GEOMETRIA (XVI, p. 623)
In questi ultimi venti anni la g. ha subìto una profonda evoluzione che ne ha mutato molti aspetti, tanto che oggi fra i matematici non vi è assoluto accordo su ciò che va inteso come geometria. Dando alla parola la più ampia accezione, si cercherà qui di seguito di dare qualche idea dei più importanti aspetti della g. moderna, anche se, per alcuni di essi, dovremo limitarci a cenni fugacissimi. Lo sviluppo della g. si inquadra naturalmente nell'evoluzione di altri rami della matematica, fra i quali in special modo la topologia e l'algebra (v. le rispettive voci in questa App.) che hanno profondamente rinnovato la matematica, permettendo di affrontare e risolvere nuovi problemi. Ma una profonda evoluzione della g. è anche di natura metodologica e deriva dalla tendenza, comune a tutta la matematica moderna, verso l'assiomatica, che ormai comincia a entrare anche nell'insegnamento. Per cui mentre prima la g. - anche intesa come sistema ipotetico-deduttivo (v. XVI, p. 623) - aveva le sue radici più profonde nell'esperienza e cercava, in un certo senso, di estrapolare questa, oggi non è più così: viceversa, si definiscono gli enti per i quali si vuol fare una "geometria" soltanto mediante assiomi (postulati), prescindendo da qualsiasi interpretazione "empirica" degli enti stessi, ma rispettando - oltre alle leggi della logica - l'esigenza che la geometria per così dire "classica" rientri come caso particolare nella nuova scienza.
Fra i molti aspetti della g. moderna, ci soffermeremo in special modo su: 1. Geometrie su un corpo; 2. Geometrie di Galois; 3. Spazî e piani grafici; 4. Geometria differenziale in grande (o globale); 5. Geometria integrale.
L'introduzione delle coordinate da parte di Cartesio, con tutte le successive estensioni agli iperspazî, non aveva esaurito la fantasia dei geometri e un potente incremento a nuovi indirizzi e a nuove ricerche nacque dallo sviluppo dell'algebra. Invero una gran parte dei risultati ottenuti col metodo delle coordinate dipendono essenzialmente dal fatto che le coordinate stesse sono elementi di un corpo (campo reale, o complesso), cioè di una struttura algebrica, su cui le operazioni sono definite per via assiomatica. Apparve quindi naturale ai geometri lo studio di "spazî" nei quali le coordinate di un "punto" fossero elementi di una struttura algebrica. Nascevano così le Geometrie su un corpo e, più in particolare, le Geometrie su un campo finito, o campo di Galois, queste ultime di un certo interesse anche per applicazioni alla fisica e alla statistica.
A tali geometrie si perviene anche per via assiomatica riattaccandosi a quella critica dei principî che ha permesso una costruzione della Geometria proiettiva la quale aveva messo in rilievo l'importanza del teorema di Desargues che è conseguenza dei postulati di appartenenza per gli spazî a più di 2 dimensioni, ma non lo è per il piano. Lo studio delle proprietà che dipendono solo dalle proprietà di appartenenza ha condotto ai piani grafici, fra i quali solo quelli desarguesiani godono della proprietà che i loro punti possono essere rappresentati mediante elementi di un "corpo".
1. - Geometrie su un corpo (per la terminologia e maggiori particolari, v. algebra, in questa App.). - Punto di uno spazio lineare (s.l.) destro (ma le cose vanno allo stesso modo, mutatis mutandis, per gli s. l. sinistri) Sn su un corpo σ è una (n + 1)-upla ordinata di elementi di σ: xi (i = 1,2, ..., n + 1), non tutti nulli e definiti a meno di un fattore moltiplicativo destro μ ≠0. Per punti siffatti si definiscono la dipendenza e l'indipendenza (destra) lineare come nel caso classico (σ è allora il corpo complesso, o anche un qualunque campo di caratteristica zero), quindi gli spazî subordinati di Sn, che sono anch'essi s. l., e si rappresentano con equazioni lineari con coefficienti a sinistra; gli spazî subordinati a 1, 2 dimensioni si dicono rispettivamente rette, piani. Si dimostrano, più o meno come nel caso classico, le proprietà lineari degli s. l.; questi soddisfano a tutti i postulati di appartenenza della geometria proiettiva; in più un S2 soddisfa anche al Teorema di Desargues sui triangoli omologici, e al Teorema di Pascal se e soltanto se σ è commutativo. Le analogie col caso classico si spingono ancora più in là se σ è - oltre che commutativo - di caratteristica zero (e quindi infinito), tanto che in tali campi vale anche gran parte della Geometria algebrica.
Ci limiteremo perciò d'ora in poi a supporre σ non commutativo (e perciò infinito, poiché ogni corpo finito è un campo pel teorema di Mac Lagan-Wedderburn).
Per rendersi conto di alcune delle differenze dal caso classico, esaminiamo la definizione di birapporto di quattro punti di un S1: siano P1, P2, P3 tre punti di S1: si può sempre fare in modo che sia, (con notazione evidente) P3=P1+P2; dopo di che, se P è variabile su S1, è P=P1λP2μ, con λ, μ ∈ σ. Posto λμ-1=c ∈ σ, ad ogni punto P≠P1 potremo assegnare la coordinata non-omogenea c; se a P1 attribuiamo il simbolo ∞, veniamo a stabilire una corrispondenza biunivoca fra i punti di S1 e gli elementi c di σ, a cui si sia aggiunto ∞; nei punti P1, P2, P3, c assume rispettivamente i valori ∞, 0, 1; nel caso classico, c è il birapporto dei punti (P1, P2, P3, P) e dipende solo dai punti, ma non dal fattore ρ di proporzionalità delle coordinate omogenee. Nel caso attuale, al variare di ρ, c descrive tutta una classe di elementi coniugati in σ, la quale sarà il birapporto dei quattro punti. Senza insistere su ciò, consideriamo rapidamente le schiere rigate in un S3, cioè la totalità Σ delle rette che si appoggiano a tre rette di, (i=1, 2, 3) sghembe due a due; nel caso classico, le rette di Σ costituiscono una quadrica, di cui sono le generatrici, e la quale contiene infinite rette (fra cui le di) direttrici, che si appoggiano alle generatrici; nel caso attuale, non è più lecito scambiare l'ufficio delle direttrici e delle generatrici, né è più vero che una schiera sia individuata univocamente da tre sue generatrici. Le sezioni piane delle schiere Σ danno luogo anche a notevoli proprietà: in particolare un piano che non contenga alcuna retta di Σ dà luogo a una conica (e lo studio delle coniche è stato iniziato assai di recente).
2. - Geometrie di Galois. - Se il corpo σ è finito, lo spazio si dirà di Galois; per il teorema di Mac Lagan-Wedderburn, σ è allora un campo (cioè è commutativo), e il suo ordine q è una potenza di un numero primo p. Se n è la dimensione dello spazio, indicheremo questo con Sn,q. Poiché σ è un campo, Sn,q è desarguesiano e pascaliano. Si vede subito che ogni retta, e così ogni spazio subordinato di un Sn,q ha un numero finito di punti, il che spiega l'interesse di tali spazî in questioni di fisica e di statistica.
Particolare interesse hanno le coniche di uno Sn,q le quali si definiscono al solito modo analiticamente, e che possono essere degeneri o irriducibili. Queste ultime contengono sempre q+1 punti e forniscono esempî di k-archi, cioè di insiemi di k punti, tre dei quali non sono mai allineati; se q è dispari, è sempre k≤q+1: un (q+1)-arco di uno Sn,q è, per definizione, un ovale e, come si è visto, ogni conica (non degenere) è un ovale; viceversa (sempre nel caso di q dispari), ogni ovale di Sn,q è una conica. Per quanto riguarda i k-archi, uno di essi può essere completo o incompleto, a seconda che esso non è 0 è contenuto in alcun (k+1)-arco: esempî di k-archi completi sono gli ovali; invece un q-arco appartiene sempre a una conica e perciò non è mai completo. Tali questioni di completezza si complicano rapidamente col crescere di q, e si collegano a questioni non facili di analisi indeterminata.
Le proprietà delle coniche di un Sn,q sono notevolmente differenti se q è pari (p=2): in tal caso, infatti, le tangenti ad una conica passano tutte per un punto N, detto nucleo, e aggiungendo ad una conica il suo nucleo, si ottiene un (q+2)-arco; togliendo da questo un punto della conica, si ha un (q+1)-arco, che non è una conica (a differenza dal caso di q dispari).
Altre questioni interessanti riguardano le quadriche che si definiscono come nel caso classico per via analitica; esse forniscono esempî di k-calotte, cioè di insiemi di k punti contenenti ogni retta che passi per più di due punti dell'insieme.
3. - Spazî e piani grafici. - Uno spazio grafico (s. g.) è un insieme di elementi (punti) soddisfacente ai postulati di appartetenza della geometria proiettiva. Si potrà quindi parlare di spazî subordinati Sh di dimensione h≥0; il massimo valore n di h per un dato s. g. è la dimensione dello s. g., che si indicherà con Sn. Gli spazî linearî e gli spazî di Galois sono esempî di s. g.; ma non sono i soli, neppure aggiungendo il postulato di Fano secondo cui ogni retta di uno s. g. ha almeno tre punti; gli s. g. soddisfacenti a questo assioma si dicono anche proiettivi (s. g. p.).
Se la dimensione n è > 2, in ogni S2 (piano) dell'Sn vale il teorema di Desargues, da cui si deduce che ogni Sn grafico (n≥3) è lineare (v. sopra). Per n=2, invece esistono piani proiettivi non desarguesiani, il cui studio si collega all'algebra.
Il problema fondamentale è quello di rappresentare i punti del p.g.p. mediante coppie di elementi di una struttura algebrica. Si cerca cioè di associare ad ogni punto del piano una coppia di simboli, che saranno gli elementi di una struttura algebrica T la quale, si noti, dipenderà in generale dalla scelta di un riferimento. In tale riferimento una retta generica sarà rappresentata da un'equazione y=(m,x,h), che associa a tre elementi m, x, h ∈ T, un y ∈ T, e definisce in T un'operazione ternaria (v. algebra, in questa App.). I postulati del piano proiettivo (p.p.) dànno luogo ad assiomi per l'operazione ternaria, che fanno di T un quasi-corpo ternario (q.c.) di M. Hall. Se ora in T teniamo fisso uno degli elementi che compaiono nell'operazione ternaria, otteniamo una operazione binaria (o.b.) ed è chiaro che ad ogni particolarizzazione dell'o.b. corrisponde una specializzazione del p.g. Un'interpretazione geometrica si ha considerando nel p.p. le collineazioni (corrispondenze 1-1 che mutano rette in rette, conservando l'appartenenza), e, in particolare le collineazioni centrali od omologie (definite come nel caso classico). Allora le specializzazioni indicate si hanno postulando l'esistenza nel p.p. di gruppi particolari di omologie; si ottengono così proprietà sempre più restrittive pel q.c., fino a che, dall'esistenza di tutte le omologie (cioè dalla validità del teorema di Desargues) segue che T è un corpo e che S2 è un piano lineare. Come si è detto, da ciò segue poi che ogni Sn proiettivo, con n≥3, è pure lineare.
Un altro metodo, che si è rivelato utile specie pei piani finiti, è basato sulle proprietà aritmetico-gruppali provenienti dall'esistenza di omologie, e prescinde dallo studio delle coordinate.
Se al teorema di Desargues aggiungiamo il teorema di Pappo-Pascal, il p.g. è non solo un p.l. su un corpo σ, ma addirittura su un campo; ma si può spingere oltre l'indagine, provando che se e solo se σ è ordinato, vale nel p.p. il postulato dei versi; e infine se e solo se nel p.p. vale il postulato della continuità, σ è isomorfo al campo reale.
4. - Geometria differenziale in grande (o globale) (g. d. g. in contrapposto alla geometria differenziale locale: g. d. l.). - La differenza essenziale tra g. d. g. e g. d. l. sta nel fatto che mentre quest'ultima si occupa di proprietà differenziali di un ente geometrico valevoli nell'intorno di un suo punto (in piccolo), sicché basta conoscere la struttura dell'ente stesso soltanto nell'intorno considerato, la prima implica anche la considerazione dell'ente geometrico nella sua integrità. Valgano a chiarire la cosa i due esempî seguenti.
a) La nozione di vertice di una curva piana C (punto in cui C ha un contatto di ordine ≥3 con il cerchio ad essa osculatore) appartiene alla g.d.l. Ma il teorema che ogni ovale (curva chiusa convessa) dotata in ogni punto di tangente e cerchio osculatore variabili con continuità ha almeno quattro vertici come nell'ellisse è un teorema di g.d.g.
b) Sviluppando un cilindro Γ su una striscia piana Σ nel modo ben noto si realizza tra i punti di Γ e quelli di Σ una corrispondenza biunivoca ω che conserva le lunghezze e gli angoli (isometria). La geometria metrica su Γ coincide dunque con quella su Σ, ma solo localmente, perché considerando Γ e Σ nella loro integrità la cosa non è più vera. Basta ricordare il fatto che un'elica di Γ, essendo una geodetica, si sviluppa in una retta di Σ (infiniti segmenti rettilinei paralleli ed equidistanti con gli estremi sui bordi di Σ), e inversamente; ma mentre nel piano due punti sono sempre congiunti da una sola geodetica (la retta per i due punti) sul cilindro due punti sono in generale congiunti da infinite geodetiche (eliche per i due punti).
La g. d. g., naturalmente, presuppone la g. d. l., che le fornisce in gran parte la tecnica, poiché è chiaro che una proprietà non può valere globalmente, se già non sussiste localmente; e uno tra i metodi più seguiti in g. d. g. è quello di stabilire prima la proprietà voluta localmente, e cercare poi di estenderla globalmente, e proprio qui sorgono le difficoltà maggiori, tanto che molti problemi restano tuttora aperti. Circa la risoluzione dei problemi ci limitiamo ad osservare che le maggiori difficoltà sono dovute a due circostanze: la rappresentazione degli enti considerati mediante equazioni parametriche, pur essendo la più adatta, è per sua natura di carattere locale (v. anche sotto); inoltre i teoremi sulle equazioni differenziali che si usano continuamente assicurano l'esistenza delle soluzioni in piccolo, e non molto si conosce sulla teoria delle equazioni differenziali (specie a derivate parziali) in grande.
Oltre al teorema dei quattro vertici di un ovale sono noti diversi teoremi sulle curve sghembe, atti specialmente a caratterizzare mediante formule integrali curve sferiche.
Per quanto concerne le superficie, un'estensione del teorema dei quattro vertici si ha nel risultato (di gran lunga più difficile e ottenuto assai più recentemente) secondo il quale un ovaloide (superficie chiusa convessa) ha almeno due punti ombelicali e, se non è di rotazione, almeno quattro (come nell'ellissoide non rotondo).
Come si sa, gli ovaloidi hanno curvatura totale K positiva; un esempio è dato dalla sfera di raggio R, per cui è
ora, un classico teorema di g. d. l., assicura l'esistenza di infinite altre superfici a curvatura costante K>0, e ognuna di esse è applicabile su una sfera di raggio
ma questo è un teorema locale: anzitutto, le superficie in discorso hanno singolarità e, inoltre, la corrispondenza ha sempre luogo fra porzioni sufficientemente piccole delle superficie in esame. Se si vuol estendere il risultato a tutta la sfera, si trova che le uniche superficie (chiuse, senza singolarità) isometriche ad una sfera, sono le sfere (dello stesso raggio): ciò si esprime dicendo che una sfera Σ è indeformabile (o rigida). È notevole la circostanza che tale rigidità vien meno se si toglie un sol punto da Σ (che viene allora ad acquistare un orlo e non è più chi usa).
Le cose vanno in modo assai diverso se K, pur costante, è negativa: un risultato dovuto a D. Hilbert, assicura l'impossibilità dell'esistenza di superficie a curvatura costante negativa, senza singolarità (pseudpsfera).
Se Σ è una superficie, la metrica dell'ambiente subordina su Σ una metrica riemanniana a 2 dimensioni. Viceversa: data una forma quadratica definita positiva in due variabili, si può interpretarla come metrica di una superficie (senza singolarità ?). La risposta è affermativa localmente, ma, globalmente, soltanto se la curvatura della metrica è costante essa è nota completamente: affermativa se K = 0 (piano) o K>0 (sfera), negativa se K〈0 (v. sopra); nel caso invece di una curvatura K variabile, sono noti solo risultati parziali.
Diversamente si pone il problema se non si chiede che la data metrica sia indotta dall'ambiente; allora il problema dipende da caratteri topologici della superficie. Anche ora la risposta è nota solo se la curvatura K della metrica è costante: se K>0, si può rivestire della metrica data ogni superficie di genere zero (come la sfera); se K = 0, ogni superficie di genere 1 (come il toro); se K〈0, ogni superficie di genere p>1 (piano iperbolico).
Le strette relazioni fra la geometria differenziale e la topologia si presentano in numerosi problemi: mi limiterò qui ad indicare la formula di Gauss-Bonnet, secondo cui detto dΣ l'elemento d'area di una superficie chiusa Σ, si ha:
ove p è il genere di Σ.
Un altro tipo di problemi, che ci limitiamo ad accennare, riguarda le geodetiche. La g. d. l. ci assicura che due punti A, B di una superficie Σ, sufficientemente vicini, sono congiunti da un (solo) arco di geodetica, che segue il più breve cammino (su Σ) fra A e B; anche questo enunciato non è più vero in grande, come è provato dall'esempio precedente del cilindro; ma anche su una sfera due punti A, B sono in genere congiunti da due archi di geodetica (cerchio massimo); e se poi A, B sono gli estremi di un diametro, ogni geodetica per A (B) passa anche per B (A).
Tutti gli esempî indicati si riferiscono a enti dell'ordinario spazio (a 3 dimensioni); ma altre questioni, che maggiormente hanno attratto l'attenzione dei geometri moderni, si presentano quando si passa alle varietà, indipendentemente dalla loro immersione in uno spazio (euclideo o proiettivo). Ora, mentre per gli enti immersi è facile dare una definizione globale (p. es. come il luogo dei punti le cui coordinate soddisfano a un sistema di equazioni), non è più così se si vuol definire in grande una varietà, a prescindere da ogni immersione.
Per quanto riguarda i recenti sviluppi in merito, rinviamo alle voci spazio e varietà, in questa Appendice.
5. - Geometria integrale. - Analoga alla g.d.g. è la g.i., che pure studia proprietà globali, ma non tanto basandosi su proprietà locali, quanto sull'uso di formule integrali, analoghe alla formula di Gauss-Bonnet (v. per es. W. Blaschke, Vorlesungen über Integral Geometrie, 1936). Altri indirizzi sono rappresentati dalla Geometria degli "incollamenti": risultati e metodi assai interessanti nello studio delle proprietà geometriche delle superficie convesse sono stati sviluppati recentemente dalla scuola russa di D. A. Alexandrov, che prescinde dall'uso di coordinate, e considera le superfici come fatte di pezzi che si possono "ritagliare" e "incollare". (V. per es. D. A. Alexandrov, Innere Geometrie der convexen Flächen (trad. dal russo), Berlino 1955.
Geometria dei numeri: Legata strettamente alla teoria dei numeri, fu sviluppata agli inizî del secolo da H. Minkowski; essa ha avuto notevoli incrementi negli ultimi anni, specialmente ad opera di K. Mahler.
Bibl.: 1) Sugli spazî lineari, di Galois, grafici: B. Segre, Lezioni di geometria moderna, Bologna 1948; G. Pickert, Projektive Ebene, Berlino 1955; C. Longo, Nozioni di algebra generale. Spazi geografici. Coniche e quadriche in spazî lineari finiti in E. Bompiani, Geometria analitica, Roma 1958; L. Lombardo-Radice, Piani grafici finiti non desarguesiani, Palermo 1959.
2) Sulla geometria differenziale globale: W. Blaschke, Vorlesungen über Differentialgeometrie, Berlino 1924-New York 1944; W. Blaschke, Einführung in die Differentialgeometrie, Berlino 1959; E. Cartan, Leçons sur les espaces de Riemann, Parigi 1949; Cl. Chevalley, Theory of Lie groups, I, Princeton 1946; S. S. Chern, Topics in differential geometry, Princeton 1951; B. Segre, Forme differenziali e loro integrali, I-II, Roma 1951, 1956; N. Steenrod, The topology of fibre bundles, Princeton 1951; W. V. D. Hodge, The theory and applications of harmonic integrals, Cambridge 1952; K. Yano e S. Bochner, Curvature and Betti numbers, Princeton 1953; J. A. Schouten, Ricci Calculus, Berlino 1954; A. Lichnerowicz, Théorie globale des connexions et des groupes d'holonomie, Roma 1955; K. Nomizu, Lie groups and differential geometry, Tokyo 1956; V. Dalla Volta, Premesse di algebra e topologia alla geometria differenziale, Roma 1957; A. Lichnerowicz, Géométrie des gorupes de transformations, Parigi 1958; D. Hilbert e S. Cohn-Vossen, Geometria intuitiva, Torino 1959; T. J. Willmore, An introduction to differential geometry, Oxford 1959.
Geometria algebrica.
Negli sviluppi più recenti della g. algebrica predomina un notevole affinamento di metodi di indagine, strettamente connesso, com'è facilmente comprensibile, con la moderna tendenza alla generalizzazione e con il desiderio di mettere in luce i legami con altri rami delle matematiche, quali topologia, geometria differenziale, teoria delle funzioni. Permane, sia pure lievemente attenuata, la distinzione tra g. algebrica classica, che si ispira particolarmente al metodo algebrico-geometrico della scuola italiana, e g. algebrica astratta, che più strettamente segue il metodo algebrico puro e che fa capo alla scuola americana. In ogni caso il problema centrale della g. algebrica è sempre quello della classificazione delle varietà (algebriche irriducibili) rispetto alla relazione di equivalenza birazionale. Essenzialmente tale classificazione si basa sulle proprietà di g. sopra la varietà, cioè sullo studio delle varietà ad essa subordinate e dei loro sistemi, ovvero, in forma sostanzialmente equivalente, sull'uno o sull'altro tipo di struttura che la varietà possiede. Le varie generalizzazioni e i diversi metodi ai quali abbiamo accennato si differenziano tra loro talvolta per il particolare rilievo che viene dato all'una o all'altra di queste strutture, talvolta per l'accezione del termine varietà e, di conseguenza, di trasformazione birazionale. Ciascuno dei metodi ha dato numerosi risultati, sia di carattere generale, sia in varie direzioni particolari, mettendo spesso in luce lo stesso problema da punti di vista diversi; questo vantaggio è tuttavia attenuato dal fatto che le diverse soluzioni dello stesso problema non sono sempre facilmente paragonabili.
Non essendo nostro compito fornire un'analisi dettagliata di tutti i risultati, diamo solamente le principali informazioni sulle direzioni di ricerca predominanti, rinviando alle opere citate nella bibliografia per ulteriori notizie.
Metodi di geometria algebrica. - Si è già accennato al metodo algebrico-geometrico, nel quale le varietà algebriche sono sottoinsiemi di uno spazio proiettivo complesso, e al metodo algebrico, nel quale una varietà è data come un sottoinsieme di uno spazio proiettivo sopra una conveniente estensione del corpo base, che è arbitrario, oppure attraverso uno dei suoi aspetti più strettamente algebrici (punto generale, ideale di polinomî, corpo di funzioni algebriche). Tra i varî metodi che considerano una varietà algebrica come caso particolare di categorie più ampie, soprattutto quando essa sia data sul corpo complesso e priva di singolarità, citiamo i seguenti. Il metodo trascendente, che trova le sue origini nei primordî della geometria sopra una curva ed ha avuto notevoli sviluppi nell'ambito della scuola italiana, si basa sulla considerazione degli integrali sopra la varietà, con particolare rilievo per quelli di un certo tipo ben determinato. Il metodo è stato esteso, almeno per quanto riguarda la parte formale dei risultati, a corpi diversi da quello complesso. I metodi topologici si appoggiano invece sulla considerazione della varietà come uno spazio topologico e sui legami tra le proprietà topologiche di quest'ultimo (cicli, gruppi di omologia, ecc.) e i caratteri birazionali della varietà; anche quest'ordine d'idee è sorto, si può dire, con la geometria algebrica stessa. Le origini dei metodi topologici moderni vanno ricercate nel fatto che una varietà algebrica priva di punti multipli è una varietà complessa compatta (ed ogni siffatta varietà, se appartenente ad uno spazio proiettivo, è algebrica); in quanto tale, essa risulta pure essere, in maniera naturale, hermitiana, riemanniana (quando si usino coordinate reali) e, in particolare, kähleriana. Sopra una siffatta varietà si possono quindi introdurre le forme differenziali esterne (Cartan) e i loro integrali; attraverso la considerazione del teorema generale di Green-Stokes, è poi naturale introdurre le catene, le cocatene e quindi la teoria dell'omologia e della coomologia. In queste ultime c'è ampia libertà di scelta dei coefficienti sui quali esse sono costruite, ottenendosi quindi varî metodi distinti. Ci riferiamo con ciò alla teoria degli integrali armonici (v. integrale armonico, in questa App.) di W. V. D. Hodge, alle correnti di G. de Rham, alla teoria dei faisceaux, usata da J. Leray, H. Cartan, A. Weil, K. Kodaira, D. C. Spencer, F. Hirzebruch, J. P. Serre.
Geometria algebrica proiettiva. - Con questa espressione è stato talvolta indicato lo studio delle proprietà proiettive dei modelli proiettivi delle varietà algebriche, studio che in molti metodi di geometria algebrica deve necessariamente essere premesso a quello della vera e propria g. sopra la varietà.
Le ricerche attuali sull'argomento si svolgono principalmente nelle seguenti direzioni: a) questioni fondamentali riguardanti la definizione di varietà, studio delle loro singolarità, problemi di intersezione (F. Severi, A. Weil, B. L. van der Waerden, O. Zariski, W. V. D. Hodge, D. Pedoe); b) studio proiettivo delle varietà algebriche su corpi qualsiasi (B. L. van der Waerden, W. L. Chow, O. Zariski); in particolare, teoria degli anelli locali, teoria delle valutazioni, questioni di normalità (W. Krull, C. Chevalley, O. Zariski, J. Igusa, D. G. Northcott, P. Samuel); c) intersezione di sottovarietà sopra una data varietà (K. Iwasawa, B. Segre, oltre agli autori già citati); d) trasformazioni birazionali e loro effetti sui caratteri proiettivi (O. Zariski, B. Segre, L. Derwidué, W. Gröbner).
Geometria sopra la varietà. - Con questa espressione si intende lo studio di quegli enti e di quei caratteri di una varietà che sono invarianti rispetto alle trasformazioni birazionali. Gli elementi essenziali, in tutti i metodi, sono l'uno o l'altro aspetto di quegli enti che sono chiamati sistemi, o serie, o classi accompagnati dall'aggettivo caratteristico, o canonico, o invariante; ad essi sono collegati certi caratteri interi, quali i generi, le irregolarità, ecc. I principali risultati in tale senso si riassumono in quelli che si chiamano i Teoremi di Riemann-Roch, per analogia con il classico teorema di geometria sopra una curva. Come quest'ultimo ha varî significati di natura algebrica, algebrico-geometrica, topologica, trascendente, così si sono cercati i corrispondenti enunciati per le varietà di dimensione qualunque; i risultati ottenuti sono stati numerosi, sia pure limitati a valori bassi della dimensione, oppure a ipotesi restrittive sulla varietà o sulle sottovarietà considerate (assenza di singolarità, presenza di sole singolarità ordinarie, normalità, ecc.).
I principali risultati si possono così raccogliere: a) studio dei varî tipi di equivalenza (lineare, razionale, aritmetica, algebrica); oltre che dagli autori citati nel seguito, tale studio è stato condotto in forma particolarmente generale da J. A. Todd, B. Segre, E. Vesentini (anelli di equivalenza) e da F. Severi (serie e sistemi d'equivalenza); b) sistemi canonici, sistemi aggiunti, sistemi caratteristici: essi sono stati considerati, dal punto di vista algebrico, o da quello algebrico-geometrico, da F. Severi, O. Zariski, J. A. Todd, B. Segre, sia sul campo complesso, sia sopra un campo qualunque, tanto per le ipersuperficie della varietà, quanto per le sottovarietà di dimensione qualunque; con riferimento al campo complesso, le definizioni di analoghi enti sono state date, per mezzo dei moderni metodi topologici e trascendenti, da K. Kodaira, D. C. Spencer, F. Hirzebruch, J.-P. Serre; c) generi e analoghi caratteri interi: sono state date, in ciascuno dei metodi principali, varie definizioni dei generi geometrici, dei plurigeneri, degli antigeneri, dei generi aritmetici, delle irregolarità, dei caratteri ω di una varietà e delle sue varietà subordinate, nonché i concetti di ordine e di dimensione per una sottovarietà e per i sistemi da essa determinati nella varietà ambiente. Ciò ha permesso di impostare correttamente il problema di Riemann-Roch nella sua forma generale: determinare la dimensione di un sistema lineare, algebrico, ecc. di sottovarietà in funzione dei caratteri della varietà ambiente e delle varietà del sistema; è sorto d'altra parte il problema di ricercare, in ciascun metodo o tra metodi diversi, l'equivalenza di talune delle definizioni date o le relazioni tra caratteri definiti a priori in maniera indipendente. Numerosi sono i risultati di questo tipo, che si possono dire i risultati essenziali della g. algebrica; essi sono dovuti per lo più agli autori più sopra citati. A questo proposito rinviamo in particolare alle opere di F. Severi, M. Baldassarri e F. Hirzebruch pubblicate negli Ergebnisse der Mathematik.
Geometria sopra una varietà di data dimensione. - Ai risultati classici di g. sopra una curva o sopra una superficie si sono aggiunti recentemente numerosi e pregevoli risultati.
Citiamo: a) geometria sopra una curva e teoria delle funzioni algebriche di una variabile: S. Lefschetz, A. Weil, C. Chevalley; b) g. sopra una superficie: F. Enriques, F. Severi, A. Neron; c) g. sopra una V3: L. Roth, B. Segre.
Varietà gruppali, di Picard, abeliane, quasi-abeliane. - Questi sono argomenti che, pur traendo le loro origini dalla g. sopra una curva o sopra una varietà, hanno avuto e hanno uno sviluppo relativamente autonomo, che dà luogo a varie generalizzazioni, tuttora sotto indagine.
Per quanto riguarda le varietà di Picard citiamo, oltre agli autori già menzionati sopra, A. Andreotti, A. Neron, P. Samuel, T. Matsusaka.
A questi ultimi è dovuto in particolare un completo studio delle relazioni tra prima e seconda varietà di Picard di una varietà algebrica. Per quanto riguarda la teoria delle funzioni e delle varietà abeliane, rinviamo al trattato di F. Conforto-W. Gröbner e ai lavori di I. Barsotti e M. Rosati. Il problema delle varietà gruppali e delle varietà quasi-abeliane proviene sia dalla considerazione delle serie lineari neutre sopra una curva, cioè da relazioni generalizzate di equivalenza su di essa, sia da generalizzazioni delle varietà di Picard intese come quelle che posseggono un gruppo transitivo di trasformazioni birazionali di dimensione uguale a quella della varietà stessa. Citiamo, nel campo astratto, I. Barsotti e M. Rosenlicht e, nel campo classico, F. Severi, F. Conforto, M. Benedicty.
Altri risultati. - Strettamente collegate con lo studio delle varietà algebriche sono talune ricerche di E. Bompiani, intese a caratterizzare mediante proprietà differenziali certi tipi di varietà algebriche e di trasformazioni cremoniane. Esulano dall'ambito della g. algebrica in senso stretto, ma ne sono parte integrale, opere di carattere algebrico (D. G. Northcott, O. Zariski e P. Samuel), ovvero topologico-differenziale (B. Segre), ecc., che forniscono gli elementi essenziali dell'uno o dell'altro metodo.
Bibl.: M. Baldassarri, Algebraic varieties, Berlino 1956; C. Chevalley, Theory of algebraic functions of one independent variable, New York 1951; F. Conforto e W. Gröbner, Abelsche Funktionen und Algebraische Geometrie, Berlino 1956; F. Enriques, Le superficie algebriche, Bologna 1949; F. Hirzebruch, Neue Topologische Methoden in der Algebraischen Geometrie, Berlino 1956; W. V. D. Hodge e D. Pedoe, Methods of algebraic geometry, 3 voll., Cambridge 1952-54; S. Lefschetz, Algebraic Geometry, Princeton 1953; D. G. Northcott, Ideal theory, Cambridge 1953; L. Roth, Algebraic threefolds, Berlino 1955; P. Samuel, Méthodes d'algèbre abstraite en géométrie algébrique, Berlino 1955; B. Segre, Forme differenziali e loro integrali, 2 voll., Roma 1951-56; F. Severi, Serie, sistemi d'equivalenza e corrispondenze algebriche sulle varietà algebriche, 3 voll., Roma 1942-59; A. Weil, Variétés abeliennes et courbes algébriques, Parigi 1948; O. Zariski e P. Samuel, Commutative algebra, I, New York 1958.