BYRON, George Gordon
Poeta inglese nato il 22 gennaio 1788 a Londra, morto il 19 aprile 1824 a Missolungi. Discendeva da un ramo di antica famiglia normanna (de Buron) stabilitosi a Newstead, nella contea di Nottingham, nel 1540 con sir John Byron, il cui pronipote fu elevato al rango di pari nel 1643. Il prozio del poeta, William, quinto lord Byron (1722-98), un violento resosi colpevole d'omicidio, fu soprannominato the wiched lord; il padre del poeta, il capitano John Byron, si guadagnò il nomignolo di mad Jack per la sua vita dissoluta. Costui ebbe, dalla prima moglie, Augusta (1783-1851), che nel 1807 si sposò col cugino, il colonnello George Leigh, e dalla seconda moglie, Catherine Gordon of Gicht, George Gordon, il poeta. Il nonno materno si era tolta la vita, e la madre era donna di passionalità e capricciosità anormali. Di una discendenza gravata di tante tare dovette risentire il poeta, che nacque anche con una deformità fisica, visibile specialmente nel piede destro (contrazione del tendine di Achille). Passò una fanciullezza agitata ad Aberdeen, tra ristrettezze economiche causate dalle dissipazioni paterne, presso la madre, che ne inasprì il carattere con alternative di moine e di strapazzate: dal soggiorno scozzese gli derivò amore per le montagne e per il mare, ammirazione per il Vecchio Testamento, e un cupo fondo di dottrine calviniste circa la predestinazione del peccato e della colpa. Un precoce amore per la cugina Margaret Parker, intorno al 1800, lo spinse a scrivere le prime poesie d'amore: già aveva dato prova di disposizioni per la satira. Nel 1798 successe nel titolo e nei beni del prozio. Studiò a Harrow (1801-5), dando prova di carattere sfrenato e pugnace, e facendo disparate letture. Nelle vacanze estive del 1803 frequentò una famiglia di lontani parenti, i Chaworth, e s'invaghì di Mary Ann Chaworth: codesto amore pare lasciasse tracce profonde nel poeta. Entrato nel 1805 al Trinity College, Cambridge, si distinse ben presto per la sua condotta stravagante, e per la sua abilità nel nuoto. Nel novembre del 1806 stampò in edizione fuori commercio, a Newark, un volumetto di versi, Fugitive pieces, che egli quasi subito distrusse per il contenuto licenzioso d'una poesia, e che ripubblicò nel gennaio del 1807 col titolo di Poems on Various Occasions. Incoraggiato da alcuni critici, abbandonò l'anonimo nella terza ristampa (con omissioni e aggiunte) intitolata Hours of Idleness, by George Gordon Lord Byron, a Minor, Londra 1807 (estate). A una aspra critica apparsa nell'Edinburgh Review del gennaio 1808, rispose con la virulenta satira English Bards and Scotch Reviewers, Londra 1809, ove attaccava i poeti contemporanei a eccezione di quelli che, come il Rogers e il Campbell, continuavano la tradizione del Pope. Preso nell'aprile 1808 possesso di Newstead Abbey, il romantico maniero degli avi, e occupato, nel marzo del 1809, il suo seggio alla Camera dei lords, nell'estate del 1809 partì da Falmouth per il suo grand tour, cioè per il viaggio d'istruzione sul continente giudicato allora indispensabile per ogni patrizio. Da Lisbona, ove approdò, si recò a Siviglia e a Cadice, indi passò nel Levante, donde tornò nel luglio 1811. Al principio d'agosto fu profondamente scosso dalla morte della madre e da quella dell'amico Matthews: eco di questo dolore sono i versi To Thyrza e altre elegie aggiunte nella seconda edizione di Childe Harold. A Atene aveva composto Hints from Horace (parafrasi dell'Ars Poetica) e The Curse of Minerva, oltre al commento al secondo canto di Childe Harold. I primi due canti di questo poema apparvero nel marzo 1812. Nel febbraio il B. aveva pronunziato il suo primo discorso alla Camera dei lords. Il successo di Childe Harold, specie di guida emozionale nei paesi visitati egli anni 1809-11, fu repentino e imponente, e fu dovuto, oltreché a fattori d'indole sociale (il B. era ammesso da pari nel gran mondo, ed era divenuto l'amante di lady Caroline Lamb, la dama più in voga), anche alla felice scelta dell'argomento, trasportando nel campo della poesia quel genere di letteratura (libri di viaggi) che allora era seguito più avidamente di ogni altro, e trattando proprio di quella parte del mondo (la Grecia e il Levante) che allora era più popolare. Alla curiosità per il pellegrinaggio s'aggiungeva quella per il pellegrino, di cui la misantropia e l'universale sprezzo eran destinati a far impressione sul gusto della Reggenza, settecentescamente scettica pur dietro un velo di decorose credenze. Quello che il bel sesso ammirava nel poeta, lo ritrovava nell'uomo, che era veramente figlio di quel tempo in cui il dandy rappresentava l'ideale della società: con la differenza che, mentre un Brummell era un poseur soddisfatto, il B. era un poseur tormentato dalla coscienza del ridicolo; era sì dell'epoca sua, ma con una differenza, un'inquietudine nuova. Childe Harold, col suo verso scorrevole, le cui deficienze ritmiche sfuggono a un orecchio non diligente, con la sua prevalenza di sentimento e il suo miscuglio d'arditezze e di luoghi comuni, d'affettata licenziosità e di sgargianti descrizioni, era fatto per incontrar successo tra le dame. Le ristampe si succedevano alle ristampe. Tra il giugno del 1813 e l'agosto del 1814 le novelle in versi del Byron (The Giaour, The Bride of Abydos,The Corsair, Lara, poi - gennaio e febbraio 1816 - The Siege of Corinth e Parisina), con le quali il poeta finiva di soddisfare appieno i suoi lettori, combinando il loro gusto per la passione e per l'esotismo con quello per l'intreccio melodrammatico, si seguirono incalzanti come le vittorie di Napoleone, e "il gran Napoleone dei reami della rima" fu egli chiamato infatti: del Corsair si vendettero diecimila copie il giorno della pubblicazione. Intanto il pubblico s'era accorto che il Giaurro, Corrado, Lara, erano in sostanza ripetizioni del tipo d'Aroldo, e siccome Aroldo era B., non si tardò ad attribuire al B. anche le avventure dei suoi personaggi cominciando così a formarsi quel mito byroniano che doveva influire così tenacemente sulla valutazione dell'opera.
Ma mentre il B. era corteggiato nei salotti dell'aristocrazia conservatrice, la borghesia conservatrice, attraverso la stampa, lo copriva di vituperî per aver satireggiato in alcuni versi il Reggente (Lines on Princess Charlotte), dando così le prime avvisaglie dell'ostilità di quella Inghilterra evangelica, pietista, che lentamente saliva al governo della nazione, e doveva imporre il suo credo durante l'epoca vittoriana. Se in questo primo attacco contro il poeta prevalgono i motivi politici, nel secondo, che ebbe luogo all'epoca della sua separazione da Anna Isabella Milbanke, che egli aveva sposato il 2 gennaio 1815, prevalgono i motivi d'ordine morale, e nel terzo, causato dalla pubblicazione del Cain, quelli d'indole religiosa. Nel combinare il matrimonio con miss Milbanke - donna di carattere preciso e positivo, opposto a quello del B. -, matrimonio al quale il B. fu spinto più che altro da un desiderio di sistemazione, e forse da un puntiglio in seguito a un primo rifiuto di miss Milbanke nel 1812, ebbe una parte decisiva lady Melbourne, zia di miss Milbanke, e suocera di Caroline Lamb. Quando il 15 gennaio 1816 lady Byron - che nel dicembre aveva dato alla luce una bimba, Augusta Ada - abbandonò il tetto coniugale e inoltrò domanda di separazione, anche l'aristocrazia mise al bando il B. Sull'avvenimento pesava un'ombra di mistero, sicché corsero le congetture più disparate: tra le varie accuse che si facevano al poeta, guadagnò oscuramente terreno quella d'incesto con la sorellastra Augusta Leigh. (Su questo particolare si vedano specialmente E. Colburn Mayne, The Life and Letters of Anna Isabella, Lady Noel Byron, Londra 1929; Ch. Du Bos, Byron et le besoin de la fatalité, Parigi 1929; A. Maurois, Byron, Parigi 1930; M. Praz, Lord Byron, in La Cultura, 1930).
A inasprire vieppiù gli animi contribuì la pubblicazione, a insaputa dell'autore, di due poesie ispirate dalle sue circostanze domestiche (Fare Thee Well e A Sketch), che il B., con l'usuale impulsiva imprudenza, aveva fatto circolare tra gli amici. Poco prima egli aveva pubblicato l'Ode from the French e l'apostrofe alla Star of the Legion of Honour, che andavano contro corrente al patriottismo di quegli anni. L'animosità del pubblico era tale che il B. fu consigliato di non recarsi al teatro e al Parlamento; finché egli, il 24 aprile 1816, dopo aver firmato, vinta la riluttanza, il documento di separazione dalla moglie, lasciò per sempre l'Inghilterra.
Da Bruxelles il B. visitò Waterloo e di qui, per il Reno, si recò a Ginevra, ove occupò Villa Diodati e trovÒ gli Shelley e miss Clare Clermont; frequentò anche il salotto di madame de Staël a Coppet. Per gran parte dell'estate fu cotidianamente insieme con gli Shelley, in gite sul lago e nei paesi della Nouvelle Héloïse del Rousseau: l'influsso del pensiero dello Shelley e della sua sottile sensibilità per le bellezze della natura non tardò a farsi sentire sul B. In simile ambiente rurono composti: il terzo canto di Childe Harold (pubbl. nel novembre 1816), la cui bravura descrittiva, volgarizzando le scoperte del Wordsworth (la cui poesia lo Shelley non si stancava di raccomandare al B.), ne fece un classico presso il gran pubblico, che la poesia di rado intende senza una lega di rettorica; il Prisoner of Chillon (pubbl. nel dicembre 1816); The Dream; i primi due atti di Manfred (pubbl. nel giugno 1817), ove l'influsso del Faust goethiano, che il B. conobbe di questo tempo, si rivela soprattutto nel disegno; e il frammento intitolato Darkness.
Circa le relazioni tra il Goethe e il Byron (simboleggiato dal Goethe nella figura di Euphorion) vedi: G. Robertson, in Publications of the English Goethe Society, n. s., II: F. W. Stokoe, German Influences in the English Romantic Period, Cambridge 1926, cap. VII.
Nel gennaio 1817 la Clermont diede alla luce Allegra, figlia di B., che più tardi fu messa in collegio a Bagnacavallo dal padre che intendeva farne una cattolica romana: la morte della bimba, il 20 aprile 1822, addolorò profondamente il B. Nell'ottobre del 1816 il B. raggiunse Milano, quindi per Verona si recò a Venezia: colà dimorò tre anni. Tre settimane tra l'aprile e il maggio del 1817 le trascorse a Roma, ove si recò passando per Ferrara (la visita a questa città diede origine al Lamem of Tasso, pubbl. nel luglio 1817). A Venezia, la cui storia interessava assai il poeta (vedi l'Ode to Venice, lamento sulla decadenza veneziana: alla tirannia del vecchio mondo è contrapposta la libertà americana), se da un lato il B. ebbe licenziose avventure, prima con la moglie del suo padron di casa, Ma- rianna Segati, poi con Margherita Cogni (la Fornarina), una divertente plebea, e se fece del suo palazzo sul Canal Grande una specie di harem, dall'altro non trascurò piaceri più intellettuali, frequentando i salotti della contessa Albrizzi (e poi della Benzoni), studiando l'armeno, scrivendo il quarto canto di Childe Harold (pubbl. nell'aprile 1818) - ove esprime le sue emozioni alla vista dei tesori d'arte degli Uffizî e la sua indignazione per la Roma dei papi - e Beppo, a Venetian Story (pubbl. nel febbraio 1818), mentre si dedicava a violenti esercizî fisici. Del B. di questo periodo ci ha lasciato un ritratto lo Shelley in Julian and Maddalo.
Beppo è un primo tentativo sulle orme del Whistlecraft del Frere (a sua volta imitatore del Berni e del Pulci), nonché su quelle del Casti, in quella ottava eroicomica che il Byron doveva poco dopo trattare con tanto successo nel Don Juan. Circa il rapporto tra questi imitatori inglesi dei poeti eroicomici italiani, vedi l'introduzione di R.D. Waller a The Monks and the Giants di J.H. Frere, Manchester 1926.
Nel settembre del 1818 pose mano a Don Juan e scrisse Mazeppa: i primi due canti del Don Juan furon pubblicati senza nome d'autore e d'editore nel luglio 1819: in Inghilterra il poema trovò subito una legione di vituperatori e un'altra d'imitatori. Il terzo canto fu cominciato nell'ottobre del 1819 e, diviso in due canti, apparve col quinto nell'agosto del 1821. Dopo il quinto canto vi fu un'interruzione dovuta in parte all'accoglienza ostile, e in parte alla preghiera di Teresa Guiccioli che disapprovava il cinismo del poeta di Don Juan. Nell'aprile del 1819 il B. aveva conosciuto la giovane sposa del vecchio cavaliere Guiccioli, figlia del conte Gamba di Ravenna: la simpatia si trasformò ben presto in intimità. L'influsso della Guiccioli fu quanto mai benefico: il poeta adottò un tenor di vita più regolare e salubre, e d'altra parte non gli mancò di che alimentare il suo spirito d'avventura, ché, stabilitosi verso la fine del 1819 a Ravenna, e stretta amicizia col carbonaro Pietro Gamba, fratello della Guiccioli, prese parte alla cospirazione e fu capo degli Americani, ramo della Carboneria.
Il Byron, pur senz'aver nulla del radicalismo democratico dello Shelley, e restando nel fondo del cuore un aristocratico, professava odio per la tirannia, e quindi per la Santa Alleanza; la sua simpatia per gli oppressi, manifestata nel Prisoner of Chillon, nel Lament of Tasso, in Mazeppa, trovò espressione più alta, sebbene artisticamente scadente, in The Prophecy of Dante. Il Byron fornì armi e denari alla causa italiana, e fu nella lista nera della polizia. Circa la parte avuta dal Byron nei moti del '21, si veda D.N. Raymond, The Political Career of Lord Byron, 1924.
Nel febbraio del 1820 il B. tradusse il primo canto del Morgante Maggiore (pubbl. nel Liberal, n. IV) e l'episodio di Francesca da Rimini; dall'aprile al luglio scrisse il Marino Faliero (pubbl. nell'aprile 1821), ove applicò al dramma inglese le regole delle tre unità, sulle orme dell'Alfieri; dal gennaio al maggio 1821 Sardanapalus; tra il' febbraio e il marzo le lettere circa la disputa Bowles-Campbell intorno ai meriti del Pope, nelle quali difendeva il Pope e attaccava i Lagh. sti; tra il giugno e il luglio i Two Foscari; tra il luglio e il settembre il Cain (pubbl. nel dicembre 1821).
Il Cain, che lo Shelley e lo Scott levarono alle stelle, diede occasione alla terza ed ultima battaglia in grande stile del pubblico inglese contro il Byron (1822): una battaglia a cui partecipò largamente il clero, per via del manicheismo che era alla base di quel dramma. Che il Byron, scrivendo il Cain, desse sfogo a un profondo e antico tormento che sarebbe la chiave stessa del suo spirito irrequieto, è quanto alcuni critici, e meglio di tutti il Grierson (in un saggio ripubblicato in Byron, the Poet, ed. by W.A. Briscoe, Londra 1924), han cercato di dimostrare. Per il Grierson, il motivo centrale di Childe Harold, Prometheus, Manfred, Cain, Sardanapalus, è il senso del peccato e dell'ingiustizia del decreto che condanna il peccato come colpa. Tuttavia di questo conflitto non si trova traccia nell'opera in cui il Byron mise più di sé stesso, nel Don Juan.
Frattanto, nel luglio 1820, a istanza della famiglia Gamba, fu ottenuto dal papa un decreto di separazione di Teresa dal Guiccioli. Falliti i moti del'21, il governo pontificio confiscò i beni dei Gamba: essi fuggirono a Pisa ove il B. li raggiunse nel novembre del 1821. La prima opera a cui il B. attese a Pisa fu il Werner (dicembre 1821-gennaio 1822), seguì The Deformed Transformed (pubbl. nel febbraio 1824), e più tardi The Age of Bronze, ispirato dal congresso di Verona (pubbl. nell'aprile 1823); mentre, avendo la Guiccioli concesso la continuazione del Don Juan, al principio dell'agosto 1822 altri tre canti eran pronti, e un quarto iniziato; i canti VI-XVI furon pubblicati a intervalli tra il luglio 1823 e il marzo 1824; del XVII non si ha che un frammento.
Il Don Juan, definito dal poeta una "Epic Satire", s'inizia in tono di cinica e frivola commedia con l'avventura spagnola con Donna Julia (canto I), continua con il crudo realismo del naufragio (canto II), la cui descrizione è spesso una mera versificazione di fonti, e si solleva a un'atmosfera lirico-sentimentale nell'idillio con la fanciulla greca Haidée (canti II-III: nel III il famoso inno "The Isles of Greece"); quindi l'idillio si chiude in tragedia (canto IV) dopo il ritorno del corsaro Lambro, vivacemente descritto. Segue con note comiche e voluttuose l'episodio nell'harem, con la favorita Gulbeyaz (canti V-VI), poi la descrizione dell'assedio d'Ismailia (canti VII-VIII), il soggiorno di Don Juan alla corte di Caterina di Russia (canto IX: qui il Byron è in parte obbligato al Poema tartaro del Casti), che fornisce il supremo esempio di quella Keckheit che il Goethe ammirava nel poema. Gli ultimi canti trattano delle avventure di Don Juan in Inghilterra, in uno stile che sta tra il romanzo settecentesco alla Smollett (specie la scena a Shooter's Hill) e la satira di costumi dell'Ottocento (scene a Norman Abbey, che precorrono Peacock e Disraeli), e sebbene non felici quanto i primi, dànno un'immagine vivace dell'Inghilterra della Reggenza. Alcuni ritratti, come quelli di lord Henry e lady Adeline, della duchessa di Fitz-Fulke e di Aurora Raby animano la materia che comincia ad appesantirsi.
Nel primo numero del Liberal, pubblicazione per la quale il B. si era associato a Leigh Hunt, apparve (15 ottobre 1822) The Vision of Judgment, feroce e robusta satira; nel secondo numero Heaven and Carth, a Mystery. Per una rissa tra un suo servo e un sergente dei dragoni (marzo 1822), il B. dovette abbandonare Pisa per Montenero; nell'aprile moriva Allegra, nel luglio lo Shelley.
Nel settembre 1822 B. si trasferì a Genova: era indebolito dalla malaria, sazio della Guiccioli, anelante a nuove avventure. Sicché accolse con entusiasmo la sua nomina a membro del comitato per l'indipendenza greca formatosi a Londra nella primavera del 1823, e, decisosi, dopo qualche esitazione dovuta a motivi di salute, a capitanare la rivolta, s'imbarcò a Genova il 15 luglio. Passò quattro mesi a Cefalonia, in attesa di veder chiaro nelle confuse fazioni dei rivoluzionarî. Chiamato da Alessandro Mavrocordato a Missolungi, vi giunse il 5 gennaio del 1824, accolto con onori reali. Nei tre mesi di residenza a Missolungi non solo non ebbe modo di partecipare a fatti d'arme, ma molto ebbe a dolersi dei Greci, finché, in seguito agli strapazzi, colto da gravi sintomi, infermò e morì il 19 aprile, di febbre reumatica, o, secondo altri, di meningite. L'arrivo della salma a Londra provocò un gran concorso di folla e rinnovata voga. Il B. è sepolto nella chiesa di Harrow-on-the-Hill.
Ci restano copiose testimonianze del fascino che il volto pallido, dai nobili lineamenti, di lord B. esercitava, specie sulle donne. A rendere il B. accetto alle donne dovette contribuire parecchio anche quel certo che di femmineo in lui che non sfuggì ad alcuno di quanti lo avvicinarono: per le donne egli era, come piaceva a lui stesso definirsi, "una sorella prediletta, talora riottosa" L'aspetto del volto, cangevole come quello d'una donna, era specchio fedele dell'animo ombroso, capriccioso e contraddittorio, continuamente oscillante tra la tenerezza e lo scherno, abilissimo simulatore e amante di mistificazioni, e al tempo stesso incapace di serbare un segreto; infine soprattutto corrivo a effondersi in deliziose e interminabili ciarle, e in ancor più deliziose lettere. Cresciuto in un'epoca di dandies, ne copiò in parte i costumi, e si sottopose a terribili cure dimagranti: tra le grandi figure del passato guardava con ammirazione soprattutto ad Alcibiade. Dopo quanto s'è detto, non farà specie se l'atteggiamento che il B. si sforzò d'assumere, nelle prime opere, fu, per contrasto, tale da indurre il pubblico e i critici a vedervi forza, virilità, nervosa semplicità, maschia freschezza. In un primo tentativo il B. posa da pellegrino Aroldo, languente tra gli uomini come un falco selvaggio dalle ali mozze, dispregiatore del gregge vile. Il B. fu, prima di tutto, il creatore d'una moda, che attecchì tanto più rapidamente quanto, nell'Europa d'allora, il tipo del passionale ribelle alla società era, come suol dirsi, nell'aria, e già sufficientemente adombrato nella Schauer-Romantik. Fu questo il solo aspetto della poesia del B. che impressionò i critici del continente, presso i quali diventò dogma l'identificazione del B. con lo spirito rivoluzionario. Per il B. la poesia fu un modo come un altro di sfogare le sue reazioni immediate ai fatti del giorno, affrettatamente (ónde il Goethe vi vedeva zu viel Empirie); e come negativo assoluto egli fu equivalente al suo opposto, e minacciò di cristallizzarsi in un'ipocrisia alla rovescia. Ma mentre il B., in Childe Harold, deliberatamente isolando e magnificando un solo aspetto di sé, riusciva insincero e astratto, nelle lettere egli metteva tutto sé stesso, quel sé stesso duttile, settecentesco, che il contatto con la vita meridionale, specie italiana, finì di perfezionare. Per i più autorevoli tra i moderni critici inglesi del Byron, quali il Symons (in The Romantic Movement in English Poetry, 1909) e O. Elton (Surrvey of English Literature, 1912, e Phe Present Value of Byron, in Review of English Studies, 1925), la storia dello sviluppo dell'arte hyroniana sta tutta nell'adeguamento del B. poeta al B. epistolografo. Il giorno in cui egli si mise a "chiacchierare" in versi, i suoi versi diventaron buoni come la prosa delle sue lettere. In Beppo, in The Vision of Judgment, in Don Juan, parole, stile, lingua, argomento, sono all'unisono, e il poeta, giunto così alla pienezza della propria espressione, si riconnette con gli umoristi e i satirici settecenteschi e, più oltre ancora, con i wits della Restaurazione, apparendoci quasi come un Rochester più complesso e maturo.
L'influsso letterario del B. fu vasto sui minori e sui minimi tra i letterati inglesi. La reazione contro il gusto byroniano fu non poco inasprita dal fatto che poetastri oggi dimenticati non si stancarono di produrre a serie giaurri dal fiero aspetto, orde turchesche, descrizioni di solitudini e d'isole selvagge con ruinosi templi e romantici recessi, il tutto trattato melodrammaticamente. Su coloro che dovevano essere i veri poeti futuri l'influsso del B. fu o nullo, o debole, o presto superato. I casi più notevoli son quelli del Tennyson e del Browning giovanili, e, in parte, del Meredith. Un influsso costante si nota solo in poeti minori come James Thomson nei suoi momenti men felici, e in E.A. Poe (nei versi). La fase acuta del byronismo era passata quando il Macaulay compose (1830) il famoso saggio, in cui dava per tramontata la magica potenza del Byron. Espressioni antibyroniane si moltiplicano, fino ai fieri colpi del Thackeray (1841); gli anni intorno al 1850 segnano l'apogeo del vittorianismo e forse il periodo più fosco nella storia della fama del B. in Inghilterra. Invece dal 1850 in poi si nota un sensibile e progressivo ritorno d'interesse, dovuto in parte a circostanze politiche, tra cui l'impressione prodotta sugl'Inglesi dall'accelerarsi del Risorgimento italiano, che il B. aveva vaticinato. Si può dire che il saggio del Mazzini, Byron e Goethe, pubblicato a Lugano nel 1847, sia stato uno dei fattori determinanti, data la grande ammirazione inglese per il patriota italiano. D'altronde la reazione al Tennyson portò per contrasto un ravvicinamento al B. L'estendersi della cultura inglese al campo europeo indusse gl'Inglesi a cercar di rendersi conto dell'universale ammirazione straniera per il B.: un tentativo di vedere il B. con occhi europei è il motivo dominante dei saggi del Morley (1870), di John Nichol, e di Matthew Arnold nella sua antologia byroniana (1881). Col saggio dell'Arnold si chiude il periodo che potremmo chiamare di critica polemica, e incomincia quello d'assestamento, in cui si riconosce al B. un posto importante, sebbene più basso del fastigio originario. In Italia il B. salì subito a una fama superiore a quella di qualsiasi altro scrittore straniero, sia per la qualità della sua arte sia per la sua opera politica, e trovò schiere di traduttori e d'imitatori; il Pellico, il Leoni, Pellegrino Rossi, il Bertolotti furono i primi; poi il Parzanese, il Bini, il Guerrazzi, il Maffei, Pasquale De Virgili, e dozzine d'altri; libretti d'opera furon cavati dal Corsaro. Le raccolte principali di versioni sono: una milanese del 1830; un volume di C. Cantù, Lord Byron (1834); le versioni del Niccolini (1837 e 1842) che scrisse pure una Vita di lord Byron; le Opere tradotte in prosa dal Rusconi (1841-2); le opere principali tradotte da vari (Torino 1852 e 1858-9), ristampate spesso; più tardi C. Faccioli tradusse Il pellegrinaggio d'Aroldo e A. Caccia, A. Sacchi e, ottimamente, V. Betteloni il Don Giovanni.I romantici italiani inneggiavano al B. come a uno dei loro Santi Padri, i classici lo lodavano per le sue teorie antiromantiche, e il Monti affermava essere il suo romanticismo di un genere così sublime che Omero stesso gli avrebbe perdonato; ma il Leopardi (che pure byroneggiò in Consalvo) e il Tommaseo chiaramente mostrarono di non lasciarsi illudere dalla vistosità di quella musa: la quale ispirò, anche qui, soprattutto i minori, il Guerrazzi, il Dall'Ongaro, P. Ceretti, e una schiera di meridionali, soprattutto calabresi, che composero adattazioni paesane delle novelle in versi (p. es. Il brigante di B. Miraglia, 1844; l'Errico di D. Mauro, 1845; Valentino di V. Padula, 1845) byronizzando la fosca materia locale che vi si prestava. Anche nel resto d'Europa, e specie in Russia e in Polonia, l'influsso del B. fu vasto, se non profondo e duraturo.,
Ediz.: The Works of Lord Byron, Londra 1898-1904: i primi sette volumi contengono le opere poetiche a cura di E. H. Coleridge, il settimo biografia e i diarî; altri sei volumi, a cura di R. E. Prothero, contengono le lettere e i diarî. Complemento a questa seconda parte è Lord Byron's Correspondence, chiefly with Lady Melbourne, Mr. Hobhouse, The Hon. Douglas Kinnaird, and P. B. Shelley, a cura di J. Murray, Londra 1922, voll. 2. Una scelta dell'epistolario trovasi in Lord Byron in his Letters, a cura di V. H. Collins, Londra 1927. Per le traduzioni italiane, oltre all'ottima del Betteloni già ricordata, si vedano le versioni letterali con testo a fronte (nella Biblioteca Sansoniana straniera) a cura di Aldo Ricci (a cui si deve la traduzione di Aroldo) e di altri.
Bibl.: I famosi Memoirs che il Byron consegnà al Moore a Venezia nel 1819, per volontà di Hobhouse e di Augusta Leigh furon bruciati dopo la morte del poeta; ma il loro contenuto, già noto a parecchi, può considerarsi sostanzialmente riprodotto in altre fonti: così la versione degli affari coniugali si ritrova nel Memoir del Moore, il quale scrisse la prima biografia autorevole (Letters and Journals of Lord Byron, with Notices of his Life, Londra 1830). Si vedano inoltre: T. Medwin, Journal of the Conversations of Lord Byron with the Countess of Blessington (1824); Lord Byron jugé par les témoins de sa vie (1868), e My Recollections of Lord Byron (1869), della Guiccioli, Records of Shelley, Byron and the Author, di E.J. Trelawny (1858, 2ª ed. 1878), i diarî e le memorie di J.C. Hobhouse, di C. Dallas, del conte Pietro Gamba, di Leigh Hunt. Tra le biografie scritte dai posteri, dopo quella classica di Karl Elze (1870, traduz. inglese 1872), la più notevole e aggiornata è quella di E. C. Mayne, Londra 1924; vedi pure le opere citate sopra,a proposito della separazione e, per l'ultimo perido, H. Nicolson, Byron, The Last Journey, Londra 1924. Prezioso materiale forniscono le lettere del Byron. Per la critica, oltre le opere ricordate sopra caso per caso: per la fortuna di Byron in Inghilterra si vedano S. C. Chew, Byron in England, Londra 1924, con esauriente bibliografia degli scritti critici, imitazioni, ecc.; M. Praz, La fortuna di Byron in Inghilterra, Firenze 1925; per il Byron in Italia vedi G. Muoni, Byron e il byronismo in Italia, Milano 1904, e le opere citate nelle note relative a codeste pagine; O. Simhart, Byrons Einfluss auf die italienische Literatur, Monaco 1912, per il Byron in Francia vedi E. Estève, Byron et le romantisme français, Parigi 1906, 2ª ed., 1929; per l'influsso in Europa vedi la bibliografia in O. Elton, A Survey, già cit., II, pp. 419-20, e La Cultura, 15 aprile 1924.