DORIA, Gerolamo
Figlio del nobile e ricco genovese Lazzaro, visse tra il XV e il XVI secolo e fu presente nella politica attiva negli anni tra il 1499 e il 1513.
La corretta identificazione del D. è resa problematica dai numerosi omonimi citati nelle varie cariche senza patronimico: nell'elenco dei nobili "bianchi" del 1500, su una cinquantina di membri della famiglia Doria nei suoi vari rami, risultano iscritti infatti cinque Gerolamo, distinti quattro con l'iniziale del padre (d. L. - il D., appunto; di A. - cioè Agostino, e si tratta del futuro cardinale; di C.; di B.) e il quinto senza altra indicazione (e potrebbe essere fu Gian Domenico, cioè il signore di Oneglia poi ucciso nel 1505 e fratello di Stefano). Nell'elenco delle magistrature, poi, il patronimico è spesso tralasciato, rendendo praticamente unpossibile la corretta attribuzione delle cariche.
Il padre del D. era proprietario di una splendida villa a Campi, nella quale, nel 1502, venne ospitato il re di Francia Luigi XII prima del suo ingresso solenne in Genova e, nel 1506, il governatore francese, Filippo di Clèves: ospitalità che è anche il segno inequivocabile dei legami politici della famiglia del D. con la Francia, legami così diffusi tra la nobiltà armatoriale genovese di questi anni. La sorella del D., Luigia, aveva sposato uno di questi esponenti, Giovanni Doria, suo lontano cugino, autorevole ufficiale di Balia nel 1507 e, almeno fino al 1510, insospettabile sostenitore dell'alleanza francese. Ma il D. risulta essere l'esponente della famìglia, e di quel settore della nobiltà in cui più esplicito e clamoroso apparve il distacco dalla Francia, attraverso lo spostamento politico verso l'alleanza pontificia, cui la presenza sul soglio dei liguri Della Rovere, Sisto IV prima e Giulio II dopo, aveva impresso una spinta decisiva.
Certo sulle scelte del D. ebbe molta influenza la condizione del nipote Nicolò Doria, figlio di Giovanni e di Luigia, capitano al servizio del papa, amico dei Fregoso, comandante di due spedizioni pontificie contro (o "verso") Genova. Appunto unendosi a Nicolò durante la prima di esse, nel 1510 il D. testimoniò clamorosamente la propria rottura con la Francia, provocandone la dura ed esemplare reazione.
Probabilmente il passaggio di campo era stato già operato dal D. nel periodo di tempo che corre tra le due grandi ambascerie di cui fece parte, rispettivamente nel 1499 al re di Francia a Milano e nel 1504 al nuovo pontefice, Giulio II: ambascerie che dovettero costituire per molti membri della nobiltà il banco di prova delle loro scelte politiche pubbliche e private, nel senso che dovettero allora scegliere a quale delle potenze internazionalì in lotta appoggiare la solidità economica propria e della città.
Della prima ambasceria, quella eletta il 20 sett. 1499 per portare la sottomissione di Genova a Luigi XII, facevano parte, oltre a due segretari, ben ventiquattro cittadinì genovesi, scelti tra nobilì "bianchi" e "neri" (cioè di estrazione feudale o mercantile); il D., probabilmente ancora giovane, è elencato tra gli ultimi. L'ambasceria si presentò al re il 27 settembre a Pavia e il 6 ottobre assistette al solenne ingresso del re a Milano. Dopo molte difficoltà per la resistenza francese a concedere i privilegi richiesti dalla Repubblica, l'accordo fu raggiunto e la dedizione di Genova firmata il 6 ottobre.
Dopo il ritorno a Genova, l'atteggiamento del D. dovette mantenersi inequivocabilmente filofrancese: dei resto nella villa del padre Lazzaro, a Campi, il re stesso scelse di pernottare il 25ag. 1502, prima del solenne ingresso in Genova. Ciononostante, o forse proprio perché garantito da una sorta di immunità, il D. cominciò a staccarsi dalla Francia, probabilmente a partire dal Gran Consiglio riunito il 23giugno 1503 per concordare qualche provvedimento di sicurezza, all'interno e all'estero, considerata la difficile contingenza dei Francesi e i pericoli che correvano i commerci genovesi con la Spagna. Di certo, la scelta di campo definitiva, da parte del D., coincise con l'elezione papale di Giulio II. Probabilmente il D. stesso chiese di far parte della legazione che, fin dal 16 nov. 1503, era stata deliberata affinché Portasse al pontefice le congratulazioni della città e ne ottenesse la conferma dei privilegi. La partenza da Genova avvenne il 5 febbr. 1504e l'ingresso solenne in Roma il 25, dopo circa una settimana dall'arrivo effettivo: è forse proprio in questo breve lasso di tempo che il D. si abboccò col nipote Nicolò Doria, capitano pontificio, intrecciando o consolidando con lui legami politici segreti, anche di spionaggio. Splendidamente ricevuti dal papa in pubblico concistoro il 28febbraio, presenti il 3 marzo all'ingresso in Roma del nuovo prefetto, il quattordicenne Francesco Maria Della Rovere, invitati il 17 a pranzo dal pontefice, il D. e gli altri oratori si fermarono ancora parecchi giorni a Roma e rientrarono a Genova verso la metà di maggio.
La conferma inequivocabile che, dopo questo viaggio, il D. divenne il punto di riferimento del papa a Genova viene dal fatto che, quando nel gennaio 1510Giulio Il ordinò ai cantieri portuali la costruzione di una "galeazza bellissima per la sua persona", inviò proprio al D. i suoi corrieri, con il pretesto di incaricarlo dei solleciti per la conclusione dei lavoro.
Nello stesso periodo, tra il gennaio e il maggio 1510, una trentina di membri della famiglia Fregoso lasciarono la città per raggiungere Ottaviano a Roma; ma poiché il governatore francese aveva minacciato energici provvedimenti per chi fosse partito senza licenza, il D. rimase a Genova. Nel successivo luglio però, quando, aperte ormai le ostilità tra il papa, alleatosi con Venezia, e Genova "francese", la prima spedizione veneto-pontificia, guidata da Marcantonio Colonna, dai Fregoso e dal nipote del D., Nicolò Doria, arrivò a Recco, a poche miglia da Genova, il D. abbandonò casa e famiglia e si unì a Nicolò (che forse era penetrato clandestinamente in città per prelevare il D. e per abboccarsi col padre Giovanni).
Il voltafaccia del D. venne interpretato, anche fuori di Genova, come emblematico del malessere e dell'insofferenza ormai diffusi nei confronti della Francia, la quale dovette infliggere una punizione esemplare al D., nonostante il diplomatico intervento in suo favore del cognato Giovanni Doria.D'altra parte il D., dopo essere sbarcato con Nicolò alla Spezia, informato del progetto di una più consistente spedizione contro Genova, nell'agosto salpò per Roma per sollecitarne l'attuazione e per persuadere il pontefice a richiamare Federico e Ottaviano Fregoso da Bologna e ad affidare a loro il comando; egli stesso avrebbe fornito loro i dati militari aggiornati. In questa circostanza il D. appare molto più deciso del nipote Nicolò, anche perché alla cacciata dai Francesi era legato ormai il suo destino. Infatti, fallite le successive spedizioni, il 2 apr. 1511il D. fu giudicato in contumacia reo di lesa maestà, dichiarato ribelle e i suoi beni confiscati, mentre due suoi compagni, un Interiano e un Domenico di Sampierdarena, venivano condannati a morte. La moglie del D. fu mandata in esilio come sospetta di tradimento e la villa di Campi rasa al suolo. Ovviamente, la cacciata dei Francesi nel 1512e, soprattutto, l'elezione ducale di Ottaviano Fregoso il 17 giugno 1513consentirono al D. di rientrare in Genova con una autorità ed un prestigio incondizionati: e infatti, contestualmente al doge, il D. fu eletto come primo componente del nuovo ufficio di Balia. Tuttavia, con l'assunzione di questa alta carica, sembra concludersi la carriera politica del D.: forse lo colse una morte prematura; di certo non arrivò al 1528, poiché il suo nome non compare tra i vari omonimi, distinti dal patronimico, iscritti quell'anno al Libro d'oro della nobiltà.
Fonti e Bibl.: I. Burchardi Liber notarum, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXXII, 1, a cura di S. Celani, ad Indicem; J. Nardi, Istorie della città di Firenze, Firenze 1858, ad Indicem; L. G. Pelissier, Documents pour l'histoire de l'établissement de la domination française à Gênes, in Atti d. Soc. ligure di storia patria, XXIV (1892), 2, pp. 459-461; N. Machiavelli, Legazioni e commissarie, a cura di S. Bertelli, Milano 1965, ad Indicem; A. Neri, La venuta di Luigi XII a Genova nel 1502, in Atti d. Soc. ligure di storia patria, XIII (1875), pp. 910 ss.; A. Spont, Les galères royales dans la Méditerranée de 1496 à 1518, in Revue des questions historiques, LVIII (1985), p. 414; E. Pandiani, Un anno di storia genovese, in Atti d. Soc. ligure di storia patria, XXXVII (1905), ad Indicem; L. Donaver, Storia della Repubblica di Genova, Genova 1913, II, p. 132; V. Vitale, Diplomatici e consoli della Repubbl. di Genova, in Atti d. Soc. ligure di storia patria, LXIII (1934), p. 3.