VALENTINO, Gennaro
VALENTINO (Valentini), Gennaro. – Nacque presumibilmente a Napoli tra il 1776 e il 1777, da padre ignoto e da Cecilia Bussani. Scarne sono le notizie su questo personaggio, la cui breve vita sembra avere lasciato tracce solo nei pochi mesi compresi tra il 1798 e il 1799.
Alcuni lo definivano «principe della Spinosa» (Roma, Biblioteca Vallicelliana, Fondo Falzacappa, Z.75, cc. 159v, 160rv, 161rv), anche se è lecito avanzare dubbi sulla nobiltà delle sue origini (cfr. Diario dell’anni funesti..., a cura di M.T. Bonadonna Russo, 1995, p. 93, n. 198): si potrebbe supporre che Valentino vantasse un epiteto privo di fondamento o che stesse per sposare una discendente della famiglia Ruffo, titolare del feudo lucano di Spinoso. Certo invece è che giunse nella città pontificia qualche tempo prima dell’instaurazione della Repubblica Romana (15 febbraio 1798), in qualità di agente segreto del re Ferdinando IV di Napoli e della regina Maria Carolina, di cui qualcuno riteneva potesse essere l’amante (cfr. Gnoli, 1881). Inviato da questa «a procacciarle amicizie, ed aderenze, e le già esistenti ingrandire» (Racconti storici..., 1846, c. 157), si stabilì nel «cosiddetto Palazzetto Capranica su via dei Redentoristi, formante angolo con via dei Monteroni», presso l’abitazione del poeta Giuseppe Gioachino Belli, con cui era imparentato per parte del padre, Gaudenzio, e della madre, Luigia Mazio (S. Rebecchini, Giuseppe Gioacchino Belli e le sue dimore, Roma 1970, p. 19): un soggiorno tumultuoso, il cui ricordo inciderà non poco sull’infanzia del poeta romano, condizionandone gli orientamenti politici.
Noto ai francesi come sobillatore e partigiano borbonico, Valentino ricevette l’ordine di abbandonare Roma. L’apparente remissività nascondeva però ben altro atteggiamento. «Rientrato di soppiatto in città, travestendosi in diverse fogge, e più sovente da frate, coltivava operoso le clandestine relazioni col partito regio» (Racconti storici..., 1846, c. 157) e faceva di casa Belli «misterioso ricetto», «centro de’ suoi consigli», «deposito dei regi dispaccj» (così lo stesso Belli, in Teodonio, 1993, p. 29; cfr. anche L.A. Benedetti, Diario..., 1967, p. 403). E quando, nel novembre del 1798, la nuova congiuntura politica e militare provocata dalla campagna di Napoleone Bonaparte in Egitto ribaltò i rapporti di forza a Roma, a Valentino sembrò potersi realizzare il progetto, lungamente accarezzato, di vedere il centro del cattolicesimo legato indissolubilmente al Regno di Napoli. Il 14 Ferdinando IV aprì infatti formalmente le ostilità contro i francesi e il generale Jean-Étienne Championnet fu costretto ad abbandonare l’Urbe.
Secondo quanto notato da Benedetto Croce (1950, p. 160), non sembra che Valentino appartenesse ufficialmente all’esercito borbonico. La cronaca di Gaetano Rodinò annota come «da semplice privato cittadino» si trasformasse in generale e capo della guardia nazionale voluta dal re (Racconti storici..., 1846, c. 158). Dall’individuazione di un’inedita Memoria militare, firmata in calce dallo stesso Valentino, non datata e da lui dedicata a Maria Carolina «non come augusta regina di Napoli, ma come Maria Carolina d’Austria» (Archivio di Stato di Napoli, Archivio Borbone, fascio 244, cc. 596-633), emerge però un interessante Piano della guerra tra le Sicilie, e la Francia commissionatogli dalla regina.
Nel progetto Valentino espone e argomenta le migliori strategie per giungere a una rapida e inattesa invasione degli ex domini pontifici e suggerisce, in specie, le accortezze da adottare per «sapersi coll’altrui vantaggio approfittare del proprio, ed in fine l’ingrandire questo Regno con poca fatiga, e per sola eccellenza di ben pensare accompagnata dalla favorevole occasione» (c. 630r). Domina infatti la preoccupazione su «come a’ Romani si debba presentare un novello dominio, come dar loro leggi, ed incorporarne quel regno al nostro, onde formarne uno solo» (c. 606v), a dimostrazione dei reali obiettivi espansionistici di Ferdinando IV, formalmente rivolto solo alla difesa della religione cattolica e del papa re.
Il testo, poi adottato quasi alla lettera dalle milizie napoletane, evidenzia altresì la cultura storica, la formazione militare e la conoscenza dei confini regnicoli di Valentino, tratti del tutto contrastanti con l’immagine modesta proposta invece da Croce (che comunque non poteva conoscere la Memoria, visto che l’Archivio Borbone fu acquisito dall’Archivio di Stato di Napoli solo nel 1954, ovvero quattro anni dopo la pubblicazione dell’articolo in Quaderni della Critica).
In una Roma presidiata e in stato di guerra, ove ai napoletani veniva intimato di presentarsi al ministro della Giustizia pena l’arresto come spie del sovrano borbonico (Roma, Biblioteca Vallicelliana, Fondo Falzacappa, Z.75, c. 158), la notizia dell’arrivo delle forze controrivoluzionarie sui colli Albani, il 26 novembre 1798, rese finalmente possibile a Valentino di presentarsi come commissario di Ferdinando IV. Indossata la divisa di generale, uscì da palazzo Gabrielli «con montura nobile del Re», spiegando le bandiere borboniche e proclamando la fine dello stato d’assedio in Roma (c. 159v). Nonostante in qualche tafferuglio venisse preso di mira, il comandante repubblicano della guardia civica, Nicola Lasagni, non esitava a contattarlo nella speranza d’intavolare una qualche trattativa. Negando ogni possibilità d’intesa, Valentino si preoccupava piuttosto di predisporre l’accoglienza più onorevole per re Ferdinando, ormai a Frascati, e comunicava alla popolazione la sua avvenuta designazione, da parte del generale Karl Mack, a comandante delle truppe urbane (come veniva designata ormai la guardia nazionale sedentaria: Allocuzione al popolo di Roma, 2 dicembre 1798, in Collezione di carte pubbliche..., 1798, p. 276). In tale veste, predisponeva dunque una serie di misure a tutela del nuovo regime di occupazione, ordinava ai parroci di compilare l’elenco nominativo di tutti i romani abili alle armi e invitava i romani a riconoscere quale garante unico della religione e della patria il «sovrano invitissimo delle Due Sicilie» (ibid.). Con l’arrivo di Ferdinando, scortato da mille cavalli (Due diari..., a cura di C. Gasbarri - V.E. Gimbella, 1958, p. 117; A. Galimberti, Memorie..., a cura di L. Topi, 2004, p. 158), Valentino riceveva infine l’onore degli emblemi regi napoletani e la gratificazione di un regalo personale della regina, a lui riconoscente per avere per primo spiegata la bandiera del Regno a Roma; mancano invece riscontri documentari all’indicazione fornita da Croce, secondo il quale in quello stesso giorno Valentino sarebbe stato anche insignito del titolo di cavaliere costantiniano (Croce, 1950, p. 161; cfr. il fondo dell’Ordine depositato presso l’Archivio di Stato di Napoli).
Da quel momento, ogni azione di Valentino pare indirizzata a realizzare il piano d’impadronirsi della città e d’inglobarla nel Regno di Napoli. Stanno a fornirne simbolicamente la prova le apposizioni delle armi sovrane su tutti gli uffici, sui luoghi pubblici e sull’obelisco del Quirinale, secondo quanto non mancavano di sottolineare le menti più accorte (cfr. Il Monitore di Roma, 2 nevoso VII, 22 dicembre 1798, p. 228).
Nuovi eventi tumultuosi avrebbero però ribaltato l’incerta situazione, politica e militare, dell’Urbe, peraltro afflitta da continui disordini, ruberie, violenze e da reiterati attacchi contro il ghetto ebraico. Prendendo atto della condizione potenzialmente esplosiva della capitale, ai primi di dicembre Valentino ordinava ai romani la consegna delle armi presso la Dogana di terra, sede del quartier generale delle truppe urbane (Collezione di carte pubbliche..., 1798, pp. 283 s.), ma quello che poteva essere considerato da alcuni un allarmismo eccessivo – lo stesso che sconsigliava Ferdinando finanche dall’uscire da palazzo Farnese –, si tramutò in una percezione più che fondata con le vittorie conseguite dai francesi a Civita Castellana, a Otricoli, a Calvi. La fuga precipitosa del re da Roma, l’11 dicembre, suggellò la resa inesorabile dell’armata napoletana.
Tra quanti, compromessi con il breve governo borbonico, partirono come il sovrano alla volta del Regno di Napoli nella speranza di scampare così alla reazione dei francesi, vi furono anche i Belli, che, turbati proprio a causa dell’ospitalità offerta a Valentino, paventavano possibili rappresaglie (cfr. Teodonio, 1993, p. 32).
Nella situazione di sbandamento venutasi a creare alla metà del dicembre del 1798, anche il generale Valentino, dopo avere tentato di porsi a capo di un piccolo esercito di 4000 armati, provava a riunirsi ai congiunti fuggiti. Raggiunto dal commissario francese Louis-Auguste Walville, veniva però persuaso a tornare indietro, in nome della quiete pubblica e con la promessa della salvezza. Un proclama a doppia firma, con cui i romani erano incitati a mantenere la calma in attesa dei vincitori, starebbe a testimoniare questa sorta di tacito accordo tra i due (Collezione di carte pubbliche..., 1798, pp. 292 s.), anche se, di fatto, non è possibile stabilire con certezza se quest’ipotesi sia realmente fondata o piuttosto non si trattasse di un tranello (cfr. quanto annotato da Francesco Fortunati, in Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 10730, c. 273r). Sappiamo in ogni caso come lo stesso Walville, forse per mantenere la parola data, tentasse di occultare Valentino presso casa sua, al fine di sottrarlo all’arresto intimato dai Grandi Edili. Scoperto, il 15 dicembre Valentino era tradotto a Castel S. Angelo su ordine di Championnet, «in quanto un commissario non avea la facoltà di poter promettere una simile garanzia» (A. Galimberti, Memorie..., cit., p. 169; cfr. G.A. Sala, Diario romano..., 1980, p. 268).
Nel rinnovato clima d’intransigenza politica, dominato dall’ingombrante personalità di Antoine-René-Constance Bertolio, il timore che Valentino potesse guidare un «partito antirepubblicano» nell’ambito della guardia civica da lui stesso comandata aveva, presumibilmente, più di un fondamento (Il Monitore di Roma, 9 nevoso VII, 29 dicembre 1798, pp. 248 s.). Accusato di essere una spia del re di Napoli, di avere distribuito coccarde rosse, di avere fomentato la sedizione proponendo un giuramento agli ufficiali della Guardia nazionale, nonché «di aver indotto il popolo a scoprir le Madonne e suonar le campane gridando e facendo gridare allo stesso popolo Viva Ferdinando re di Napoli, uccidete i giacobini, morte ai francesi e finalmente aver provocato la rivolta contro le truppe francesi», Valentino veniva in fine condannato a morte dalla commissione militare (Collezione di carte pubbliche..., 1798, pp. 345-348; Il Monitore di Roma, 13 nevoso VII, 2 gennaio 1799, p. 259; Due diari..., cit., 1958, pp. 46 s.).
La sentenza – da cui si evince l’anno di nascita – venne stampata in 3000 copie scritte in italiano e in francese, ma a morte avvenuta. A nulla valsero infatti le richieste di grazia, avanzate da «moltissime persone». L’esecuzione capitale si tenne il 30 dicembre 1798 nella piazza della curia romana, a Monte Citorio, anche se Fortunati annota che egli fu finito, agonizzante, in barella (Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 10730, c. 272v).
Fonti avverse a Valentino ne sottolinearono, compiaciute, una fragilità emotiva sfociante nella codardia (Il Monitore di Roma, 13 nevoso VII, 2 gennaio 1799, pp. 259 s.); altre, all’opposto, ne esaltarono il coraggio (A. Galimberti, Memorie..., cit., p. 180; A. Verri, Vicende memorabili..., 1858, p. 416), denunciando il comportamento infame degli ex principe Francesco Borghese e conte Marescotti, che ne avrebbero oltraggiato pesantemente il cadavere.
Fonti e Bibl.: La ricerca presso l’Archivio di Stato di Napoli (ASN) – Sez. centrale, Piazzetta Grande Archivio; Sez. militare, Pizzofalcone – per verificare se Valentino avesse militato negli eserciti borbonici non ha prodotto risultati: a parte alcuni casi di evidente omonimia, né presso il fondo Libretti di vita e costumi né presso quello Riviste Antiche 1734-1806 si trovano riferimenti a Valentino; a esito analogo hanno condotto le indagini in Archivio Borbone, Carte della regina Maria Carolina, cc. 37-42 (gennaio 1793-dicembre 1798) e Carte del re Ferdinando IV, c. 113 (11 maggio 1798-11 maggio 1799), e nei fasci 238-240, relativi al generale Mack e alle operazioni effettuate in Roma nel 1798 al suo seguito. Presso lo stesso Archivio Borbone, fascio 244, si trova invece l’importante Memoria militare, cc. 596-633. Preziose informazioni si desumono inoltre dai Racconti storici di Gaetano Rodinò ad Aristide suo figlio (1846), I, cc. 154-159 (in Roma, Archivio privato Rodinò di Miglione, parzialmente riprodotto da B. Maresca, in Archivio storico per le province napoletane, VI (1881), 2, pp. 285 s.), a cui si possono aggiungere Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 10730: F. Fortunati, Avvenimenti sotto il pontificato di Pio VI dall’anno 1775 al 1800, cc. 249v, 250v-251r, 259v-260r, 272v-273r; Roma, Biblioteca Vallicelliana, Fondo Falzacappa, Z.75, cc. 155-170: Diario degli avvenimenti romani dal 23 dicembre 1798 all’11 dicembre 1798, passim. Cfr. inoltre Il Monitore di Roma, nn. 21 (27 glaciale anno VII [17 dicembre 1798]), p. 198; 24 (30 glaciale anno VII [20 dicembre 1798], p. 216; 27 (4 nevoso anno VII [24 dicembre 1798]), p. 236; 29 (9 nevoso anno VII [29 dicembre 1798]), pp. 248 s.; 30 (13 nevoso anno VII [2 gennaio 1799]), pp. 259-270; Gazzetta di Roma, nn. 20 (29 glaciale 1798 [19 dicembre 1798]) p. 154; 73 (4 messifero VII [22 giugno 1799], p. 594 (ove si segnala Valentino come di anni trentasei); Diario ordinario, nn. 2415 (8 dicembre 1798), pp. 9-14, 2417 (15 dicembre 1798), pp. 16 s., 19 s., 23; Collezione di carte pubbliche, proclami, editti, ragionamenti ed altre produzioni tendenti a consolidare la rigenerata Repubblica Romana, III, Roma 1798, pp. 273, 275-277, 279, 283 s., 292 s., 345-348; A. Verri, Vicende memorabili dal 1789 al 1801, Milano 1858, pp. 415 s.; Due diari della Repubblica Romana del 1798-1799, a cura di C. Gasbarri - V.E. Giuntella, Roma 1958, pp. X, 41, 43, 45-47, 114-118, 123, 126, 180; L.A. Benedetti, Diario dal 22 febbraio al 31 dicembre 1798, in D. Silvagni, La corte e la società romana nei secoli XVIII e XIX, I, Napoli 1967, pp. 403, 405-407, 414 s.; G.A. Sala, Diario romano degli anni 1798-1799, II, Roma 1980, pp. 245, 249, 261, 268, 270 (ristampa con premessa di V.E. Giuntella e Indice analitico di R. Tacus Lancia); Diario dell’anni funesti di Roma dall’anno MDCCXCIII al MDCCCXIV, a cura di M.T. Bonadonna Russo, Roma 1995, pp. 93 s., 101; A. Galimberti, Memorie dell’occupazione francese in Roma dal 1798 alla fine del 1802, a cura di L. Topi, Roma 2004, pp. 158, 167-169, 179 s. Nessun riferimento a Valentino invece in F. Frasca, La difesa della Repubblica Romana e la conquista del Regno di Napoli nei documenti delle Archives Nationales de Paris e del Service historiques de l’Armée de terre (Château de Vincennes), in Rassegna storica lucana, XVI (1996), 24, pp. 11-66.
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