BARDI, Gerozzo
Nacque a Firenze nella seconda metà del sec. XIII da messer Francesco: niente sappiamo della sua prima giovinezza, ma la sua appartenenza alla nota famiglia dei banchieri, una delle più in vista e economicamente più ricche della città, autorizza a pensare che egli abbia avuto una buona educazione civile e letteraria; la, sua grande predilezione, come dimostrerà tutta la sua vita, saranno però le armi, nel cui esercizio ebbe una fama di prim'ordine. Nel 1310 si unì in matrimonio con certa monna Caterina, della quale non si conosce il cognome, da cui ebbe numerosi figli (ricordiamo Simone, Filippo e Francesco), destinati a distinguersi nella vita cittadina. Nel 1327-28 fu vicario e podestà di Brescia, cariche molto importanti e tali da metter bene in evidenza la stima goduta dal B. presso i contemporanei, e più specialmente presso Roberto, re di Napoli, che lo ebbe sempre caro: finita la podesteria, mentre con tutta la sua "famiglia", cavalieri, notai e famigli, stava rientrando sulle rive dell'Amo, fu improvvisamente assalito da truppe mantovane e veronesi, onde chiese, e subito ottenne, dalla Signoria di Firenze la concessione di rappresaglie contro quelle due città.
Poco dopo fu chiamato a reggere la podesteria di Treviso e poi, senza soluzione di continuità e senza poter rìentrare a Firenze, quella di Ferrara, città nelle quali il B. lasciò un grato ricordo del proprio operato. Compare attivo nelle controverse vicende tra Lucca e Firenze: dapprima fu ambasciatore presso i capi dell'esercito fiorentino in Val di Nievole (1329), partecipò quindi personalmente alla guerra contro Lucca, insieme ad altri noti cavalieri fiorentini (messer Biagio Tomaquincì, Giannozzo Cavalcanti, Francesco dei Pazzi, Tolentino Bucelli, ecc.), trovandosi all'assedio di Montecatini (giugno 1330). Si guadagnò col proprio valore la stima di Alamanno degli Obizzi, capitano generale, e la riconoscenza dei concittadini.
Qualche anno dopo (1333) il B. fu inviato in solenne ambasceria (oltre a lui vi erano Simone Peruzzi, Testa dei Tornaquinci, Lotto dei Cavicciuli, Giovanni Gianfigliazzi, il giudice Orlando Marini, Donato Acciaiuoli e Antonio degli Albizzi) a Napoli, per le nozze di Giovanna nipote di re Roberto, con Andrea, figlio di Caroberto, re di Ungheria. Era appena rientrato a Firenze che venne chiamato a reggere un alto incarico nella vicina Pistoia (1333). L'anno dopo, a conferma della sua fama di condottiero, fu eletto capitano generale della lega militare delle città umbre (Perugia, Todi, Gubbio, Foligno, Assisi e Spoleto) contro Mastino della Scala; nel 1335 fu inviato dalla Repubblica fiorentina a Pietrasanta, che era stata affidata a Firenze da Nicola dei Pogginghi, con 100 cavalieri C 300 fanti, per difendere quel grosso centro contro Lucca.
Affermatasi minacciosa la politica di espansione di Mastino, Firenze prese le sue misure organizzando dapprima un forte esercito, la cui direzione fu affidata a Ridolfo e a Simone Peruzzi, stringendo poi una lega con Venezia (15 luglio 1336). Il B. operò a capo delle truppe della lega in Romagna (600 cavalli ed un rilevante numero di fanti), insieme con Pino della Tosa, e in Lombardia, in appoggio ai signori di Collalto ribellatisi allora al signore di Verona.
In seguito le notizie su di lui si rarefanno: nell'autunno del 1340, comunque, il B. era sicuramente a Firenze dal momento che lo troviamo coinvolto nella nota congiura ordita dai Bardi (capo della stessa fu, come è noto, Pietro di messer Gualterotto, il compratore di Vernio) insieme agli Ubertini, Ubaldúú, Guidi e Tarlati di Arezzo, Pazzi del Valdamo, Guazzalotri di Prato. Scoperti mentre stavano ancor facendo i preparativi, i congiurati furono catturati e subito messi al bando del Comune (2 nov. 1340): fra gli sbanditi, anzi fra i più indiziati, erano il B., suo figlio Simone, e i suoi fratelli Bartolomeo e Angelo. La congiura era stata una seria minaccia per il gruppo allora al potere, per cui non c'è da stupìrsi delle misure prese contro i Bardi e i loro alleati, che, esclusi dal beneficio del generale ribandimento del 10 genn. 1341, videro inasprita la loro pena il 15 settembre successivo, allorché venne promesso un premio di 1000 fiorini d'oro a chi avesse consegnati vivi o morti gli sbanditi dell'anno precedente. Solo nel 1342, in seguito al totale cambiamento delle condizioni politiche di Firenze per la presenza in Palazzo Vecchio del duca d'Atene, i condannati poterono ritornare a vedere il loro "bel san Giovanni".
Nel 1344 il B. passò al servizio dei signori d'Este e in quello stesso anno lo troviamo podestà di Modena: dopo tale data non si ha più alcuna notizia di lui.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Priorista fiorentino Mariani, I, C. 2; Ibid., Carte Pucci, Il, n. 23; R. Davidsohn, Forschungen zur Geschichte von Florenz, IV, Berlin 1908, p. 576; Centiloquio di Antonio Pucci che contiene la cronica di Giovanni Villani in terza rima, a cura di Ildefonso di San Luigi, in Delizie degli eruditi toscani., VI, Firenze 1775, canto LXXVIII, p. 36; canto LXXXVII, p. 140; canto XC, p. 171; G. Villani, Cronica,a cura di F. Gherardi Dragomanni, in Collezione di storici e cronisti italiani editi ed inediti, III, Firenze 1845, 1. X'c. CLV, pp. 144 S" I. XI,C. XXXII, p. 249, 1. XI, c. L, p. 269; IV, ibid. 1845, 1. XI, C. CXVIII, pp. 346-349; Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina,a cura di N. Rodolico, in Rerum. Italic. Script.,2 ediz., XXX, I, p. 177; E. Gamurrini, Istoria genealogica delle famiglie nobili toscane e umbre, I I, Fiorenza 1671, pp. 179 S.; Istorie fiorentine di S. Ammirato con l'aggiunte di S. Ammirato il Giovane, III, Firenze 1824, pp. 96, 146, 158, 171, 201 s.; R. Davidsolui, Geschichte von Florenz, III, Berlin 1912, p. 856; A. Sapori, La crisi delle compagnie mercantili dei Bardi e dei Peruzzi, Firenze 1926, pp. 117-130.