Gerusalemme
Gerusalèmme. ᅳ Città della Palestina centrale (773.800 abitanti nel 2009, di cui 479.756 ebrei, 278.568 musulmani e 15.476 cristiani) proclamata da Israele propria capitale unita e indivisibile nel 1980, ma il cui status non è riconosciuto in sede internazionale poiché la parte orientale della città, in territorio cisgiordano, rivendicata dai palestinesi come capitale del loro Stato, è occupata da Israele dalla guerra del 1967 (agli arabi è lasciata la sola gestione dei luoghi santi musulmani, quale al-Ḥaram al-Sharīf «la Spianata delle moschee»). Sulla spinosa questione di G. si sono arenati tutti gli incontri negoziali del processo di pace israelo-palestinese: le profonde divisioni tra le due parti, infatti, appaiono ancora più insanabili e minacciose quando coinvolgono Gerusalemme. Così, per esempio, per la costruzione della barriera di divisione israeliana, il cui tracciato all’altezza di G. isola fisicamente il confine del settore orientale della città dal resto della Cisgiordania, penetrando talmente in profondità in territorio palestinese da impedire una reale continuità territoriale tra il nord e il sud della Cisgiordania stessa; così anche per le difficili condizioni di vita dei palestinesi che giornalmente dalla città si recano al lavoro nei campi al di là della barriera, o viceversa si riversano a G. per lavorare e studiare, costretti all’attraversamento in entrata e in uscita dei numerosi posti di blocco israeliani, spesso chiusi senza preavviso. A complicare inestricabilmente la situazione è stata soprattutto la scelta israeliana di intensificare sistematicamente la presenza ebraica a G. Est in modo da creare una situazione sul campo non più divisibile; tale scelta, a dispetto dei richiami dell’Unione Europea e dell’amministrazione statunitense di Barack Obama, entrambe favorevoli a una sospensione degli insediamenti, ha visto invece il governo israeliano in prima fila nel facilitare lo stanziamento di nuovi coloni anche all’interno della Città vecchia oltre che a G. Est e nella sua cintura esterna (al-Tūr, Silwān, Abū Dīs). Le agenzie governative e della municipalità hanno aiutato economicamente e logisticamente le organizzazioni dei coloni ad acquistare edifici di proprietà palestinese nella Città vecchia per insediarvi residenti ebrei, per esempio nei quartieri musulmano e cristiano, contribuendo a fomentare invece che ad alleggerire la tensione. Queste abitazioni, guardate a vista giorno e notte da uomini armati, veri e propri fortini protetti e inaccessibili dai quali si esce solo sotto scorta, sono diventate il simbolo, e lo strumento, della volontà di impedire qualsiasi possibile divisione futura della città. Ancora nel novembre 2011 il governo israeliano ha annunciato l’intenzione di accelerare i lavori di costruzione di nuove abitazioni nell’insediamento di Ma’ale Adumim, situato sette km a est di G., il più grande insediamento israeliano nei Territori occupati diventato città autonoma già nel 1991. Ma’ale Adumim verrebbe congiunto a G. Est mediante la costruzione di un nuovo insediamento, denominato E1, e la formazione di questo grande agglomerato urbano sposterebbe sempre più a est il percorso della barriera tra Israele e la Cisgiordania, in questo punto ancora in fase di progetto. La contrarietà mostrata a più riprese dall’amministrazione statunitense non ha condizionato Israele a una maggiore cautela e già nel maggio 2008 è stato inaugurato nella zona E1 il nuovo quartier generale israeliano di polizia per la Cisgiordania. Nel novembre 2007, durante e dopo i lavori della conferenza di pace di Annapolis (Maryland, USA), il futuro status di G. era stato al centro di aspre polemiche sollevate dalla destra israeliana e dai partiti religiosi, nonché da organizzazioni ebraiche americane, in seguito alle dichiarazioni dell’allora primo ministro israeliano E. Olmert circa la possibile divisione di G. quale conseguenza della nascita di uno Stato palestinese. Infatti ad Annapolis iniziava a farsi strada, pur tra le ambiguità e le contraddizioni delle dichiarazioni rilasciate dagli esponenti di governo, la disponibilità israeliana a una divisione della città, prima neppure ipoteticamente ventilata. In questa direzione aveva aperto una breccia nel dicembre 2003 l’Accordo di Ginevra, firmato a titolo 'privato' da importanti negoziatori di entrambe le parti, dove tra i punti chiave del trattato si elencava la rinuncia israeliana alla Spianata delle moschee e l’evacuazione di alcuni importanti insediamenti a G. Est. Per giunta il 6 marzo 2008 grande emozione e rinnovata preoccupazione aveva destato in Israele la strage di otto studenti del più importante collegio rabbinico (Mercaz HaRav Yeshiva) di G. e di tutto il Paese, uccisi da un terrorista palestinese introdottosi nei locali della scuola. L’attentato, salutato con manifestazioni di gioia dai militanti di Ḥamās nelle strade di Gaza, era il più grave da diversi anni, da quando la costruzione della barriera, avviata nel giugno 2002, era riuscita a rendere meno vulnerabile la città, oggetto tra il 2001 e il 2003 di numerosi e devastanti attacchi suicidi contro la popolazione civile compiuti dalle organizzazioni terroriste palestinesi che avevano provocato la morte di molte decine di persone.