Genoma. Il Progetto genoma umano
Il Progetto genoma umano è stato il primo grande progetto di big science che ha coinvolto le scienze biomediche. Migliaia di scienziati in decine di laboratori sparsi in tutto il mondo hanno letto la sequenza completa dei 3 miliardi di basi nucleotidiche che compongono il patrimonio genetico della specie umana. Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta del Novecento il progetto è riuscito a convogliare un’ingente mole di finanziamenti e a catturare l’attenzione dell’opinione pubblica a ogni livello, anche grazie alle figure di grande spicco della ricerca biologica che si sono adoperate in favore della sua realizzazione. Ma la storia del Progetto genoma umano è stata travagliata. La comunità scientifica ha sollevato infatti numerosi problemi sull’opportunità e sulla gestione di un’impresa di tali dimensioni, mentre dubbi di carattere etico hanno attraversato la società. Soprattutto in Europa, e non senza ragioni, è stato messo in evidenza il rischio del possibile ritorno dell’eugenica, dissimulata sotto il nome di ‘medicina predittiva’. L’ultima fase del Progetto genoma umano ha visto, inoltre, la competizione tra il consorzio pubblico stesso e un’azienda privata, la Celera Genomics di John Craig Venter. I due attori della disputa non solo applicavano diversi metodi di sequenziamento, ma soprattutto hanno incarnato lo scontro tra privatizzazione e accesso libero. Mentre la Celera Genomics avrebbe voluto far pagare per l’accesso ai dati ottenuti, il consorzio pubblico seguiva la strada opposta, rilasciando liberamente i risultati delle proprie ricerche. Anche grazie alle pressioni provenienti dal mondo politico e dall’opinione pubblica, la società di Venter alla fine ha desistito dal proprio intento: la strategia del progetto pubblico è risultata vincente, anche perché consentirà nel futuro di massimizzare i benefici sociali, tecnologici ed economici derivanti dalla grande impresa genomica. Nell’aprile 2003 il consorzio pubblico ha annunciato il completamento dell’intera sequenza del genoma umano. La Celera Genomics si è ritirata dalla partita trasformandosi in una società farmaceutica. Il trionfo del progetto pubblico è stato il risultato di una collaborazione internazionale basata sul lavoro svolto da laboratori attivi negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, Giappone, Francia, Germania e Cina. Il Progetto genoma è una pietra miliare, ma soprattutto un punto di partenza per comprendere i meccanismi alla base dei fenomeni della vita. L’analisi del significato e del modo di operare dei genomi in relazione allo sviluppo organico, alle malattie e alla morte terrà occupati i biologi ancora per decenni.
Il Progetto genoma umano ha avuto origine negli Stati Uniti, verso la fine degli anni Ottanta del XX sec., allo scopo di definire la mappa dei nostri geni e il ‘sequenziamento’ dei 3 miliardi di paia di basi che si riteneva fossero contenute nel DNA umano. La nascita del progetto è legata soprattutto alle iniziative di Robert Sinsheimer e di Charles DeLisi. Nominato nel 1977 rettore del campus di Santa Cruz della University of California, Sinsheimer, noto biologo molecolare, era fermamente intenzionato a ritagliare a questa istituzione una posizione di primo piano nel panorama scientifico mondiale. Nel 1984 aveva avuto l’idea di avviare a Santa Cruz un grande progetto per studiare il genoma umano e quindi aveva organizzato nel campus una conferenza, invitando molti importanti biologi a riflettere su questo problema.
DeLisi era direttore a Washington dell’Office of Health and Environmental Research del Department of Energy (DOE), struttura le cui origini risalgono al Manhattan project e all’invenzione della bomba atomica. Per lungo tempo il DOE aveva finanziato ricerche sugli effetti biologici delle radiazioni e nel 1983 presso la Life Science Division del Los Alamos National Laboratory era stata installata una banca dati, la Genbank, che raccoglieva le informazioni relative alla sequenza del DNA. Nell’ottobre 1985, per studiare le mutazioni genetiche umane De Lisi pensò di confrontare, nucleotide per nucleotide, il genoma di un bambino con quello dei suoi genitori. Quest’idea lo portò a prendere in considerazione la possibilità di ottenere la sequenza di un intero genoma umano. La tecnologia necessaria al sequenziamento del patrimonio genetico umano era già disponibile e il biologo premio Nobel Walter Gilbert, nel giugno 1986, dichiarò che era possibile ridurre i tempi di realizzazione del progetto impiegando migliaia di persone e spendendo circa 3 miliardi di dollari (1 dollaro a nucleotide). La biologia si trovava di fronte a un progetto di grande portata. Nel settembre 1987 il segretario del DOE dispose la creazione di centri di ricerca sul genoma umano in tre dei laboratori nazionali del dipartimento: Los Alamos, Livermore e Lawrence-Berkeley. Tuttavia, il coinvolgimento del DOE suscitò perplessità tra gli scienziati biomedici. Rispetto ai National Institutes of Health (NIH) – il più importante organismo federale nel campo delle scienze della vita – il DOE era considerato più burocratico e meno flessibile in termini di ricerca: avrebbe dunque sottoposto il progetto di sequenziamento a un controllo centralizzato, autocratico, sottraendo fondi ai NIH. Numerosi ricercatori del settore biomedico insistevano quindi sul fatto che i NIH dovevano prendere parte al progetto. Così, all’inizio del 1987, i rappresentanti dei NIH approvarono il progetto di studio del genoma e a dicembre il Congresso stanziò una considerevole somma a favore sia dei NIH sia del DOE: i primi ricevettero – per il 1988 – 17,2 milioni di dollari, il 50 % in più rispetto al DOE. Il crescente coinvolgimento dei NIH nel Progetto genoma, tuttavia, non pose fine al dissenso. Il progetto, infatti, era ancora legato all’immagine di un grande programma scientifico costruito intorno a pochi grandi centri burocratizzati. In quel periodo, inoltre, si riteneva che solo una minima parte del DNA umano fosse realmente codificante: il resto era informalmente chiamato ‘DNA spazzatura’. Per molti biologi non aveva senso impiegare tempo e risorse per ottenere dati che, nella maggior parte dei casi, rivelavano poco o nulla sulle malattie e sullo sviluppo umano. Così, nel febbraio 1988, un gruppo di biologi si riunì intorno a un progetto di ricerca sul genoma non intensivo che non avrebbe sottratto fondi alle ricerche in corso. Questi scienziati proposero di destinare 200 milioni di dollari l’anno alla mappatura fisica e genetica dell’uomo e di altri organismi, in particolare del gatto, del lievito e del nematode Caenorhabditis elegans. Ciò avrebbe accelerato la ricerca dei geni legati alle malattie e una parte di questa somma sarebbe stata investita nello sviluppo di tecniche che avrebbero reso il sequenziamento rapido e poco costoso, al punto da poter essere realizzato in molti laboratori di dimensioni normali piuttosto che in poche, grandi strutture. Accogliendo questi suggerimenti, i NIH crearono l’Office for Human Genome Research la cui direzione fu affidata a James D. Watson, uno degli scopritori della struttura del DNA. Watson era coadiuvato da potenti alleati, inclusi ricercatori biomedici e rappresentanti delle industrie farmaceutiche e biotecnologiche. I primi tendevano a sottolineare il fatto che il progetto di studio del genoma era molto promettente dal punto di vista medico; i secondi, invece, ritenevano che una tale impresa fosse di fondamentale importanza per il prestigio della nazione, soprattutto se gli Stati Uniti intendevano continuare a essere competitivi nel settore dell’alta tecnologia.
Tra il 1987 e il 1988 in Gran Bretagna, Francia, Italia, Germania Occidentale, Olanda, Danimarca e persino in Unione Sovietica la ricerca sul genoma e i tentativi di sequenziamento si erano intensificati ma, come negli Stati Uniti, il rapido sviluppo di queste indagini aveva suscitato l’inquietudine di alcuni biologi, che consideravano prematuro il sequenziamento del patrimonio genetico umano. I timori riguardavano la sua novità e le sue dimensioni, che minacciavano di orientare la biologia nella direzione della big science, caratteristica della fisica delle particelle e dei programmi spaziali. Tuttavia, si sostenne anche che se non si fosse inserita nel Progetto genoma umano, l’Europa molto probabilmente si sarebbe trovata in condizioni d’inferiorità nell’area biomedica, anche per quanto riguardava i metodi diagnostici e i materiali terapeutici. Nel luglio 1988 la Commissione europea propose il varo di un progetto di studio del genoma umano (di modeste dimensioni), considerandolo uno strumento utile per la medicina predittiva. Tuttavia, nella definizione di ‘medicina predittiva’ a molti membri del Parlamento europeo parve di scorgere un tentativo di rilancio dell’. Dal dibattito che ne seguì scaturirono numerose modifiche del progetto, che nell’insieme miravano a impedire qualsiasi politica sanitaria di impronta eugenica, a proibire ogni ricerca che tentasse di modificare la linea germinale umana, a proteggere la riservatezza e l’anonimato dei dati genetici individuali e ad assicurare un continuo dibattito sugli aspetti sociali, etici e legali della ricerca sul genoma umano. La Commissione fece sue queste istanze, suggerendo di intraprendere un programma di studio del genoma umano della durata di tre anni e assicurando, inoltre, che il Parlamento e il pubblico sarebbero stati dettagliatamente informati sugli aspetti morali e legali della ricerca sul genoma umano. Tra la fine del 1989 e la metà del 1990 la proposta venne approvata, con un costo totale di 15 milioni di ECU; il 7% di questa somma fu destinato a studi di carattere etico. Lo spettro dell’eugenica fu agitato anche negli Stati Uniti, ma tra gli scienziati più sensibili nei confronti dei rischi di carattere eugenico e delle sfide etiche inerenti al progetto vi erano coloro che l’avevano promosso con più entusiasmo e, in particolare, Watson. Benché non si considerasse un’autorità nel campo dei problemi etici, Watson pensava che fosse necessario che il programma dei NIH comprendesse la discussione delle implicazioni sociali, etiche e legali del progetto. Era una scelta senza precedenti per i NIH e non tutti i biologi impegnati nel Progetto genoma umano erano d’accordo. Tuttavia, con il suo impegno in campo etico, Watson si mostrò non solo inflessibile ma anche lungimirante, contribuendo a dissipare i timori suscitati dall’ipotesi di un progetto di studio del genoma non soggetto a controlli di carattere etico.
Nell’ottobre 1989 l’ufficio occupato da Watson presso i NIH fu promosso a National Centre for Human Genome Research. Watson annunciò che l’istituto avrebbe usato la metà dei fondi stanziati per creare e rendere operanti in tutto il Paese diversi centri di ricerca sul genoma, ognuno dei quali avrebbe lavorato su aspetti specifici del progetto e ricevuto tra i 2 e i 3 milioni di dollari all’anno per cinque anni. Una parte dei fondi fu inoltre dedicata alle questioni etiche, con la creazione di un comitato costituito da cinque scienziati, un avvocato e uno studioso di etica. Nel 1991 il Progetto genoma umano, a cui quell’anno erano stati destinati 135 milioni di dollari, iniziò a funzionare a pieno ritmo. I centri dei NIH, otto in tutto, erano operativi: sette si occupavano della mappatura genetica umana e uno di quella del topo. La mappatura genetica e le attività di sequenziamento erano realizzate anche da decine di altri laboratori, ognuno dei quali svolgeva attività iniziate autonomamente e finanziate dai NIH. I dati relativi al genoma ottenuti sulle due sponde dell’Atlantico furono immagazzinati in alcuni data base centralizzati, inclusi quelli del Laboratorio Europeo di Biologia Molecolare, del Los Alamos National Laboratory e del Centro di Ricerche sul Genoma dei NIH a Washington. Tutti gli enti coinvolti concordavano sul principio base secondo il quale la comunità scientifica mondiale poteva accedere gratuitamente ai dati raccolti. Tuttavia, il Progetto genoma umano forse non sarebbe mai stato completato se un ricercatore dei NIH, John Craig Venter, non avesse sollevato una serie di questioni che riguardavano questo principio. Nel 1987 il laboratorio di Venter operava come centro di verifica delle nuove tecniche di sequenziamento automatico sviluppate presso il California Institute of Technology e prodotte dalla Applied Biosystems. Il sequenziatore automatico di DNA marcava con coloranti fluorescenti i nucleotidi, che divenivano così leggibili attraverso uno scanner laser. In questo modo era possibile identificare 12.000 paia di basi al giorno, poiché l’apparecchiatura era sorprendentemente veloce.
Nel giugno 1991, Venter e i NIH inoltrarono richieste di brevetto per 315 Expressed sequence tag (EST, ‘sequenza- etichetta’, che funge da marcatore) e per i geni umani da cui provenivano. Il laboratorio di Venter era in grado di produrre EST così rapidamente che i NIH programmarono di presentare 1000 richieste di brevetto al mese. Venter e i NIH si sarebbero ben presto impossessati di una considerevole parte dei 100.000 geni che si pensava fossero contenuti nel genoma umano. Tale iniziativa fu denunciata in Europa e negli Stati Uniti, perché rischiava di porre seri ostacoli alla ricerca. Nell’aprile 1992 Watson si dimise dal suo incarico di direttore del Progetto genoma umano, spiegando di essere contrario ai tentativi dei NIH di brevettare le EST. Secondo alcuni, il gesto era dovuto al fatto che Watson stesso era in possesso di un portafoglio di azioni biotecnologiche. La controversia si esaurì quando, nell’agosto 1992, l’Ufficio dei Brevetti degli Stati Uniti rifiutò le richieste di brevetto, definendole vaghe, indeterminate, inesatte, poco accurate e incomprensibili. Nello stesso anno Venter annunciò che avrebbe lasciato il suo incarico per guidare l’Institute for Genomic Research, nel Maryland, un nuovo centro di ricerca che aveva ottenuto un finanziamento decennale di 70 milioni di dollari dalla Healthcare Investment Corporation, che aveva già promosso la costituzione di molte società biotech. Il presidente di questa azienda, Wallace Steinberg, creò un’altra compagnia, la Human Genome Sciences, per commercializzare i prodotti sviluppati dalle ricerche dell’Institute for Genomic Research. Venter dichiarò che tale istituto avrebbe sequenziato l’intero genoma umano, grazie all’intensificazione del suo programma di sequenziamento delle EST, e secondo Steinberg l’obiettivo sarebbe stato raggiunto in tre-cinque anni.
Nel 1993 Hamilton O. Smith, premio Nobel nel 1978 per aver partecipato alla scoperta degli , propose a Venter un metodo di sequenziamento radicalmente nuovo. L’approccio convenzionale, utilizzato dal consorzio pubblico, era quello di scomporre in frammenti il DNA contenuto in ogni cromosoma e di determinare l’ordine in cui i segmenti si succedevano, per poi sequenziare ogni segmento. Nell’approccio di Smith, invece, gli enzimi di restrizione avrebbero tagliato il DNA; i frammenti così ottenuti sarebbero stati sequenziati e l’ordine dei frammenti nel DNA originario sarebbe stato ricostruito con il computer. In questo modo si poteva accelerare e rendere meno costoso il processo di sequenziamento. Smith persuase Venter a provare questo sistema sul batterio Haemophilus influenzae. La sequenza del genoma del batterio (1,8 milioni di coppie di basi nucleotidiche) fu completata nel 1995 al costo di 48 centesimi di dollaro per paia di basi: meno della metà del costo previsto all’inizio del Progetto genoma umano. Nel maggio 1998 Venter lasciò l’Institute for Genomic Research per guidare la sua nuova azienda, la Celera Genomics, con cui si proponeva di giungere al sequenziamento del genoma umano entro il 2001, molto prima della data originariamente indicata nel progetto pubblico. Questa audace dichiarazione era ispirata non solo dal successo del metodo di Hamilton, ma anche dalla disponibilità di sequenziatori più potenti che potevano elaborare fino a un milione di basi di DNA al giorno. Venter dichiarò che la Celera avrebbe divulgato gratuitamente ogni tre mesi i dati non elaborati, mentre le società farmaceutiche e biotech avrebbero potuto accedere, a pagamento, a un data base più elaborato e adattato alle singole esigenze aziendali. Il nuovo metodo di Venter si attirò critiche da diversi scienziati, che prevedevano che i dati avrebbero presentato numerose e gravi lacune, data la vastità del genoma umano. Altri diffidavano anche degli intenti commerciali della Celera, percepiti come una minaccia per il libero accesso ai dati genomici, cui il progetto pubblico attribuiva invece una grande importanza. Nel 1996, durante un meeting internazionale organizzato alle Bermuda, i più importanti laboratori coinvolti nella ricerca sul genoma sottoscrissero un accordo in base al quale si impegnavano a rendere liberamente accessibili i dati, così da massimizzare i benefici sociali della ricerca. Molti scienziati riponevano quindi le loro speranze nel progetto pubblico internazionale di studio del genoma, che poteva vantare il conseguimento di molti importanti risultati. Nell’aprile 1996 cento diversi laboratori, situati negli Stati Uniti, in Europa, in Canada e in Giappone, avevano completato la prima sequenza di un genoma eucariotico, quello del lievito di birra Saccharomyces cerevisiae, il cui DNA è formato da 12 milioni di basi. Nel dicembre 1998 il britannico Sanger Centre, sostenuto finanziariamente dal Wellcome Trust, portò a termine dopo 15 anni di sforzi il sequenziamento dei 97 milioni di basi del verme Caenorhabditis elegans, rivelando che nel genoma di questo organismo erano presenti 19.099 geni, il 30 % dei quali simili ai geni umani ma, nella maggior parte dei casi, mai osservati prima di allora. Francis Collins, che nel 1993 aveva sostituito Watson alla guida del Progetto genoma umano dei NIH, faceva affidamento su sei principali centri di sequenziamento che operavano negli Stati Uniti, ma all’inizio del 1998 questi centri sequenziavano al massimo 30 milioni di paia di basi l’anno, meno della metà di quelle necessarie a completare la sequenza del genoma umano entro la data inizialmente stabilita (2005). Nella primavera del 1998 Collins annunciò l’accelerazione del progetto, dichiarando che da quel momento in poi sarebbero stati utilizzati nuovi sequenziatori che avrebbero consentito di definire ‘la prima bozza’ del genoma, completo solo al 90 % per la primavera del 2000, e che la sequenza sarebbe stata portata a termine nel 2003. Nel 1999 la Celera completò il sequenziamento del genoma della Drosophila melanogaster, che possiede 120 milioni di basi, dimostrando la possibilità di utilizzare la nuova tecnica per sequenziare un genoma complesso. Collins tentò di stabilire un rapporto di collaborazione con la società, ma i suoi sforzi furono vani perché la Celera rivendicava sui dati genomici una serie di diritti commerciali esclusivi. La società aveva tutto da guadagnare da questa situazione di stallo, potendo sfruttare i dati prodotti dal progetto pubblico, aggiornati e pubblicati quotidianamente sul web. Il 26 giugno 2000 il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton organizzò una conferenza stampa, nel corso della quale sia Venter sia Collins annunciarono il completamento di una bozza del genoma umano, che si rivelò contenere tra i 30.000 e i 40.000 geni, un terzo di quelli indicati nelle prime stime, e 3,1 miliardi di basi circa. Gli Stati Uniti hanno fornito gran parte dei finanziamenti per questa impresa, spendendo 2,7 miliardi di dollari, seguiti dal Sanger Centre, che ha sequenziato il 30 % del genoma al costo di 235 milioni di dollari. Concluso il Progetto genoma umano, le tecniche e i metodi impiegati nel corso di questa impresa sono ora utilizzati per sequenziare i genomi di altri organismi. Manca comunque ancora un’analisi dei dati ottenuti in relazione al DNA umano e degli altri organismi.
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