Dimitrov, Georgi
Politico bulgaro (Kovačevci, Sofia, 1882-Mosca 1949). Di estrazione popolare, a partire dal 1902 si dedicò all’organizzazione del movimento operaio bulgaro, entrando nel Comitato centrale del Partito dei lavoratori e contribuendo alla nascita della confederazione generale dei sindacati bulgari. All’indomani della Prima guerra mondiale e sotto l’impulso della Rivoluzione d’ottobre, D. guidò l’insurrezione dei comunisti bulgari del 1923 e dopo il suo fallimento si rifugiò a Mosca (1924), dove fu nominato commissario per l’emigrazione e membro dell’Ispolkom, organo direttivo del movimento bolscevico nei Balcani. Trovandosi in Germania nei giorni dell’incendio del Reichstag (5 mar. 1933), le autorità naziste lo accusarono di esserne l’autore; il processo che ne seguì e la sua autodifesa lo resero noto in una più vasta cerchia internazionale, per la fermezza del suo atteggiamento e l’abilità con cui passò da accusato ad accusatore. Assolto dal processo, rientrò a Mosca, dove fu eletto segretario generale del Comintern. In tale veste diede un contributo essenziale alla politica dei Fronti popolari (7° Congresso, 1935), che rappresentò una svolta nell'azione dei partiti comunisti europei. Scioltosi il Comintern (23 mar. 1943), dopo l’insurrezione del Fronte patriottico, il 9 settembre 1944, D. tornò in Bulgaria e riprese la direzione del movimento operaio. Le elezioni del 1946, vinte con una larga maggioranza dal Partito comunista, lo portarono alla presidenza del consiglio, che mantenne fino alla morte. Da presidente D. realizzò profondi mutamenti nella vita politica ed economica della Bulgaria, e in politica estera fu dei più attivi fautori della nascita di una federazione di Stati balcanici, malvista invece dall’URSS.