GERARDO di Buonalbergo (Girardus de bono Alipergo; Gerardus; Girardus comes; Girart de Bone Herberge)
Scarse e frammentarie sono le notizie in nostro possesso relative a G.: ignoriamo i nomi dei suoi genitori, il luogo e l'anno della sua nascita, anche se quest'ultima deve porsi comunque nel secondo decennio del secolo XI. Apparteneva a famiglia della piccola nobiltà feudale normanna dell'Italia meridionale; suo padre, di cui non ci viene riferito il nome, era fratello di Alberada, la prima moglie di Roberto il Guiscardo.
Non sappiamo quando e in seguito a quali eventi G. sia divenuto conte di Buonalbergo (presso Benevento), titolo e funzioni che portava certamente nel 1079, come risulta da un diploma in cui egli fa dono al monastero di S. Sofia di Benevento di una serie di beni di sua proprietà.
La prima volta che le fonti ricordano G. è in relazione a un significativo episodio, avvenuto tra il 1047 e il 1051. Il fatto è narrato da Leone Marsicano e, con maggiore dovizia di particolari, da Amato di Montecassino nell'Ystoire de li Normants. Secondo quanto essi affermano, G. si presentò a Roberto d'Altavilla, allora in Puglia presso il fratello Drogone, gli offrì la mano della zia paterna Alberada e gli propose di porsi al suo fianco, con 200 cavalieri "pour aquester Calabre", come specifica l'Ystoire de li Normants. Il racconto è interessante non solo per alcuni effetti di colore - G. sarebbe stato il primo a rivolgersi a Roberto d'Altavilla chiamandolo, "quasi per iocum", come afferma Leone Marsicano, con l'appellativo di Guiscardo -, quanto per la posizione di rilievo che G. risulta avere già in quel momento. Aveva infatti 200 cavalieri al suo seguito e trattava da pari a pari con uno dei maggiori esponenti del clan degli Altavilla. I due cronisti non indicano con precisione la cronologia dell'evento. Esso, in ogni modo, deve essere riferito a un periodo posteriore alla fine dei rapporti tra Pandolfo Capodiferro e Roberto il Guiscardo (1047) e precedente alla morte di Drogone (1051).
Si può ritenere - anche sulla base degli avvenimenti successivi - che quella allora stabilitasi tra G. e Roberto il Guiscardo fosse essenzialmente una societas di carattere militare, in quel momento assai vantaggiosa per entrambi. Siamo infatti informati che nel 1053 G. partecipò, alla testa di un proprio contingente di armati, alla battaglia di Civitate al fianco del Guiscardo; e che quest'ultimo, grazie appunto a un tempestivo intervento di G., riuscì a infliggere il colpo risolutivo alle forze avversarie.
Dopo questa data, le fonti note non forniscono ulteriori notizie su G. almeno per una buona ventina d'anni. Esse tornano a parlare di lui per un fatto occorsogli tra la fine del 1075 e gli inizi dell'anno successivo, quando, nel corso dell'assedio posto da Roberto il Guiscardo alle piazzeforti di Santaseverina e Castrovillari, capisaldi della resistenza del nipote ribelle Abelardo e dei suoi aderenti, egli tentò - "pour faire plaisir à son seignor lo duc [Robert]", come riferisce l'Ystoire de li Normants - di intercettare la formazione di cavalleria inviata a questi ultimi dal loro sostenitore, il nuovo principe di Capua Riccardo I Drengot. G. subì un rovescio: insieme con i suoi fu accerchiato, battuto, e, depredato delle armi e dei cavalli, condotto prigioniero a Capua. Quanto tempo sia durata la sua prigionia non sappiamo, non aggiungendo il cronista nulla in proposito. Doveva essere certamente libero nel 1079: ce ne accerta un diploma del gennaio di quell'anno, in cui egli e i suoi fratelli, Adelina e Roberto, come conti di Buonalbergo donarono al monastero di S. Sofia di Benevento le chiese di S. Lorenzo Martire, di S. Lucia, di S. Marco e di S. Maria, nel Beneventano, edificate nei pressi del "castellum nostrum, quod nominatur […] Alipergo", nonché il monastero di S. Benedetto, situato nelle vicinanze di una loro città, che le fonti definiscono "Mucrone", ma che è per noi oggi difficile localizzare.
Qualche anno più tardi, nel 1081, Roberto il Guiscardo, in procinto di partire per la sua spedizione contro Bisanzio, affidò a G. e al nipote Roberto, conte di Loritello, la tutela del figlio Ruggero, natogli dal secondo matrimonio (aveva ripudiato Alberada per motivi di consanguineità nel 1058) e da lui fatto riconoscere come suo erede legittimo. A G. e al conte di Loritello, il duca di Puglia e Calabria raccomandò inoltre di difendere il Ducato in sua assenza e di intervenire in soccorso del papa Gregorio VII, qualora ne avesse avuto bisogno.
G. morì nel 1086, come ci riferiscono gli Annales Beneventani.
Sposò in prime nozze una Teodora, testimoniata vivente ancora nel 1079, e, rimasto vedovo, un'Adeltruda. Dal primo matrimonio nacquero Eriberto, citato con il titolo di conte in due documenti, rispettivamente del 1100 e del 1124, inseriti nel Liber praeceptorum Beneventani monasterii S. Sophiae, e Ottaviano, già morto nel 1100, come si legge nel primo di questi due documenti. Da un altro documento del 1115, pure contenuto nel Liber praeceptorum, si ha notizia di un terzo figlio di G., Roberto, di cui non viene indicata la madre.
L'identificazione di G. con un "Gerardus comes", suo contemporaneo citato in un documento del 1063, proposta dal Cuozzo e ripresa dalla Taviani Carozzi, si fonda esclusivamente sull'omonimia. Non appare suffragata dalle fonti la notizia, pure data dal Cuozzo, che il "Gerardus comes" di cui si è appena detto fosse conte di Ariano Irpino. Occorre far rilevare, infine, che con ogni probabilità è dovuta a un errore di stampa la data 1068 (invece che 1086) indicata dal Cuozzo, seguito anche in questo dalla Taviani Carozzi, quale anno di morte di Gerardo.
Fonti e Bibl.: Leo Marsicanus - Petrus Diaconus, Chronica monasterii Casinensis, a cura di G. Wattenbach, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, VII, Hannoverae 1846, p. 707; Guillelmus Apuliensis, Gesta Roberti Wiscardi, a cura di R. Wilmans, ibid., IX, ibid. 1852, pp. 256-258, 283; F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra…, X, 2, Venetiis 1722, coll. 518-520; O. Bertolini, Gli "Annales Beneventani", in Bull. dell'Ist. stor. ital. per il Medio Evo e Arch. muratoriano, XLII (1923), p. 147; Id., I documenti trascritti nel "Liber praeceptorum Beneventani monasterii S. Sophiae"(Chronicon S. Sophiae), in Studi di storia napoletana in onore di M. Schipa, Napoli 1926, pp. 43 s.; Amato di Montecassino, Storia de' Normanni, a cura di V. De Bartholomaeis, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], LXXVI, Roma 1935, pp. 125 s., 156, 314; A. Pratesi, "Chartae rescriptae" del secolo XI provenienti da Ariano Irpino, in Bull. dell'Ist. stor. ital. per il Medio Evo e Arch. muratoriano, LXVIII (1956), pp. 200-202; F. Chalandon, Histoire de la domination normande en Italie et en Sicile, I, Paris 1907, pp. 120 s., 123, 125, 136, 268; J.J. Norwich, I Normanni nel Sud (1016-1130), Milano 1971, pp. 83 s., 94, 111 s.; E. Cuozzo, L'unificazione normanna e il Regno normanno svevo, in Storia del Mezzogiorno, II, 2, Il Medioevo, Napoli 1988, pp. 614, 618; H. Taviani Carozzi, La terreur du monde. Robert Giuscard et la conquête normande en Italie, Paris 1997, pp. 145, 192, 205, 208, 222, 284, 305, 436, 438, 459.