D'AURIA, Geronimo
Figlio ed erede artistico dello scultore napoletano Giovan Domenico, subentrò al padre nell'opera di collaborazione con un'altra famosa famiglia di scultori, i Caccavello. Alla morte del padre (ante marzo 1573) ricevette infatti l'incarico di completare, probabilmente associando all'impresa Salvatore Caccavello, scultore già esperto ed affermato, la tomba di Fabrizio Brancaccio in S. Maria delle Grazie a Caponapoli.
I primi pagamenti documentati che lo riguardano risalgono al 1573: accanto ad incarichi minori se ne segnala subito uno di notevole impegno: la statua di Marcello Caracciolo conte di Biccari, da collocarsi m quella stessa cappella dei Caracciolo di Vico in S. Giovanni a Carbonara che aveva visto l'inizio, nel 1547e all'ombra del maestro Giovanni da Nola, della società tra il padre, Giovan Domenico, e Annibale Caccavello.
La statua del nobile napoletano, greve ed inespressiva, si colloca nel solco della tradizione che il giovane D. derivava dallo stile paterno. Con, in più, una vigoria di modellato che appare un frutto evidente dell'influsso di Salvatore Caccavello.
Altre importanti commissioni ricevette il D. tra il 1576 e il 1577: la statua, perduta, di Pasquale Caracciolo all'Annunziata (1576), quella, ugualmente perduta, del Duca di Maddaloni, sempre all'Annunziata (1577), e ancora nel 1577 e ancora per la chiesa dell'Annunziata gli intagli lignei e il lavabo della sacrestia, e le tombe di Giovan Battista Pignatelli e di Tommaso Caracciolo (D'Addosio, 1883).
La mole di lavoro era tale che il D., l'anno successivo (1578) chiamò in aiuto, associandolo all'impresa, Salvatore Caccavello: nel marzo del 1578, "mastro Salvatore Caccavello scoltore de marmi s'è obbligato in solidum con me Geronimo de Auria similmente scoltore de fare finite l'opere che detto mastro Geronimo ha pigliato a fare de questa Casa Santa... Cioe le sepolture del quondam signor Tomase Caracciolo et signor Giov. Batta Pignatello... nec non l'opera della sacristia de questa santissima ecclesia de noce integramente finita...". Così recita il contratto (D'Addosio, 1883). Perduti i due sepolcri nobiliari, a testimoniare l'avvenuta collaborazione, nonché il divario di cultura e di qualità dei due scultori, restano il lavabo e gl'intagli lignei della sacrestia, superstiti del rogo che nel 1757 distrusse la chiesa dell'Annunziata.
Divario di qualità e di cultura: raro, ma straordinario scultore, il Caccavello, il più grande nel panorama scultoreo del secondo Cinquecento napoletano, prolificissimo ma assai più modesto artefice il D., nel quale si può comunque cogliere, agli inizi, un evidente influsso del più anzianoedotato collega. L'influsso della maniera drammatica e appassionata del più giovane dei Caccavello è evidente in alcune parti della produzione giovanile del D.: l'Annunciazione nel lavabo dell'Annunziata (il soprastante Padreterno essendo di mano del Caccavello), la Resurrezione di Lazzaro in SS. Severino e Sossio, la tomba, soprattutto, di Berardino e GiovannaRosaTurbolo (1575), e fino alla tomba di Giovan Battista Capece Minutolo nel transetto del duomo di Napoli (1585 c.), in cui la Madonna col Bambino adorata dagli angeli della cimasa presenta ancora il dinamico, appassionato turgore della forma, tipico del Caccavello.
L'influsso di Salvatore si aggiunge ad una educazione artistica maturata certamente all'ombra della scuola paterna.
Personalità evidentemente assai ricettiva, il D. mostra, nella sua produzione, notevoli oscillazioni stilistiche, dall'accademia classicheggiante desunta dal padre, al tentativo, raramente felice, di adeguarsi alla prorompente vitalità di Salvatore Caccavello, quasi certamente divenuto suo socio alla morte dei due capibottega; per approdare, a partire dall'ultimo decennio del secolo, ad un fare più disseccato e contrito, più decisamente controriformato, sulla scia dei due scultori che si avviavano ad essere, sullo scorcio del secolo, le personalità egemoni nella scultura napoletana dei tempo, Michelangelo Naccherino e Pietro Bernini, fiorentini entrambi.
Il capolavoro di questi anni e di questo filone artistico è il S. Giovanni Battista, eseguito per la cappella Rota in S. Domenico Maggiore: l'unico lavoro che anche i più accaniti detrattori del D. lodino senza riserve.
Superba e grandiosa figura nella posa, nella falcata solenne del manto, nel robusto, quasi michelangiolesco plasticismo dei braccio che sostiene il libro e l'agnello, nel delicato modellato del vello che copre la figura del santo, nella stessa asciutta, ascetica fisifonomia, severa e vibrante ad un tempo. Tanta eccellenza il D. non la raggiungerà più, stabilizzandosi la sua maniera in uno stile disseccato e segaligno, minuzioso ma freddo: dalle statue giacenti nella cappella Orefice, nella chiesa di Monteoliveto, alla Astronomia, o come qualcuno ritiene, alla Filosofia, scolpita per adornare le nicchie dell'aula magna del palazzo degli Studi.
La produzione del D., da solo o in società con altri scultori (non solo Salvatore Caccavello, ma anche Giovan Angelo Gallucci e Angelo Landi, con i quali eseguì il già citato e perduto sepolcro del duca di Maddaloni all'Annunziata, nel 1577. o Michele De Guido, col quale lavorò la tomba di Felice d'Antenora, sempre all'Annunziata, nel 1586, è veramente enorme; dalle prime prove, appunto, attomo al 1573 fino all'ultima data certa conosciuta, il 1616, in cui lavorò la statua per il palazzo degli Studi.
Scultore prediletto della feudalità napoletana a cavallo dei due secoli, feudalità di cui incarnavagliideali di severa, quasi accigliata magniloquenza, il D. è l'ultimo rappresentante di quella organizzazionedella produzione artistica in società attomo a cui si raccoglievano botteghe familiari ampie ed articolate; organizzazionesu cui si era prevalentemente retta, nascendo in gran parte dalla bottega di Giovanni da Nola, la produzione scultorea del Cinquecento napoletano.
Fonti e Bibl.: F. De Petri, Historia napoletana [1634], a cura di B. Croce, in Napoli nobiliss., VIII (1899), pp. 14 s. (anche in O. Morisani, Letter. artistica a Napoli, Napoli 1958, pp. 82, 87); G. Sigismondo, Descriz. della città di Napoli, I, Napoli 1788, p. 41; L. Catalani, Discorsi sui monumenti Patrii, Napoli 1842, p. 35; B. Capasso, Appunti per la storia delle arti in Napoli, in Archivio stor. per le provv. napol., VI (1881), pp. 541 s.; G. B. D'Addosio, Origine, vicende storiche e progresso della R. S. Casa dell'Annunziata di Napoli, Napoli 1883; G. Filangieri di Satriano, Saggio di un indice di prospetti cronologici della vita e delle opere di alcuni artisti..., in Arch. stor. per le provv. napol., XII (1987), pp. 76 ss.; Id., Documenti per la storia.. le arti e le industrie delle provincie napol., IV,Napoli 1889, pp. 355-62; A. Filangieri di Candida, Una statua di G. D. nel Museo nazionale di Napoli, in Napoli nobilissima, VII (1898), p. 78; G. Ceci, Ilpalazzo degli Studi, ibid., XIII (1904), pp. 164 s.; Id., Per la biografia degli artisti del XVI e XVII secolo. Nuovi documenti, ibid., XV (1906), pp. 137 ss.; O. Morisani, Saggi sulla scultura napol. del Cinquecento, Napoli 1941, pp. 40-45; Id., La scultura del Cinquecento a Napoli, in Storia di Napoli, V,Napoli 1972, pp. 776 ss.; F. Abbate, Il sodalizio tra Annibale Caccavello e Gian Domenico D'Auria..., in Annali della Scuola normale supiriore di Pisa, VI (1976), pp. 140-44; Da palazzo degli Studi a Museo archeologico (catal.), Napoli 1977, p. 33; U. Thienie-F. Becker, Künstlerlexikon, II, p. 256 (sub voce Auria, Geronimo di).