ANICIA, GENS
. La gente Anicia, originaria da Preneste, entrò a far parte della nobiltà romana nel sec. II. a. C.: il suo più illustre rappresentante fu L. A. Gallo, console nel 160 a. C., che nel 168 e 167 aveva, come pretore, combattuto brillantemente gl'Illirî, su cui celebrò il trionfo. A grande ricchezza e potenza gli Anici giunsero nell'età imperiale: infatti molti di essi nei primi tre secoli dell'era volgare rivestirono le più alte cariche della carriera senatoria. Nel sec. IV la linea maschile si spense, ma il nome fu continuato per via di donne in varî rami, che si moltiplicarono largamente nella nobiltà di Roma e d'Italia per mezzo di alleanze di sangue. I capi delle principali famiglie romane della gente Anicia (tra cui gli Ancheni, a due dei quali, consoli nel 395, è dedicato il poemetto di Claudiano, il Panegyricus dictus Probino et Olybrio consulibus), convertiti al cristianesimo, combatterono in Senato la vecchia nobiltà ligia alla tradizione pagana: onde ebbero in premio dall'imperatore le più alte cariche in Roma. Qualche volta nei torbidi del sec. V i capi degli Anici osarono una politica indipendente da Costantinopoli: come il Petronio Massimo, che fu imperatore per 70 giorni nel 455. Alla gente Anicia appartennero Severino Boezio e Gregorio Magno.
Bibl.: E. Klebs, P. v. Rohden, A. Seek, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., I, col. 2195 segg.; Prosopographia Imperii Romani, Saec. I, II, III, di E. Groug, A. Stein, I, Berlino 1933, p. 97; per i consolati degli Anici nei primi 5 secoli dell'e.v., v. H. F. Clinton, Fasti romani, I, Oxford 1845, passim; tra le opere storiche, cfr.: C. Barbagallo, Storia universale, II, ii, Torino 1932, p. 893; III, ivi 1935, p. 139; J. B. Bury, The Cambridge Medieval History, I, Cambridge 1911, pp. 20, 420.