CHINARD (Chinardus, Cynardus, Cinardus, Genardus, Echinard), Gazo
Apparteneva a una nobile famiglia franco-cipriota, trasferitasi nel Regno di Sicilia negli anni successivi al 1232, ed era nipote di Filippo Chinard, il quale come ammiraglio comandò la flotta siciliana nel decennio tra il 1256 e il 1266. Lo Ch. nacque probabilmente intorno al 1230, dato che nel 1255 compare per la prima volta attivamente sulla scena politica. Insieme con lo zio Filippo ed altri nobili franco-ciprioti, appoggiò il tentativo di Manfredi di restaurare la dominazione sveva nell'Italia meridionale. Perciò Alessandro IV gli minacciò nel febbraio del 1255 la scomunica. Come premio per il sostegno politico garantitogli, Manfredi gli concesse in feudo la città di Bitetto, nonostante che questa facesse parte della mensa arcivescovile di Monreale. Quando Filippo Chinard, come luogotenente di Manfredi, amministrò l'isola di Corfù e la dote albanese della sua seconda moglie Elena di Epiro, anche lo Ch., come del resto altri nobili franco-ciprioti, sembra aver operato in quelle zone come castellano o capitano del re di Sicilia.
Dopo la svolta politica del 1266 - la morte cioè di Manfredi nella battaglia di Benevento - lo Ch. perse la città di Bitetto, che tornò al capitolo di Monreale dopo la causa da quest'ultimo intentata per la sua restituzione. Comunque, dopo l'assassinio dello zio Filippo a Corfù nell'autunno del 1266, lo Ch. entrò in stretti rapporti con il nuovo re di Sicilia, Carlo I d'Angiò, il quale doveva considerare i cavalieri ciprioti, per le posizioni avanzate che tenevano nell'Adriatico e oltre, preziosi alleati per la sua politica orientale, anche se fino a poco tempo prima avevano appoggiato il suo avversario Manfredi. Già il 16 genn. 1267 Carlo I nominò lo Ch. capitano generale a Corfù, sostituendolo però due mesi più tardi, nel marzo, con Guarniero Alemanno, il quale aveva ricoperto una carica analoga sotto Filippo Chinard e costituiva perciò una garanzia migliore per la continuità della dominazione latina.
Lo Ch. continuò a servire Carlo I ed entrò nella corte regia come familiare al più tardi nel 1269; nello stesso tempo fu investito del feudo di Terlizzi, un tempo appartenuto ai suoi parenti Giovanni Galvano e Filippo Chinard, e di quello di Loseto presso Bari, feudi che conservò fino alla morte.
Come collaboratore e consigliere di Carlo I lo Ch. si interessò soprattutto della politica orientale del monarca. Nel giugno del 1269 si recò in Terra d'Otranto per scegliere i cavalieri che dovevano far parte dell'esercito da inviare in Acaia. Nel giugno del 1271 si trasferì in Albania, in veste di capitaneus Albanie del re angioino, il quale in tal modo mostrava chiaramente di voler trasformare i suoi capisaldi albanesi in dominio permanente. Favorito dalla morte di Michele II despota di Epiro, avvenuta nello stesso anno, e potendo contare su un cospicuo contingente di cavalieri e su rifornimenti regolari messigli a disposizione da Carlo I, lo Ch. non solo fu in grado di conquistare Durazzo, importante piazzaforte marittima fino ad allora ostile all'Angiò, ma anche di penetrare nell'interno del paese fino a Berat, dove si erano attestati i figli di Filippo Chinard. Dopo la conquista di Berat questi furono inviati alla corte regia di Aversa, insieme con ostaggi greci. Ma il successo politico più grande riportato dallo Ch. fu indubbiamente quello di aver indotto una consistente parte dell'oligarchia albanese di fede latina ad eleggere Carlo d'Angiò all'inizio del 1272 re d'Albania e di aver vanificato nello stesso tempo i tentativi dell'imperatore bizantino Michele VIII Paleologo di conquistare alla sua causa la popolazione greca. Il 25 febbr. 1272 lo Ch. ricevette da Carlo d'Angiò, insieme con il titolo di "regni Albanie vicarius generalis", più ampi poteri che gli consentivano di far fronte alla nuova situazione. Non poté tuttavia impedire che successivamente si creassero tensioni di una certa entità contro il suo governo, soprattutto a causa degli abusi commessi nei confronti della popolazione e della Chiesa di Durazzo dai suoi funzionari, in particolare dal suo maresciallo, e dall'erario. Ma nel complesso egli poté consegnare al suo successore Anselme de Caen, che lo sostituì il 13 maggio 1273 come capitano e vicario generale del regno d'Albania, una base abbastanza sicura per la politica orientale di Carlo d'Angiò.
Rientrato nei suoi feudi pugliesi di Terlizzi e Loseto, lo Ch. prestò regolarmente i servizi feudali dovuti che riguardavano soprattutto l'equipaggiamento della flotta. Come feudatario e produttore agricolo intratteneva stretti rapporti con l'Albania e Corfù. Ottenne licenze per l'esportazione del grano e sappiamo che nel 1277importava sia dall'Albania sia da Corfù bestiame da tiro. Nel 1278-79 fu uno degli esecutori testamentari di Giovanni de Clary, che era stato come lui luogotenente di Carlo I a Corfù. Nell'ottobre del 1279 fucastellano di Bari.Dopo lo scoppio del Vespro siciliano Carlo I lo nominò il 28 ott. 1282 da Reggio Calabria capitano di tutte le galere, barche e taridi che dovevano essere armate in Puglia e in Abruzzo. Già nel mese successivo lo Ch. predispose le navi per l'ambasceria angioina a Venezia e fece riparare sedici galere e cento barche per la spedizione in Sicilia progettata per la successiva primavera. Insieme con il giustiziere di Terra d'Otranto, Filippo di Herville, era anche incaricato della difesa dei porti di Terra d'Otranto contro gli attacchi della flotta aragonese. Dal febbraio del 1283 in poi diventarono sempre più insistenti le sollecitazioni del principe ereditario Carlo di Salerno che aspettava il soccorso della flotta nella Calabria meridionale. Nel marzo arrivò l'ordine di fare controllare i protontini delle singole città impegnati nell'armamento della flotta da colleghi di nuova nomina per impedire malversazioni. Nell'aprile lo Ch. stesso fece la proposta di reclutare per il servizio nella flotta tutti gli abitanti idonei residenti in Puglia e in Abruzzo entro dieci miglia dalla costa. Tuttavia, nonostante che il principe di Salerno mettesse a disposizione ancora una volta 6.000 once d'oro per l'approvvigionamento degli equipaggi, lo Ch. non era evidentemente in grado di inviare in Calabria i contingenti navali della Puglia e dell'Abruzzo prima che il principe si ritirasse dalla provincia. Al riguardo non abbiamo notizie sicure, possiamo supporre che proprio per questo insuccesso il 12 giugno 1283, per suo espresso desiderio, lo Ch. fosse sostituito nel comando della flotta pugliese-abruzzese dal conte Ugo di Brienne.
Non cadde però in disgrazia. Nel dicembre del 1283, insieme con l'arcivescovo di Bari, riscosse in Terra di Bari un'imposta straordinaria per la spedizione militare in Sicilia, progetto non ancora abbandonato; nell'agosto 1284 Carlo I lo inviò nelle province di Terra di Bari e Terra d'Otranto per incitare la popolazione alla resistenza, dopo gli insuccessi militari dei mesi precedenti. Nello stesso mese, insieme con il giustiziere di Terra d'Otranto, condusse un'inchiesta a Taranto per scoprire e punire gli autori dei disordini scoppiati nella città dopo la cattura del principe Carlo di Salerno.
Nel 1288 presentò il resoconto delle spese sostenute nel periodo in cui aveva comandato la flotta pugliese-abruzzese. Come barone della Terra d'Otranto nel 1290 fu invitato al Parlamento convocato a Melfi. È questa l'ultima notizia che lo riguarda. Morì tra il 1290 e il 1294.
Al momento della morte era sposato con Isabella de Montegny che gli sopravisse per più di dieci anni. Nel giugno 1294 Carlo II condonò ai figli del C., i cui nomi non sono tramandati, ma che ancora nel 1305 detenevano feudi in Terra di Bari, alcuni debiti del padre nei confronti della Camera risultanti dai resoconti relativi agli uffici ricoperti dallo Ch. a partire dal tempo del capitanato a Corfú. I feudi di Terlizzi e di Loseto già nel 1294 risultano assegnati a Guglielmo Bolardo, un parente dello Ch., che nel 1301divenne maresciallo del Regno di Sicilia.
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