germanismi
Con germanismi si intendono tutti i ➔ prestiti lessicali provenienti da lingue germaniche, antiche e moderne (che hanno origine comune dal germanico, una lingua completamente ricostruita; Arcamone 1994: 751) ad esclusione dell’inglese (questi ultimi prestiti sono gli ➔ anglicismi).
Non pochi dei germanismi più antichi fanno parte del lessico fondamentale dell’italiano di oggi (➔ lessico), mentre i tedeschismi (cioè i prestiti dall’alto tedesco o tedesco standard, a partire dall’XI sec.) hanno un’incidenza nel lessico italiano alquanto modesta, se confrontata con quella dell’inglese e del francese (0,3 % secondo Serianni 20022: 623). Se risulta ben studiato l’apporto delle lingue germaniche antiche all’italiano, meno completo e sistematico risulta quello del tedesco (Morlicchio 2002: 53).
I contatti con il mondo germanico, descritto già da Tacito nella Germania, risalgono a epoca molto antica. I prestiti più antichi, i cosiddetti paleogermanismi, del periodo anteriore alla caduta dell’impero romano, entrarono già nel latino classico e volgare (come il pliniano ganta «oca bianca») insediandosi perciò nel lessico patrimoniale dell’italiano.
Si tratta di parole attestate precocemente e ancora in uso in italiano, come sapone, tasso, uosa, vanga, o attestate più tardi come uro; in alcuni casi esse denotano cose sconosciute al mondo latino (alce), in altri sostituiscono parole latine (vanga al posto di bipalium). La documentazione in tutte le lingue romanze assicura che si tratta in molti casi di voci molto antiche: a una fase antica, comunque prima del VI secolo d.C., risalgono, per es., blavus «azzurro», brunus «bruno».
Nei primi secoli dell’impero gli spostamenti e le invasioni di popolazioni germaniche produssero lasciti di varia portata nel lessico latino medievale e negli antichi volgari che via via si configuravano dalla frammentazione del latino. Non è sempre facile e sicuro attribuire una parola a una lingua germanica precisa. I criteri schematizzati da Migliorini (1960: 74-77) e riassunti da Zolli (19912: 136-137) sono per lo più indiretti: cronologia delle prime attestazioni (l’antichità delle voci è negata se esse sono assenti nel sardo e nel romeno), area di diffusione (sono gotiche le voci presenti anche nella Francia meridionale e nella penisola iberica, longobarde quelle solo italiane), tratti fono-morfologici significativi (in favore del longobardo depone, per es., la vocale tonica di bara e strale, come la presenza della seconda mutazione consonantica: panca contro banca, zolla contro tolla), semantica (è longobardo sala nel significato di «casa di campagna con stalla», presente soprattutto in toponimi lombardi, veneti e toscani).
Si distinguono nell’ordine gotismi, longobardismi e franconismi. All’elemento gotico appartengono termini della vita militare (bando, elmo, guardia), anche con evoluzioni semantiche successive, come albergo «rifugio dell’esercito», oltre che parole della vita quotidiana e dell’uso domestico (nastro, fiasco, rocca, spola, arredare).
Dalla dominazione longobarda entra il lascito più consistente, in molti casi vivo ancora oggi, con tracce significative anche nella toponomastica e nell’antroponimia: bara, biacca, federa, ricco, russare, scaffale, schermire, sguattero, balcone, zuffa, parti del corpo umano (schiena, stinco, milza, anca, guancia), staffa, strofinare, scranna, gruccia. Sono invece scomparsi dall’uso termini strettamente legati alla cultura longobarda (arimanno); altri sono relegati all’uso letterario (strale).
Per i franconismi il problema è più complesso, perché i Franchi che arrivarono in Italia dalla Gallia, dove si trovavano già stabilmente da due secoli, dovevano essere bilingui, se non già romanizzati: pertanto non è facile attribuire una parola al franco o al galloromanzo o alla probabile mediazione del latino medievale (Castellani 2000: 54-56; Cella 2003: 42-53). Studi più recenti hanno ridimensionato la mediazione galloromanza, presupponendo contatti diretti italogermanici (Cella 2003: 34-36).
Non sono pochi i casi in cui una base germanica ha vari momenti di irradiazione, in un percorso non sempre semplice e lineare, come risulta dai corradicali panco, panca / banco, banca (i primi di origine longobarda, i secondi di provenienza francone attraverso il latino medievale).
Stando alle indicazioni di De Mauro (20072: LIX) e basate sul Grande dizionario italiano dell’uso (GRADIT), i tedeschismi nel repertorio italiano risultano essere 708 (di cui 374 adattati; 474 appartengono ai linguaggi tecnico-specialistici). Bisogna ricordare che in tedesco i nomi hanno sempre iniziale maiuscola; nei prestiti tedeschi entrati in italiano, questa norma non sempre viene rispettata, sicché li si trova tanto con la grafia corretta quanto (e più spesso) con iniziale minuscola. In quel che segue riportiamo sempre l’iniziale minuscola.
Nei primi secoli l’apporto è minimo: storione, ghibellino, guelfo, piffero. A Venezia, sede di una colonia di mercanti tedeschi (il fondego dei tedeschi), già dalla metà del XII secolo sono prodotti lessici bilingui: il primo (veneto-bavarese) è redatto già intorno al 1423-1424 da un certo «maistro Zorzi de Numpergo» e stampato nel 1477 (noto come Introito e porta; Marazzini 2009: 103-104). Tra i pochi tedeschismi del Quattrocento e Cinquecento si annoverano lanzichenecco, brindisi, tallero (da thaler, pronunciata /ˈdaler/ nel basso tedesco e da qui passata in America e tornata in Europa come dollar), borgomastro, alabarda. Tra Settecento e Ottocento inizia il periodo dell’apporto delle scienze naturali (mineralogia per prima: cobalto, feldspato, gneiss, wolframio), delle scienze umane, della filosofia, del lessico intellettuale: dall’imperativo categorico kantiano alla psicanalisi e al super-io freudiano, da recensione a morfologia, e si arriva a termini legati alle vicende storiche del XX secolo (panzer, führer, lager, reich, blitz). Tra gli ingressi più recenti predominano i termini scientifici (aspirina, purina, gene), costruiti spesso su basi greco-latine (allergia, autismo, paritetico, schizofrenia).
Dall’olandese sono arrivate all’italiano parole dell’ambito marittimo e della pesca, come babordo, cambusa, scialuppa, iceberg, stoccafisso, o legate al periodo coloniale, come boscimani, ottentotti, boeri, e inoltre diga, pompelmo, kermesse, polder, pacchetto (mentre pacco sembrerebbe retroformazione italiana).
Dallo svedese provengono nickel e tungsteno, dal norvegese fiordo, sci, slalom, vichinghi, dall’islandese geyser, dal danese il marchionimo lego (➔ nomi commerciali) e narvalo.
Ai fattori che hanno determinato fenomeni di contatto linguistico, oltre alle invasioni per il periodo più antico e alla contiguità geografica di alcune aree di confine (Zolli 1986), si aggiungono rapporti e relazioni commerciali (a Venezia già dal XII secolo), di lavoro (legati a fenomeni di emigrazione anche temporanea; cfr. Morlicchio 2006: 1679), politici (la dominazione austriaca nel Lombardo-Veneto dal 1815 al 1866 e l’amministrazione degli Asburgo-Lorena nel Granducato di Toscana negli anni 1738-1859; i rapporti tra Italia, Austria e Germania nella prima metà del Novecento).
Alcuni esempi: la vicinanza geografica ha consentito la trasmigrazione di alcuni termini alimentari: è il Trentino che esporta all’italiano il termine canederlo (1942) «grosso gnocco di pane, latte e carne, cotto nel brodo», anche con la variante canedolo e con la forma non adattata knödel, tipico della zona bavarese-austriaca, o i funghi finferli (1892) dal tedesco Pfifferling; al periodo dei rapporti commerciali con Venezia risalgono monete come il bezzo e il craizer (← Kreutzer); a emigranti stagionali utilizzati come manodopera nella costruzione di ferrovie si devono in area veneta e triestina sina «rotaia» ← Schiene, canopo «minatore tedesco», in seguito soltanto «minatore» (← Knappe nello stesso significato; cfr. Morlicchio 2006: 1679) e il veneto ezimpòn «costruzione di ferrovie o di strade» (← Eisenbahn); al periodo degli Asburgo-Lorena in Toscana risalgono dicastero «centro dell’amministrazione» (← Dikasterium) e chifel «panino a mezzaluna» ← Kipfel «cornetto», mentre al dominio asburgico si devono il milanese polizzai «guardia» ← Polizei, il friulano steura «tassa» ← Steuer, il triestino e istriano matura «esame di maturità» (← Reifeprüfung), ma anche termini irriverenti verso i dominatori stranieri, come il milanese caiserlicchi «austriaci» (← kaiserlich).
Per le lingue germaniche antiche, lo scritto fu certamente un tramite importante nel caso dei Franchi, dal momento che molte parole passarono attraverso il latino delle cancellerie, mentre non è ipotizzabile per il longobardo, per il quale non si attesta una cultura scritta. Tra i prestiti successivi vanno distinti termini passati nell’italiano per tramite scritto e colto (traduzioni, lessici bilingui, testi per l’insegnamento e apprendimento della lingua, documenti della cancelleria e dell’amministrazione) e voci entrate spesso in singole aree dialettali o regionali (e talora cadute in disuso, salvo lasciti nella toponomastica) grazie a scambi orali, contatti di lavoro, spostamenti temporanei (a Livigno, per es., un certo manipolo di termini tedeschi è stato accolto nel gergo dei calzolai ambulanti che si recavano per una buona porzione dell’anno in territorio grigione).
Mentre fino ancora al secondo Ottocento la conoscenza del tedesco risulta appannaggio di ristrette cerchie di intellettuali (Serianni 1990: 97), dal Novecento essa aumenta grazie anche all’intensificarsi di scambi culturali, turistici e più di recente politici (all’interno dell’Unione europea).
Alle vie dirette del prestito vanno inoltre aggiunte quelle indirette: il latino medievale e il galloromanzo antico, che fecero da tramite per molti franconismi, il francese medio, attraverso il quale è giunta gran parte dei prestiti del nederlandese antico e medio, il greco e il latino nella confissazione dei germano-latinismi e germano-grecismi (Morlicchio 2006: 1680), cioè dei composti neoclassici entrati attraverso il tedesco (recensione del 1816, morfologia dal 1847 nell’accezione biologica, ecc.) (➔ elementi formativi). In altri casi è invece il tedesco stesso a fungere da lingua di mediazione da altre lingue, come per il russo copeco «moneta divisionale russa» che entra nell’italiano nel 1657, per l’ungherese gulyás «spezzatino di manzo, tipico della cucina ungherese» che arriva come gulash a fine Ottocento attraverso l’Austria. Infine, nella tipologia della migrazione di termini, vanno annoverati i cosiddetti prestiti di ritorno: il termine banca, dal francone banc, nel significato di «istituto di credito» è evoluzione italiana che passa poi agli altri paesi europei, incluso il ted. Bank.
Non è ancora delineata una mappa precisa dell’apporto germanico nei dialetti e varietà dell’italiano (cfr. Zolli 1986): agli esempi ricordati nel § 3.1 si può aggiungere un prestito particolare, visivo, quello del veneziano schei «soldi», ricavati dalla prima parte di Scheidemünze «moneta divisionale» interpretata erroneamente come plurale e da cui il singolare scheo «denaro» (Morlicchio 2006: 1679-1680). Il friulano cuchil «mensa per emigranti» viene da un tedesco dialettale Kuchl, Kuchel, non dallo standard Küche (cfr. Serianni 1990: 98): anche il tedesco di partenza, quindi, può essere una varietà o un dialetto, spesso del sud, bavarese, o svizzero o austriaco. Dallo svizzero tedesco Mugg, Muchi «bovina giovane» proviene la voce mucca (ante 1758), mentre dal bavarese-austriaco Hakerle il friulano acarli «uncinetto»; la moneta veneziana bezzo deriva non dallo forma standard Batzen ma dallo svizzero-tedesco Bätz(en), Betz(en); il romanesco sloffe «dormire», con paralleli anche in dialetti settentrionali (emiliano, piemontese, ecc.), proviene da schlofen, forma bavarese di schlafen.
Altri fenomeni di interferenza si possono infine registrare nelle zone di confine, dove vivono gruppi e comunità alloglotte di tedesco.
Mentre i prestiti antichi sono stati perfettamente adattati al sistema fono-morfologico dell’italiano, quelli non adattati compaiono molto tardi, a partire dal Settecento, quando comincia ad essere più diffusa la conoscenza della lingua. Sulla forma e sul tipo di adattamento incide il tipo di trasmissione, se scritta, quindi più fedele all’originale, o parlata, come si desume dalle molte varianti del ted. Walzer: valzer, walzer, valz, waltz, walser, valser.
Negli adattamenti di epoca antica si registrano monottongazioni (borgomastro ← Burgermeister, stambecco ← Steinbock), raddoppiamento di consonanti finali (saccomanno ← Sackman), anaptissi vocaliche (lanzichenecco ← Landsknecht); a volte ci sono paraetimologizzazioni: per accostamento a fisso si ha stoccafisso (← oland. stokvis), per influsso di becco stambecco ← Steinbock. I prestiti recenti, a parte la maiuscola iniziale non conservata, non sono adattati, almeno graficamente, anche se nella fonetica subiscono adattamenti al sistema fonematico dell’italiano. Qualche variazione si registra talvolta anche nella prosodia per lo spostamento dell’accento tonico: secondo una tendenza ormai radicata nell’italiano parlato di oggi si tende a ritrarre l’accento sui trisillabi, quindi kòlossal invece di kolòssal, ma anche su bisillabi: dìktat invece di diktàt. Nei derivati autoctoni talvolta si conserva la pronuncia straniera (per es., nel derivato freudiano).
Alcune parole hanno sia la forma non adattata (nickel, polder) che quella adattata, non sempre sincronicamente (nickelio, poldro nel 1640).
Nella morfologia ci sono casi di plurale originario se entrati nell’italiano e quindi accolti (i Länder tedeschi, i Lieder); talvolta si rilevano errori nell’indicazione del genere che dovrebbe conservare quello della lingua di partenza: quindi non la Rheinland (per influsso del femminile del corrispettivo italiano, regione) ma il Rheinland (Land è neutro in tedesco).
Molti sono i calchi otto-novecenteschi: plusvalore dell’economia è foggiato sul ted. Mehrwert, superuomo ricalca Übermensch, francobollo non viene dal francese ma riproduce franko-marke, cioè frei-marke, mitteleuropeo ha avuto un adattamento solo parziale; anche il giornale di partito «L’Avanti» (1896) riprodurrebbe l’analogo Vorwärts tedesco. Molti sono i calchi semantici con struttura adattata al tipo romanzo determinato + determinante: datore di lavoro da Arbeitsgeber, cellula staminale da Stammzelle, critica del testo da Textkritik, guerra lampo da Blitzkrieg. Alcuni calchi furono diffusi da ➔ Benedetto Croce: incolpevolezza (← Schuldlosigkeit), inessenzialità (← Unwesentlichkeit; De Mauro 19863: 208, nota 54). Talvolta convivono la forma italiana e quella straniera: motivo conduttore / Leitmotiv.
Tra i numerosi composti neoclassici (spesso internazionalismi) è interessante autarchia dal greco-tedesco Autarkie, entrato già nel 1917 e divenuto poi l’insegna della politica economica del fascismo, con curiosa deviazione inconsapevole dai programmi puristici del regime (Mengaldo 1994: 133). In qualche caso l’originale è interpretato diversamente (Totaltheater → teatro di strada del 1926) o si assiste, come nel calco anni di piombo, a una defigurazione rispetto al modello Die bleierne Zeit (titolo di un film di Margarethe von Trotta del 1981), che diventa presto una locuzione comune grazie all’uso giornalistico (Orioles 2006: 33-39). Ecologia, di origine tedesca (Ökologie del 1866), deve la sua popolarità all’influsso del corrispettivo anglosassone ecology, diffuso nel periodo dell’ambientalismo verso la metà degli anni ’60 del Novecento; così il grecismo carisma aquista una sua pregnanza e laicizzazione per mediazione della sociologia tedesca ispirata alle teorie di Max Weber (Orioles 2006: 23).
Si è visto per i germanismi antichi l’addensarsi in alcuni ambiti (militare, attività domestiche, corpo umano, ecc.), con evoluzioni o rideterminazioni dei significati originari (albergo in ➔ Dante significa ancora «rifugio dell’esercito»). Dei 415 tedeschismi repertoriati dallo Zingarelli 2008, solo 9 sono marcati come italiano fondamentale (birra, ferrovia, guerra, vitamina, ecc.), mentre tutti gli altri appartengono ai linguaggi tecnico-specialistici. Alcuni di essi hanno una discreta diffusione: gestalt, jugendstil, kitsch, weltanschauung, kaputt, loden, gestapo, kapò, la locuzione über alles), i più recenti Ostpolitik, Bundesbank, Länder.
A volte si verificano rideterminazioni e cambiamenti rispetto all’originale significato: blitz è usato anche al di fuori dell’ambito militare (il blitz del ministro, del rettore), il significato di weltanschauung è ampliato rispetto al tedesco; ci sono inoltre usi metaforici, come panzer per indicare i calciatori tedeschi. Sempre dal repertorio dello Zingarelli (fatta eccezione per il lessico intellettuale e delle scienze umane, spesso formato con confissi classici) l’ambito semantico più ricco è quello della gastronomia (36 voci): ai più noti speck, krapfen, strudel, sachertorte, würstel, müsli, crauti, birra, kirschwasser, trincare, brindare, si possono aggiungere (integrando con Schweickard 2008) anche i meno noti chinef, canederli, cren, goffe, semel.
Si possono citare anche termini di alta disponibilità come fon «asciugacapelli» (da Föhn «vento caldo») e loden.
L’apporto nella toponomastica e nell’➔onomastica italiana è più significativo prima dell’anno Mille (cfr. Morlicchio 2006: 1681; Marcato 2009: 145-153 e 32-33); nomi di persona dei secoli successivi si rifanno a quelli di regnanti famosi (Matilde, Arrigo, Federico) o del mondo letterario e culturale (Tristano, Sigfrido). Va tuttavia notato che nel repertorio dei nomi stranieri presenti in Italia (dagli elenchi telefonici del 1981) i nomi tedeschi sono la maggior parte (Karl, Franz, Erika, Johan, ecc.; cfr. Marcato 2009: 41). Tra i nomi propri diventanti comuni ci sono dobermann, strass, diesel e marchionimi come aspirina; il landò (con variante landau) «tipo di carrozza» deriva dalla città di Landau dove veniva costruito (DI: II, 618).
Nelle formazioni deonomastiche possono convivere le forme adattate con quelle non adattate: salsiccia di Francoforte «sorta di salsiccia affumicata» accanto al frankfurter, documentata dal Dizionario moderno del Panzini nel 1963 (DI: II, 137).
DI 1997 = Schweickard, Wolfgang, Deonomasticon Italicum. Dizionario storico dei derivati da nomi geografici e da nomi di persona, Tübingen, Niemeyer.
Zingarelli, Nicola (200812) = Lo Zingarelli. Vocabolario della lingua italiana, Bologna, Zanichelli.
Arcamone, Giovanna (1994), L’elemento germanico antico medievale e moderno (con esclusione dell’inglese), in Storia della lingua italiana, a cura di L. Serianni & P. Trifone, Torino, Einaudi, 3 voll., vol. 3° (Le altre lingue), pp. 751-790.
Bruni, Francesco (a cura di) (1994), Storia della lingua italiana, Bologna, il Mulino.
Castellani, Arrigo (2000), Grammatica storica della lingua italiana, Bologna, il Mulino, vol. 1° (Introduzione).
Cella, Roberta (2003), I gallicismi nei testi dell’italiano antico (dalle origini alla fine del sec. XIV), Firenze, Accademia della Crusca.
De Mauro, Tullio (19863), Storia linguistica dell’Italia unita, Roma - Bari, Laterza (1a ed. 1963).
De Mauro, Tullio (20072), Formazione e caratteri del lessico italiano, in Grande dizionario italiano dell’uso, Torino, UTET, 8 voll., vol. 1°, pp. LI-LXXIII.
Marazzini, Claudio (2009), L’ordine delle parole. Storia di vocabolari italiani, Bologna, il Mulino.
Marcato, Carla (2009), Nomi di persona, nomi di luogo. Introduzione all’onomastica italiana, Bologna, il Mulino.
Mengaldo, Pier Vincenzo (1994), Il Novecento, in Bruni 1994.
Migliorini, Bruno (1960), Storia della lingua italiana, Firenze, Sansoni (1a ed. 1937).
Morlicchio, Elda (2002), L’eredità linguistica dei Germani in Italia intorno al Mille, «Annali dell’università degli studi di Napoli l’Orientale» 12, 1, pp. 53-70.
Morlicchio, Elda (2006), Contatti linguistici: tedesco e Italoromània / Alpi orientali, in Romanische Sprachgeschichte. Ein internationales Handbuch zur Geschichte der romanischen Sprachen, hrsg. von G. Ernst et al., Berlin - New York, de Gruyter, 3 voll., vol. 2°, pp. 1677-1685.
Orioles, Vincenzo (2006), Percorsi di parole, Roma, Il Calamo.
Schweickard, Wolfgang (2008), Romanisch-germanischer Sprachkontakt, in Studien zu Literatur. Sprache und Geschichte in Europa, hrsg. von A. Greule et al., St. Ingbert, Röhrig Universitätverlag, pp. 507-517.
Serianni, Luca (1990), Il secondo Ottocento. Dall’Unità alla prima guerra mondiale, in Bruni 1994.
Serianni, Luca (a cura di) (20022), La lingua nella storia d’Italia, Roma, Società Dante Alighieri, Milano, Libri Scheiwiller (1a ed. 2001).
Zolli, Paolo (1986), Tedeschismi moderni nei dialetti italiani, in Elementi stranieri nei dialetti italiani. Atti del XIV convegno del Centro di Studio per la Dialettologia Italiana (Ivrea, 17-19 ottobre 1984), Pisa, Pacini, 2 voll., vol. 1º, pp. 59-77.
Zolli, Paolo (19912), Le parole straniere: francesismi, anglicismi, iberismi, germanismi, slavismi, orientalismi, esoterismi, a cura di F. Urini, Bologna, Zanichelli.