Vedi GELA dell'anno: 1960 - 1973 - 1994
GELA (v.vol. III, p. 798 e S 1970, p. 341)
Le indagini archeologiche condotte negli ultimi anni a G. (1973-1988) hanno consentito l'acquisizione di nuovi dati fondamentali per la conoscenza delle varie fasi di vita della città antica e dei relativi assetti, topografico, urbanistico e architettonico, dai primi stanziamenti preistorici all'età ellenistica. L'area maggiormente indagata è stata quella dell'acropoli, sull'estremità E della collina: da questo e da altri settori adiacenti sono emersi rilevanti dati che concorrono a fornire un nuovo e più articolato quadro dell'impianto urbano - dalle origini all'età timoleontea - nei suoi rapporti con il territorio immediato.
La più antica testimonianza di frequentazione del sito, poi sede dell'acropoli greca, si è riscontrata in un'area di necropoli della prima Età del Rame a E dell’Athènaion arcaico (c.d. Tempio B): qui sono state messe in luce tombe a cameretta circolare precedute da pozzetto di accesso con caratteristiche analoghe a quelle rinvenute nella coeva necropoli esplorata da P. Orsi in contrada Piano Notaro, all'estremità opposta della collina di Gela. La scoperta della necropoli eneolitica ai limiti orientali della collina fa supporre che su tutta l'altura, da Piano Notaro a Molino a Vento, ci fossero insediamenti eneolitici con relative necropoli che ebbero continuità d'uso anche durante l'Età del Bronzo, come testimoniano consistenti tracce della facies castellucciana. Nuovi ritrovamenti di ceramica di VÏII-VII sec. hanno fornito ulteriori chiarimenti al problema del più antico insediamento rodio di Seredioi in rapporto alla ktìsis rodio-cretese del 689: di particolare interesse è una piccola fossa votiva costruita con lastre di pietra, contenente uri ' aryballos protocorinzio e un frammento di coppa rodia tardogeometrica, entrambi databili allo scorcio dell'VIII sec. a.C. Tale deposito votivo è stato riconosciuto come una favissa di reliquie consacrata dai primi coloni in relazione a un sacello primitivo in mattoni crudi, sui resti del quale fu eretto un edificio sacro della metà dell'VIII sec. a.C.
Più consistente è la documentazione archeologica relativa al primo periodo di vita della città, quando l'area sacra occupa l'estremità orientale della collina con una disposizione degli edifici che sembra già svilupparsi in senso E-O, cioè secondo l'originaria direttrice viaria principale - rispettata già dall'ubicazione dell’Athènaion arcaico - lungo la quale si organizzerà il regolare schema urbano del VI-V secolo. Appartengono a questa prima fase due edifici sacri di cui restano il basamento formato da sottili lastre di pietra o ciottoli fluviali; di essi il meglio conservato (edificio I) ha pianta tripartita e ingressi sui lati lunghi.
Già nella fase protoarcaica l'acropoli sembra avere avuto una sistemazione urbana con l'asse E-O adattato alla conformazione allungata della collina, probabilmente attraversata da una strada orientata in senso N-S, con all'interno alcuni spazi non edificati.
Verso la metà del VI sec. la sistemazione urbanistica va regolarizzandosi su due principali allineamenti paralleli con andamenti E-O, lungo la platèia e lungo un primo modesto terrazzamento a Ν di essa, su cui sorgono nuovi sacelli, prevalentemente a pianta longitudinale in direzione E-O, a cui sono connesse strutture funzionali. Contemporaneamente vengono impiantati i tracciati di alcuni stenopòi orientati in senso N-S. Al principio del V sec. avviene una completa e organica ristrutturazione dell'impianto urbano, con una più definita sistemazione a terrazzi del pendio Ν e con regolari isolati limitati da stenopòi N-S, larghi m 4 e distanti tra loro c.a 30-50 m, con una scansione quasi raddoppiata rispetto ai larghi intervalli tra gli stenopòi del VI sec. destinati ad assicurare una spazialità più vasta attorno ai principali edifici sacri. È interessante notare che alcuni stenopòi sia del VI sia del V sec. proseguono verso Ν oltre il pendio della collina, invadendo il piano sottostante (lo stenopòs VI, arcaico, lungo una deviazione a squadra verso Ν della cinta muraria arcaica all'estremità orientale della collina, e lo stenopòs III del V sec., realizzato al di sopra delle macerie e della cinta suddetta): la caratteristica di estendere la regolare maglia viaria della città vera e propria nelle aree suburbane si è potuta riscontrare anche in altre zone relative all'abitato di VI-V sec. (aree del c.d. scalo ferroviario e del Bosco Littorio). Anche nel corso del V sec. sorgono sull'acropoli nuovi tempietti e sacelli i quali manifestano una ripresa di schemi planimetrici di tradizione protoarcaica, a pianta trasversale ma con tecniche di costruzione più solide, in blocchi di arenaria. Un'eco di tali tendenze nell'architettura sacra di G. di questo periodo si è voluta riconoscere nella modifica apportata al Tesoro dei Geloi a Olimpia, con lo spostamento dell'ingresso sul lato lungo. Tra i risultati più significativi e innovativi dei recenti scavi sull'acropoli è senz'altro l'individuazione in tale zona di uno strato databile ai primi decenni del IV sec. a.C., con riuso e adattamento degli edifici distrutti dai Cartaginesi alla fine del V sec.: si tratta di una costruzione non molto accurata impostata sulle macerie di precedenti edifici di cui ripete la planimetria in maniera semplificata; lo strato di macerie si ispessisce verso Ν riducendo notevolmente il dislivello dei terrazzamenti preesistenti e invade la linea del muro ricostruito per l'estrema difesa della città e poi presto smantellato: circostanza questa che potrebbe essere messa in relazione alle condizioni del trattato tra Dionigi e i Cartaginesi secondo il quale le città distrutte dovevano restare prive di fortificazioni (Diod. Sic., XIII, 114). Nella seconda metà del IV sec., in età timoleontea, l'area dell'acropoli subisce un'ulteriore trasformazione: un massiccio e continuo riporto di terra uniforma ulteriormente i livelli annullando i terrazzamenti; vengono abolite alcune strade, altre ne vengono riadattate e prolungate, come lo stenopòs III al di sopra del basamento del Tempio B. Gli edifici si distribuiscono in maniera piuttosto incoerente e la zona si configura come area periferica destinata soprattutto a impianti artigianali. Solo nell'estremo settore orientale continua a essere frequentato qualche luogo di culto di antica tradizione. Il rinvenimento di una importante guancia marmorea di altare di stile ionico in località Molino di Pietro fa ritenere che il fulcro della vita religiosa in questo periodo si sia spostato al limite occidentale dell'acropoli, in coerenza peraltro con il nuovo disegno della città determinato dal rinnovamento timoleonteo che interessa l'intero settore occidentale della collina di G. coronata dalle grandiose fortificazioni di Capo Soprano.
Al di fuori dell'acropoli recenti scavi hanno interessato un quartiere di abitazioni dell'impianto timoleonteo messo in luce nel settore occidentale della collina (Via Meli), mentre interessanti insediamenti suburbani sono stati individuati sia a Ν sia a S della collina, rispettivamente nell'area dell'ex scalo ferroviario e del c.d. Bosco Littorio. Sulle falde SE della collina di G., tra la foce dell'omonimo fiume e la costa marina, in località Bosco Littorio, un complesso di edifici con basamento in pietra e alzato in mattoni crudi è stato connesso, specie nelle sue fasi più arcaiche risalenti al VII e VI sec., all'antico emporio, impostato forse al momento stesso dell'occupazione rodio-cretese, come dimostra la sequenza stratigrafica rilevata sul sito. Alcuni ambienti ben conservati e databili al V sec. a.C., costruiti in mattoni crudi, sono relativi a un isolato disposto su un allineamento attribuibile a una strada E-O fiancheggiata da strutture anche sul lato opposto.
Nella zona del vecchio scalo ferroviario, sulle pendici Ν della collina, in un'area immediatamente esterna alla linea tradizionalmente indicata come cinta muraria del V sec. a.C., è stato possibile rilevare l'esistenza di un complesso di edifici regolarmente organizzati in una maglia viaria definita da stenopòi N-S, che dalle estreme pendici della collina scendono al pianoro sottostante, e da un asse viario orientato in senso E-O. Si tratta soprattutto di edifici di culto con continuità di uso dal VI-V sec. al IV sec. a.C. e di ambienti destinati ad attività artigianali. I manufatti di coroplastica ivi rinvenuti, di produzione locale e spesso ispirati a modelli greci, fanno supporre l'esistenza di un'attività artigianale e di luoghi di culto destinati alle popolazioni rurali della contigua piana.
In conclusione, i dati rilevati dalle ricerche degli ultimi decenni a G. concorrono a definire una caratteristica diacronicamente costante dei processi insediativi sulla lunga e stretta collina che margina la costa a S, domina la piana a Ν ed è limitata a E dalla foce dell'omonimo fiume: l'occupazione della città si configura così in rapporto alla sua posizione marittima, fluviale e orografica. Le recentissime scoperte di nuclei di insediamenti suburbani regolarmente inseriti nelle maglie del reticolato urbano che dalla collina si estende alla piana circostante e sulla costa, evidenziano l'interesse dei Geloi per il controllo del territorio immediato, che diviene filtro dei rapporti e dei contatti tra l'elemento prettamente urbano e quello rurale della chòra all'interno, dei commerci e delle attività legate al mare verso la foce del fiume e la costa.
Coroplastica. - Sull'acropoli sono state rinvenute sei antefisse integre e altre frammentarie a maschera gorgonica, relative a un sacello posto al margine Ν della platèia sul primo terrazzamento e appartenenti a una tipologia nota a G. sullo scorcio del VI sec. a.C.: una di esse è interessante per la probabile applicazione della correzione ottica nel modellato.
Alla seconda metà del VI sec. a.C. si data un'arnia su cui è rappresentato un rilievo raffigurante un cavaliere incedente verso destra. Tra i materiali rinvenuti sull'acropoli va ricordata una testa di kòre (alt. cm 17,5) con kàlathos e una figurina femminile di divinità ritrovata all'interno di un sacello ricostruito all'inizio del IV sec. su un precedente edificio sacro del V sec. a.C., divinità verosimilmente legata al culto di Demetra o Atena Lìndia: entrambe possono essere datate alla fine del V sec. a.C. Sempre dall'acropoli provengono alcune statuette di Atena, relative al principale culto ivi tenuto dell'Atena Lìndia. Nell'area del c.d. scalo ferroviario sono state rinvenute terrecotte riferibili in parte alla produzione geloa e in parte con forti caratteri anellenici. Nel primo gruppo rientrano un frammento di arula databile tra il 550 e il 530 (alt. cm 27, lungh. originaria c.a cm 60) nel cui rilievo si è riconosciuto il gruppo di Eos e Cefalo, frammenti di antefisse a testa silenica databili verso il 460 a.C. Del secondo gruppo fa parte un frammento di base fittile in cui è rappresentata una figura accosciata dai tratti anellenici e espressa con linguaggio disorganico, databile al V sec. a.C.
Monte bubbonia. - Il sito, posto 20 km a NE di G., è noto per essere stato oggetto di scavi da parte di P. Orsi e D. Adamesteanu. Recenti scavi sull'acropoli hanno modificato lo stato di conoscenze e di lettura monumentale dei resti.
Per quanto riguarda il c.d. anàktoron scavato da P. Orsi e interpretato come un sacello arcaico da D. Adamesteanu, il quale vi rinvenne una serie di antefisse gorgoniche, è proseguita in questo ultimo decennio l'esplorazione dell'ampio edificio tripartito, identificato come una casermetta sorta nella seconda metà del IV sec. a.C.; la struttura esterna detta da Orsi «appendice trapezia» è ora interpretata come edificio indipendente e preesistente, in parte sottostante all'edificio del IV sec. a.C. la cui pianta farebbe pensare a un sacello rettangolare con bòthros, del VI-V sec. a.C., costruito in sostituzione di un altro sacello della metà del VI sec. a.C.
Bibl.: P. Orlandini, D. Adamesteanu, in NSc, i960, p. 68 ss.; 1962, p. 340 ss.; P. Orlandini, La più antica ceramica greca di Gela e il problema dei Lindioi, in CronAStorArt, II, 1963, p. 50 ss.; id., Gela. Topografia dei santuari e documentazione archeologica dei culti, in RIA, n.s., XV, 1968, p. 21 ss.; E. De Miro, Influenze cretesi nei santuari ctoni dell'area geloo-agrigentina, in Antichità Cretesi. Studi in onore di Doro Levi, II, Catania 1974, p. 202 ss.; E. De Miro, G. Fiorentini, Relazione sull'attività della Soprintendenza alle antichità di Agrigento (1972-1976), in Atti del IV Congresso internazionale di studi sulla Sicilia antica, Palermo-Malta 1976 (Kokalos, XXII-XXIII, 1976-1977), Roma 1978, p. 430 ss.; iid., Gela nell'VIII e VII sec. a.C., in CronAStorAnt, XVII, 1978, p. 90 ss.; iid., Gela protoarcaica, in ASAtene, LXI, 1983, p. 54 ss.; E. De Miro, v. Tusa, Sicilia occidentale, Roma 1983, p. 206 ss.; G. Fiorentini, Gela. La città antica e il suo territorio, Palermo 1985; E. De Miro, Ceroplastica del VI e V sec. a.C., in Hestiasis. Studi di tarda antichità offerti a Salvatore Calderone, Messina 1988, p. 387 ss.
Su Monte Bubbonia: E. De Miro, in Atti del III congresso internazionale di studi sulla Sicilia Antica, Palermo-Tunisi 1972 (Kokalos, XVII-XIX, 1972-1973), Palermo 1975, p. 245 ss.; D. Pancucci, Monte Bubbonia. Scavi 1972-1975, in Kokalos, XXII-XXIII, 1976-1977, p. 470 ss.; id., Recenti scavi sull'acropoli di Monte Bubbonia (1976-1979), ibid., XXVI-XXVII, 1980, p. 649 ss.