gentilezza
Il termine ha 18 presenze in D.: 3 nella Vita Nuova, 14 nel Convivio, e 1 nelle Rime. Non compare nella Commedia, sebbene sia d'uso nella poesia del Duecento con una certa ampiezza di significati. In un sonetto di anonimo (cfr. Poi che ti piace 13, in Monaci, Crestomazia p. 266) " gentilezza " è virtù comprensiva di " savere e cortesia ", che costituisce " maggior riccheçça " che " pregio di prodeçça "; notissimo il verso della canzone del Guinizzelli Al cor gentil: " e prende amore in gentilezza loco " (v. 8), dove ‛ gentilezza ' indica concretamente il cuore nobile, che solo e necessariamente s'innamora. Con questo stesso significato il vocabolo è d'uso abbastanza frequente nella lirica (cfr. per es. in Chiaro Davanzati).
Per la definizione dantesca di g. valgono tutte le indicazioni date per ‛ gentile ' (v.). In particolare occorre ribadire che g. è per D. sinonimo di " nobiltà " e questa è in tutte cose perfezione di loro natura (Cv IV XVI 8). Per il poeta è escluso che g. possa essere determinata dal sangue, dalla stirpe, dalla ricchezza. E queste esclusioni aprono la via a una definizione sostanzialmente etica della g. giustificata da presupposti trascendenti - come in Cv IV Le dolci rime 101 E' gentilezza dovunqu'è vertute, / ma non vertute ov'ella - che si risolvono in una sorta di democratizzazione del concetto di nobiltà, in esplicita funzione di rottura rispetto alla tradizione feudale. G. è dunque il possesso di una serie di virtù morali, intellettuali e spirituali: Vn XXVII 11 8, Cv II II 2, IV Le dolci rime 16, 21 (ripreso in II 1), 50, 67, 79 e 101 (ripreso in XVI 3 e XIX 1), III 6 e 7, IX 15 e 16, XIV 5, 7 e 8, XV 18.
In Vn XVI 4 il termine è adoperato quasi come sostantivo concreto (per appropinquare a tanta gentilezza), e tutta l'espressione indica l'avvicinarsi a donna gentile.
Nell'unico caso in cui il termine compare al plurale (Vn XXIII 17 2 Adorna assai di gentilezze umane), il poeta ha tentato una concreta articolazione delle virtù che costituiscono condizione di gentilezza. Il verso è spiegato dal Barbi " dotata di molte qualità gentili: bellezza, soavità, pietà, cortesia ". Ma in Rime LXXXVI 6 adorna gentilezza le fa onore, g. sembra limitare la sua influenza di significato alla sola sfera fisica in senso estetico. Infatti il sonetto costituisce una sorta di conflitto allegorico fra due donne, rappresentanti Bellezza e Virtù. Quest'ultima possiede cortesia, valore, prudenza e onestà (vv. 3 e 4); l'altra invece bellezza e vaga leggiadria (v. 5) alle quali fa da ornamento la gentilezza. Tuttavia alla fine del sonetto il conflitto si risolve, perché la bellezza si può amare per il diletto che suscita e la virtù per il ben operare cui induce.
Il termine è infine registrato in Fiore LXXI 7 cortesia né saver né gentilezza, con significato sostanzialmente identico a quello indicato per le opere maggiori.