CANNING, George
Uomo politico inglese, nato a Londra l'11 aprile 1770, morto a Londra l'8 agosto 1827. Usciva da un'antica famiglia e fu allevato da un suo zio, fervente sostenitore dei wighs. Di fronte agli eccessi della Rivoluzione francese, il C. con il Burke ed altri parlamentari whigs si avvicinò rapidamente a William Pitt, capo dell'ala progressista e bellicosa dei tories. Il Pitt concesse tosto la sua benevolenza alla giovane recluta e riuscì facilmente a guadagnarselo. Sin dal gennaio 1794 il C. si ascrisse alle file dei tories e, subito eletto membro della Camera dei comuni sotto gli auspici del Pitt, vi pronunciò il primo suo discorso parlamentare, trattando della politica inglese in Italia a proposito dei sussidî promessi al re di Sardegna Vittorio Amedeo III, attaccato dalle truppe repubblicane francesi. Nel 1796, quando il Bonaparte penetrava in Lombardia, il C. divenne sottosegretario di stato agli Esteri, carica che tenne fino al 1799, mentre il Pitt moltiplicava gli sforzi per suscitare e tener vivi, segnatamente in Italia, focolari di resistenza contro il predominio francese. Al tempo stesso, il C. collaborava ad un foglio di battaglia, l'Anti-jacobin or Weekly Examiner. Convinto quanto il Pitt, da lui riconosciuto maestro, della convenienza di riunire tutte le forze del paese per tenere testa alla Francia rivoluzionaria, mirava alla concordia degli animi in vista del prolungamento della guerra e propugnava l'emancipazione politica dei cattolici invisa alla Corte. Seguì pertanto il Pitt, dimissionario in seguito al suo dissenso con la Corona in tale materia, e combattè il ministero Addington che manifestò propositi pacifisti. Rotta la pace d'Amiens, il C. ritornò al potere nel 1804, nell'ultimo ministero presieduto dal Pitt, e vi tenne l'ufficio di tesoriere della Marina. Finalmente nel 1807 il duca di Portland gli affidò il portafoglio degli Affari esteri dandogli modo di mostrare la vastità dei suoi disegni politici, sempre diretti ad accentuare la lotta contro Napoleone. Spetta al C. il merito della cattura improvvisa della flotta danese, che distrusse il predominio della Francia nei paesi scandinavi, della concentrazione delle forze militari britanniche nella penisola iberica, disegno concertato col Wellington e attuato a costo di un dissenso con l'altro maggiore statista del partito tory, il Castlereagh. Questi aveva promosso la spedizione di Walcheren come contrappeso all'occupazione dell'Olanda da parte dei Francesi e si era infervorato in tale impresa, indirizzando colà rinforzi destinati dal C. all'esercito del Wellington. Tali dissensi indussero il C. a minacciare di dimettersi, ma, per intromissione dei colleghi del gabinetto e con la promessa che il Castlereagh sarebbe stato rimosso, il C. si piegò a una dilazione che gli fu poi aspramente rimproverata come mancanza di schiettezza e di lealtà. Allorché il Castlereagh accidentalmente venne a conoscenza degl'impegni presi, di cui era prezzo il suo portafoglio, sfidò il C. in un duello alla pistola, che ebbe luogo nel 1809 senza gravi conseguenze per i duellanti. Il C. però rimase escluso dalla politica militante per almeno cinque anni, avendo rifiutato il ministero degli Esteri ripetutamente offertogli, accettato invece dal suo rivale. Non per questo cessò di prestare di quando in quando l'appoggio al Perceval e al Liverpool, capi dei tories. Collaborando con Walter Scott e con George Ellis, il C. fondò in questo tempo la Quarterly Review, che divenne l'organo principale dell'opinione conservatrice. Nel 1814 il C. consentì a partire in missione per il Portogallo e si trattenne poi in Francia agl'inizî della Restaurazione. Dal 1816 al 1820 accettò una più diretta partecipazione al governo e nel 1818 lo rappresentò al Congresso di Aquisgrana. Nel 1822 si preparava a partire per l'India, di cui era stato designato governatore generale, quando, dopo il suicidio del Castlereagh, gli fu affidato il portafoglio degli Esteri. Il C., a partire dall'autunno del 1822, diede un nuovo indirizzo alla politica britannica, contrapponendola all'austriaca. Si oppose alla spedizione francese in Spagna e fu tra i primi autorevoli banditori del principio del "non intervento". Era ormai tardi per applicarlo in Italia, dacché le truppe austriache vi avevano soffocato i moti costituzionali di Sicilia, di Napoli e di Piemonte. Il C. prese la sua rivincita nel continente sud-americano, riconoscendo l'indipendenza di quelle colonie spagnole insorte. Favorì energicamente la monarchia costituzionale portoghese insidiata dal pretendente legittimista don Miguel e riescì a tenere in scacco la Santa Alleanza, quando questa si era pronunciata per bocca del Metternich in favore dei Turchi contro gl'insorti Greci. Il 10 aprile 1827 il C. fu chiamato dal re a capo di un gabinetto costituitosi con l'appoggio dei whigs più temperati e col programma della emancipazione dei cattolici, accettato finalmente dalla Corona. Uno dei primi atti del nuovo premier consistette nella conclusione dell'intesa anglo-franco-russa, suggellata dal trattato del 27 aprile, che costituì la base del riconoscimento internazionale dell'indipendenza della Grecia. Ma la fatica che gli incombeva, per mantenere salda la compagine di un governo combattuto ad un tempo da destra e da sinistra, minò le ultime resistenze di una salute già molto precaria. A quattro soli mesi dalla sua assunzione al governo, il C. moriva, e con la sua prematura scomparsa si dileguava la possibilità di una trasformazione graduale della costituzione britannica, che dovette quindi affrontare la crisi pericolosa della grande riforma elettorale.
Bibl.: I discorsi del C. furono editi dal Therry, in 6 voll., 2ª ed., Londra 1830; cfr. la corrispondenza di E. J. Stapleton, Some political correspondance of G. C., voll. 2, Londra 1887; id., The foreign policy of G. C., Londra 1925; Stapleton, C. and his times, Londra 1859; H. W. V. Temperley, Life of C., Londra 1905; J. C. Bagot, G.C. and his friends, Londra 1909.