GAVI, Enrico, marchese di
Figlio di Rainerio di Giovanni, marchese di Gavi, secondo l'albero genealogico della casata redatto dall'annalista Jacopo Doria (edito dal Desimoni, Sulle marche d'Italia, p. 307).
Il nonno paterno Giovanni, esponente della casata marchionale signora di Gavi (presso Alessandria), è segnalato per la prima volta in un documento del gennaio 1150, quando, insieme con il padre Alberto e con i fratelli Guglielmo e Manfredo giurò la "Compagna" di Genova, promettendo di farsi cittadino, esentando gli uomini del vescovado genovese dall'obbligo di pagare il pedaggio riscosso sulla strada per Gavi e impegnandosi altresì a proteggere le merci genovesi transitanti per il suo feudo; fu presente a Gavi, il 15 ag. 1172, nella chiesa di S. Giacomo, alla cerimonia in cui i procuratori del Comune di Alessandria giurarono fedeltà a suo padre Alberto e ai suoi fratelli "ut mos est vassallorum pro domino iurare", impegnandosi anche a permettere che gli uomini di Gavi tenessero il "mercatum grani". Sempre insieme con il padre e i fratelli (12 apr. 1173), Giovanni promise per cinque anni di non pretendere pedaggi sulle merci dei Genovesi, di consegnare il castello di Gavi in caso di guerra, eccetto che contro Pavia, e di permettere libero transito anche agli abitanti di Alessandria e Tortona. Giovanni, che fu anche al seguito dell'imperatore Federico I e assistette come testimone in San Miniato a un diploma imperiale, emanato il 20 genn. 1178 in favore del monastero di S. Salvatore sul monte Amiata, in un documento del giugno 1181 risulta ormai deceduto.
Lo zio paterno del G., Guido, è ricordato negli anni Novanta del sec. XII quando, insieme con i suoi consorti, tentò in varie occasioni di riprendere possesso del territorio di Gavi che era stato assegnato in feudo al Comune di Genova dall'imperatore Enrico VI (1191). I tentativi di riaffermazione delle proprie prerogative da parte dei marchesi di Gavi si inseriscono nel più vasto conflitto tra Tortona e Genova per il controllo del crinale appenninico. Nel 1198, infatti, Guido si alleò con Tortona contro Genova, riuscì - insieme con alcuni "latrunculi" (secondo la definizione usata dall'annalista genovese) - a penetrare all'interno della cinta muraria di Gavi, da dove però fu cacciato dalle milizie al soldo del Comune ligure e si rifugiò poi nel castello "taxariae", in seguito distrutto dall'esercito genovese.
Guido era già morto nel 1202, quando il padre del G., Rainerio, in un atto del 16 settembre, insieme con i fratelli Alberto e Guglielmo, e anche a nome dei loro nipoti, figli del fu Guido, rinunziò al Comune di Genova tutti i diritti sul castello e sul borgo di Gavi. Il 18 sett. 1202 Guglielmo e Rainerio costituirono il loro fratello Alberto come procuratore per far prestare al Comune di Genova il giuramento di fedeltà da parte degli uomini di Alessandria e di Gavi, un tempo a loro soggetti; in tal modo, essi rinunciarono anche formalmente alla signoria sul castello e sul borgo di Gavi. Il 25 settembre confermavano tutti insieme, sempre al Comune genovese, il possesso di Montaldo, Tassarolo, Gattorba, Aimelio, Pastorana e Croce. Due giorni dopo, nella città di Alessandria, Alberto e Rainerio, anche a nome del fratello Guglielmo, liberavano gli uomini di quel Comune dall'obbligo del giuramento di fedeltà nei loro confronti. Per la rinuncia ai diritti su Gavi il Comune genovese sborsò la cifra considerevole di 3200 libbre di genovini, parte delle quali furono investite nell'acquisto di terre appartenenti a Niccolò Doria, presso il quartiere cittadino di S. Matteo, controllato dalla famiglia Doria; questo atto segna l'ingresso in città dei marchesi, che, privati di ogni loro prerogativa feudale, furono accolti a pieno titolo tra i membri della classe dirigente cittadina. Rainerio investì una parte della somma ricevuta (583 libbre di genovini) nell'acquisto di alcune terre ad Albaro, località nei pressi di Genova.
Il G. partecipò attivamente alla vita politica del Comune genovese: il 20 ott. 1251 fu infatti tra i membri del consilium che sottoscrissero l'accordo tra i Comuni di Genova, Firenze e Lucca contro la rivale Pisa; mentre il 22 marzo 1252 fu presente, come consiliarius, all'atto in cui il podestà di Genova, Guiscardo di Pietrasanta, promise ai rappresentanti degli uomini di Breglio di restituire loro i diritti e gli introiti su boschi e pascoli che erano stati confiscati dal Comune di Genova e da quello di Ventimiglia. Il 15 luglio 1254 approvò la nomina di Enrico del Bisagno, scriba del Comune, come ambasciatore genovese, per affidare a Firenze l'arbitrato nella lotta tra Genova e Pisa; il 17 nov. 1256, sempre come consiliarius, sottoscrisse la ratifica dell'operato di Simone Guercio e Nicola Cicala, ammiragli della flotta genovese, che avevano stipulato un accordo sia con Guglielmo, fratello consobrino del fu Chiano, marchese di Massa e giudice di Cagliari, sia con gli uomini di Santa Igia.
Nel 1264 il G. fu incaricato di stendere gli Annali del Comune, entrando nella commissione a tale scopo costituita e formata, oltre che da lui, da Lanfranco Pignolo, Guglielmo di Multedo e Marino Usodimare. A partire dal 1225, anno in cui era morto il cronista ufficiale, Marchisio scriba, la stesura degli Annali era stata affidata collegialmente a membri della Cancelleria del Comune, definiti in modo generico "quosdam viros sapientes". Non è possibile ricostruire i motivi per cui si decise di nominare una commissione ristretta a quattro membri né perché venissero scelti questi personaggi (di cui due, il Pignolo e il Multedo, erano abili giureconsulti, mentre il G. e Marino Usodimare sono definiti genericamente "layci fide digni"). Probabilmente il G. dovette rappresentare il punto di vista della consorteria doriana, alla quale i Gavi erano da tempo legati sia per ragioni di appartenenza topografica (si erano stabiliti agli inizi del secolo nel quartiere di S. Matteo, residenza abituale della fazione dei Doria) sia per vincoli matrimoniali (un Simone Doria aveva sposato nel 1254 Contessina, sorella di Giacomo di Gavi).
Dopo un breve prologo, in cui si afferma il proposito di voler registrare non solo gli avvenimenti lieti che possano servire di insegnamento alle future generazioni, ma tutto quanto è avvenuto a Genova "tam de prospere gestis quam etiam de adversis", la cronaca stesa da questi annalisti comprende gli anni 1264-65 e abbraccia un momento di transizione per il Comune, desideroso di difendere la propria neutralità nel conflitto ormai imminente tra Manfredi, re di Sicilia (regione in cui i traffici genovesi erano fiorenti) e Carlo d'Angiò, che stava scendendo in Italia, forte dell'appoggio pontificio. Il Comune conobbe anche una riforma elettorale che prevedeva la distribuzione delle cariche più importanti alle famiglie guelfe (Fieschi e Grimaldi), riservando a quelle ghibelline (Doria e Spinola) solo una parte di esse. Nell'ottobre 1265 la rivolta guidata da Oberto Spinola, soffocata in breve tempo, evidenziò la fragilità di queste soluzioni istituzionali. Il racconto, "un po' sconnesso ed ineguale nelle sue parti" non osserva nell'esposizione dei fatti l'ordine cronologico rigoroso, in quanto preferisce ribadire e difendere le scelte politiche del Comune, dimostrando che gli annalisti non erano semplici interpreti del pensiero del potere cittadino, ma "partecipi senza dubbio alle deliberazioni che le hanno determinate e forse consiglieri autorevoli di quella politica" (cfr. Annali…, pp. LXIII s.).
Nel 1266 la commissione fu rinnovata parzialmente, per cui il G. uscì di carica insieme con il Pignolo. Non si hanno altre notizie su di lui, che risulta morto da un documento del 2 luglio 1274. Stando alla tavola edita dal Desimoni (Sulle marched'Italia, p. 307), il G. aveva avuto due figli, Alberto e Grimaldo. Il 18 genn. 1281 Verdina, vedova del G., e risposatasi con Enrico Nepitella, costituiva un procuratore nella lite che la opponeva a Grimaldo dei Gavi.
Gli atti notarili genovesi ricordano negli stessi anni un altro Enrico, esponente dello stesso casato, che il 23 genn. 1276 diede in locazione a un giurisperito i diritti che deteneva su Porto Maurizio; il 21 genn. 1278 lo stesso personaggio diede in affitto una taverna, situata nel quartiere extramurario di S. Martino di Albaro (cfr. Codice diplomatico…, p. 55).
Ancora un Enrichetto marchese di Gavi, figlio di Guglielmo, è ricordato in un atto del 1° maggio 1252, quando, insieme con Giovanni, figlio di Opizzo, diede procura al suo consorte Alberto per cedere la sua quota di Rocca Grimalda con annessa giurisdizione.
Fonti e Bibl.: Liber iurium Reipublicae Genuensis, a cura di E. Ricotti, in Monumenta historiae patriae, VII, Augustae Taurinorum 1854, docc. 156, col. 146; 293, coll. 271 s.; 297, coll. 274-276 (per Giovanni di Alberto); 448, col. 482 (per Guido); 449, col. 489; 451 s., coll. 490-492; 474, col. 519 (per Guido); 479, col. 519; 490, coll. 538 s. (per Rainerio di Giovanni); 824, col. 1117; 828, col. 1141; 855, col. 1184; 892, col. 1246; 893, col. 1250; Annali genovesi di Caffaro e dei suoi continuatori, a cura di L.T. Belgrano - C. Imperiale di Sant'Angelo, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], XI-XIV, Roma 1890-1929, II, p. 74 (per Guido); III, p. 176; IV, pp. LIII s., LXIII s., 65; C. Desimoni, Documenti ed estratti di documenti per la storia di Gavi, Alessandria 1896, pp. 34 (per Giovanni di Alberto), 37 s., 42, 58 s., 70, 85 (per Guido), 138 (per Enrichetto di Guglielmo); Id., Sulle marche d'Italia, in Atti della Soc. ligure di storia patria, XXVIII (1896), pp. 102 s., 307, tav. V; Codice diplomatico delle relazioni tra la Liguria la Toscana e la Lunigiana ai tempi di Dante, a cura di A. Ferretto, ibid., XXXI (1901-03), ad ind.; Liber magistri Salomonis, Sacri Palatii notarii (1222-26), a cura di A. Ferretto, ibid., XXXVI (1906), ad ind.; Documenti di Novi e Valle Scrivia (946-1260), a cura di A. Ferretto, in Bibl. della Soc. stor. subalpina, LI, Pinerolo 1910, docc. 178, pp. 137 s.; 203, pp. 161 ss.; 349, p. 269 (per Guido); Cartario Alessandrino fino al 1300, a cura di F. Gasparolo, ibid., CXV, Torino 1930, doc. 223, p. 48; C. Desimoni, Annali storici della città di Gavi…, Alessandria 1896, pp. 11, 20 s., 27 s., 33 s., 36 e passim; G. Balbi, La storiografia genovese fino al secolo XV, in Studi sul Medioevo cristiano offerti a Raffaello Morghen, II, Roma 1974, p. 814; Id., Caffaro e la cronachistica genovese, Genova 1982, p. 64; Diz. biogr. degli Italiani, s.v.Alberto, marchese di Gavi; Rep. fontium hist. Medii Aevi, II, pp. 291 s., s.v.Annales Ianuenses.