GERONIMO (‛Ιερώνυμος, Hieronãmus)
Siracusano, figlio di Gelone (figlio alla sua volta di re Gerone II) e di Nereide, figlia di Pirro re d'Epiro, nacque circa il 230 a. C. e succedette quindicenne all'avo Gerone II nel regno di Siracusa, essendogli premorto il padre Gelone. Gerone gli aveva costituito per testamento un consiglio di reggenza, composto di quindici membri, tra cui pricipale Adranodoro, comandante del presidio della rocca e genero dello stesso Gerone. Si era allora sotto l'impressione della rotta toccata ai Romani a Canne, e per quanto Gerone fosse rimasto fino all'ultimo fedele all'alleanza, G., come il defunto suo padre Gelone e come Adranodoro, propendeva per i Cartaginesi, ma il consiglio di reggenza era stato evidentemente costituito da Gerone in modo che Adranodoro, il quale non poteva esserne escluso, rimanesse costantemente in minoranza. Per questo Adranodoro con ardita iniziativa dichiarò il giovane G. maturo per il regno e depose la reggenza; e il suo esempio fu seguito di buona o mala voglia dagli altri reggenti; sicché G. assunse nominalmente il potere, che di fatto fu esercitato in gran parte da Adranodoro. Si preparò ormai la guerra con Roma. Un'ambasceria mandata a Cartagine tornò con la proposta di dividere l'isola fra Cartaginesi e Siracusani. Ma G. rifiutò e volle che i Cartaginesi consentissero il dominio di tutta l'isola, lasciando ad essi l'Italia che dovevano conquistare sui Romani. Su queste basi fu stretto il trattato d'alleanza e G. ordinò la radunata delle sue forze, 15 mila uomini tra fanti e cavalli, in Leontini, donde era sul punto di prendere l'offensiva contro i Romani, che non disponevano allora se non di forze scarsissime in Sicilia, quando fu assassinato nella primavera del 214 dopo soli tredici mesi di regno. La crisi di regime che seguì tolse ai Siracusani ogni possibilità d'un'offensiva fortunata contro Roma, e contribuì grandemente alla catastrofe con cui la guerra terminò. Di questo scoppio dell'odio repubblicano contro G. le nostre fonti dànno la colpa soprattutto alle violenze e improntitudini di lui, e non è dubbio che egli doveva per carattere assai differire dal mite e prudente Gerone. Ma l'insuccesso finale della lotta contro Roma indusse gli storici a rappresentare con i colori più cupi chi ne fu l'autore.
Bibl.: v. gerone ii. Per le monete A. Holm, Storia della Sicilia, traduzione it., III, ii, Torino 1906, p. 213 segg.; W. Giesecke, Sicilia numismatica, Lipsia 1923, p. 137 segg.