FALLETTI, Gerolamo
Proveniva da un'illustre famiglia di Trino (Vercelli) ma originaria di Villafalletta, nel Monferrato. Il padre Guidone e il fratello Niccolò sono ricordati nel De poetis nostrorum temporum (Florentiae 1551, pp. 89 s.) di Lilio Gregorio Giraldi. Sulla cronologia della vita le fonti sono discordi. L'ipotesi più probabile è che sia nato intorno al 1518 a Savona, dove fu allevato dallo zio Camillo preposto della cattedrale. Nel 1542 era all'università di Lovanio e, come racconta nel primo dei quattro libri del De bello Sicambrico, si trovò a difendere la città dall'attacco delle truppe di Maartin van Rossum al servizio del duca Guglielmo di Jülich Cleve-Gheldria. Tornato in patria, nel 1544 si trasferì a Ferrara in qualità di maestro del diplomatico genovese Niccolò Spinola. L'orazione per l'ingresso di Paolo III nella città (1543) - sulla quale non abbiamo peraltro notizie di una pubblica lettura - sarebbe dunque un'esercitazione posteriore, come lo sono certamente quelle per la morte del cardinale Ippolito d'Este il Vecchio (1520) e di Alfonso I (1534).
Le condizioni del F. dovevano essere allora alquanto modeste, se si presta credito alla testimonianza del Ruscelli (p. 467) che lo conobbe probabilmente a Venezia dopo il 1554, quando il F. era ambasciatore residente di Ferrara nella città. Tramite l'umanista di origine portoghese Didaco Pirro conosciuto a Lovanio stabilì contatti con i letterati della corte estense acquistandosi fama di poeta e letterato. Partito lo Spinola, entrò senza stipendio in casa del conte Ercole Contrari con l'incarico di tenere lezioni. Ma, grazie agli uffici di Gasparo Sardi, del giurista Lanfranco Gessi e del segretario ducale Giambattista Saracco, ottenne da Ercole II 22 scudi d'oro per addottorarsi. Seguì i corsi di giurisprudenza allo Studio e si laureò il 24 luglio 1546 avendo come promotore Andrea Alciato; nell'anno accademico 1548-49 ebbe un lettorato con il modesto compenso di 1 scudo. Ha quindi inizio la serie di incarichi diplomatici. Nel 1546, al seguito di Francesco d'Este fu inviato in Germania con l'esercito imperiale che combatteva contro la Lega di Smalcalda.
Al ritorno fu inviato in Polonia in occasione della morte di Sigismondo I Iagellone e dell'incoronazione del figlio Sigismondo Augusto avvenuta nel 1548. Nel 1550 si trovava a Roma in qualità di ambasciatore d'obbedienza venuto ad ossequiare Giulio III appena eletto. Nel 1551-52 era al campo imperial-pontificio all'assedio di Mirandola. A questo periodo risale un manipolo di lettere spedite al F. da Bartolomeo Ricci, istitutore del principe Alfonso e di suo fratello Luigi contenenti per lo più richieste di intercessione per conoscenti fatti prigionieri dall'esercito imperiale. Da una di esse ricaviamo che allora il F. era già sposato a Paola Calcagnini che, dopo la primogenita Lavinia, gli dava allora un bambino. Paola era figlia naturale del conte Ercole Calcagnini dal quale il F. ereditò un palazzo e delle proprietà a Bellombra nel Ferrarese, nonostante l'esistenza di figli legittimi. Nel settembre 1553 era in missione a Roma, infine nel 1554 divenne ambasciatore a Venezia; al nuovo doge Francesco Venier rivolse lo stesso anno un'orazione di saluto.
A Venezia il F. dovette godere di una discreta fama: in una lunga lettera del 1° giugno 1560 da Brescia, dov'era capitano, Giovan Matteo Bembo gli scrive con confidenza "per esser Vostra Signoria da già tanto de' nostri, quanto ciascun venetiano stesso" (Scelta di lettere..., p. 241). Dall'Aretino è menzionato in una lettera del 1555 (Del sesto libro de le lettere, Parigi 1609, p. 300). Probabilmente nel 1558 conobbe Onofrio Panvinio, venuto a curare l'edizione dei suoi Commentari ai Fasti (Valgrisi 1558), con il quale scambiò libri e lettere fino a pochi mesi prima di morire. G. Ruscelli e L. Dolce ne inclusero l'emblema nelle loro raccolte di imprese; un sonetto del F. figura nel Tempio, l'antologia poetica compilata dal Ruscelli in onore di Giovanna d'Aragona (Venezia 1555, p. 17), e al figlio Ercole è dedicata la settima edizione delle Osservazioni sulla volgar lingua del Dolce (Venezia 1566).
L'unica opera del F. data alle stampe, per i tipi del Giolito, prima del trasferimento a Venezia è la Prima parte della guerra di Alamagna (Venezia 1552), in otto libri, cronaca dettagliata della campagna condotta dagli eserciti imperiali contro i principi luterani tedeschi derivata dalla rielaborazione dei dispacci giornalieri spediti al duca.
La Guerra di Alamagna presenta infatti un'architettura piuttosto solida in cui sono osservate le convenzioni del genere storiografico. Il primo libro contiene la descrizione geografica del paese, degli usi e costumi e le premesse della guerra con la rassegna delle forze in campo. La quantità di informazioni conferisce all'opera un'importanza non secondaria. Nell'analisi degli avvenimenti il F. rivela una buona tempra di storico, dotato di penetrazione psicologica e di capacità analitica nella ricerca delle cause, senza che venga perciò trascurato il ruolo svolto dai protagonisti. Presenti, concentrati soprattutto agli inizi dei libri, i riferimenti alla storia antica in funzione comparativa. In apertura dei libri VII e VIII, in particolare, sono svolte considerazioni sull'incidenza della fortuna nelle azioni umane e sulla mutazione degli ordini degli Stati che riprendono le tesi machiavelliane.Le orazioni dei protagonisti inserite nell'opera godettero di un'autonoma fortuna editoriale, incluse molto presto nella raccolta di Orazioni militari di Remigio Nannini "Fiorentino" stampata presso il Giolito (Venezia 1560) e, in traduzione francese, negli Harengues militaires et concions des princes, capitaines, ambassadeurs di François de Belleforest (Paris 1573). Nel 1556 si inaugura il rapporto con Paolo Manuzio che stampò Della resurrettione de' morti, traduzione dal filosofo ateniese del II secolo d. C. Atenagora, insieme con un'orazione Della natività di Cristo inserita poi da Francesco Sansovino nella raccolta di Diverse orazioni (Venezia 1562, I, cc. 118v-23v) e ristampata con una versione in castigliano (Eredi Sessa, Venezia 1567). Al 1557 risale l'edizione del Bellum Sicambricum, in quattro libri di esametri, sulla guerra tra i Paesi Bassi e l'Impero, e, nello stesso volume, di quattro libri di Poemata che raccolgono la produzione lirica, piuttosto copiosa, ancorché circoscritta al genere celebrativo e d'occasione, il cui esordio doveva aver preceduto l'approdo a Ferrara.
Vari componimenti sono indirizzati a personaggi della corte, al duca e a suoi familiari; uno De forma Violantae Troctae richiama un sonetto sullo stesso tema ("Quando talhor contemplo intento e fiso", in Bertoni, p. 222), unica poesia volgare nota del F. insieme con quella a Giovanna Colonna, che lascia tuttavia supporre esercizi analoghi, pur marginali nella preminenza concessa al latino e a generi più austeri e impegnativi.
Ancora presso Manuzio uscirono alla fine del 1558 in un elegante in folio le dodici Orationes con dedica a Sigismondo Augusto di Polonia: accanto a quelle commemorative già ricordate, spiccano per l'importanza dei contenuti e l'erudizione spiegata dall'autore la XI, De dialectica ad Academicos Lovanienses, che prova una sicura conoscenza delle principali opere classiche sull'argomento, e la XII, pronunciata "cum insigna doctoratus acciperet", che è un elogio del diritto, arte di origine divina in quanto consente la convivenza tra gli uomini. Nel 1562, infine, apparve a Venezia presso Nicola Bevilacqua una traduzione in ottava rima ad opera di Giovan Mario Verdizzotti di un carme sulla musica contenuto nel libro V dei Poemata (cc. 36-39). Di un'opera De fisco, cui accenna come in corso di stesura il Manuzio in una lettera dell'inverno 1555, non abbiamo altri riscontri.
L'opera più importante del F. avrebbe però dovuto essere la storia degli Este commissionatagli da Alfonso II nel 1558, quando era ancora principe ereditario, ma, rimasta incompiuta, fu terminata successivamente da Giambattista Pigna.
La genesi dell'opera è legata alla controversia sulla precedenza che per un quarantennio oppose i rappresentanti di casa d'Este ai Medici mettendo in gioco, al di là della futilità apparente delle cause, ragioni di rango e di prestigio sostanziali per entrambi i casati, impegnati a consolidare le sorti dei loro Stati. Alle origini della contesa era la precedenza concessa ad Ercole Il su Cosimo I durante l'incontro con Carlo V e Paolo III a Lucca nel 1541, quando il duca di Ferrara cavalcò alla destra dell'imperatore e nel banchetto fu lui a porgergli la salvietta. A Natale Ercole II pretese la precedenza per il suo residente a Roma alla messa nella cappella pontificia. Cosimo intervenne allora presso Carlo V e il 24 dic. 1543 ottenne un decreto favorevole ai Medici. La polemica si sopì momentaneamente fino alla morte di Lucrezia, figlia di Cosimo I e moglie di Alfonso II, succeduto al padre nel 1559. Confortato da un nuovo decreto cesareo emesso da Ferdinando I a conferma di quello del 1548, Cosimo fece pressioni sul governo veneziano perché il suo ambasciatore precedesse quello estense. Ciò scatenò l'offensiva diplomatica di Alfonso che diede istruzioni al F. e a tutti gli altri ambasciatori di difendere il loro privilegio. Fu probabilmente anche grazie al suo prestigio personale che il F. ottenne un pronunciamento favorevole da parte della Repubblica (3 giugno 1561). In ottobre fu inviato alla corte di Vienna, dove convinse Ferdinando I ad emanare un decreto di revoca dei precedenti (13 febbr. 1562). L'imperatore impose però una sorta di moratoria in virtù della quale i rappresentanti ferrarese e fiorentino non avrebbero dovuto presentarsi in pubblico fino a quando una commissione non si fosse pronunciata sulle ragioni dei contendenti. Cosimo, in rotta con l'imperatore per l'occupazione di Pitigliano, chiese a Pio IV, a lui favorevole, di avocare a sé la decisione e di nominare una commissione di dieci cardinali. Tuttavia il papa tergiversò fino al 1562 e poi si accontentò di convocare Alfonso II perché esponesse le sue ragioni, senza che questi si presentasse. Nel settembre 1562 il F. fu inviato una seconda volta a Vienna per prevenire mosse degli emissari medicei ed esortare l'imperatore a sottoporre la questione al Consiglio. In questa occasione trattò pure il matrimonio di Alfonso con una delle figlie di Ferdinando. Anche questo rientrava nella disputa con i Medici, perché Cosimo aveva chiesto in sposa l'arciduchessa Giovanna per il suo primogenito Francesco; e Ferdinando, al fine di evitare parzialità, aveva proposto al duca di Ferrara la mano di Barbara. Alfonso insistette per puntiglio per avere Giovanna ma alla fine dovette cedere e i due matrimoni furono celebrati, separatamente, nel dicembre 1565. La questione favorì presto in entrambi i partiti il proliferare di una serie di pubblicazioni propagandistiche sovvenzionate dai due principi.
A Ferrara, per Francesco Rossi, erano apparsi nel 1556 il Libro delle historie ferraresi di Gasparo Sardi e il De Ferrarie et Atestinis principibus commentariolum di Giambattista Giraldi (Cinzio). Nel 1558, dalla corte di Enrico II di Valois dove si trovava, Alfonso tramite il Pigna commissionò al F., già noto per la Guerra di Alamagna e per il Bellum Sicambricum, una storia degli Este che, partendo dalla caduta dell'impero romano, dimostrasse con ragioni storiche e giuridiche la superiorità del casato su quello dei Medici.
Il F. si mise sollecitamente al lavoro e la prima parte degli Annales Estenses fu terminata nel gennaio 1561 e sottoposta all'esame di letterati amici: oltre al Manuzio, Carlo Sigonio; mentre il Panvinio nonostante gli inviti del F. a recarsi a Venezia ad esaminare il manoscritto, non vi mise mano. Il duca ricompensò il F. conferendogli il 20 ag. 1561 il titolo comitale del feudo di Trignano, sull'Appennino modenese, e il passo della Navicella sul Panaro di 100 scudi annui; al principio del 1562 gli donò il censo della Comunità di Massa Fiscaglia ammontante a 448 scudi l'anno e parte della fumanteria della villa di Trignano. La pubblicazione nel 1562 di un libretto anonimo e privo di note tipografiche intitolato Ragioni di precedenza, che conteneva l'esaltazione dei Medici e pesanti diffamazioni degli Este, spinse Alfonso a sollecitare il F. perché completasse la storia e l'albero genealogico intrapreso parallelamente (lettere del 10 e 30 maggio). Nel gennaio il F. richiese l'invio di documenti da parte del Pigna e il 2 luglio annunciò la sua venuta a Ferrara per consultarne altri. Nel frattempo l'intaglio dell'albero fu affidato al medaglista Enea Vico che con l'occasione passo da Venezia al servizio degli Este. Ma nel 1564 il F. fu colto da una grave malattia al fegato; l'8 luglio si trovava ad Abano per le cure; migliorato verso la fine del mese, ritornò a Venezia dove subì un grave peggioramento. Il 30 settembre, ormai conscio della fine, scrisse l'ultima lettera ad Alfonso. Morì il 3 ott. 1564 a Padova, assistito dai familiari, dopo una lunga e dolorosa agonia.
Il Pigna, spedito il 3 stesso a recuperare i documenti e il manoscritto degli Annales, arrivò a Venezia il giorno dopo e poté assistere ai funerali solenni a spese della Repubblica e alla presenza del doge che accompagnò la salma alla sepoltura nella chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo. Tornò a Ferrara il 6 con due casse e due sacchi di documenti e gli Annales fermi al 1300. L'albero genealogico fu ultimato nel dicembre e nei primi mesi del 1565 vide la luce nell'incisione del Vico in forma di una grande quercia ramosa, salutato da un sonetto di G. B. Guarini. Anche il completamento della storia fu affidato al Pigna, che la continuò fino al 1476, cioè allo stabilimento del dominio e della successione, terminando il lavoro all'inizio del 1569. La Historia dei principi d'Este uscì dalla, stamperia ducale nel giugno 1570. La diplomazia estense si mobilitò per diffondere l'opera. Dato che la controversia era di competenza imperiale, molte copie furono inviate in Germania, e nel 1570 fu fatta una traduzione tedesca ad opera di don Tiburzio Droyfelder, cappellano della duchessa Barbara d'Asburgo, stampata a Magonza nel 1580. Il giurista Giovanni Baroni procurò un'edizione latina stampando i primi quattro libri a Venezia presso il Bindoni nel 1575 e integralmente nel 1585 sempre a Venezia ma presso il Baldini. Il contenzioso procedeva intanto con alterne vicende, ma in maniera sostanzialmente sfavorevole agli Este. Nel 1569 Cosimo aveva segnato un punto decisivo a suo favore ottenendo da Pio V il titolo di granduca, che fu confermato con decreto cesareo il 2 nov. 1575, quando ormai i vincoli familiari tra gli Este e gli Asburgo si erano allentati per la morte di Barbara nel 1572 e Alfonso si era alienato le simpatie di Massimiliano con le sue mene per la successione al trono di Polonia.
Gli studiosi si sono posti ben presto il problema del debito del Pigna nei confronti del F. dando risposte contrastanti. Il Tiraboschi, che esaminò anche i manoscritti degli Annales (oggi Alpha J. 4.1 [= lat. 393] e Alpha F. 3.14 [= lat. 478]), contro l'opinione di G. G. Bronziero (Istoria delle origini e condizioni... del Polesine e di Rovigo, Venezia 1748, pp. 104 s.), respinse la tesi del plagio: a parte la diversità della lingua (latino per il F., volgare per il Pigna), diversa è in primo luogo l'impostazione dell'opera, come appare dai titoli; al contrario del F., il Pigna non fa uso di excursus, ricorre poco alle iscrizioni e ai documenti, evita i discorsi dei protagonisti. La questione è inoltre mal posta, se si considera l'identità della materia che non consentiva grandi variazioni e il fatto che il Pigna per ordine ducale fornì al F. tutti i documenti di cui abbisognava e poi recuperò il materiale alla sua morte. Del resto egli dichiara esplicitamente il suo debito nella dedicatoria. Più importanti invece le considerazioni sull'attendibilità della Historia e della genealogia del Falletti. Nate da ragioni politiche e propagandistiche e orientate verso la ricostruzione di eventi di epoche remote per dimostrare la superiorità storico-genealogica degli Este (a differenza dell'apologetica medicea che si concentrò sui fatti recenti e contemporanei), presentano entrambe mende considerevoli. L'albero contiene vari errori nelle derivazioni e nei legami con altre case principesche. Nella storia del Pigna, oltre a inesattezze per i tempi antichi, è possibile rintracciare l'influenza degli avvenimenti contemporanei, ad esempio nel tentativo di dimostrare che il territorio di Comacchio era da tempi remoti dominio degli Este, convalidato da più investiture imperiali. Provando che la maggior parte dei territori estensi erano di derivazione imperiale si mirava a far valere la decisione del tribunale cesareo su quelli nominati da Pio IV e da Pio V. Inoltre, la delegittimazione dei diritti feudali della Chiesa su Ferrara e il suo territorio toccava direttamente il delicato problema della successione di Alfonso II, privo di discendenza diretta. La Historia del Pigna, come principale opera storica sugli Este, è indicata tra le possibili fonti usate dal Tasso per la Gerusalemme liberata; in particolare l'albero del F. sarebbe stato seguito per la ricostruzione della genealogia estense sullo scudo di Rinaldo nel canto XVII. L'ampia circolazione di queste notizie nell'ambiente ferrarese e la rivalità che opponeva il poeta al Pigna rendono tuttavia altrettanto probabile l'ipotesi che il Tasso sia ricorso a qualche altra opera. Alla polemica tra gli Este e i Medici egli diede comunque un tardivo contributo con il dialogo Della precedenza composto a S. Anna tra il 1580 e il 1581.
Dopo la morte del F. la famiglia non si mantenne a lungo nel rango conseguito. Il figlio Guido Alfonso vendette il feudo o gli fu revocato dal duca, che nel 1587 lo assegnò ai conti Ercole e Scipione Giglioli. Nel 1598 era già morto, assassinato, e i suoi cinque figli vivevano in miseria con la madre.
Fonti e Bibl.: Le lettere del F. al Panvinio sono alla Bibl. ap. Vaticana nel cod. Vat. lat. 6412, cc. 26-28, 33-34, 40-41, 43-44, 46, 120, 371; la genealogia degli Este è pubblicata in Helmoldus, Chronica Slavorum, a cura di R. Reinech, Francofurti 1581, pp. 225-233; alcune poesie sono incluse nelle Delitiae Italorum poetarum, a cura di J. Gruterus, I, ibid. 1608, pp. 944-952, da cui dipendono i Carmina illustrium poetarum Italorum, a cura di G. G. Bottari, IV, Firenze 1729, pp. 183-190; il sonetto a Giovanna d'Aragona è in Rime scelte de' poeti ferraresi antichi e moderni, Ferrara 1713, p. 99; il sonetto a V. Trotti è edito da G. Bertoni in Poesie leggende e costumanze del Medio Evo, Modena 1927, p. 222; due dispacci del 1554 da Venezia sono pubblicati rispettivamente in Lettereartistiche inedite, a cura di G. Campori, Modena 1866, pp. 30-31, e in A. Bertolotti, La prigionia A. Colonna (1553-57), in Atti e mem. delle Rr. Deputazioni di storia patria per le province mod. e parmensi, s. 3, II (1883), pp. 179-181; G. Ruscelli, Le imprese illustri, Venezia 1561, pp. 466-471; Imprese di diversi principi, duchi, signori... con alcune stanze di L. Dolce, Venezia 1562, n. 42; Scelta lettere di diversi... scrittori, a cura di L. Zucchi, I, Venezia 1595, pp. 240-250; L. Pignorio, In A. Mussati Historiam spicilegium, Venetiis 1636, p. 12; R. Soprani, Li scrittori della Liguria, Genova 1647, pp. 115 s.; A. Oldoino, Athenaeum Ligusticum, Perusiae 1680, pp. 243 s.; G. Fontanini, Il dominio temporale della Sede apost. sopra la città Comacchio. Roma 1709, I, pp. 136-138, 312-317; II, pp. 283, 398; F. Borsetti, Historia Ferrariae Gymnasii, II, Ferrariae 1735, pp. 169 s.; G. Guarino, Ad Ferrariensis Gymnasii historiam F. Borsetti supplementum, I, Bononiae 1740, p. 52; G. A. Irico, Rerum Patriae, Mediolani 1745, pp. 299-304; B. Ricci, Opera, Patavii 1148, I, p. 29; IV, pp. 464-474; G. Tiraboschi, Storia della lett. ital., Milano 1833, III, pp. 393 s.; IV, pp. 67-69, 71 s.; A. Frizzi, Memorie per la storia di Ferrara, IV, Ferrara 1848, pp. 327, 357, 387; G. V. Verzellino, Degli uomini illustri di Savona, II, Savona 1891, pp. 79-81; V. Santi, La precedenza tra gli Estensi e i Medici e l'"Historia de' Principi d'Este"; G. B. Pigna, in Atti della Deput. ferrarese di storia patria, IX (1897), pp. 35-122; G. Pardi, Titoli dottorali conferiti dallo Studio di Ferrara, Lucca 1900, pp. 144 s.; Id., Lo Studio di Ferrara nei secc. XV e XVI, Firenze 1903, pp. 221, 228; L. Romier, Les origines politiques des guerres de religion, I, Paris 1913, pp. 249, 288, 389; II, ibid. 194, pp. 120, 122, 140, 161; F. Noberasco, Gli scrittori della città di Savona, in Atti della Soc. savonese storia patria, VII (1924), pp. 178-181; A. Sorbelli, G. F., in Enciclopedia Italiana, XIV, Roma 1932, p. 750; E. Pastorello, L'epistolario manuziano, Firenze 1957, ad Indicem; O. Kristeller, Iter Italicum, I-II, ad Indices.