Donati, Gemma
Moglie di D., nata non si sa esattamente in quale anno - ma si ritiene intorno al 1265 - dal cavaliere Manetto dei Donati. Ebbe vari fratelli, come risulta dal testamento materno: a quella data, febbraio 1315, oltre Gemma era in vita Teruccio; già defunti invece Foresino, che lasciava un figlio, Niccolò, il quale fu sempre molto vicino alla zia e ai cugini figli di D. di cui curò gl'interessi; e morto era anche Neri, che lasciava tre maschi, Manetto, Gerardo e Silvestro, e tre femmine, Lina, Giovanna e Maria. Nel medesimo testamento, monna Maria aveva disposto un lascito di 300 fiorini piccoli per sua figlia Gemma, da lucrarsi dopo la morte della testatrice e solo nel caso che D. avesse mantenuti indenni gli altri eredi da varie malleverie prestate da messer Manetto in vari mutui contratti da D. per una somma complessiva assai notevole.
A ristabilire il legame matrimoniale tra Alighieri e Donati, probabilmente giocarono fattori quali la vicinanza delle case delle due famiglie nello stesso popolo di S. Martino del Vescovo, e la contiguità delle proprietà agricole a Pagnolle; da escludersi ragioni finanziarie poiché la dote fu solo di 200 fiorini piccoli, una somma modesta, ma proporzionata all'esiguo patrimonio del marito, che consisteva in una porzione dei beni paterni. Si ignora quando ebbe luogo il matrimonio tra D. e Gemma: i più concordavano nel ritenere che fosse stato celebrato dopo il 1290, alla fine del periodo di traviamento seguito alla morte di Beatrice, ma un antico regesto dell'atto dotale anticipa questa data. Infatti il documento che stabiliva la dote di Gemma in 200 lire di fiorini piccoli, fu rogato il 9 febbraio 1277 dal notaio fiorentino ser Oberto Baldovini, ma questo non vuol significare che D. ebbe moglie in verdissima età, bensì che nel 1277 vennero stretti il parentado e gli accordi tra le due famiglie, mentre il matrimonio deve essere avvenuto tra il 1283 e il 1285. Questa conclusione è di molto peso per chi vuole considerare legittimo il maggiore d'età tra i figli di D., il Giovanni di Dante di Alighiero del documento lucchese del 1308. Dal matrimonio nacquero, forse per primo quel Giovanni di cui sopra, poi Iacopo e Pietro, e una femmina di nome Antonia, la quale fu suora nel monastero ravennate di S. Stefano degli Ulivi col nome di suor Beatrice.
Fu un matrimonio felice quello tra D. e Gemma? Può essere che certe incomprensioni e certe asperità dovute alla differenza di carattere, si acuissero durante l'esilio di D. fino a portare a una completa reciproca indifferenza e a una rottura. È noto il brano della biografia di D. scritta dal Boccaccio in cui quello scrittore, dopo aver esposti i danni del matrimonio, conclude che i due coniugi, partito D. per l'esilio, non si riunirono mai più, anzi si sfuggirono a vicenda: " Certo io non affermo queste cose a Dante essere avvenute, ché nol so, come ché sia vero che, o simili cose a queste, o altre che ne fossero cagione, egli, una volta da lei partitosi, che per consolazione dei suoi affanni gli era stata data, né mai dove ella fosse volle venire, né sofferse che là dove egli fosse ella venisse giammai, con tutto che di più figliuoli egli insieme con lei fosse parente ". Di qui la domanda che vari studiosi si posero soprattutto nel secolo scorso, se Gemma fu buona moglie, e le opposte risposte come quella dell'Imbriani che ritenne che D. avesse motivi per crederla pessima.
Dopo la morte di D., Gemma poté annualmente richiedere sui beni del defunto, sequestrati dal comune in seguito alla condanna, i frutti della dote che aveva portato sposandosi. Ecco così che il giudice sui beni dei ribelli, il 24 agosto 1329, le assegnò come frutti dotali, per quell'anno, 26 staia di grano da prelevarsi sul grano che Matteo di Tieri Dietisalvi pagava al comune per l'affitto dei beni confiscati a suo fratello Lapo, e nel maggio 1332, Pietro e Iacopo, nella spartizione patrimoniale con lo zio Francesco, promettevano di mantenere indenni i beni assegnati a questi da possibili molestie derivanti dalle rivendicazioni di quei diritti dotali. Nel novembre dello stesso anno, Iacopo Alighieri e Foresino Donati, vendendo per saldare un vecchio debito di D. alcuni appezzamenti di terra che si trovavano a Pagnolle, promettevano che Gemma e i suoi figli Antonia e Pietro avrebbero ratificato la vendita. L'anno appresso, Gemma istituì un procuratore per richiedere davanti al giudice sui beni dei ribelli i frutti della sua dote per quell'anno.
Di lì a un decennio Gemma, che ormai da lungo tempo aveva lasciato il popolo di S. Martino del Vescovo per trasferirsi in quello di S. Benedetto, morì, e il 9 gennaio 1343 Iacopo, come erede per metà della madre, pagava alla Camera del comune 15 fiorini d'oro per riscattare i terreni a Pagnolle dal sequestro gravante su di essi in seguito alla condanna di Dante;
Bibl. - G. Boccaccio, Vita di D., cap. VII; V. Imbriani, Fu una buona moglie Gemma Donati?, in " Rivista europea " IX (1878) 70-82; U. Dorini, Un nuovo documento concernente Gemma Donati, in " Bull. " IX (1902) 181-184; M. Barbi, Un altro figlio di D.?, in " Studi d. " V (1922) 15-17 (rist. in Problemi II 353-355); C. Schloss, D. e il suo secondo amore, Bologna 1928; Piattoli, Codice 42, 113, 146, 151, 153, 158, 183.