Vedi GERASA dell'anno: 1960 - 1994
GERASA (greco Γέρασα; anche ᾿Αντιόχεια πρὸς τῷ Χρυσοππόᾳ; lat. Gerăsa)
La città, ora Gerash, si trova in un ampia vallata, sulle rive del fiume Chrysorrhoas, 42 km a N di Philadelpheia (‛Ammān).
Il nome della città e il culto ivi praticato di Ba‛alshamīn, indicano che la sua originaria fondazione risale ai Semiti. Nonostante in seguito abbia subito una forte influenza nabatea, G. fu essenzialmente una città ellenistica prima, romana poi. Il suo nome greco, "Antiochia sul Chrysorrhoas", ci dice quale grande importanza ebbero i Seleucidi nella sua fondazione. G. assurse al massimo della prosperità economica nella seconda metà del I sec. d. C., quando divenne un importante centro carovaniero; di conseguenza, il periodo in cui furono costruiti gli edifici più grandiosi e in cui la città maggiormente si estese, è da porsi nel II sec., e ha il suo apogeo nell'età antonina. Dopo una temporanea decadenza nel corso dei secoli III e IV, ebbe un risveglio al tempo di Giustiniano. Nel periodo arabo e in quelli che seguirono la città rimase abbandonata, e fu in parte riabitata solo nel 1878. Appunto a questo periodo di abbandono si deve se i resti di G. ci sono pervenuti in ottimo stato di conservazione. Gli scavi furono compiuti nel 1925-28 dal Department of Antiquities della Transgiordania, e nel 1928-34 da una spedizione organizzata dall'Università Yale e dalla British School of Archaeology di Gerusalemme.
Nel periodo romano G. era disposta secondo una pianta molto regolare. La città era divisa in due, nel senso della lunghezza, dal cardo orientato da N a S; questo era tagliato da due decumani, conducenti a due ponti sul fiume che attraversava la città. I monumenti di G. incominciano all'esterno della porta S; si tratta di un arco di trionfo (del solito modello a tre fornici) risalente al 130 d. C., accanto al quale si trova un ippodromo (di 244 m per 51), con sette accessi e una capacità di 15.000 posti, del II o III secolo. Oltrepassata la porta S, si giunge al tempio di Zeus, costruito nel 163 d. C. (edificio periptero octastilo, con sui lati dodici colonne alte 14 m). Accanto ad esso sorgeva il teatro meridionale, di tipo romano, con quattordici file di sedili, quattro ingressi, e 3.000 posti. Più a N era situato il Foro, circolare, all'incrocio del cardo col decumanus meridionale; al centro si ergeva un tetràpylon. Proseguendo verso N, si giunge al centro della città e al suo punto più elevato, occupato dal tempio di Artemide con le costruzioni annesse, il monumento più importante della G. romana.
L'intero tèmenos della dea protettrice copriva un'area di 34.000 mq. Una strada monumentale, larga il m, conduceva agli immensi propilei che davano sul cardo; di fronte ai propilei era un colonnato con un'imponente scalinata, larga 19 m, che conduceva nel tèmenos. Questa area, circondata da colonnati, misurava 121 m per 161; nel centro si ergeva il tempio di Artemide, edificio periptero esastilo, con 11 colonne su ciascun lato; un'altra coppia di colonne si trovava di fronte alle antae. La cella misurava 24 m per 13. L'insieme degli edifici di Artemide era completato da un ninfeo che dava sul cardo; era lungo 22 m e presentava una rientranza semicircolare del diametro di II m, in cui si trovava una vasca; nella parete posteriore del ninfeo erano scavate nove nicchie, disposte su due ordini. Gli altri monumenti del periodo romano (per la maggior parte ancora inesplorati) comprendono un teatro a settentrione, due complessi di terme, uno su ciascun lato del fiume (e di cui quello E si distingue per il più antico esempio di vòlta a "pennacchi" di cui si abbia testimonianza). Il tetràpylon N (di modello molto più semplice di quello del Foro) si ergeva all'incrocio del decumanus N col cardo; quest'ultimo terminava nella porta N, riccamente decorata. Dalla porta partiva una strada lunga 1200 m, fiancheggiata da mausolei, che conduceva a un teatro celebrativo, dell'età degli Antonini; aveva 1.000 posti, su 14 file. Annesso al teatro è stato scoperto un bacino (di 88 m per 43), che serviva soprattutto come riserva d'acqua, ma che veniva anche adibito alle feste acquatiche di Maiumas.
Il Cristianesimo pare si sia insediato molto presto a G.; i primi monumenti, che sono del IV sec., sorgono intorno a una fontana miracolosa, al centro della città. La fontana si trovava in mezzo a un cortile, che costituiva anche l'atrio della cattedrale di G., la prima chiesa costruita nella città. Tra il 464 e il 611 vennero erette in G. altre undici chiese; la più antica, quella di S. Teodoro (che si trovava a S del tempio di Artemide) formava con la cattedrale un unico complesso, che pare ripetesse il disegno di quello della chiesa costantiniana del Santo Sepolcro. Sia questa che le altre chiese erano basiliche del tipo comune, a tre navate, e differivano tra loro solo per la posizione delle absidi (che potevano essere esterne o interne), dal loro numero (una o tre), e dalla presenza o meno di una pròthesis o di un diakonikòn. Due di queste basiliche sfruttarono edifici preesistenti; l'atrio della chiesa dei Propilei si trovava appunto nei propilei romani, e la sinagoga, costruita nel 530-31, sorgeva sulle rovine di un'antica sinagoga bizantina. Le basiliche dei Ss. Cosma e Damiano e di S. Giorgio si trovavano di fianco a una chiesa a pianta circolare, con esedre, dedicata a S. Giovanni; tutte e tre risalgono al 529-35. Altra chiesa di modello peculiare (cruciforme, con quattro ambienti alle estremità), era quella dei Profeti e Martiri, costruita nel 464-65. Le chiese (e così pure la sinagoga) di G. erano pavimentate a mosaico. Il mosaico della sinagoga rappresentava l'arca di Noè, oltre ai soliti simboli della religione ebraica (candelabri con sette bracci, ecc.). I mosaici delle chiese andavano dalla semplice decorazione geometrica del IV sec. ai complicati disegni di elementi floreali e animali intrecciati, accanto ai quali appaiono figure umane (quelle dei donatori). Nella chiesa di S. Giovanni si vedono candelabri ricercatamente ornati e rappresentazioni pittoriche di Alessandria, del Faro e di Memfi. Più di 6oo iscrizioni, per la maggior parte in greco, e numerosi pezzi che comprendono monete, vetri, ecc. completano i ritrovamenti archeologici di Gerasa.
Bibl.: C. H. Kraeling, Gerasa, City of the Decapolis, New Haven 1938; D. S. Robertson, A Handb. of Greek a. Roman Architecture, 2a ed., Cambridge 1954, p. 252-91, passim; M. Rostovtzeff, The Social a. Economic History of the Roman Empire, 2a ed., Oxford 1957, passim (v. indice, vol. II, p. 784, s. v.); M. Poëte, Introduzione all'urbanistica; la città antica, Torino 1958, pp. 123; 364-367; 370-372; figg. 153-157.
(M. Avi-Yonah)
Iconografia. - La Tyche della città appare come una figura di Artemide sul verso di monete bronzee di Adriano, Crispina, Lucio Vero, Commodo e Severo Alessandro, con l'iscrizione ΑΡΤΕΜΙC ΤΥΧΗ ΓΕΡΑC???SIM-29???Ν o semplicemente ΑΡΤΕΜΙC ΓΕΡΑC???SIM-29???Ν.
Bibl.: T. E. Mionnet, Description des médailles antiques grecques et romaines, Parigi 1807-37, V, p. 329; Supplem. VIII, p. 230 s.; F. De Saulcy, Numismatique de la Terre Sainte, Parigi 1894, p. 384 ss., tav. XXII, 1-2; British Museum, Cat. Greek Coins, Galatia, Londra 1899, p. LXXXVIII.
(A. Comotti)