GELASIO I papa
Figlio di Valerio, africano, secondo il Liber Pontificalis, sebbene egli si professi romano, fu eletto papa il 1° marzo 492, quale successore di Felice III di cui era stato fido consigliere. Nessuna meraviglia, quindi, se dimostrò la medesima intransigenza di lui nei rapporti con Anastasio, imperatore d'Oriente, e con Eufemio, patriarca di Costantinopoli, divisi dall'Occidente causa lo scisma provocato dall'Enoticon di Zenone. Il Liber citato ricorda le basiliche da lui erette nei dintorni di Roma e a Tivoli e il suo amore per i poveri; Dionigi il Piccolo tesse della sua carità e del suo sapere un caldo elogio in una lettera. Si sa inoltre che si oppose all'instaurazione dei Lupercali romani patrocinata dal senatore Andromaco, al quale indirizzò in proposito una lettera; che fece inviare in esilio i manichei, novellamente scoperti a Roma, e bruciare i loro libri, e che si sforzò di convertire gli ultimi pelagiani che stavano in Dalmazia e nel Piceno. Morì il 21 novembre 496 e fu sepolto nella basilica di S. Pietro.
Le lettere furono stampate da A. Thiel, Epistolae Roman. Pontificum, ecc. (I, Brunsberg 1868, pp. 285-615); in Neues Archiv (V, p. 510, n. 2). S. Loewenfeld, Epistolae pontif. roman. ineditae (Lipsia 1885, pp.1-12), pubblicò 29 nuove lettere di Gelasio, la maggior parte piccoli biglietti, eleganti e concisi nella forma a somiglianza delle lettere familiari dei classici.
Porta il nome di Gelasio il Sacramentarium Gelasianum, libro liturgico che contiene le preghiere da dirsi dal sacerdote nella messa, sia fisse per tutti i giorni, sia variabili secondo i diversi tempi e festività dell'anno liturgico. Esso è contenuto in un gruppo di codici liturgici antichi, interi o frammentarî, che non portano il nome di Gelasio, è vero; pur tuttavia, nonostante le molte trasformazioni, sembra si possa realmente asserire che le parti principali del sacramentario risalgono a papa Gelasio; tanto più che il Lib. Pontificalis, buon testimonio per questo tempo, attesta che egli compilò un liber sacramentorum nel quale erano contenute le prefazioni e le orazioni della messa; e S. Gregorio Magno, circa un secolo dopo, emendò un sacramentario precedente (cfr. in proposito F. Cabrol, Gélasien (le Sacramentaire), in Dict. d'archéol. chrét. et de liturgie, VI, Parigi 1924, col. 747 segg., dove sono ricapitolate le conclusioni dei liturgisti e si ha la bibliografia in proposito).
Il cosiddetto "Decretum Gelasianum". - Nella forma attuale comprende 4 parti: 1. Un elenco dei sette doni dello Spirito Santo in Cristo, a cui fa seguito un catalogo dei diversi nomi reali e simbolici della seconda persona della Trinità e un testo di S. Agostino riguardante la processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio (in Evang. Ioh., IX, 7). 2. Il canone dei libri del Nuovo e dell'Antico Testamento. 3. Un breve trattato sul primato della Chiesa romana. 4. Il Decretum de libris recipiendis et non recipiendis, cioè un catalogo di quei libri che la Chiesa romana o permette di leggere (suscipi non prohibet), o che essa riprova quali opere di scismatici ed eretici (nullatenus recipit... a catholicis vitanda). Dal fatto che i più recenti tra gli autori proibiti siano Pietro Mongo (morto nel 489), Pietro Fullone (morto nel 488), Acacio (morto nel 489), e il semipelagiano Fausto di Riez (morto nel 493), e tra gli approvati S. Leone Magno (morto nel 461) e Prospero di Aquitania (morto nel 463), si dovrà conchiudere che il catalogo stesso avesse origine sulla fine del sec. V. Che esso non sia un decreto sinodale di papa Gelasio, a cui l'intera tradizione manoscritta lo attribuisce (solo i codici della collezione di canoni detta Hispana l'attribuiscono a Ormisda, morto nel 523) è cosa facile ad affermare, come fece il Dobschütz, ma difficile a provare. Quanto al resto del documento è da notare che i codici (dei quali nessuno per verità è più antico del sec. VIII) lo ascrivono a papa Damaso. I due primi paragrafi della prima parte possono essere stati presi da una lettera di Damaso. Il canone dei libri della S. Scrittura (seconda parte) sembra intimamente collegato per il contenuto con la quarta parte: cosicché anch'esso potrebbe provenire da un decreto di Gelasio. Il trattato sul primato (terza parte) presenta molti punti di contatto con un altro documento romano del sec. V, cioè con la prefazione alla collezione di canoni detta "Quesnelliana" (Patrol. Lat., LVI, coll. 367-372). Perciò, sebbene il documento intero si debba considerare come compilazione posteriore (probabilmente del sec. VI), non si è potuto finora dimostrare che la parte più importante di esso, cioè il catalogo dei libri approvati e riprovati dalla Chiesa romana, compreso il canone biblico, non sia un decreto sinodale di papa Gelasio.
L'unica edizione critica del decreto Gelasiano è quella di E. von Dobschütz, in Texte und Untersuchungen, n. 38 (1912), fasc. 4.
Bibl.: L. Duchesne, Liber Pontificalis, I, Parigi 1886, pp. cclxi, 255; id., L'Église au VIme siècle, Parigi 1925, p. 12 segg.; H. Grisar, Roma alla fine del mondo antico, Roma 1908, p. 455; O. Bardenhewer, Man. di patrologia, III, Roma 1908, p. 119 segg. - Per il decreto, v. J. Chapman, On the Decretum Gelasianum, in Rev. bénédictine, XXX (1913), pp. 187 segg., 315 segg.; H. v. Schubert, Gesch. der christl. Kirche im Frühmittelalter, I, Tubinga 1917, p. 78 segg.; P. Batiffol, Le Siège apostol., Parigi 1924, pp. 146-150.