Gesu storico
Gesù storico. – Il decennio con cui si apre il 21° secolo presenta un bilancio della straordinaria ricerca dei 25 anni precedenti che aveva affermato l’ebraicità di Gesù, la discontinuità delle Chiese successive rispetto a lui, la necessità di utilizzare fonti non canoniche antiche e attendibili, la necessità di antropologia culturale e scienze sociali. Il bilancio si esprime in enciclopedie (Encyclopedia of the historical Jesus, 2008; Handbook for the study of the historical Jesus, 2011), in volumi collettanei: sulla questione sinottica (Foster et alii), sul Gesù apocrifo (J. Frey-J. Schröter), sugli eventi più certi della vita di Gesù (D.L. Bock-R. Webb); in libri che dibattono le posizioni contrapposte (per es. di J.D. Crossan e N.T. Wright). In secondo luogo, si estende la reazione dei conservatori (vedi soprattutto J. Dunn e R. Bauckham) che fa perno sui seguenti punti: il Gesù storico può essere attinto solo mediante la fede che egli provocò e che è alla base degli scritti canonici e delle Chiese successive; i vangeli canonici sono attendibili perché basati su una memoria che ha origine in testimoni oculari e controllata dalle comunità; le opere non canoniche sarebbero più tarde e devianti. Si riconosce – certo – che Gesù era ebreo e non fondò una nuova religione, ma il successivo distacco dei cristiani dal giudaismo non sarebbe discontinuità, bensì un 'processo', implicito in Gesù stesso. Delle reazioni apologetiche fa parte l’opera su Gesù di J. Ratzinger, ignorata per lo più dalla ricerca, ma influente sul cattolicesimo: Ratzinger del resto persiste nella condanna dell’interpretazione di Gesù della teologia della liberazione. In sostanza, la reazione conservatrice si oppone all’ipotesi di una riforma di teologia e istituzioni ecclesiastiche ispirata alla figura storica di Gesù. In Italia, il dibattito su Gesù è stato tardivo. Due volumi di M. Pesce, Le parole dimenticate di Gesù (2004) e Inchiesta su Gesù (2006), benché moderatamente critici e di divulgazione, hanno provocato una reazione degli ambienti conservatori che è all’origine di una serie ampia di pubblicazioni e traduzioni. Ma l’editoria cattolica italiana – con qualche eccezione – ha preferito tradurre quasi solo le opere dei neoconservatori. Una prima riposta ai conservatori è consistita nella produzione di nuove monografie che insistevano per es. sull’ebraicità di Gesù (M. Casey), sulla pratica di vita di Gesù come reazione ebraica all’impero romano (Destro-Pesce), su una rilettura delle parabole alla luce dei papiri documentari (J. Kloppenborg). Le tesi conservatrici erano contestate punto per punto. La teoria della memoria sociale della nuova apologetica dimenticava che la memoria è sempre creativa, selettiva e nasce dalla distanza e dall’oblio e non assicura l’attendibilità degli scritti canonici; che i meccanismi di memorizzazione sociale implicano una distruzione della memoria precedente; che i testimoni oculari non sono di per sé sicuramente attendibili; che l’idea di un controllo sociale della memoria è inapplicabile al primo cristianesimo (vedi J.Kloppenborg, Memory, performance, and the sayings of Jesus, in Journal for the study of the historical Jesus 10, 2012). Le teorie sulla memoria collettiva di M. Halbwachs non sostengono la tesi conservatrice, perché lo stesso Halbwachs (La topographie légendaire des Evangiles en Terre Sainte, 1971) le aveva utilizzate per una critica approfondita all’attendibilità storica dei vangeli. Inoltre, la tesi della discontinuità tra cristianesimo e Gesù veniva ribadita da più parti (per es., D. Boyarin, Borderlines, 2004; The ways that never parted, 2003; Come nasce il cristianesimo, in Annali di storia dell’esegesi 21, 2004), e la ricerca approfondiva l’indagine sugli strati più antichi della trasmissione su Gesù, anzitutto sulla ipotetica fonte Q (The critical edition of Q, 2000), ma anche sui vangeli giudeo-cristiani e sui vangeli frammentari. Dopo le tesi forse troppo generose nel riconoscere l’estrema antichità di molti testi cosiddetti apocrifi, si afferma un’opinione media che caso per caso esamina in che misura alcuni testi non canonici siano indipendenti e più dei canonici (esemplari gli studi di E. Norelli, tra cui essenziale quello su Papia di Hierapolis, 2005). L’apporto più nuovo riguarda il vangelo di Tommaso in cui le parole di Gesù appaiono a volte più fedeli che quelle canoniche: si veda la parabola del banchetto o quella dei vignaioli omicidi (cfr. J.S. Kloppenborg, The tenants in the vineyard, 2006). Ad A. DeConick si deve una ricostruzione della redazione più antica del vangelo di Tommaso alla metà del 1° secolo (Recovering the original gospel of Thomas, 2005; cfr. C. Gianotto, Il vangelo secondo Tommaso e il problema storico di Gesù, in L’enigma Gesù, 2008). Si riconosce che i vangeli di Giovanni e di Tommaso erano apparentati (E. Pagels, Beyond belief: the secret gospel of Thomas, 2003). Continua la scoperta di nuovi vangeli: il Vangelo del Salvatore; il Vangelo di Giuda; infine, P. Oxy. 5072 fonte indipendente per le parole di Gesù. Nuove edizioni dei testi non canonizzati vedono la luce (D. Lührmann, Fragmente apokryph gewordener evangelien, 2000; T. Nicklas et alii, Gospel Fragments, 2011). Le variazioni testuali dei vangeli canonici appaiono a volte come influenzate dalla visione ortodossa di Gesù (B. Ehrman, The orthodox corruption of scripture, 2011). Infine, si rilevava che il cristianesimo presentava fin dall’inizio una pluralità d’interpretazioni di Gesù spesso anche divergenti. Si moltiplicano i tentativi di rappresentare i diversi gruppi superando la vecchia classificazione (R. Cameron et alii, Redescribing christian origins, 2003). La differenziazione tra ortodossia ed eresia è sempre più datata dopo la metà del 2° secolo (cfr. la riedizione francese di W. Bauer, Orthodoxie et heresie aux debuts du christianisme, 2009). Aumenta la consapevolezza della secondarietà temporale del canone (G. Aragione et alii, Le canon du Nouveau Testament, 2005).