SPERIMENTALE, GEOMETRIA
. Le origini della geometria hanno carattere sperimentale; l'uso di esperienze nello studio della geometria può essere più o meno esteso. Le usuali trattazioni razionali della geometria elementare, che ricorrono all'esperienza solo per giustificare alcune poche premesse, dalle quali poi gli ulteriori sviluppi procedono per via di solo raziocinio, rappresentano una via di mezzo, tra l'atteggiamento del critico che concentra la sua attenzione sulla struttura logica della geometria prescindendo dalle sue basi sperimentali, e quello opposto di chi vuole invece servirsi dell'esperienza in modo sistematico come strumento di ricerca. Il ricorso all'esperienza non è infatti soltanto una necessità dell'insegnamento geometrico nei suoi primi stadî, ma può condurre addirittura a caratterizzare un particolare indirizzo geometrico che si può chiamare appunto sperimentale o naturale. Già i geometri greci si servirono di esperienze come metodo di scoperta; così Archimede giunse a scoprire la regola per il volume della sfera attraverso un ragionamento che implica il confronto dei pesi di due solidi omogenei mediante il principio della leva (v. sfera); ancora Archimede determinò l'area d'un segmento parabolico con due metodi, il secondo dei quali fa uso in modo esplicito d'una bilancia a braccia uguali per pesare figure di forma diversa. L'idea di ricorrere a una pesata per valutare l'area d'una superficie è abbastanza spontanea, ed è di facile attuazione per superficie piane, che si possono ritagliare da una lamina metallica sottile e omogenea; è però un metodo che non può condurre da solo a risultati troppo esatti (Galileo non riuscì a dedurne in modo preciso l'area compresa tra un arco di cicloide ordinaria e la sua base); lo stesso si dica dei confronti volumetrici che si possono fare riempiendo con uno stesso liquido recipienti di forma diversa. Il substrato sperimentale della geometria ha in realtà una grande importanza; basta pensare che l'uso d'una figura geometrica è già in ultima analisi un'esperienza, e lo stesso si dica dell'uso dei varî modelli di gesso, di legno, di carta, di metallo, di fili tesi, ecc., che costituiscono l'ordinario e ben noto materiale didattico illustrativo dell'insegnamento della geometria dalla più elementare alla più elevata.
1. Un primo campo dove l'indirizzo sperimentale è di notevole utilità è quello delle costruzioni geometriche. L'ordinaria geometria euclidea assume come costruzioni fondamentali, a cui ricondurre tutte le altre, il tracciamento della retta che congiunge due punti dati, il tracciamento della circonferenza che ha un dato punto come centro e un raggio dato, e la ricerca dei punti comuni o a due rette o ad una retta e a una circonferenza o a due circonferenze; le ultime tre vengono risolte in modo immediato dall'occhio dell'operatore, mentre le prime due si eseguono per lo più mediante la riga e il compasso. Ora, collocandoci da un punto di vista sperimentale, conviene sfruttare maggiormente riga e compasso consentendone un uso più libero; è appunto ciò che fa J. Hjelmslev, il quale chiama anzitutto "esperimento geometrico" qualsiasi operazione grafica eseguita con riga e compasso comunque usati. È una generalizzazione dell'uso tradizionale di quei due strumenti. Volendo costruire, ad es., le rette parallele ad una retta data a ed aventi da essa una data distanza r, basta costruire due cerchi di raggio r coi centri su a, ed appoggiare quindi l'orlo della riga sui due cerchi, nei due modi possibili, tracciandone le due tangenti comuni esterne; volendo invece condurre da un punto P le tangenti ad un cerchio dato, basta collocare la riga, nei due modi possibili, sì che un suo orlo passi per P e si appoggi direttamente al cerchio dato. Costruzioni siffatte non si devono ritenere inferiori a quelle usuali; né dal lato teorico, perché ne differiscono solo per un cambiamento delle costruzioni assunte come primitive; e ancor meno dal lato pratico, perché esse contengono in sé il controllo del risultato; anzi, è ben notevole che, per controllare le costruzioni usuali, si ricorre proprio a queste altre costruzioni. Gli esempî si possono moltiplicare, ed ordinare in un vero e proprio indirizzo costruttivo sperimentale. Disponendo del compasso si può, con pochissimi tentativi, determinare la distanza d'un punto P da una retta data r; a tale scopo si collocherà in P una punta del compasso, e poi si aprirà il compasso quanto occorre e basta perché, descrivendo un cerchio di centro P, questo tocchi la retta r. In modo analogo si determinano le distanze massima e minima di P da un cerchio dato, o da una linea data. Può sembrare che il numero dei tentativi necessarî debba essere molto grande in realtà invece l'estensione del campo di prova viene subito notevolmente circoscritto dall'occhio stesso dell'operatore; e, d'altra parte, i tentativi che occorrono non sono gran che diversi da quelli che si fanno, ad es., per prendere col compasso una data lunghezza allo scopo di disegnare un cerchio secondo una delle costruzioni primitive usuali. Con metodi analoghi è pure facile trovare su una linea data il punto o i punti che hanno da una retta data una data distanza; oppure i punti che hanno da un cerchio o da una linea dati una distanza massima o minima assegnata; oppure i punti equidistanti da due punti dati, o da un punto e una linea dati, o da due linee date. In particolare, le intersezioni d'una retta r o d'un cerchio k con una parabola di fuoco F e direttrice d saranno i punti di r o di k equidistanti da F e d; e le intersezioni di r o di k con un'ellisse o iperbole di fuochi F, F. ed asse maggiore 2 a saranno i punti di r o di k aventi da F la stessa distanza che dal cerchio di centro F′. e raggio 2 a; con le stesse costruzioni si decide se un punto dato è interno o esterno ad una conica data. Come applicazione si potranno risolvere tutti i problemi di terzo e di quarto grado; infatti, le radici dell'equazione: x4 + px2 + qx + r = 0, da cui si può far dipendere la risoluzione d'un problema di quarto grado (quelli di 3° grado vi riescono inclusi per r = 0, escludendo allora la radice x = 0), sono le ascisse dei punti comuni alla parabola x2 = y e al cerchio x2 + y2 + qx + (p − 1) y + r = 0; questo è costruibile con riga e compasso, perché le coordinate del suo centro e il quadrato del suo raggio sono razionali in p, q, r; della parabola son noti il fuoco (0,1/4) e la direttrice y = − 1/4; si può quindi applicare una delle costruzioni per tentativi sopra esposte.
Le costruzioni precedenti, e molte analoghe, richiedono un solo esperimento; ma si possono combinare esperimenti più complicati, e che richiedono altri mezzi oltre la riga e il compasso. Ad es., gli esperimenti per passi successivi, di cui è tipico il seguente: determinare una spezzata poligonale equilatera A1A2. An i cui estremi A1, An cadano in due punti dati e i cui vertici intermedî stiano su altrettante linee date; presa ad arbitrio la lunghezza comune l dei lati della spezzata, si troveranno col compasso sulle linee date i punti A2... An-1, e si proverà se An-1 An ha la lunghezza l; se sì, il problema è risolto; altrimenti si cambierà la lunghezza l, e con pochi tentativi se ne troverà il valore conveniente. Una semplice applicazione si ha nel problema di tagliare un triedro di facce conosciute con un piano, in modo che la sezione sia un triangolo equilatero: detti a, b, c gli spigoli del triedro, si prenderà su a un punto qualunque P, poi si costruirà lo sviluppo a1′b′c′a2. del triedro su un piano tagliandolo lungo a; detti P1′, P2′ i due punti dello sviluppo provenienti da P, si dovrà appunto costruire una spezzata equilatera di tre lati con gli estremi in P1′, P2′ e coi due vertici intermedî su b′, c′.
Gli esperimenti di trasporto consistono nello spostare una figura data collocandola in modo che essa soddisfi a condizioni date. Un esempio è fornito dall'uso d'un compasso a tre punte, strumento di facile costruzione, e col quale si può, come esperimento immediato, trasportare un triangolo dato in modo che i suoi tre vertici cadano su tre linee assegnate. Si dimostra facilmente che se due vertici d'un triangolo di forma invariabile descrivono due rette non parallele, il terzo vertice del triangolo descrive un'ellisse; perciò col compasso a tre punte, usato come si è detto, si posson trovare, al solito per tentativi, le intersezioni di un'ellisse con un cerchio. E quindi si potranno, di nuovo, risolvere tutti i problemi di 3° e di 4° grado, perché è chiaro che le intersezioni del cerchio e della parabola di poco fa sono pure le intersezioni dello stesso cerchio con l'ellisse 2 x2 + y2 + q x + (q − 2) y + r = 0 a cui equazione si ha sommando tra loro quelle del cerchio e della parabola. Un altro tipo di esperimenti per trasporto sono le inserzioni, già usate dai Greci per la trisezione dell'angolo; "inserzione" significa collocare un segmento di data lunghezza coi suoi due estremi su due linee date e in modo che la retta che lo contiene passi per un punto dato, o sia tangente ad una linea data; il problema si risolve per tentativi ricorrendo a una riga, o a una striscia di carta, su cui sian segnati due punti che comprendano tra loro il segmento dato. Negli esperimenti di trasporto più generali si ricorre ad un foglio di carta trasparente millimetrata su cui si disegna la figura da trasportare, per poi portarla nella posizione voluta facendo scorrere il foglio sul disegno. È notevole che, con un esperimento simile a questo, si può risolvere un'equazione di grado n qualsiasi, sicché tutti i problemi costruttivi algebrici si possono risolvere con riga, compasso e un foglio di carta trasparente millimetrata. Si voglia risolvere, ad es., l'equazione cubica ax3 + bx2 + cx + d = 0; si costruisca un quadrato TX YZ, orientandone il perimetro, ad es., come nella fig. 1; poi si costruiscano AB = a e parallelo a TX, BC = b e parallelo a XY, CD = c e parallelo a YZ, DE = d e parallelo a ZT, badando che i sensi dei segmenti AB, BC, CD, DE siano identici o contrarî a quelli dei lati corrispondenti del quadrato secondo che a, b, c, d son positivi o negativi (a si può supporre positivo). Posto allora x = tang, si tiri per A una retta che faccia con AB l'angolo ϑ, e se ne prenda l'intersezione M con BC, poi si tiri in M la perpendicolare ad AM fino ad incontrare CD in N, e in N la perpendicolare ad MN fino ad incontrare DE in P; si ha così: MC = ax + b, ND = x (ax + b) + c = ax2 + bx + c, PE = x (ax2 + bx + c) + d = ax3 + bx2 + cx + d. Se quindi P coincidesse con E sarebbe tang2 radice dell'equazione proposta; tutto sta dunque a trovare una spezzata poligonale di tre lati, ad angoli retti, con gli estremi in A, E,. e con i due vertici intermedî su BC e CD; vi si riesce appunto per tentativi con un foglio di carta trasparente millimetrata.
Supponendo nota e disegnata qualche curva trascendente si possono, con gli stessi mezzi sperimentali sinora usati, risolvere anche problemi trascendenti.
2. Un altro tipo di esperienze che si può utilizzare in geometria in modo abbastanza sistematico è fornito dalla piegatura della carta. Non si tratta solo di quelle ben note costruzioni che fanno i bambini, ma di valersi di costruzioni con la carta sia per ottenere, in modo molto intuitivo, figure geometriche più o meno semplici, sia per dimostrare teoremi; sotto questa forma la piegatura della carta può essere di ottimo aiuto nell'insegnamento della geometria. Occorre perciò della carta sottile e ben consistente; e allora si ottengono rapidamente delle figure precise, che non si prestano ad illusioni ottiche e a paradossi come accade talora per le figure usuali disegnate a mano libera. La piegatura della carta può essere usata da sola, o insieme con l'intrecciatura della carta stessa, o anche con mezzi sussidiarî: una matita per segnare punti e linee, un compasso per segnare circoli e trasportare segmenti, un paio di forbici per fare eventualmente dei tagli, ecc. Piegando in due un foglio di carta si ha una linea retta; e facendo scorrere sulla piega un pennello tinto d'inchiostro si ottiene una retta molto sottile e non meno sicura di quelle che si tracciano con la riga. In questo modo, e con un poco di attenzione, si ottiene la congiungente di due punti. I punti potranno essere segnati sulla carta con la punta d'una matita, oppure appariranno individuati senz'altro come intersezioni di due pieghe. Piegando in quattro un foglio di carta si hanno due rette perpendicolari. Le varie perpendicolari ad una retta a si otterranno piegando la carta in modo che le due parti in cui la piega spezza la retta a si sovrappongano; in particolare, se si fa in modo che vengano a coincidere due punti A, B dati su a si otterranno il punto medio di AB e l'asse del segmento AB; se invece si fa passare la piega per B, e si segna la nuova posizione di A, si sarà raddoppiato il segmento AB; se la piega si fa passare per un punto dato P si avrà la perpendicolare condotta da P ad a. Con due pieghe perpendicolari ad una stessa retta si ottengono due rette parallele; e per condurre da un punto dato A la parallela a una retta data a si piegherà prima una retta b perpendicolare ad a, e poi si piegherà la perpendicolare da A su b. Le bisettrici interna ed esterna d'un angolo dato si ottengono piegando l'angolo in due, in modo da farne coincidere i lati indefiniti, nei due modi possibili. Con un po' più di pazienza si potrebbero anche ottenere le trisettrici d'un angolo. Per raddoppiare un angolo dato ab basta piegare la carta lungo b segnando la nuova posizione di a.
Più in generale, la stessa costruzione fondamentale che fa trovare una retta a permette anche di costruire la figura simmetrica d'una figura data rispetto ad a; ripetendo due volte quest'operazione rispetto a due rette fra loro perpendicolari uscenti da un punto dato O, si ottiene la simmetrica d'una figura data rispetto ad O.
È molto facile ottenere triangoli e quadrangoli, sia generici sia particolari. Interessante è la costruzione di poligoni regolari. Per avere il triangolo equilatero di lato AB (fig.2), si piegherà prima l'asse MN del segmento AB, poi si piegherà una retta AL uscente da A in modo che B si porti su MN in C; sarà ABC il triangolo cercato, e lo si completerà con le pieghe AC e BC. Il quadrato di lato AB si ottiene piegando le due perpendicolari ad AB in A e B, e poi le bisettrici dei due angoli retti di vertici A, B così ottenuti; su di esse stanno gli altri due vertici C, D del quadrato. Se nella fig. 2 si aggiungono i due triangoli equilateri su OA, e poi quello mancante su OC, si ha un esagono regolare. Se però si vuole che l'esagono abbia un lato assegnato l, converrà prima costruire il quadrato di lato 2 l (fig. 3), con le mediane EF, GH che s'incontrino in O, e poi si costruiranno i due triangoli equilateri su OE e i due su OF. Costruendo invece nel quadrato ABCD le bisettrici degli angoli HFB, FHB e dei sei angoli analoghi si hanno i lati di un ottagono regolare. Partendo ancora dal quadrato ABCD con la mediana EF, si pieghi EB, poi la bisettrice di AEB in modo che A si porti su EB in L, e infine la bisettrice di EBA sì che L si porti su AB in X; il punto X dividerà AB (v. sezione) in media ed estrema ragione (BX2 = AB•AX); trovato poi il simmetrico y di X rispetto ad H, sarà AX la sezione aurea di A Y; piegata allora una retta per A in modo che Y si porti su HG in Q, l'angolo XQY sarà di 36°, onde la costruzione del decagono regolare, e insieme anche del pentagono regolare. Il pentagono regolare si può anche ottenere facendo un nodo in una striscia di carta abbastanza lunga ed avente due lati rettilinei paralleli (fig. 4). L'esagono regolare si può ottenere invece con due strisce come la precedente, uguali tra loro, e congiunte mediante un nodo piano (fig. 5).
Ricordiamo pure le costruzioni degli sviluppi dei varî poliedri, in particolare dei poliedri regolari, dai quali i poliedri stessi si possono ricostruire.
Le dimostrazioni di varî teoremi geometrici riescono bene con la piegatura della carta. Dato, ad es., un triangolo qualunque ABC (fig. 6), si pieghi la retta che congiunge i punti medî M, N dei lati AB, AC in modo che A si porti sul lato BC in A′; piegando poi le due perpendicolari da M, N su BC, i punti B, C si portano entrambi in A′, fornendo così una verifica sperimentale che la somma degli angoli del triangolo vale due angoli retti. È poi ben semplice verificare che le mediane, o le altezze, o le bisettrici interne, o due bisettrici esterne e una interna d'un triangolo passano per uno stesso punto; o che le bisettrici esterne incontrano i lati opposti in tre punti allineati, ecc.
3. Anche nelle matematiche superiori si possono citare esperienze notevoli. Anzitutto, con una strisciolina di carta ABCD di forma rettangolare e molto più lunga che larga si può costruire l'anello "unilatero" di Listing e Möbius (fig. 7): si avvolga la striseia a forma di cilindro, e poi se ne riuniscano i lati più corti sì che A vada in D e B in C; è questo storicamente il primo esempio d'una superficie con una faccia sola (v. analysis situs; unilatera). Se si considerano in un piano, dove siano dati due assi cartesiani ortogonali, tutti i punti di coordinate intere, e poi si considera un cerchio col centro nell'origine delle coordinate e il cui raggio sia un numero intero r, vi sarà un certo numero f (r) di quei punti che cadono nel cerchio (contorno incluso); è stato dimostrato che f(r): r2 tende a π quando r tende all'infinito; sicché si ha un modo per determinare sperimentalmente dei valori approssimati di π; per r = 10, 20, 30, 100, 200, 300 si ha rispettivamente f (r): r2 = 3,17; 3,1425; 3,134; 3,1417; 3,140725; 3,14107. Sopra un piano orizzontale si segnino delle rette fra loro parallele in modo che la distanza tra due di esse consecutive sia costante ed = a; poi si getti sul piano un ago sottile di lunghezza c 〈 a; la probabilità che l'ago cada in modo da incrociare una di quelle rette si dimostra che è data da p = 2c/πa (problema di Buffon); se quindi si getta l'ago successivamente un gran numero di volte, e si pone nella formola precedente in luogo di p la frequenza relativa (v. probabilità, calcolo delle), cioè il rapporto tra il numero di volte in cui l'ago è caduto nel modo voluto e il numero delle esperienze fatte, si hanno di nuovo dei valori approssimati di π; in questo modo si sono avuti per π, da diversi sperimentatori, i valori seguenti: 3,1596; 3,1553; 3,1419; 3,1415929. La superficie ad area minima che passa per un dato contorno si può ottenere sperimentalmente costruendo un filo metallico che abbia la forma del contorno dato, e immergendolo in una soluzione di acqua saponata; estraendolo dal liquido rimane aderente ad esso un velo liquido che fa vedere la superficie voluta (esperienza di Plateau). Recentemente F. Schilling ha costruito dei bei modelli di linee geodetiche e di cerchi geodetici sulla pseudosfera, ricorrendo a striscioline di carta molto lunghe e sottili, di forma rettilinea o circolare, che vengono applicate su un modello materiale di quella superficie.
4. L'indirizzo sperimentale nella geometria conduce a un confronto interessante tra la geometria e la realtà fisica. I postulati geometrici non sono soltanto risultati di esperienze, ma richiedono anche un lavoro, talora assai notevole, di semplificazione e di astrazione, eseguito su ciò che l'esperienza ha dato in modo immediato. Così il concetto del punto senza estensione non ha riscontro nella realtà; il postulato dell'unicità della parallela da un punto dato a una retta data non è controllabile con l'esperienza; e già il postulato che due punti individuano una retta è addirittura contraddetto, nel campo dell'esperienza, dal fatto che due rette sperimentali distinte possono ben avere in comune un tratto di lunghezza non indifferente: dall'esperienza si ha cioè che due punti individuano il segmento che li unisce, e non anche i prolungamenti di questo segmento. La geometria ordinaria è dunque ben lontana dai dati dell'esperienza, sì da far dubitare che essa non riproduca abbastanza fedelmente quella realtà da cui ha preso le mosse. Si può quindi chiedere se non sia possibile costruire una geometria naturale, o geometria della realtà, che esprima meglio i dati dell'esperienza scostandosi il meno possibile da ciò che cade in modo immediato sotto i sensi. A tale scopo conviene partire dai piani, rette, punti descritti come enti fisici, e non più logicamente definiti con un sistema di postulati: il piano è dato allora dalle tavole metalliche usate con questo nome nelle officine meccaniche; le rette verranno analogamente dagli spigoli dei cunei normali; e i punti dai vertici dei triedri trirettangoli, triedri che daranno anche la nozione delle rette perpendicolari. Avute queste nozioni essenziali si passerà alla geometria costruttiva su un foglio di carta da disegno; qui le rette verranno imitate mediante riga e matita, e i punti segnati con una punta del compasso o come intersezioni di coppie di rette perpendicolari. Aggiungendo, come nuovo dato di esperienza, l'ipotesi della carta quadrettata, si potranno verificare, con buona approssimazione, le proprietà dei triangoli simili, il teorema di Pitagora, ecc. Una curva piana della realtà è quella che si può disegnare con la matita; essa si può sostituire in infiniti modi con una spezzata poligonale; essa ammette in ogni suo punto P due semitangenti, una a destra e una a sinistra, e saranno le due semirette uscenti da P e aventi in comune con essa il massimo segmento; la semitangente ad es. a destra in P si potrà pensare ancora come limite d'una secante PM uscente da P, badando solo che, quando M, tendendo a P, è giunto abbastanza vicino a P, la secante PM rimane fissa, sì che la posizione limite è praticamente raggiunta. In modo analogo si ottiene il cerchio osculatore della curva pratica in P. Tutte queste cose valgono naturalmente in un campo di esperienze limitato, i cui confini son segnati da ciò che si può raggiungere con effettive misure dirette; misure indirette si potranno avere solo ponendo dei legami convenzionali con misure effettive possibili (così la distanza tra due stelle si collegherà con un angolo visuale o con distanze misurabili sulla Terra). Questi pochi esempî bastino per dare un'idea di un indirizzo geometrico che J. Hjelmslev ha voluto sviluppare metodicamente, anche in un trattato elementare (in lingua danese). Egli ha voluto pure indagare i fondamenti logici della sua geometria naturale, costruendone, ad es. nel piano, una rappresentazione analitica in cui i punti vengono sostituiti da coppie di numeri reali come nell'ordinaria geometria analitica cartesiana; solo che occorre mutare sensibilmente le regole di calcolo con cui nella geometria ordinaria si opera su quelle coppie.
Bibl.: J. Hjemslev, Geometrische Experimente, Lipsia 1915; id., Die natürliche Geometrie, in Hamburger math. Einzelschriften, I (1923); G. B. Gonella, Indirizzo sperimentale nella geometria costruttiva, in Period. di matem., I, 1921, pp. 31-43; G. C. Young e W. H. Young, The first book of geometry, Londra 1905; trad. ted. S. e F. Bernstein, Lipsia 1908; tra. ital. L. Virgilio, Torino 1911; G. Vacca, Della piegatura della carta applicata alla geometria, in Period. di matematica, X, 1930, pp. 43-50.