geografia e potere
geografìa e potére. – Il rapporto tra la geografia e il potere si basa sulla circostanza che quest’ultimo intrattiene varie e complesse relazioni con lo spazio e con il territorio, oggetti primari degli studi geografici. Per fare un esempio, i partiti politici risultano in vario modo collegati al territorio: essi traggono legittimazione dal consenso espresso dal territorio e in cambio provvedono a esprimerne le istanze e partecipare alla sua amministrazione. Inoltre, il territorio definisce la composizione della rappresentanza e fornisce un fattore d’identità alla comunità che spesso alimenta l’azione di movimenti in competizione per il potere. Il territorio è, insomma, un riferimento stabile e ineludibile con il quale il potere, in questo esempio il potere politico, deve fare i conti nell’esercizio della propria attività. Lo studio del rapporto tra geografia e potere ha subito significative evoluzioni in questi ultimi anni. Abbandonati definitivamente gli approcci che concepivano la geografia come una scienza oggettiva e la riducevano a un insieme di nozioni di carattere tecnico, essa ha cominciato a essere trattata come una disciplina in grado di offrire un sapere strategico e funzionale al potere. Tale svolta è il frutto del dibattito avviato fin dagli anni Settanta del 20° sec. con le riflessioni di studiosi d’ispirazione radicale quali H. Lefebvre e Y. Lacoste, che raccoglievano l’intuizione di M. Foucault secondo il quale nelle società contemporanee l’esercizio del potere avrebbe perso la sua evidenza e tenderebbe a celarsi agli occhi di chi ne è soggetto. Dalla convinzione che il funzionamento del potere e la sua relazione con lo spazio non sarebbe regolato solo da dispositivi materiali, ma anche discorsivi e simbolici, deriva la necessità di indagare nuove tematiche, quale per es. la cultura popolare, attraverso cui si veicolano quelle narrazioni che svolgono un ruolo fondamentale nel legittimare l’azione dei gruppi dominanti.
Questa prospettiva critica, unitamente agli sviluppi del pensiero storico e politico, ha rimesso in discussione i fondamenti concettuali della geografia del potere, a partire dal principio che lo Stato sia il soggetto dominante della scena; riflettendo sulla non coincidenza tra potere formale e potere effettivo vengono invece presi in considerazione alcuni altri protagonisti, quali i gruppi di pressione, i think tank, i poteri finanziari, le media corporation. Inoltre, è largamente accettata l’idea che il potere non sia più precisamente localizzato ma assuma natura reticolare; ciò produce conseguenze decisive per la ricerca geografica, tra l'altro la contestazione della natura discreta dello spazio politico e il riconoscimento che un terreno di scontro fondamentale della competizione per il potere risiede nel controllo di risorse intangibili (reti informatiche e delle telecomunicazioni, circuiti delle conoscenze, ecc.). Queste innovazioni hanno cancellato definitivamente quella residua area della geografia ancora legata al concetto di entità politica secondo il modello dello Stato territoriale moderno e hanno condotto la disciplina a riflettere attorno al fatto che le élite concepiscono il potere sempre più in termini di controllo dei flussi che di controllo del territorio.