generare
Il verbo, di uso prevalente nel Convivio, vale " produrre ", " far nascere ", " originare ", sia in senso proprio, come atto di produzione naturale, che in senso traslato. Nella forma mediale passiva vale " prodursi ", " originarsi ", " nascere ", " esser prodotto, generato, creato ". Comunque la nozione di g. in D. è sempre entro la concezione aristotelico-scolastica di ‛ generazione ' (v.), intesa come passaggio dal non ente all'ente, trasformazione da un contrario al suo opposto, nei termini di una riduzione dalla potenza all'atto e sempre in riferimento a un sostrato cui la trasformazione inerisce. Opposta e correlata alla nozione di g. è quella di ‛ corrompere ', cioè di riduzione dall'ente al non ente: generatio - corruptio, generare - corrumpi erano infatti i termini tecnici, presenti in D. come generazione e corruzione, generare e corrompere, fare e disfare.
Va inoltre aggiunto che nel cosmo aristotelico l'avvicendarsi dei processi naturali nel mondo sublunare si configura come ininterrotta successione di generazione e corruzione, da cui il detto scolastico " corruptio unius est generatio alterius " (cfr. per quanto precede Arist. Gener. et corrupt. I 3, 317b 15 ss. " modo quidem aliquo ex non ente simpliciter generatur, modo autem alio ex ente semper. Potestate enim ens, actu autem non ens, necesse est praeexistere; quod dicitur utroque modo "; 319a 20 " alterius generatio semper in substantiis alterius corruptio, ex alterius corruptione alterius generatio "; Phys. I 7, 190a 33 ss. " oportet aliquid semper subiici quod fit... et substantiae quaecumque alla simpliciter entia ex quodam subiecto fiant... semper enim est aliquid quod subiicitur ex quo fit quod fit, ut plantae et animalia ex semine... oportet subiici aliquid contrariis, et contraria dua esse ").
In senso proprio, con la prevalente nozione di ‛ produzione o procreazione naturale ', il verbo è attestato più volte. In Cv IV X 8 D. si rifà al principio ontologico del g. esposto da Aristotele nel settimo de la Metafisica: " Quando una cosa si genera da un'altra, generasi di quella, essendo in quello essere ".
Qui D. riassume quanto è detto da Aristotele in Metaph. VII 8, 1033b 30 ss. (" generans tale quidem est quale generatum, nec tamen idem nec unum numero, sed unum in specie, ut in physicis, homo namque hominem generat, nisi quid praeter naturam fiat, ut equus mulum... Omnis vero iam talis species in his carnibus et ossibus Callias et Socrates; et diversa propter materiam... idem vero specie ") nel senso che la forma della specie presiede al generarsi dei vari individui, i quali se sono numericamente distinti e caratterizzati come individui dalla materia, sono tuttavia identici quanto all' ‛ essere ' o sostanza o forma della specie, che accomuna generante e generato.
L'atto del g. - oltre l'invariabilità della sostanza - presuppone l'intervento non solo del generante prossimo, ma dei cieli e di Dio, loro primo motore: Iddio cominciò lo mondo e spezialmente lo movimento del cielo, lo quale tutte le cose genera (Cv III XV 15).
D., oltre ad Aristotele, che aveva affermato che il nascere e perire delle cose era legato al moto dei cieli e in particolare al moto di accesso e recesso del sole (" Latio... faciet generationem incessanter, quia adducit et abducit generativum ", Gener. et corrupt. II 10, 336a 15 ss.), ha presente in questo luogo la versione cristianizzata del processo universale dall'Uno, qual era stato elaborato dalla tradizione platonizzante araba (cfr. Alb. Magno Nat. et or. animae I 3 " generans primum est caelum motum ab intellectu divino et separato et puro "; Animal. XX II 1 " prima... virtus quae est motoris primi, qui principium est totius universalitatis, est virtus eius quod movet tantum... et haec est quae formalis est et informat omnes alias... et haec virtus est communicata rebus, in quibus fit generatio secundum proportionem uniuscuiusque suscipientis ipsam "). Analoghe le occorrenze di Cv III VI 5 per le Intelligenze come spezialissime cagioni di ogni forma generata - cioè " soggetta a generazione " in quanto forma del mondo sublunare - e di II 6. In Pd XIII 65 le cose generate sono ugualmente le nature del mondo sublunare prodotte col concorso dei cieli (v. CONTINGENZA). Per l'influenza astrale e la Provvidenza divina che ne vanifica il ferreo determinismo, v. Pd VIII 134-135.
In Cv II VIII 3-4, D. vuol fondare in termini di filosofia naturale, con oggettiva determinazione, il suo passaggio dall'amore per Beatrice ‛ morta ' a quello per la Donna gentile ‛ viva '. Lo schema è appunto quello della generazione-corruzione, del loro continuo succedersi, e dell'influenza celeste che questa continuità garantisce. Sicché al ‛ corrompersi ' di un effetto d'amore indotto dalla virtù specifica del cielo di Venere deve seguire necessariamente il ‛ generarsi ' di un altro amore: ragionevole fu prima dire e ragionare la condizione de la parte che si corrompea, e poi quella de l'altra che si generava [proprio in quanto nel ritmo naturale non si dà generazione che non sia preceduta da una corruzione]... Potrebbe dire alcuno: ‛ Con ciò sia cosa che amore sia effetto di queste intelligenze a cu' io parlo, e quello di prima fosse amore così come questo di poi, perché la loro vertù corrompe l'uno e l'altro genera?... '. Per la soluzione del problema D. applica il principio generale della generazione continua del moto celeste - che per Aristotele " facit generationem incessanter " - al caso specifico del cielo di Venere. Siccome questo cielo conserva amore solo nei subietti che sono sottoposti a la loro circulazione (cioè esercita la sua influenza solo su quelle anime legate al corpo e perciò soggette agl'influssi astrali), una volta separata l'anima e ‛ corrotto ' il composto naturale, alla corruzione di un amore dovrà far succedere la generazione di un altro in un'anima in vita. Non diversamente dalla generazione umana, per cui l'uomo genera l'uomo " nec... idem nec unum numero, sed unum in specie " (Arist. Metaph. VII 8, 1033b 30, e cfr. Gen. anim. II 1, 731b 24 ss.), la generazione di amore per opera dei cieli si realizza in effetti distinti nel tempo, ma identici nella specie.
Altro principio attivo del g. è il luogo naturale, cioè quel luogo assegnato per natura a ciascun essere dell'universo e che per l'uomo s'identifica nel luogo di nascita: ciascuno naturalmente è di più virtuoso corpo ne lo luogo dove è generato... Onde... forza e vigore interamente de la terra in lui [Anteo] resurgeva, ne la quale e de la quale era esso generato (III III 6-7).
Si trattava di una teoria corrente nel Medioevo e che Alberto Magno spiegava: " locus est generationis principium activum... quia omne locatum se habet ad locum suum sicut materia ad formam... omnia corpora quae... sunt extra locum suae generationis... elongata sunt a principio suae conservationis et sui esse " (Nat. locor. I 1, ma sono da vedere tutti i capp. 1-5, e ancora Phys. IV I 10-11, Mineral. I I 8-9, III I 10; Ristoro d'Arezzo La composizione del mondo VII I 1-2, VIII IV 2-3).
Nel senso proprio di ‛ generazione naturale ' e ‛ procreazione ' è usato inoltre in Cv IV XXVII 4, III IX 4, If XXII 50, XXV 119, Pg III 120 e in Rime CIV 50 e 54, dove notevole è il richiamo alla generazione per imitazione o rispecchiamento (v. 54 mirando sé ne la chiara fontana, / generò questa che m'è più lontana), tema di netta ispirazione platonizzante e cristiana, ed estraneo alla teoria aristotelica della generazione, comunemente accolta da Dante.
Ancora in Cv IV XIV 8, a proposito dell'origine della nobiltà, è detto che se si generasse per oblivione, più tosto sarebbe generata la nobilitade quanto li uomini fossero più smemorati, per dimostrare che non è l'oblio a ‛ produrre ' la nobiltà.
In XV 3 è fatta ancora l'ipotesi degli avversari per i quali nobilitade non si genera di nuovo... (non generandosi di vile uomo in lui medesimo, né di vile padre in figlio), cioè la nobiltà non può essere di ‛ origine recente ' (qui di nuovo vale il latino noviter col valore post-classico di " recentemente ", opposto ad ab antiquo), in quanto non può darsi che un uomo ‛ divenga ' di vile nobile, né che da padre vile ‛ nasca ' figlio nobile. Tale ipotesi è un'impropria applicazione alla nobiltà della norma della generazione naturale, per cui l'unità della specie è garantita dall'unicità della forma. Infatti se la norma " generans tale... est quale generatum " vale l'uomo tale quale nasce, e tale nasce quale è lo padre, sicché tale quale fu lo primo generante, cioè Adamo, conviene essere tutta la umana generazione, applicato alla nobiltà diverrà (§ 4): se esso Adamo fu nobile, tutti siamo nobili, e se esso fu vile, tutti siamo vili; conclusione per assurdo in quanto ciò che vale per la sostanza uomo, non può valere per una sua affezione (nobiltà), soggetta alle regole della trasmutanza (§§ 3-4) cioè della trasmutatio- μεταβολή aristotelica, secondo la categoria della qualità.
In senso più ampio, col valore di " produrre ", " causare ", " originare ", e " originarsi ", " prodursi ", ricorre più volte, ma sempre in riferimento alla dottrina della generazione. Così in Cv III VII 12 il suo parlare... genera ne la mente di chi l'ode uno pensiero d'amore, agisce lo schema della generazione sostanziale per opera della virtù celeste che si esercita sulla materia già predisposta e ‛ inchoata ' (spirito celestiale, miraculosa donna di vertude, potenza seminata per buona natura, §§ 12-13). In I XII 3 si parla delle cagioni che sono state a generare e a confortare l'amore, che richiamano le immediatamente precedenti cagioni d'amore generative e accrescitive, nello stesso rapporto che intercorre tra generazione e aumento o crescita (Arist. Gener. et corrupt. I 5, e Avicenna Canon I I VI 2, dov'è detto della virtus generativa " ut remaneat species " e della virtus crescitiva " ut individuum remaneat ").
Allo stesso modo soggetti a generazione sono i sentimenti, le operazioni interne, le qualità essenziali ecc., dov'è sempre presente la nozione di un principio attivo del g.: così in Cv I III 7 La fama buona principalmente è generata da la buona operazione; 9 per lo 'nganno che riceve de la caritade in lei generata; 11 la imagine per sola fama generata; IV XXIX 6 [la statua che] genera la buona oppinione; in III XIII 9 'l primo studio, cioè quello per lo quale l'abito si genera, indica il ‛ prodursi ' di un abito, l'acquisizione graduale di un'attitudine, mediante l'esercizio e dietro lo stimolo di un primo impulso: così, in III XI 6, per il naturale amore che in ciascuno genera il desiderio di sapere, 7 l'amistà sopra la naturale generata, 11 la filosofia... generata per onestade. Analoghi i casi di If XVI 74 e Pg XXIII 35. In integrazione il verbo ricorre in Cv IV XVIII 4.
Più volte ricorrono i participi ‛ generante ' e ‛ generato ' con valore sostantivato. In Cv IV XIV 12 è detto che se la nobiltà fosse generata dall'oblio della bassa condizione, molte volte verrebbe prima lo generato che lo generante; che è del tutto impossibile, sicché nel caso di un uomo nobile memore delle sue basse origini (§ 13) prima sarebbe stata in lui [la nobiltà, cioè il ‛ generato '] che 'l generante suo fosse stato: e questo è massimamente impossibile. La coppia generante-generato è qui nell'uso tecnico del latino scolastico, ove generans-generatum o genitum rendevano l'aristotelico γεννῶν-γεννώμενον, nel rispettivo significato di " causa produttrice, motrice, efficiente " e di " effetto prodotto, causato " (cfr. Metaph. VII 8, 1033a 24 ss., e la parafrasi di Alb. Magno Metaph. VII II 7 " illud quod fit ab aliquo fit omne quod genitum est, hoc autem a quo fit, dico esse id unde est principium motus; et hoc est movens et faciens et generans "). Ovvia pertanto la priorità naturale del generante sul generato (cfr. per questo Aristotele Gen. anim. II 6, 742a 30 ss.). Con il significato di " genitore " in senso forte, ricorre in Cv IV XXI 4 la vertù formativa, la quale diede l'anima del generante, con riferimento alla virtù del seme paterno che presiede alla formazione dell'organismo vivente; ugualmente in Pg XXV 59 (la virtù ch'è dal cor del generante).
Ancora in Cv I XIII 4 Questo mio volgare fu congiugnitore de li miei generanti; III IX 4 sorella è detta quella femmina che da uno medesimo generante è generata; IV XV 3 lo primo generante, cioè Adamo; e Pd VIII 133-134 Natura generata... / generanti.