COUSCONARI, Germano
Nato verso il secondo decennio del XVI sec., a Cipro, fu monaco basiliano nel periodo finale della dominazione veneta e visse per circa trent'anni nel monastero di S. Giovanni Crisostomo di Koutsoventi, di cui fu anche egumeno, conseguendovi una discreta preparazione negli studi, specie in materia liturgica.
Partecipò con coraggio alla disperata difesa di Famagosta, dove "notte et giorno stava a l'erta con lo crucifisso in mano, esortando gli christiani", e, caduta la città (1571), fu fatto prigioniero e deportato a Istambul. Rientrato a Cipro, venne scelto come vescovo di Leucara (con gli antichi titoli di Amatunte e Kouraĭi), una sede episcopale compresa, per la geografia ecclesiastica latina, nel territorio di Limassol e da quattro anni vacante.
Una sua prima sottoscrizione con tale titolo si trova in un atto del 1575, redatto insieme con i patriarchi orientali dall'arcivescovo di Cipro Timoteo, il prelato ortodosso che aveva ripristinato l'antica autonomia canonica della Chiesa dell'isola. Nel codice Barber. Gr. 390si conserva un eucologio scritto in Cipro nel 1575-76 per il C. già vescovo, mentre presso la parrocchia della comunità greca di Palermo sussiste un'icona votiva di S. Giovanni Evangelista fatta eseguire da lui, come dice l'iscrizione, "insieme con il suo diletto Cristodulo".
Il C. era noto a Massimo Margounios, noto ecclesiastico e letterato cretese, che ne aveva una buona considerazione secondo quanto si legge in una sua lettera di raccomandazione al metropolita di Filadelfia Gabriele Seviros, residente in Venezia, allorché il vescovo di Lencore, essendo divenuto sempre più sospetto al regime turco, dovette trasferirsi in Occidente, e finì, verso il maggio del 1581, col rifugiarsi a Roma. Qui chiese protezione e soccorso economico all'ultimo arcivescovo latino di Cipro, Filippo Mocenigo, al cardinale Guglielmo Sirleto e al papa. Fece atto di abiura dallo scisma orientale (nel codice Brancacc. I.B.6., ff. 450r-451v della Biblioteca nazionale di Napoli) e rilasciò una dichiarazione di sottomissione alla gerarchia episcopale cattolica (codice Vatic. Gr. 1902, f. 353r). Benché alla fine di ottobre dello stesso 1581 fedeli greci ed albanesi di Sicilia lo avessero richiesto come proprio vescovo di rito greco, egli venne invece destinato al ruolo di sacerdote officiante per quel rito nella nuova (1580) chiesa di S. Atanasio in Roma, annessa al Collegio Greco di fondazioneancora recente (1577). Sirleto usava rivolgersi a lui per aver informazioni sui riti della Chiesa orientale: lo dimostrano due lettere del C. conservate nei codici Vatic. Gr. 2124, n. 45 e Vatic. Lat. 6171, f. 211r. Nella celebrazione degli uffici sacri lo assisteva come diacono uno ieromonaco di Cipro, Cristodulo Allisaura, anch'egli esule dall'isola (rimase con lui fino al 1607, anno in cui morì).
Per le ristrettezze finanziarie ele difficoltà, ricorrenti soprattutto sotto i pontificati successivi a quello di Gregorio XIII, di riscuotere tempestivamente i 12 scudi d'oro mensili assegnatigli come provvigione dalla Camera apostolica (diversi suoi memoriali ne fanno fede) aveva deciso di trasferirsi in Spagna, quando il cardinale Giulio Antonio Santoro, "protector nationumOrientalium", pensò di utilizzarlo in un ruolo inedito. Il porporato, che già nel 1583 aveva proposto il C. per una missione pontificia nel ducato di Ostrog, pensò a lui come primo vescovo di rito greco residente in Italia ed ordinante per i cattolici di tale osservanza viventi nella penisola. Il 1º giugno 1595 Clemente VIII approvò la richiesta avanzata in tale senso e il 13 luglio successivo confermò il suo consenso. La misura divenne esecutiva solo più tardi; nel Diario del cardinale Santoro si legge infatti, alla data del 2 dic. 1596: "Del mandare in essecutione la deliberatione fatta da Sua Santità che monsignorGermano, Vescovo Greco, possa ordinare tutti i Greci che sono in Italia" (Krajcar, 1966, p. 137). In tale modo il C. fu il primo vescovo orientale inserito nella struttura canonica della Chiesa occidentale con uno statuto teologico e giudirico elaborato in trent'anni dalla Congregazione postridentina per la riforma dei fedeli di rito greco e dei monaci basiliani viventi in Italia. In certo senso egli divenne così il primo vescovo della moderna gerarchia episcopale unita a Roma, poi detta "uniate".
Dopo avere esercitato la sua funzione nell'Urbe, alcuni anni piùtardi, nel 1600, si ha notizia della sua presenza nella diocesi di Agrigento in Sicilia, mentre dal 1609, dopo molte sporadiche apparizioni precedenti, il suo nome figura regolarmente nei Registri dell'Archivio della parrocchia greca di Palermo, dove morì e fu sepolto il 2 luglio 1610, avendo trascorso in Italia sei lustri della sua movimentata esistenza.
Fonti e Bibl.: I. Lamii Deliciae eruditorum seu veterum ἀνεκδότων opuscolorum collectanea, IX, Florentiae 1740, pp. 38-39; K. Delikani, Τὰ ἐν τοις κώδιξι ... ἔγγραϕα τὰ ἀϕορωντα εἰς τὰς σχέσεις του Οἰκουμενικου Πατριαρχείου πρὸς τὰς ἐκκλησίας ᾿Αλεξανδρείας, ᾿Αντιοχείας ῾Ιεροσολύμων καὶ Κύπρον (1574-1863), Istambul 1904, p. 337; M. Sciambra, Clero di rito greco che ha servito la Comunitàgreco-albanese di Palermo, in Boll. della BadiaGreca di Grottaferrata, XVII (1963), pp. 10, 106-111; J. Krajcar, The Greek College under the Jesuits for first time (1591-1604), in OrientaliaChristiana Periodica, XXXI (1965), pp. 100-101; Id., Cardinal G. A. Santoro and the ChristianEast. Santoro's Audiences and Consistorials Acts, Roma 1966, passim;K. Hatzipsaltis, ῾Ο κύπριος ᾿Επίσκοπος ᾿Αμαϑουνιτος ἢ Λευκάρων Γερμανὸς (1572-1595 u. X.).᾿Ανέκδοτος έπιστολὴ πρὸς τὸν Καρδινάλιον Σιρλέτο, in Kypriakai Spoudai, XXII (1958), pp. 24-25; XXIX (1965), pp. 63-69; V. Peri, Inizi e fmalità ecumen. del Collegio Greco, in Aevum, XLIV (1970), pp. 16-18, 56-62; Id., Chiesa latina e Chiesa greca nell'Italia postridentina, in La Chiesa greca in Italia dall'VIII al XVI secolo. Atti del Conv. storico interecclesiale (Bari, 30 apr-4 maggio 1969), I, Padova 1973, pp. 409-412; A. Jacob, Les euchologes du fond Barberini grec dela Bibliothèque Vaticane, in Didaskalia, IV (1974), pp. 169-173.