgica e nessuno dei suoi allievi emerse in campo accademico.
Il C. morì a Catania l'8 nov. 1931.
Fonti e Bibl.: Necrol. in Policlinico, sez. pratica, XXXVIII (1931), p. 1846; D. Giordano, Chirurgia, II, Milano 1938, p. 23; Diz. dei sicil. illustri, Palermo 1939, p. 126; A. Pazzini, Storia della medicina, II, Milano 1947, pp. 493, 504; E. Di Mattei, Onoranze al prof. G.C. in occasione del suo collocamento a riposo per limiti di età, in Annuario della R. Univ. di Catania, 1923-1924, pp. 134-144; G. Curcio, L'univers. di Catania dal 1865 al 1934, in Storia dell'univers. di Catania, Catania 1934, p. 371; F. Paradiso, Medicina e medici nello Studio catanese, Catania 1970, pp. 91-116; Id., Maestri ed idee dello Studio catanese dopo l'Unità, Catania 1972, p. 189; I. Fischer, Biogr. Lex. der hervorragenden Ärzte... [1880-1930], II, p. 254.