gente (agg.)
È presente, come sinonimo di " gentile " (v.), anche con la variante ‛ giente ', in numerosi poeti del Duecento (cfr. Rinaldo d'Aquino Per fino amore 18 " poi ke de le donne è la più giente "; Compagnetto da Prato Per lo marito 43 " 'l nostro amore fino e giente "; Cavalcanti Biltà di donna 2 " e cavalieri armati che sien genti "), come forma colta derivata dal provenzale gent.
In D. compare tre volte, una al singolare e due al plurale. In Rime XCV 13 però [l'affronto] de la gente verde, è aggettivo che qualifica verde sostantivato, ma " anche prendendolo per il comune sostantivo il senso sostanzialmente rimane uguale " (Pernicone). In Rime LXXXIII 38 ma pregia il senno e li genti coraggi, non solo genti ma anche il sostantivo che esso accompagna è provenzalismo (cfr. il provenzale coratge, " cuore "), e l'espressione genti coraggi significa " nobili cuori ".
In Pg IX 58 la lezione della '21 (Sordel rimase e l'altre gentil forme) è stata corretta dal Petrocchi in Sordel rimase e l'altre genti forme, inalterato restando il significato di genti come " gentili ", " nobili ". Va comunque ricordata la lettura altre genti for' me, da Benvenuto spiegata " aliae gentes praeter me ".
Il valore del termine, ferma restando la sua corrispondenza a ‛ gentile ', " nobile ", oscilla tra un'accezione più propriamente estetica di " bella ", " seducente ", " piacente ", quando è riferito a donna (in Rime XCV 13) e un'accezione etica, nel senso di " capace di nobili sentimenti " se riferito a cuore (in Rime LXXXIII 38), o anche di " nobile per fama e per virtù " se riferito a forma, cioè " anima " (in Pg IX 58).
Il termine ricorre poi 5 volte nel Fiore (XV 1, XX 2, CXXVII 3, CXLVI 7, CXCV 9) e una volta nel Detto. Nel Fiore significa sempre " nobile ", nel senso quasi mondano di " cortese ", " dai bei modi ", e in un sol caso (CXXVII 3 e hòtti fatto don si bel e gente) " importante ", " di gran valore ". In Detto 235 andatura gente significa " movenze gentili, armoniose ".