Geomarketing
Neologismo di matrice anglosassone, in uso, a partire dai primi anni Novanta del secolo scorso, in luogo del corrispondente italiano marketing territoriale o marketing d'area. Dall'originario ambito disciplinare, quello aziendalistico, esso si è diffuso progressivamente nei campi economico, sociologico e geografico, con forte valenza interdisciplinare e applicativa.
Il g. può definirsi come l'insieme delle azioni che un sistema territoriale, attraverso i soggetti pubblici e privati che vi operano, compie al fine di valorizzare la propria immagine e di attrarre o sviluppare attività economiche. Il territorio diviene dunque, di per sé, un prodotto identificato da caratteri ambientali e umani, a seconda dei quali si cerca di individuare la domanda potenziale di investitori esterni; per favorire quest'ultima, si costruiscono strategie di comunicazione, politiche di sviluppo e assetti istituzionali idonei a perseguirle, cui partecipano le amministrazioni locali, le associazioni imprenditoriali e sindacali nonché gruppi di azione costituiti all'interno del tessuto sociale e rappresentativi delle valenze culturali e produttive dell'ambito considerato.
Fra i concetti geografici alla base del g., ancorché raramente esplicitato, è quello di posizione relativa, disegnata "dai flussi di persone, beni materiali, informazioni, decisioni, ecc., corrispondenti a tutti i tipi di scambi: economici, politici, culturali. In tale concezione relazionale dello spazio geografico, il valore di un luogo diventa il valore di scambio (nel senso più vasto suddetto) che, in un dato sistema di rapporti intersoggettivi, viene attribuito a certe sue specifiche caratteristiche ambientali" (G. Dematteis, Valorizzazione territoriale e sviluppo locale, in Una geografia per la pianificazione, a cura di P.M. Mura, 1988, pp. 63-64).
Le origini del g. si legano, dunque, al cambiamento delle condizioni localizzative, che, a partire dalla seconda metà del 20° sec., appaiono progressivamente svincolate dai classici fattori di approvvigionamento delle materie prime e di prossimità al consumo. Il miglioramento delle reti infrastrutturali e la crescente flessibilità produttiva pongono in luce nuovi fattori, che vanno dalla gradevolezza delle condizioni naturali alla sicurezza sociale, alla disponibilità di manodopera a basso costo, comunque affidabile, fino alla capacità tecnologica. La competizione fra aree si gioca, dunque, nel complesso rapporto fra dimensione locale e rete globale, che richiede, da un lato, l'integrazione produttiva dei sistemi distrettuali (concentrazioni di imprese, generalmente piccole, che fondano la propria specializzazione su preesistenze manifatturiere e imprenditoriali radicate nel territorio); dall'altro lato, la capacità di tali sistemi di non dipendere dalla domanda ma di innovare l'offerta e di proporla su mercati sempre più ampi e diversificati. Tema cruciale diviene, pertanto, la ricerca dell'equilibrio fra l'identità locale, che deve fornire un'immagine riconoscibile del prodotto-territorio, e l'apertura all'esterno, che deve garantire l'adeguata modernizzazione del sistema, evitando l'illusione di ritorni a condizioni passate, di per sé non ripetibili.
Per il successo di un'operazione di g. è fondamentale differenziare il 'pacchetto localizzativo' al fine di individuare, il più possibile esattamente, il segmento di domanda interessato, in base al settore di attività, alla dimensione dell'impresa, al rapporto fra capitale e lavoro (attività capital intensive o labour intensive), ai collegamenti con le parti di filiera già presenti nell'area (a monte oppure a valle), alla capacità moltiplicativa in termini di indotto, al livello di impatto logistico e ambientale, alla natura e all'importanza gerarchica e organizzativa dell'impianto (per es., sede direzionale, centro di ricerca, centro di produzione ecc.) e, non da ultima, alla maggiore o minore vicinanza geografica e culturale dell'area.
In connessione al g. è, per conseguenza, il ruolo della cosiddetta - utilizzando ancora un'espressione anglosassone - Information and Communication Technology (ICT), l'insieme delle tecnologie a rete che permettono la gestione di informazioni codificate in forma digitale e l'erogazione di servizi a effettivo valore aggiunto per gli utenti. Tali tecnologie, consentendo di moltiplicare i canali di comunicazione tra i soggetti (amministrazioni, organizzazioni, imprese, cittadini ecc.) e rendendo molto più flessibili i sistemi di relazioni, hanno determinato nuove forme di centralità nelle dinamiche competitive e nei processi di convergenza regionale. I territori divengono, in questo modo, attori della competizione per attrarre risorse: anche nei casi di marginalità geografica, essi, da un lato, vengono posti in condizione di far conoscere le proprie peculiarità e, dall'altro, stimolati all'apertura, proponendosi agli investitori non solo per i classici insediamenti produttivi, ma anche per attività di ricerca, attività logistiche e turistico-culturali. In un simile contesto, l'atteggiamento delle imprese non si limita a scelte localizzative di medio periodo, ma diviene propulsivo nei confronti dello sviluppo, ponendo i territori in reciproca concorrenza e, nello stesso tempo, connettendoli attraverso la rete informativa. Ne scaturisce un nuovo modello evolutivo di natura socio-economica, che, dalle regioni avanzate, si diffonde in quelle periferiche o in via di sviluppo.
La dimensione geografica sulla quale si realizza il g. è, dunque, tipicamente transcalare: mentre, in passato, erano gli Stati centrali a governare strategie e rapporti di scambio, ora sono le regioni (non necessariamente amministrative) e le città a misurarsi nella competizione. Certamente, il ruolo dei primi rimane importante nella misura in cui essi devolvano, o meno, funzioni agli enti decentrati: le politiche urbanistiche, di salvaguardia ambientale, fiscali e, più in generale, sociali ed economiche risultano infatti determinanti nel successo delle azioni di promozione territoriale. Il livello locale rappresenta, comunque, l'unità territoriale maggiormente idonea all'applicazione di tali politiche, potendo contare sul sentimento di appartenenza degli attori per sostenere forme di organizzazione e di sviluppo realmente endogene.
Un approfondimento ulteriore del g. è il cosiddetto marketing territoriale esterno, vale a dire la competizione per acquisire investimenti diretti da altri Paesi (tale concetto, peraltro, si applica anche a imprese che prescelgano un nuovo territorio nello stesso Paese), che possono essere attratti da numerosi fattori quali, per es.,: controllo di una fonte di materie prime o di un mercato di sbocco, bassi costi dei fattori di produzione, conoscenze e capacità locali, dotazioni infrastrutturali, agevolazioni e incentivi finanziari. Tali investimenti offrono all'impresa che li compie vantaggi competitivi molte volte assenti nell'area di provenienza, e al territorio che li riceve opportunità di aumento dell'occupazione e del prodotto lordo, ma soprattutto di conoscenze tecnologiche e capacità manageriali.
Strumento sempre più diffuso per la promozione del g., in tutte le sue forme, è la cosiddetta agenzia di sviluppo, generalmente composta da operatori sia pubblici sia privati, ai quali viene demandata l'offerta del prodotto-area; essa, nel contempo, diviene il punto di riferimento della domanda per tutte le procedure necessarie all'ingresso sul territorio. Gli esempi più classici, anteriori alla stessa esplicitazione concettuale e funzionale del g., si possono trovare nei Paesi europei industrialmente maturi e dunque soggetti, da tempo, a processi di riconversione: Francia e Regno Unito. Nella prima opera DATAR (Délégation à l'aménagement du territoire et à l'action régional), con funzioni di coordinamento delle attività sia di pianificazione sia di promozione territoriale, che sono state svolte congiuntamente a Regioni amministrative, dipartimenti, Comuni, e supportate da oltre venti agenzie che, in tutto il mondo, forniscono informazioni sulla situazione macroeconomica, giuridica e fiscale del Paese, le regioni più interessate sono quelle che sono state soggette a processi di deindustrializzazione, come la Lorena, oppure in ritardo di sviluppo, come il Massiccio Centrale, ma anche aree centrali del Nord e la stessa metropoli parigina. Altro caso esemplare è quello britannico, dove, a livello di governo centrale, il DIT (Department of Trade and Industry) elabora programmi di sostegno allo sviluppo, di innovazione tecnologica, di promozione commerciale; mentre, a valle, operano agenzie a livello delle grandi partizioni regionali, fra cui risultano particolarmente attive la gallese WDA (Welsh Development Agency) nonché la scozzese LIS (Locate in Scotland), chiamate ad affrontare problemi di riconversione produttiva e di ritardo nello sviluppo che richiedono, in entrambi i casi, forti azioni di g. per l'attrazione di investimenti e la creazione di reddito e posti di lavoro.
Nel nostro Paese, a fronte della progressiva devoluzione di funzioni dallo Stato a Regioni, Province e Comuni, si moltiplicano le iniziative di g., che hanno avuto come antesignani ICE (Istituto nazionale per il commercio estero), con uffici localizzati in ottanta Paesi del mondo, e Unioncamere (Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato, agricoltura), ma che investono direttamente gli enti locali e le associazioni imprenditoriali diffuse sul territorio.
bibliografia
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Economia del software e tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Un confronto internazionale per lo sviluppo locale, a cura di F. Bencardino, M.R. Napolitano, Milano 2004.