generazione Bataclan
(Generazione Bataclan), loc. s.le f. inv. I giovani che si sono identificati nei loro coetanei uccisi nell’attentato terroristico del 13 novembre 2015 nella sala concerto Bataclan di Parigi.
• Vogliono arrivare a dominare il mondo, ma il loro carburante principale sono l’odio, la recriminazione, la vendetta: contro il mondo intero. A loro, io credo, non basta opporsi con valori come il calcio, il rock, la movida, fragili orizzonti di tanti giovani europei di oggi, «festosi, aperti, cosmopoliti», la generazione Bataclan di cui parla «Libération». A loro bisogna opporsi rilanciando una concezione combattiva, severa e solidale, rivoluzionaria della democrazia, nuove utopie militanti, vitali e amorose, una nuova religione della libertà e della natura. (Giuseppe Conte, Secolo XIX, 19 novembre 2015, p. 1, Prima pagina) • «Se ci fosse bisogno di una ragione per restare in piedi, per batterci per i nostri principi e difendere la nazione, la ritroveremo nel loro ricordo. È perché amavano la vita che sono stati massacrati», dice [François] Hollande ribattezzando le vittime che avevano quasi tutte meno di 35 anni Generazione Bataclan. (Francesco De Remigis, Giornale, 28 novembre 2015, p. 5, Il Fatto) • [tit.] La generazione Bataclan e i giovani terroristi [testo] [...] Occorre notare anche che si tratta di mostri giovani, nati e cresciuti nelle stesse città, nello stesso universo mediatico e culturale cui appartengono le vittime, la «generazione Bataclan», centinaia di ragazzi uccisi mentre ascoltavano musica a Parigi, a Orlando, a Istanbul a Manchester, mentre passeggiavano sul lungomare di Nizza e facevano acquisti di Natale a Berlino. (Massimo Nava, Corriere della sera, 25 maggio 2017, p. 30, Analisi & commenti).
- Parzialmente adattato dall’espressione fr. génération Bataclan.