gender
<ǧèndë> s. ingl., usato in it. al masch. – Nelle scienze umane e sociali designa i molti e complessi modi in cui le differenze tra i sessi acquistano significato e diventano fattori strutturali. Lo studio del g. problematizza il dato dell’appartenenza sessuale, indagando i processi di costruzione sociale e le loro conseguenze sull’agire, sul relazionarsi e sull’interagire degli individui. Negli studi del secolo scorso si sono delineate due prospettive di analisi principali: quella essenzialista, che muove da una concezione biologicamente radicata di tali differenze, considerate come naturali e immutabili; e quella costruttivista, che si fonda invece su una concezione perlopiù sociale e culturale delle differenze, portando in partic. l’attenzione sui processi attraverso i quali gli individui vengono socializzati alla propria identità di genere. A partire dagli anni Novanta del secolo scorso, dopo gli studi di genere (gender studies) degli anni Settanta, le ricerche settoriali su omosessuali e lesbiche (queer studies) e sui cambi di genere (transgender studies) hanno condotto a un profondo rinnovamento nell’indagine sui vari campi e forme di relazionalità, e sulla combinazione e ibridazione tra maschile e femminile (B. Risman, Il genere come struttura sociale: teoria e attivismo a confronto, in Corpo e identità di gender, a cura di P. Terenzi, 2007). A partire dalla considerazione sociale del g. si è passati a problematizzare il concetto di identità e con esso quello di soggetto, alla luce delle potenzialità espressive e trasformative, che permettono metamorfosi e passaggi di identità sia sessuata sia di genere, originando un fluttuare che destabilizza le categorie identitarie consuete (passing). Gli studi recenti indagano ‘soggetti’ difficilmente inquadrabili secondo le categorie consuete: transgender, queer, gay, lesbiche, bisessuali, intersessuali. Il desiderio, né eterosessuale né omosessuale, è definito come mobile e, data la non coincidenza fra identità di g. e identità sessuale, origina una varietà di congiunzioni e distacchi nei quali il corpo del/della transgender, quale unità psicofisica, si esprime mediante mutazioni e trasformazioni (J. Butler, Gender trouble, 1990; trad it. Scambi di genere. Identità, sesso e desiderio, 2004). Tali stati, a loro volta, possono evolvere sia in bisogni identitari forti, legati alla genitalità fisico-biologica come validazione della scelta di g., sia, invece, nella paura della propria indeterminatezza raffrontata con l’eterosessualità binaria. Il corpo, manipolabile e trasformabile anche mediante tecniche mediche e chirurgiche, come avviene per es. a fini procreativi, è coinvolto in questa situazione rinnovata, e cambia di significato, di aspetto, di relazionalità. Il g. si inscrive in un più ampio ripensamento dei temi legati all’identità, al soggetto, alla sessualità, alla corporeità, che si coniugano con possibilità di espressione e trasformazione, in rapporto critico e innovativo con categorie che tendono a fissarsi e ad assumere forza regolativa e normativa. Nel dibattito attuale emergono posizioni che vanno da una teoria fluida e ‘nomade’ del g. (avvicinabile alla teoria del ‘soggetto nomade’ di Rosi Braidotti) fino alla proposta di rifiutare la categoria stessa di g. (J. Butler, Undoing gender, 2004; trad. it. La disfatta del genere, 2006).