Vedi GERICO dell'anno: 1960 - 1994
GERICO (v. vol. III, p. 844)
Si ritiene generalmente che la collina di Tell es-Sulṭān rappresenti l'antica G., sebbene manchino ancora delle prove definitive. Gli scavi più recenti sono stati quelli diretti dall'archeologa inglese Kathleen Kenyon tra il 1952 e il 1958, dei quali solo all'inizio degli anni '80 sono stati pubblicati i rapporti finali.
Le campagne degli anni '50 avevano lo scopo di chiarire due problemi sorti durante gli anni precedenti: uno era quello della presunta distruzione di G. per opera di Giosuè al momento della «conquista» di Canaan. Negli anni '30 Garstang ritenne di aver individuato le prove di tale distruzione identificandone le tracce nelle fortificazioni che egli datò alla fine del Bronzo Tardo. La Kenyon potè provare invece come tali fortificazioni fossero assai più antiche, appartenendo in realtà al Bronzo Antico. Secondo obiettivo dell'archeologa fu quello di chiarire la storia del sito nelle fasi precedenti all'Età del Bronzo.
Il livello più antico (Mesolitico: 10000-8000 a.C.) si trova nell'area E ed è caratterizzato da una piattaforma rettangolare argillosa leggermente oblunga, circondata da un muro di blocchi di pietra. Tale struttura sembra essere un santuario dedicato, secondo la Kenyon, alle acque della sorgente da una comunità di cacciatori. Tra i manufatti rinvenuti si segnala un utensile a forma di mezzaluna e la punta di un arpione da pesca, entrambi di osso, tipici della cultura del Natufiano.
Nell'area M I è stato individuato un deposito, spesso 4 m, costituito da una serie di livelli di frequentazione (piani di terra battuta) nei quali compaiono tracce di un'occupazione prolungata del sito, anche se probabilmente ancora non stabile. Questa fase, che la Kenyon ha definito del proto-Neolitico, precede il primo evidente stanziamento permanente dell'età neolitica.
I primi edifici di G. appartengono al Neolitico Aceramico A, datato dal C14 tra l'8000 e il 7300 a.C., di cui sono state identificate 24 fasi edilizie. Queste abitazioni presentano una caratteristica pianta di forma circolare, fondazioni di pietra, alzati costituiti dai tipici mattoni pianoconvessi di argilla cruda e pavimenti ricoperti da malta ricavata dal fango. Gli ambienti interni erano inoltre interrati di circa mezzo metro rispetto al terreno: attraverso una sorta di veranda e superando alcuni gradini, si accedeva quindi al nucleo abitativo. Associati a tali costruzioni sono utensili di selce, ossa e pietra in grande quantità oltre che tracce di numerose stuoie di giunco.
Di rilevante importanza è soprattutto il rinvenimento nella trincea I del più antico esempio di muro di cinta rinvenuto a G.: si tratta di un muro costituito da blocchi di pietra, largo 1,80 m alla base e conservato per un'altezza di 3,65 m. A esso è addossata una torre a pianta circolare, il cui diametro è di c.a 7 m e il cui alzato si è conservato per 7,75 m. La torre, anch'essa di pietra, è stata concepita come una struttura completamente piena tranne un piccolo spazio ricavato al suo interno al quale delle scalette conducevano dalla sommità. A ridosso delle fortificazioni è una serie di recinzioni costituite da sottili muri di pietra intonacati (conservati per un'altezza di 3,12 m), i quali non presentano tracce di porte. È ipotizzabile che tali recinzioni fossero adibite alla conservazione dell'acqua e delle derrate agricole e che la torre rappresentasse il fulcro della difesa e dell'autorità che provvedeva al controllo degli accumuli delle scorte.
Dopo una fase di abbandono, il periodo successivo costituito dal Neolitico Aceramico Β (7300-6300 a.C.) presenta caratteristiche diverse, a riprova di uno sviluppo dell'assetto sociale dell'insediamento. In netto contrasto con le costruzioni precedenti sono le abitazioni a pianta rettangolare, munite di più ambienti e di una corte. Rispetto agli edifici a pianta circolare, che si rifanno al concetto della capanna rotonda abitata da un unico nucleo familiare, la casa quadrangolare consente continui ampliamenti e produce aggregati accentrati attorno a un cortile fino a costituire un vero e proprio tessuto urbano. È in questa fase che si hanno le prime attestazioni di edifici pubblici oltre che le prime chiare espressioni di culto. Di grande significato risultano a questo proposito resti di figurine umane di argilla cruda oltre che dieci teschi umani (molto simili a quelli di Beisamun nel bacino di Ḥule, nella Palestina settentrionale), le cui fattezze del volto, rimodellate finemente in argilla, servivano probabilmente a perpetuare e venerare il ricordo degli antenati. Dalle fasi del Neolitico Aceramico A e Β provengono infine le prime attestazioni di inumazioni, collocate sempre sotto ai pavimenti delle abitazioni.
La fase del Neolitico Ceramico (5500-4000 a.C.) è rappresentata prevalentemente da fosse, interpretate come luoghi in cui sorgevano abitazioni costituite da capanne seminterrate. All'interno di queste fosse compare la prima ceramica, le cui forme caratteristiche sono coppe, giare e le c.d. holemouth, suddivise secondo due classi: la classe A vede la presenza di vasellame grezzo oppure rifinito con decorazioni geometriche e lustrature rosse mentre la classe Β è costituita da forme più accurate con decorazioni a spina di pesce e pitture. La fase del Neolitico Ceramico è comunque piuttosto oscura soprattutto a causa della limitatezza della superficie scavata. Tra le fosse del Neolitico Ceramico e le prime attestazioni architettoniche dell'Età del Bronzo si colloca una fase intermedia alla quale risalgono le prime attestazioni di inumazioni all'interno di tombe: tale periodo è stato definito proto-urbano (fine del IV millennio a.C.). A partire dal proto-urbano i defunti furono inumati sempre all'esterno del tell, in tombe a pozzo scavate nella roccia, alla cui base si apre la camera funeraria. Queste furono rinvenute negli anni '30 a O e negli anni '50 a Ν e a NO di Gerico. Le tombe della fase proto-urbana contengono tutte inumazioni multiple, suddivise in due gruppi sulla base della ceramica, pur appartenendo a una stessa cultura: la ceramica di tipo A presenta una lustratura rossa mentre quella di tipo Β è dipinta.
Nel Bronzo Antico (III millennio a.C.) compare a G. una nuova fase urbana. Gli edifici presentano una pianta quadrangolare e muri rettilinei con alzati in mattoni crudi dalla forma piatta e rettangolare, ben diversi dai mattoni delle fasi precedenti plasmati a mano, incurvati e impressi con le dita. La città era circondata da una cinta muraria anch'essa di mattoni crudi, di cui sono state identificate 17 fasi costruttive. Anche le tombe di questo periodo sono caratterizzate da inumazioni multiple. Il numero limitato di 9 tombe rinvenute contrasta con il lungo periodo del Bronzo Antico, c.a 600 anni: molte di queste potrebbero essere scomparse a causa dell'erosione della superficie del tell, ma va tenuto presente che tutte le tombe contenevano un altissimo numero di inumati: Garstang nella tomba A ne ha contati c.a 300. Le tombe venivano continuamente riutilizzate danneggiando molto spesso le inumazioni precedenti; molte ossa venivano poi rimosse mentre i teschi, assieme a parti scelte dello scheletro e ai corredi ceramici, venivano sistemati ai lati della camera.
L'ultima fase del Bronzo Antico presenta evidentissime tracce di distruzione da incendio, soprattutto in corrispondenza di quel muro di cinta che Garstang aveva attribuito erroneamente all'età di Giosuè.
Nuovi tipi di occupazione, di architettura e di sistemi di inumazione compaiono nel periodo intermedio fra Bronzo Antico e Medio (2200-2000 a.C.). Sopra al livello di distruzione non vi sono tracce di abitazioni né di cinta muraria: l'occupazione è limitata a un accampamento. Successivamente compaiono resti di abitazioni solide di pianta irregolare i cui muri, molto sottili, sono caratterizzati da mattoni dalla tipica colorazione verdastra. Ciò che contraddistingue questa fase intermedia è il sistema delle inumazioni che, caso unico a G., diventano di tipo individuale. Il loro numero è inoltre assai rilevante: sono più di 170, da suddividere in 7 categorie diverse sulla base del tipo di tomba, della posizione dei defunti e del corredo a essi affiancato, evidenziando così il carattere tribale e nomadico di una nuova popolazione di origine amorrea che transitò nella Palestina occidentale anche attraverso l'oasi di Gerico.
Il Bronzo Medio (2000-1500 a.C.) segna un nuovo sviluppo urbano del quale sono state identificate due fasi diverse. La cinta urbica più antica è di mattoni, come quella del Bronzo Antico; nella fase più recente tuttavia assumerà l'aspetto di un terrapieno di terra pressata. Quest'ultimo, rivestito da un'intonacatura esterna, è costituito fra l'altro da un muro di pietra di sostruzione alla base e da un altro muro di mattoni sulla cima, presentando inoltre un dislivello maggiore sul suo lato esterno.
Le mura c.d. à rempart di G., di cui sono state identificate almeno 5 fasi, trovano numerosi riscontri in tutta l'area siro-palestinese (p.es. Ebla, Hazor, Megiddo, Lakiš). Per quanto concerne il tessuto urbano, le evidenze più chiare riguardano la città della seconda fase del Bronzo Medio, grazie anche ai rinvenimenti di Garstang degli anni '30. La Kenyon trovò infatti ciò che Garstang aveva definito vent'anni prima col termine di palace storerooms, ovvero delle abitazioni erette originariamente su due piani, di cui è rimasto solo il primo che costituiva una sorta di bottega monoambiente con un lato aperto sulla strada, mentre al piano superiore vi era l'abitazione vera e propria. All'interno di uno di questi edifici, in verità molto simili alle botteghe dei moderni sūq, sono state fra l'altro rinvenute alcune giare ancora colme di graminacee. La pratica funeraria tipica del Bronzo Medio è nuovamente quella dell'inumazione multipla.
Le tombe sono tutte fortemente disturbate tranne alcune appartenenti alla fase finale del Bronzo Medio: si tratta di tombe familiari nelle quali è stato deposto un ricco corredo funebre costituito da accessori da toletta, pettini, giarette per unguenti, pissidi di legno intarsiate d'osso, parti di mobilio in legno, oltre a cibi e tessuti.
Gli edifici della fase finale del Bronzo Medio furono distrutti violentemente da un incendio che fu causa di un ulteriore periodo di abbandono del sito fra la fine del XVI e gran parte del XV sec. a.C. I livelli più recenti sono fortemente asportati dall'erosione della superficie del teli e per questo motivo pochissimi sono i resti del Bronzo Tardo. La poca ceramica datata al XIV sec. a.C. è stata rinvenuta soprattutto all'interno di 5 tombe scavate da Garstang. È probabile quindi che G. ebbe una nuova fase urbana nel XIV sec. a.C. di cui restano tuttavia pochissime testimonianze.
Sul sito non compaiono altre tracce di un'estesa occupazione prima del VII sec. a.C. (il che contrasta con i dati biblici: cfr. I Reg., 16, 34). Tra le evidenze datate all'Età del Ferro, che sono inesistenti sulla sommità del teli, si segnala un massiccio edificio dalla pianta tripartita tipica di questo periodo.
Tell es-Sulṭān non sembra in seguito mostrare ulteriori tracce di frequentazione, a esclusione di 7 tombe a grotta di età romana e pochi resti della prima età islamica.
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(G. Rossoni)
Tulul Abu el-'Alayq. - Sito a SO di G. sulle due rive del Wādī Qelt. Scoperto da E. Robinson nel 1838, i primi scavi furono condotti da C. Warren nel 1868. Ulteriori ricerche furono svolte da A. Nöldeke, C. Watzinger e E. Sellin nel 1901 e 1911 e successivamente nel 1950 da J. L. Kelso e D. C. Baramki e nel 1951 da J. B. Pritchard, entrambe per l'American Schools of Oriental Research. Scavi più intensivi sono stati realizzati dal 1973 al 1987 per conto della Università Ebraica di Gerusalemme da E. Netzer.
Sulla base dei dati più recenti è risultato che questa località, che copre un'area di c.a 12 ha, non corrisponde alla G. di età ellenistica come si credeva in precedenza, bensì al complesso di edifici reali delle dinastie asmonea ed erodiana. La città stessa, concepita come una città-giardino, si estendeva apparentemente su tutta la pianura (approssimativamente ai lati della G. attuale).
L'attività asmonea sul sito può essere suddivisa in sette fasi: la prima vide la costruzione di un canale, proveniente dalle tre sorgenti del Wādī Qelt, per l'irrigazione di un terreno di proprietà reale (c.a 50 ha) nella piana occidentale di G., a Ν del punto in cui il wādī giunge nella vallata. Questa fase potrebbe essere datata nella seconda metà del II sec. a.C. La tenuta reale, circondata da mura di cui restano le fondazioni, includeva una grossa pressa vinaria situata nel settore occidentale e una seconda pressa più piccola posta nell'angolo SO della proprietà. Tra queste due istallazioni è venuta alla luce una torre circolare; un'altra torre, di forma quadrata, è posta sul lato meridionale della proprietà.
Nella fase successiva un vasto palazzo venne eretto a S della tenuta reale, vicino al Wādī Qelt. Si conoscono solo alcune parti di questo edificio, probabilmente costruito attorno al 120 a.C. da Giovanni Ircano I. Il palazzo, a due piani, misurava c.a 50 x 50 m, eretto sui tre lati di una corte. Comprendeva ambienti decorati (con affreschi e stucchi), bagni di servizio e un bagno rituale, forse il più antico datato in Palestina. Durante questa fase la suddetta torre quadrata venne integrata nell'angolo SO del palazzo, e a O di esso furono costruite due piscine entrambe di 10 x 9 m e profonde 3 m circa.
Nella terza fase, insieme alla costruzione di un secondo canale per l'irrigazione ove venivano convogliate le acque provenienti dalle sorgenti a NO di G., venne costruito a E del palazzo un vasto complesso di piscine da parte di Alessandro Ianneo (103-76 a.C.) attorno al 100 a.C. Questo complesso comprendeva, da S a N: un padiglione (21 x 17 m), circondato da portici in stile dorico, due piscine (18 x 13 m) e un vasto giardino, probabilmente circondato da colonne. Le aree intorno alle piscine erano pavimentate con calcestruzzo di alta qualità; piccoli giardini erano ricavati sui lati occidentali e orientali.
Un drastico cambiamento, verificatosi durante il regno di Alessandro Ianneo verso gli anni 90-83 a.C., dà inizio alla quarta fase durante la quale venne eretta una collina artificiale che coprì completamente il preesistente palazzo. Di questa nuova costruzione sopraelevata si sono conservate unicamente le fondazioni; l'edificio andato perduto aveva la funzione di palazzo fortificato. La collina era circondata da un fossato profondo 7 m munito all'esterno di mura di pietra mentre la parte interna, ritagliata nel terreno a formare una ripida scarpata, seguiva il declivio della collina artificiale. Durante la costruzione del fossato venne distrutta una delle piccole piscine situate a O del palazzo e una parte del grande canale, che venne spostato più a N.
Durante il regno della regina Alessandra (76-67 a.C.), vedova di Ianneo, si iniziò la costruzione di due edifici adiacenti, i c.d. Palazzi Gemelli, ognuno esteso più di 25 x 25 m. Ciascuno venne edificato intorno a una corte con un triclinio che si apriva sul lato meridionale di essa con un distilo in antis. I palazzi comprendevano bagni di servizio oltre che bagni rituali e a ognuno di essi era unito un giardino recintato provvisto di una piccola piscina. Pochi i cambiamenti apportati al complesso delle elaborate piscine di Ianneo.
Durante la sesta fase (67-50 a.C.) vennero apportate poche aggiunte. Le due principali furono la costruzione di una grande piscina (20 x 12,5 m e profonda c.a 3 m) a E dei «Palazzi Gemelli» e di un gruppo di tre lunghi magazzini (32 x 2,8 m) a E del complesso delle piscine di Ianneo. Nell'ultima fase asmonea (50-37 a.C. circa) all'interno del considerevole complesso furono effettuate aggiunte minime che riguardarono gran parte dell'edificio termale a O del complesso delle piscine: tre bagni rituali rimpiazzarono quello unico eretto nello stesso luogo durante il periodo precedente.
Alcuni ambienti furono decorati con mosaici, affreschi e stucchi. Uno dei bagni rituali era provvisto di un forno che, fenomeno raro, permetteva di riscaldarlo. Il complesso di età asmonea restò in uso sino ai primi anni del regno di Erode (37-34 a.C.).
Il primo palazzo eretto da Erode a G. venne scavato nel 1951 da J. B. Pritchard che lo identificò come una palestra. Grazie ai nuovi dati forniti dagli altri palazzi di Erode (Masada, Herodium, Hypros, ecc.) appare chiaro che questo edificio (46 x 86 m) sin dall'inizio ricoprì la funzione di palazzo. L'edificio venne costruito intorno ai tre lati di un vasto giardino con peristilio (42 x 34 m) e comprendeva: un grande triclinio circondato su tre lati da colonne, un complesso termale in stile romano, un bagno rituale e numerosi altri ambienti. Il palazzo risale a c.a il 35 a.C.
Il secondo palazzo venne costruito attorno al 25 a.C. al di sopra delle rovine del palazzo asmoneo, probabilmente crollato durante il terremoto del 31 a.C. La maggior parte dell'edificio era costituita da una nuova ala su due livelli eretta a E del complesso palatino; essa aveva un'estensione pari a quella del primo palazzo. Una scalinata dava accesso al livello inferiore dell'ala orientale. Questo comprendeva due delle piscine di età asmonea, la più grande delle quali (20 x 12,5 m) veniva ora circondata da colonne; la seconda (7 x 7 m) divenne parte di un giardino. A S del giardino fu costruito un complesso termale in stile romano. Un ulteriore giardino terrazzato venne costruito al di sopra delle rovine degli stessi «Palazzi Gemelli».
Il terzo palazzo, un complesso di c.a 3 ha, fu costruito su una zona relativamente piana che abbraccia entrambi i lati del Wādī Qelt. Esso venne realizzato secondo criteri architettonici di un certo livello, in parte dovuti alla presenza di architetti e artigiani romani, di cui restano muri in caementum rivestito di pietre, in opus quadratum e opus reticulatum. Tuttavia l'uso intensivo dei mattoni crudi, materiale tipico di G., rivela il persistere di una tradizione architettonica locale.
Questo palazzo, realizzato intorno al 15 a.C., era costituito dalla combinazione di quattro settori: l'ala settentrionale, il c.d. sunken garden, il tell meridionale e la grande piscina.
L'ala settentrionale comprendeva un grande triclinio, un triclinio secondario a forma di T, due giardini con peristilio, un complesso termale in stile romano, ulteriori entrate, corridoi e ambiente di soggiorno, oltre a un colonnato frontale che si estendeva lungo la facciata meridionale dell'ala. Quasi tutte le pareti degli ambienti e delle corti di quest'ala erano ricoperte da decorazioni costituite da motivi soprattutto geometrici, ma talvolta anche architettonici e floreali. Alcuni soffitti (incluso quello del lungo colonnato frontale) erano decorati con stucchi modanati in combinazione con affreschi.
Il c.d. sunken garden era fiancheggiato da un doppio colonnato sui lati brevi, mentre lungo il lato meridionale, venne eretto un muro finemente decorato (si tratta della «Grand Façade» di Kelso e Baramki) lungo il quale correva una stretta vasca. Questo includeva 48 nicchie e un'esedra al centro concepita come una cavea di teatro, che ospitava un giardino con vasi di fiori al posto dei sedili.
Il tell meridionale rappresentava una delle strutture più fantasiose del palazzo. Su una fondazione di pietra (c.a 20 x 23 m), circondata da un terrapieno artificiale, venne costruita probabilmente una sala circolare di 16 m di diametro, somigliante nella sua forma non solo all'ambiente circolare dell'ala settentrionale, ma anche al contemporaneo «Tempio di Mercurio» di Baia. Vi si trovava un piccolo complesso termale romano simile alla terrazza inferiore del palazzo settentrionale di Masada (v.). L'accesso all'edificio, sulla cima della collina, avveniva per mezzo di un ponte a gradini su pilastri.
Una vasta piscina (90 x 42 m) venne sistemata a E del giardino infossato. Questa probabilmente fungeva sia da piscina natatoria, sia da bacino per la navigazione di piccole imbarcazioni, sia da teatro per giochi acquatici (il diverso orientamento della piscina dal resto del palazzo è dovuto al fatto che questa venne costruita parallelamente all'adiacente declivio utilizzato probabilmente dagli spettatori). Tutto il complesso (a eccezione della grande piscina) venne costruito seguendo un sistema a griglia parallelo a quella parte del wādī che era stata integrata all'interno del palazzo. Il collegamento fra le ali sulle due rive del wadi avveniva verisímilmente per mezzo di un ponte in seguito eroso.
Gran parte del complesso venne distrutto da un violento terremoto verso la metà del I sec. d.C. Solo settori del palazzo, specie quelli costruiti in caementum, vennero più tardi rioccupati abusivamente. Nello stesso periodo venne eretta una villa sulla collina a O del fosso colonnato, in seguito distrutta dal fuoco, forse nel corso della rivolta di Bar Kokhba (c.a 130-135 d.C.).
In un'area scavata sul limite meridionale della tenuta reale sono emerse numerose installazioni. L'area comprende inoltre un edificio per l'immagazzinamento, una pressa vinaria e due bagni. Questa area fu in uso da c.a il I sec. a.C. alla fine del I sec. d.C. Una serie di edifici sono stati portati alla luce in modo parziale lungo il canale d'irrigazione, tra il complesso asmoneo e l'area industriale: probabilmente si tratta di residenze di funzionari che lavoravano nella tenuta.
Tell es-Samarat. - L'ippodromo, il teatro e l'anfiteatro di Erode a G., tutti citati da Flavio Giuseppe, facevano parte di un grandioso progetto che comprendeva un colle artificiale conosciuto con il nome di Tell es-Samarat. Questo tell venne visitato nel 1868 da C. Warren, il quale non vi trovò nulla di significativo. Solo nel 1975-1976 Netzer svolse una ricognizione e uno scavo sul sito, in particolare sul teli e sui limiti di una vasta area rettangolare (320 x 83 m) a S del tell, appartenente, verosimilmente, a un ippodromo.
È stato dimostrato che il Tell es-Samarat (alto c.a 10-12 m) è di origine artificiale. La parte meridionale del colle ha la forma di una cavea di teatro, della misura di 70 m di diametro, ed è in grado di contenere c.a 3000 spettatori. Dietro la cavea era un edificio di c.a 70 m di lato costituito da una grossa corte a peristilio e ambienti a N. Dell'edificio si sono conservate solo poche pietre della muratura e un rocchio di colonna, quest'ultimo decorato con affresco.
L'area rettangolare a S del tell venne circondata da mura. Intorno non sono state rinvenute tracce di sedili, tuttavia essa poteva essere circondata da un colonnato come è attestato nello stadio contemporaneo di Sebaste-Samaria. Il settore situato tra la cavea e la suddetta area poteva essere in origine elevato funzionando, all'occorrenza, come palcoscenico (munito forse di strutture lignee mobili).
Bibl.: J. B. Pritchard, S. E. Johnson, G. C. Miles, The Excavations at Herodian Jerico, 1951, in AASOR, XXXII-XXXIII, 1952-1954, p. 58 ss.; Z. Meshel, A New Interpretation of the Finds at Herodian Jerico, in Erlsr, XI, 1973, pp. 194-196 (in ebraico, con riassunto in inglese); E. Netzer, The Hasmonean and Herodian Winter Palaces at Jericho, in IsrExplJ, XXV, 1975, pp. 89-100; id., The Winter Palaces of the Judean Kings at Jericho at the End of the Second Temple Period, in BASOR, 228, 1977, pp. 1-13; E. Netzer, E. M. Meyer, Preliminary Report on the Joint Jericho Excavation Project, ibid., pp. 15-27; E. Netzer, Water Channels and a Royal Estate from the Late Hellenistic Period in the Western Plains of Jericho, in Historische Wassernutzungsanlagen im östlichen Mittelmeerraum, Jerusalem 1983, Brunswick 1984, p. 12 ss.; id., The Swimming Pools of the Hasmonean Period at Jericho, in Geschichtliche Wasserbauten in Ägypten, Kairo 1986, Brunswick 1986, p. 12 ss.; G. Garbrecht, E. Netzer, Die Wasserversorgung des geschichtlichen Jericho und seiner königlichen Anlagen, in Mitteilungen. Leichtweiss-Institut für Wasserbau Braunschweig, CXV, 1991, p. 137 ss.