ERCOLANI, Germanico
Nacque a Bologna attorno al 1560 dal conte Agostino e da Laura Marsili.
La famiglia, originaria di Faenza, si era successivamente trasferita a Bologna, ove raggiunse una ragguardevole posizione economica (una descrizione dello stato patrimoniale dell'E. si trova in Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, b. 6399, ins. 2) ed un grande rilievo politico, avendo alcuni dei suoi membri fatto parte, a più riprese, degli Anziani e poi del Senato. Alcuni di essi si erano distinti nel campo degli studi giuridici: tra cui Andrea, che, divenuto consultore dell'arcivescovo Francesco Bandini, si trasferì al suo seguito nel 1553 a Siena, dando origine al ramo toscano della famiglia, poi denominato degli Ercolani-Onesti.
Probabilmente attraverso Andrea, suo parente di ottavo grado, l'E. entrò a far parte della corte del granduca Francesco I di Toscana, che lo utilizzò in una serie di incarichi politico-diplomatici. Il 7 marzo 1579 l'E. fu inviato a Ferrara per congratularsi, a nome del granduca, per il matrimonio del duca Alfonso II d'Este con Margherita Gonzaga. Il 1º nov. 1581 fu inviato a Bologna con un incarico più complesso: doveva incontrarsi con l'arciduca Massimiliano d'Asburgo, di ritorno da Genova, dove aveva accompagnato l'imperatrice, e poi seguirlo in Toscana, ove sarebbe stato ospite dei granduchi. Nel novembre del 1587 intraprese un lungo viaggio, attraverso alcuni paesi europei, per portare alle varie corti la notizia della morte del granduca di Toscana, Francesco I de' Medici.
La meta ultima del viaggio erano i Paesi Bassi, di cui era governatore Alessandro Farnese, duca di Parma, ma numerose furono le tappe intermedie. Durante il viaggio di andata doveva sostare a Parma, per ossequiare il conte Ranuccio Farnese; a Milano, per visitare, oltre al conte di Terranova e ad altre personalità del governo, l'arcivescovo di quella città; presso vari governi cantonali della Svizzera ed alla corte del duca di Lorena. Al ritorno doveva visitare, tra gli altri, il duca di Cleve, l'arcivescovo di Colonia e l'elettore di Baviera.
Il 7 ag. 1591 l'E. vestì l'abito di cavaliere di S. Stefano, l'Ordine militare istituito da Cosimo I de' Medici nel 1562. Prima della vestizione aveva dovuto sottostare, com'era prassi, ad una severissima selezione in base a requisiti di nascita (nascita legittima, in luoghi riconosciuti ufficialmente come città, da genitori con quattro quarti ciascuno di nobiltà), di censo (non aver mai esercitato arti vili o meccaniche, godimento di un patrimonio adeguato al grado cui aspirava, non aver debiti né beni ipotecati) e di condotta morale.
In conseguenza della sua militanza nell'Ordine di S. Stefano l'E. prese parte a varie imprese militari negli anni successivi. Dopo il 1600, anno del suo matrimonio con Lucrezia Pepoli, anch'essa nobile bolognese, chiese ed ottenne dal granduca il permesso di ritirarsi a vita privata per alcuni anni e tornò a Bologna. Ne fu richiamato, sembra per sua espressa richiesta, nel 1611 per essere inviato a Modena, come ambasciatore residente per il granduca di Toscana presso il duca Cesare d'Este, carica che vacava da due anni per contrasti di etichetta tra le due corti.
Al momento dell'arrivo dell'E., nell'agosto del 1611, nessuna minaccia oscurava i rapporti di amicizia tra i due Stati; di lì a poco, tuttavia, le cose cambiarono al punto da rasentare lo scontro armato, a seguito della cosiddetta "guerra del Monferrato".
Nel 1613 il cardinale Ferdinando Gonzaga, successo al fratello Francesco sul trono di Mantova, dovendo fronteggiare la guerra mossagli dal duca di Savoia per impadronirsi del Monferrato, pertinenza della famiglia Gonzaga da quasi un secolo, si rivolse per aiuti al granduca di Toscana, di cui era nipote. Quest'ultimo riuscì a mettere insieme alcune migliaia di fanti ed una compagnia di cavalieri al comando del fratello don Francesco de' Medici. Per trasferire queste truppe al campo di battaglia, essendo fallite le trattative con il governo pontificio per ottenere il permesso di transito da Bologna, non rimaneva che la via della Garfagnana, pertinenza del Ducato di Modena. Il duca di Modena, tuttavia, incurante dei tradizionali rapporti di buon vicinato con il Granducato di Toscana, non solo negò ripetutamente il permesso di transito, ma intervenne a fortificare il confine con la Toscana ed a potenziare la guarnigione di stanza ai valichi appenninici. Sdegnato, il granduca ordinò all'armata di proseguire per quella strada e, se necessario di forzare il blocco. I soldati modenesi, tuttavia, all'arrivo dei Toscani, cominciarono ad arretrare fino al forte di Pomponia, dove si asserragliarono. Giunte le truppe toscane a loro volta nei pressi del forte, tornarono a chiedere pacificamente il passaggio, ma fu loro risposto di attendere l'arrivo delle staffette del duca di Modena con la risposta. Poiché queste ultime tardavano a giungere, i Toscani temettero di essere vittime di una beffa e, attaccato militarmente il forte, ne scacciarono la guarnigione modenese e penetrarono nel territorio del Ducato, accampandosi poi in località "La Ghiara"; qui furono raggiunti dagli emissari modenesi che recavano il permesso di transito.
L'E. seppe nella difficile situazione mantenere un contegno fermo e deciso, come appare dal suo carteggio con la corte toscana, ed il suo operato riscosse l'approvazione del granduca, che riconobbe il suo contributo alla positiva conclusione della vicenda.
L'E. si trattenne a Modena fino al 5 ott. 1614, quando, dopo aver presentato il suo successore, Giulio de' Medici, al duca estense, si trasferì a Bologna e di lì proseguì poi per la Toscana, per presentare al granduca il bilancio della sua missione. Era di nuovo a Bologna il 1º novembre di quello stesso anno, quando inviò una lettera al segretario del granduca, Curzio Picchena, in raccomandazione di Gimignano Saraceni da Vignola, che era stato suo segretario durante la missione a Modena; erra quindi il Dolfi quando afferma che l'E. morì durante la permanenza a Modena come ambasciatore del granduca di Toscana.
Se ne ignora l'anno di morte.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, filza 62, cc. 28 ss.; filza 257, c. 71; filza 753, cc. 266, 285, 322; filza 2638, cc. 238 ss.; filza 884, c. 368; filza 886, cc. 87, 226; filza 8881 c. 246; filza 890, c. 144; busta 6399, ins. 2; filza 2922 (carteggio dell'E. con la corte toscana del periodo 1611-1614); filza 2926 (lettere del granduca di Toscana e dei segretari all'E. del periodo 1610-1614); busta 2937 ins. 5 (copialettere dell'E. del periodo 1611-1614); Carte Bagni, busta gi (lettera E); P. S. Dolfi, Cronologiadelle famiglie nobili di Bologna, Bologna 1670, pp. 288 ss.; M. Del Piazzo, Gli ambasciatori toscani del principato, Roma 1953 pp. 26, 28, 40, 88; G. Guarnieri, L'Ordine di S. Stefano, IV, Pisa 1966, p. 84.