PARASOLE CAGNACCIA, Geronima (Girolama). – Ignoti sono il luogo di nascita e la famiglia d’origine di quest’artista nata, presumibilmente, nel 1567. Divenuta moglie dello xilografo Leonardo Parasole (1542-1612) di Norcia (Ch.L.C.E. Witcombe, Copyright in the Renaissance. Prints and the Privilegio in Sixteenth-century Venice and Rome, Boston 2004, pp. 209-213), fratello del pittore Rosato a sua volta coniuge di Elisabetta (Isabella) Catanea Parasole (v. voce in questo Dizionario), Geronima dovette svolgere l’apprendistato sotto la guida del marito, a capo di un’affermata bottega a Roma con sede prima ai Giubbonari e poi a Trevi; in questo rione, in particolare, risulta che i coniugi per un certo periodo abbiano abitato, mentre precedentemente risiedevano nelle case di Virgilio Crescenzi vicino al Pantheon, nella parrocchia di S. Eustachio, dove furono battezzati cinque figli: Maddalena (1589), Francesco (1590), Bernardino (1594) pittore, Eufrasia (1596), Angelo (1597) (Pupillo, 2009, p. 844 n. 42)
Geronima morì a Roma l’8 luglio 1622 all’età di «cinquantacinque anni». Pur risiedendo presso la parrocchia dei Ss. Vincenzo e Anastasio a Trevi, ebbe il privilegio di essere sepolta, come il marito, seguace degli oratoriani, nella chiesa di S. Maria in Vallicella (Archivio di Stato di Roma, Atti dello Stato civile napoleonico, Appendice dei libri parrocchiali, b. 2, Libro dei morti, c. 147r). Nel necrologio della parrocchia dei Ss. Vincenzo e Anastasio si trova qualificata come «scultrice e pittrice» (Roma, Archivio storico del Vicariato, Parrocchia dei Ss. Vincenzo e Anastasio a Trevi, Libro dei morti, I, 1620-1652, c.14v; Di Castro, 2004, p. 240 n.19).
Della pittura di Geronima non si conosce nulla per poterle assegnare, a tutti gli effetti, la qualifica di peintre-graveur, benché tale bagaglio culturale si evidenzi nella sua spiccata autonomia creativa, unita alla cura dei particolari figurativi e all’abilità nel saper calibrare luci e ombre. Riprova della stima goduta nell’ambiente artistico romano è la presenza del suo ritratto, in veste vedovile, presso l’Accademia di S. Luca fin dal primo nucleo della raccolta (1624), ma puntualmente elencato soltanto a partire dall’inventario del 1633 (Marzinotto, 2009-2010 [2011], p. 201). Non risultando membro ufficiale della prestigiosa istituzione, al pari di Giovanna Garzoni Geronima potrebbe esservi stata affiliata come ‘accademico di grazia’. La scritta «Girolama Parasoli sc. 1612», posta nel cartiglio dipinto al di sotto del ritratto, suggerisce il legame indissolubile tra la sua esistenza di artista e quella del marito, il cui anno di morte coincide con quello presente nel cartiglio.
Trascurata immeritatamente da Giovanni Baglione che ne ignora la figura e indica nel marito Leonardo il coniuge di sua cognata Elisabetta, solo in anni relativamente recenti (Lehmann-Haupt, 1977) la personalità di Geronima ha ricevuto la dovuta attenzione per merito dell’interesse suscitato dalla straordinaria xilografia, firmata («Hieronima Parasolia incid.»), raffigurante la Battaglia tra Centauri e Lapiti (Chicago, The Art Institute Chicago, Livingston Fund, 1999.684; Giles, 2000, p. 177 fig. 1).
I dati biografici di Geronima si trovano diffusamente non rettificati, benché fosse emerso già dalle ricerche di Giovanni Incisa Della Rocchetta e di Nello Vian (1958) che Geronima, e non Elisabetta, era la moglie di Leonardo Parasole. Georg Kaspar Nagler (I, 1858, p. 946, n. 2244), fuorviato dalle notizie errate di Baglione, nell’identificare i diversificati monogrammi di Geronima seguiti talvolta dallo stilo, secondo il tipico ideogramma degli incisori in legno («G.A.P.», ma anche «C.A.P.», «G.P.», «P.M.», «P.M.F.»), avanzava, con dubbio, l’ipotesi che la «M» potesse indicare invece di «moglie» il latino manu.
Non conosciamo nessuna opera riferibile ai suoi esordi; artista ormai esperta e affermata si rivela nel 1592, anno in cui fu data alle stampe, la prima opera nota in cui compaiono alcuni dei suoi monogrammi: i Dialoghi... intorno alle medaglie, inscrittioni et altre antichità di Antonio Agustín, tradotti dallo spagnolo in italiano per opera di Dionigi Ottaviano Sada (in Roma, appresso Guglielmo Faciotto, 1592). Di questa prestigiosa pubblicazione Geronima curò l’esecuzione del frontespizio (siglato «P.M.F.»), contraddistinto da una complessa struttura architettonica con figure e medaglie e, all’interno del volume, alcune piccole illustrazioni di monumenti antichi contrassegnate dal monogramma «G.A.P.» e lo stilo (p. 124) e «P.M.», senza stilo (p.125 ), contraddistinte da efficaci contrasti chiaroscurali. Il ruolo primario assunto da Geronima in questa pregevole pubblicazione rivela il suo pieno riconoscimento nell’ambiente artistico del tempo.
La collaborazione che univa Geronima a Leonardo dovette preferibilmente indurre i due coniugi, al fine di preservare l’unità rappresentativa delle serie di incisioni, ad evitare generalmente di suddividersi il lavoro; anche se un monogramma di Leonardo («L.P.» o «I.P.») si ritrova sempre tra le opere della consorte. Se Leonardo d’altra parte si fece apprezzare per essere un accurato e fedele esecutore, diversamente Geronima si contraddistinse per le capacità tecniche e creative.
La rilevante imprenditorialità di Leonardo, retta da una fitta rete di relazioni sociali incentrata principalmente sulla figura di Virginio Crescenzi e sull’ambiente facente capo all’Oratorio dei filippini, condussero alla definitiva affermazione della sua officina, sempre più impegnata nell’esecuzione di ricchi apparati illustrativi per l’editoria libraria romana, prevalentemente in campo religioso, in cui ampio spazio venne riservato anche all’intervento di Geronima. Lo stretto rapporto di collaborazione stabilito da Cesare Baronio con Leonardo – rafforzato dall’essere quest’ultimo seguace degli oratoriani –, condusse Leonardo a lavorare per la tipografia dell’Oratorio. Diversi pagamenti erogati a Leonardo tra il 1593 e il 1594 (G. Gasbarri, I documenti baroniani dell'Archivio Vallicelliano, in A Cesare Baronio: scritti vari, Sora 1963, pp. 74 s.) si riferiscono all’illustrazione di moltissime monete destinate agli Annales ecclesiastici di Baronio; per la riedizione (Romae, ex typographia Congregationis Oratorij apud S. Mariam in Vallicella, 1594) del secondo volume dell’opera, in particolare, oltre all’aggiunta di nuove illustrazioni per ulteriori monete, fu affidato alla mano di Geronima il rifacimento dell’incisione raffigurante l’immagine di Giove Pluvio (p. 209) ripresa da quella presente nella colonna di Marco Aurelio (Pupillo, 2009, pp. 839 s.).
A differenza della puntuale e fredda immagine eseguita, da autore ignoto, per la prima edizione (1590), Geronima rielaborò, unitamente all’impianto figurativo, una fitta trama grafica tesa a dare risalto, attraverso la resa dell’atmosfera plumbea abbagliata da saette, alla figura della divinità che si distacca dall’orda dei cavalieri.
Per il De Ss. martyrum cruciatibus (Romae, ex typographia Congregationis Oratorij apud S. Mariam in Vallicella, 1594), riedizione in latino del Trattato de gli instrumenti di martirio (Roma, presso Ascanio e Girolamo Donangeli, 1591) di Antonio Gallonio, Leonardo e Geronima si confrontarono con Antonio Tempesta, il quale, per la prima edizione, aveva eseguito una serie di incisioni su rame tratte da disegni di Giovanni Guerra. La scelta di ridurre il numero delle illustrazioni e l’impiego della xilografia per ridurre i costi, non pregiudicò la qualità grafica del risultato grazie all’impeccabile tecnica esecutiva di Geronima, in grado d’imitare il sottile ductus delle incisioni in rame. Stimate per la loro raffinatezza, le matrici incise da Geronima entrarono a far parte della collezione di Raphaël Trichet du Fresne che nel 1649 le fece ristampare senza testo (Pupillo, 1995, p. 513 n. 69).
II ruolo dominante di Tempesta nell’illustrazione libraria romana di soggetto sacro portò Geronima a xilografare prevalentemente da suoi disegni. Lavoro di grande impegno fu certamente la numerosa serie di xilografie dedicata alle Storie di santi monaci ed eremiti (Roma, Istituto centrale per la grafica, vol. 58K61, FC.119844- FC.119896) comprendente episodi della vita dei santi Onofrio, Paolo di Tebe e Antonio abate. Ventisette episodi riguardanti s. Antonio abate, in particolare, già editi e incisi su rame da Tempesta (1597), furono nuovamente disegnati da questo stesso artista per la serie eseguita da Geronima che li elaborò, sotto la sua direzione, attraverso una grafica ricca di forti contrasti chiaroscurali. A questa serie composita sono da riferire probabilmente anche altre due xilografie: Principessa su un mulo al cospetto di sacerdoti (New York, The New York Public Library, MEZAT [Parasole, Geronima]) e Monache in un cortile di un convento (New York, The New York Public Library, MEZDP [Parasole, Geronima] 109081). Da Tempesta Geronima eseguì anche incisioni per alcune pubblicazioni di cui non si conosce il titolo: Mosè (Roma, Istituto centrale per la grafica, vol. 58K61, FC. 119849) siglata «P.M.F.», e la Cacciata dei mercanti dal Tempio firmata «Gironima Para.le inc.» e «ATE» (Siena, Biblioteca degli Intronati, 2 / I. F.2 c. 10v ); tale soggetto tratto da un disegno, seppur diverso, dello stesso Tempesta, si ritrova xilografato da Leonardo Parasole nell’Evangelium Sanctum Domini (Roma, Tipografia Medicea, 1591).
Al catalogo di Geronima appartiene anche una rara incisione con il Giudizio finale firmata «HIER.A P. INC.» ma priva d’inventor (Reggio Emilia, Biblioteca Panizzi, coll. Angelo Davoli, inv. 10877).
Capolavoro del virtuosismo tecnico di Geronima è la citata Battaglia tra Centauri e Lapiti liberamente tratta da un disegno originale di Tempesta (Chicago, The Art Institute of Chicago, The Leonora Hall Gurley Memorial Collection, 1922.2169; Giles, 2000, p.177 fig. 2), indicato sulla stampa come inventor («Anto. Tempest. Inven.») e con il quale l’artista dovette concertare la modifica del disegno e la realizzazione dell’incisione. La sua esecuzione, in grande formato, fu concepita probabilmente per rilanciare la sua attività di xilografa, rispetto al prevalere della incisione in rame che si andava sempre più affermando e si prestava generalmente a una resa migliore. A una prima stampa, riferibile agli inizi del XVII secolo, seguì la ristampa, datata 1623, per l’editore romano Maurizio Bona (Londra, The British Museum, Department of prints and drawings, inv. 1860, 0414.159), che doveva essere entrato in possesso della matrice lignea, dopo la morte dell’artista. Lo stesso editore precedentemente, nel 1620, aveva riedito con successo il Teatro delle nobili e virtuose donne di Elisabetta Parasole.
È stata avanzata, con dubbio, da Cristiano Giometti (2008) la proposta di assegnare a Girolama o a Leonardo Parasole la pregevole asta di bambù, usata come insegna pontificale, su cui è incisa l'Apparizione della Madonna a Filippo Neri (Roma, Biblioteca Vallicelliana, inv. 95007) da un disegno presumibilmente di Tempesta del 1615 circa, eseguito in seguito alla beatificazione del fondatore della Congregazione dell’Oratorio. Considerando la singolare raffinatezza e il virtuosismo tecnico che sono propri dell’identità artistica di Geronima, si ritiene che tale incisione possa essere inclusa nel catalogo delle sue opere.
A Girolama sono state riferite da Marco Pupillo (2009, pp. 849 s.) le mediocri incisioni di botanica, alcune delle quali caratterizzate da ingenue scenette di vita, commissionate nel 1611 dal linceo Federico Cesi per illustrare il cosiddetto Tesoro messicano; ciò però non trova alcuna fondata corrispondenza con la cifra stilistica e tecnica di Geronima, né tanto meno con il suo profilo di artista dotata di raffinata creatività. Al momento non si conosce altro della sua produzione.
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