SANFELICE, Gennaro
– Nacque a Napoli il 17 gennaio 1622, figlio secondogenito di Alfonso, signore di Lauriano, e di Laura Cicinelli e fu battezzato dal parroco di S. Angelo a Segno.
Suo fratello maggiore Giovanni Francesco fu insignito dal re Filippo IV del titolo di primo duca di Lauriano il 15 dicembre 1637. Gli altri fratelli furono Giuseppe, che entrò nell’Ordine di Malta; Alfonso, che ottenne una pensione sulle rendite dell’arcivescovato di Reggio; e Camilla, che entrò dapprima come educanda e vi si fece poi monaca, nel 1636, nel monastero della Ss. Trinità di Napoli.
Nel 1629, rimasto orfano del padre, visse con i fratelli presso il nonno paterno, l’insigne giurista e regio consigliere Giovanni Francesco, che insieme a sua sorella Giulia si occupò della loro educazione nella sua casa sita nel quartiere di S. Maria dell’Avvocata.
Avviato ben presto agli studi giuridici, come era nella tradizione della famiglia, Gennaro conseguì il titolo di dottore in utroque jure presso il Collegio dei dottori di Napoli, il 7 ottobre 1637. Nel frattempo frequentò la Congregazione della Natività della Vergine, detta anche dei cavalieri o dei nobili, nella casa professa dei gesuiti, sotto la guida spirituale del padre Francesco Macedonio, avviandosi in tal modo alla vita religiosa. Il 22 agosto 1638 prese la prima tonsura. Una volta ottenuti poi gli ordini sacerdotali, la sua carriera seguì le orme di quella di un cugino in linea paterna, Giuseppe Sanfelice, figlio dello zio Ottavio, che come lui era cresciuto nella casa del consigliere Giovanni Francesco e che nella Curia romana stava conseguendo un successo dopo l’altro: fu, infatti, prima governatore di Imola (1643) e Città di Castello (1644), poi vicelegato di Ferrara, governatore di Perugia (1650) e arcivescovo di Cosenza (1650-60). Quando si recò a Cosenza per insediarsi sulla cattedra episcopale, Gennaro gli fu accanto per coadiuvarlo nell’azione di governo pastorale. E quando, nel 1652, Giuseppe fu richiamato di nuovo a Roma dal pontefice per il conferimento della carica di nunzio a Colonia, Gennaro ne fece le veci come vicario diocesano, fino a ottenere, alla morte del cugino, su indicazione del cardinale Flavio Chigi nipote del papa, la nomina di vescovo sulla medesima diocesi di Cosenza, il 21 novembre 1661.
Celebrato dai contemporanei come prelato colto e virtuoso, si distinse, nel panorama per altro piuttosto opaco degli episcopati italiani di quegli anni, oltre che per le opere di carità e per il suo stile di vita morigerato, soprattutto come ligio interprete del dettato conciliare e sinodale. Difese le immunità ecclesiastiche e si impegnò con rigore nell’applicazione della disciplina del clero; svolse regolarmente visite pastorali e sinodi; monitorò con attenzione predicazione e attività catechetica dei parroci. Nel 1680 fece ristampare a proprie spese il volumetto Difensione del confessore giusto tenuto per aspro e scrupoloso del padre somasco Tommaso Teodoro Bianco, che era stato pubblicato a Napoli nel 1678, per distribuirla tra i confessori della sua diocesi e indirizzarne così la formazione e lo svolgimento del ministero in senso più rigorista. Fu in definitiva a tutti gli effetti quello che nella trattatistica coeva sarebbe stato definito un ‘buon vescovo’, zelante e scrupoloso.
Particolarmente impegnativo fu il ruolo che svolse in materia di rafforzamento delle prerogative episcopali nei confronti di quelle inquisitoriali fino ad allora delegate dal S. Uffizio di Roma all’abate di S. Sisto per la questione delle propaggini ereticali che si sospettava ancora esistessero tra le comunità valdesi insediate nei casali cosentini di S. Sisto e Vaccarizzo. Fu Sanfelice a decretare la fine dell’azione repressiva nei loro confronti e l’avvio di un processo di normalizzazione delle iniziative pastorali. A tale scopo costituì a Vaccarizzo una nuova parrocchia, in modo tale da garantire la presenza stabile sul territorio di un sacerdote che si sarebbe preso cura delle anime degli ‘ultramontani’.
Altrettanto impegnativa fu l’azione svolta a tutela delle prerogative episcopali nei confronti di quelle laiche rivendicate sia dall’università sia dal patriziato cittadino. Materia del contendere in quel caso furono il pagamento e l’elezione del predicatore quaresimale, di competenza dell’università, e la nomina dei governatori dei monasteri femminili di clausura delle Vergini, di S. Chiara e dello Spirito Santo, svolta nella prassi dalle famiglie nobili di Cosenza. Nel suo intento di conformare la vita religiosa e le strutture ecclesiastiche diocesane al modello tridentino, nel 1665 Sanfelice designò lui stesso il predicatore per la quaresima, così come previsto dalle norme del Concilio, e sequestrò ai governatori laici le chiavi dei tre monasteri, aprendo così la via a un contenzioso che le parti laiche in causa rimisero al giudizio del tribunale napoletano centrale della Real Giurisdizione. E fu lui stesso, l’anno dopo, a trovare una soluzione extragiudiziale alla vertenza, appellandosi alla mediazione dei gesuiti, chiamati a svolgere una missione nella diocesi che lasciò ampio spazio, sia sul piano del rituale sia su quello giurisdizionale, alle esigenze di legittimazione del potere episcopale reclamate da Sanfelice.
Quando l’abate Giovanni Battista Pacichelli, che stava preparando la stesura della sua opera Il Regno di Napoli in prospettiva, viaggiò per la Calabria nel periodo tra il 16 maggio e il 16 giugno del 1693, si recò in visita anche dell’arcivescovo di Cosenza. Lo trovò «in età molto matura», ormai ammalato e a letto da sei mesi. Sanfelice fece mostrare comunque all’ospite e con orgoglio la libreria in dotazione alla cattedrale e il suo famoso reliquiario.
Morì a Cosenza il 19 febbraio 1694, ancora nell’esercizio delle sue funzioni episcopali.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Napoli, Collegio dei Dottori, 10, c. 283; Napoli, Archivio storico diocesano, Sacra Patrimonia, 575/9987; Vicario delle monache, SS. Trinità delle monache, 339-A-192.
C. De Lellis, Discorsi delle famiglie nobili del Regno di Napoli, I, Parte prima, Napoli 1654, p. 327; D. Maza, Compendio della vita di monsignor Giuseppe Maria Sanfelice, arcivescovo di Cosenza e nunzio apostolico in Colonia, Napoli 1717, pp. 6, 28; G. Remondini, Della nolana ecclesiastica storia..., III, Napoli 1757, p. 438; R. Magdaleno, Titulos y privilegios de Nápoles (siglos XVI-XVIII), I, Onomastico, Valladolid 1980, p. 496; M. Mariotti, Istituzioni e vita della Chiesa nella Calabria moderna e contemporanea (documenti episcopali), Caltanissetta 1994, pp. 80, 87, 96, 107, 132; P. Scaramella, L’Inquisizione romana e i valdesi di Calabria (1554-1703), Napoli 1999, pp. 155-160; E. Novi Chavarria, Il governo delle anime. Azione pastorale, predicazione e missioni nel Mezzogiorno d’Italia. Secoli XVI-XVIII, Napoli 2001, pp. 137-139; Ead., Monache e gentildonne. Un labile confine. Poteri politici e identità religiose nei monasteri napoletani. Secoli XVI-XVII, Milano 2003, p. 44.