GERBAIX DE SONNAZ, Maurizio
Nacque a Torino il 26 nov. 1816 dal conte Giuseppe e dalla contessa Enrichetta Graneri della Rocca. Il padre, pur avendo ricoperto cariche pubbliche in epoca napoleonica, apparteneva a una famiglia dell'aristocrazia savoiarda tradizionalmente assai devota a casa Savoia: scudiero del principe di Carignano (il futuro re Carlo Alberto), ottenne che già a nove anni il figlio fosse nominato paggio del principe (e primo paggio a undici) e iscritto all'Accademia reale.
Uscito dall'Accademia nel 1835, il G. prese servizio nel reggimento "Novara cavalleria" come tenente e vi restò anche quando fu promosso capitano (1842). Si era intanto unito in matrimonio con la marchesa Luigia Kercadò de Mola (1841). La successiva partecipazione alla guerra del 1848 gli fruttò una medaglia d'argento al valor militare "per essersi distinto nei fatti d'arme di Sommacampagna, Berettara, Custoza e Valeggio il 24 e 25 luglio 1848 e fuori le porte di Milano il 4 agosto" e una più celere promozione a maggiore (3 ott. 1848). Con questo grado combatté a Novara nella campagna del 1849: terminata la quale, prese parte sotto il comando del generale A. Ferrero della Marmora alla repressione della rivolta di Genova.
L'8 genn. 1850 il G. fu incaricato della costituzione di un nuovo reparto di cavalleria, il reggimento "cavalleggeri di Monferrato", che avrebbe poi comandato per nove anni: dapprima come maggiore; dal febbraio 1851 come luogotenente colonnello; e infine, dal febbraio 1856, come colonnello.
All'inizio della campagna del 1859 ebbe il comando della brigata di cavalleria leggera piemontese (reggimenti "Novara" e "Aosta" e due squadroni di Monferrato) distaccata presso il I corpo d'armata francese. Il 20 maggio, a Montebello, riuscì a bloccare con ripetute cariche, alternate a episodi difensivi, l'attacco del feldmaresciallo F. von Stadion, dando così tempo alla fanteria alleata, dislocata a Voghera, d'intervenire e battere gli Austriaci. La sua azione di comando e il suo comportamento - rimase leggermente ferito tre volte ed ebbe salva la vita per il sacrificio di un volontario che si frappose fra lui e un cacciatore austriaco - vennero ricompensati, da parte francese, con la commenda della Legion d'onore (il G. ne era già cavaliere dal 1852) e da parte piemontese con la promozione a maggior generale per merito di guerra e con la medaglia d'oro al valor militare "per l'intelligenza, energia e coraggio con cui aveva diretto le proprie truppe".
Al momento dell'annessione della Savoia alla Francia, il G., nonostante le sollecitazioni di Napoleone III, si rifiutò di passare nell'esercito francese, preferendo continuare a servire i suoi vecchi sovrani.
Nel settembre 1860, al comando della 1ª divisione attiva, entrava in campagna contro le truppe pontificie. Con una marcia assai rapida il giorno 14 raggiungeva Perugia quasi contemporaneamente alla colonna nemica comandata dal generale A.M. Schmid che il G., dopo un breve combattimento all'interno dell'abitato, costringeva a rinchiudersi nella rocca Paolina. Nel tardo pomeriggio dello stesso giorno, comunque, dopo ripetute trattative e un breve cannoneggiamento, anche questa fortezza era ceduta dallo Schmid. Il 23 settembre la 1ª divisione si univa alle altre truppe che già assediavano Ancona, ed era per suo merito che il 26 venivano occupate le due opere di monte Pelago e di monte Pulito, esterne alla piazza: il che accelerava la caduta della città, che si sarebbe verificata di lì a tre giorni. Di lì a poco, il 3 ottobre, il G. era promosso luogotenente generale per meriti di guerra.
All'inizio della successiva campagna contro il Regno delle Due Sicilie il G. sbarcava a Manfredonia alla testa di una colonna - formata da un reggimento granatieri, un battaglione bersaglieri e otto pezzi d'artiglieria - incaricata di puntare su Napoli e di aggirare da sud eventuali resistenze borboniche. Non avendo incontrato ostacoli, le sue truppe si ricongiunsero con il grosso ad Alife.
Tornato al comando della 1ª divisione il 26 ottobre, il G. riuscì ad attestarsi oltre il Garigliano il 2 novembre, grazie anche all'appoggio del fuoco della flotta, e spettò a lui il compito di vincere l'ultima resistenza campale del nemico. Il 4 novembre due reggimenti granatieri e due battaglioni bersaglieri attaccavano i Borbonici attestati alla stretta di Mola di Gaeta (l'odierna Formia). Dopo tre ore di aspra lotta e sempre con l'appoggio dell'artiglieria della flotta, granatieri e bersaglieri riuscivano a sloggiare dalle loro forti posizioni i soldati napoletani. Subito dopo, il G. cercò d'indurre le truppe borboniche, sconfinate nello Stato pontificio, ad arrendersi e, a tale scopo, sbarcava anche a Terracina abboccandosi inutilmente con un ufficiale napoletano.
Sempre al comando delle truppe della 1ª divisione attiva, il G. rimase sulla frontiera pontificia fino alla resa di Gaeta. In questo periodo si verificarono lungo il confine diversi scontri con soldati borbonici che cercavano di rientrare nel Regno appoggiati da insorti. Il più importante di tali scontri, con diverse centinaia di uomini impegnati dalle due parti, aveva luogo il 28 genn. 1861 a Bauco (l'odierna Boville Ernica). "Per essersi distinto nell'attacco e presa di Mola di Gaeta" e per il suo comportamento in occasione degli scontri sulla frontiera, il G. fu insignito, il 1° giugno 1861, della croce di grand'ufficiale dell'Ordine militare di Savoia. Nello stesso anno era trasferito a Firenze; già eletto deputato al Parlamento a Cesena nel 1860, fu confermato nel primo collegio di Perugia per l'VIII legislatura.
Alla vigilia della guerra del 1866 il G., che il 22 febbr. 1863 aveva avuto il comando della divisione territoriale di Firenze e nell'ottobre del 1864, dopo aver per qualche mese comandato la divisione di Genova, quello della divisione di Modena, era presidente del comitato dell'arma di cavalleria; nominato comandante della divisione di cavalleria il 10 giugno, il successivo giorno 23, varcato il Mincio, ordinava ad alcuni reparti della divisione una ricognizione, che si arrestava, però, a Villafranca per l'erronea convinzione che ormai il nemico si fosse ritirato al di là dell'Adige. Anche per questo motivo il giorno dopo si giungeva alla sfortunata battaglia di Custoza, durante la quale la divisione comandata dal G. era posta alle dipendenze del III corpo del generale E. Morozzo della Rocca, che la tratteneva a Villafranca senza impiegarla se non nel tardo pomeriggio, e anche allora parzialmente, per coprire il ripiegamento delle truppe. Pochi giorni dopo il G. era posto a capo del VII corpo di riserva, con mansioni di generale di corpo d'armata.
Membro del consiglio dell'Ordine militare di Savoia nel 1867, il 1° dic. 1870 fu fatto senatore. Nel gennaio 1872 fu posto in disponibilità e, contemporaneamente, nominato aiutante di campo onorario. Richiamato in servizio cinque anni più tardi, nel gennaio 1877 fu destinato provvisoriamente al comando militare territoriale di Palermo-Messina e dal maggio a quello del X corpo d'armata di Palermo. L'anno dopo, il 24 febbraio, era nominato primo aiutante di campo onorario dal nuovo re, Umberto I.
Poco dopo, il 18 apr. 1878, il G. chiese di essere posto in disponibilità: in tale posizione si trovava quattro anni dopo, quando, con la nomina a primo aiutante di campo generale onorario del re, ricevette l'ultima testimonianza di stima da parte della dinastia.
Ritiratosi a Torino, il G. vi morì il 21 maggio 1892.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. dell'Ufficio storico dello stato maggiore dell'Esercito, Biografie 33/31 e 93/30; fondo G 3, Campagna per l'Unità d'Italia 1860-61, voll. 42, 43; fondo G 11, Brigantaggio, vol. 1, pp. 209-333; Comando del corpo di stato maggiore - Ufficio storico, La guerra del 1859 per l'indipendenza d'Italia, Roma 1910, pp. 237-257; A. Vigevano, La campagna delle Marche e dell'Umbria (1860), Roma 1923, pp. 202-204, 206, 213-229, 239-242, 251, 446-451; P. Pieri, Storia militare del Risorgimento, Torino 1962, ad indicem; A. Mangone, L'esercito napoletano dal Volturno a Gaeta, Napoli 1972, pp. 191-194; Annuario militare del Regno d'Italia, 1861-78; T. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale, sub voce; Diz. del Risorg. nazionale, III, pp. 392 s.