FERRARI, Gaudenzio
Nacque a Valduggia, nella bassa Valsesia (prov. Vercelli), dal magister Lanfranco e da sua moglie, della casata dei Vinci (Vinzio). Sebbene l'attestato di morte del 1546 registri che il F. era all'epoca "annorum circa 75" (Motta, 1888, p. 43), e ne collochi quindi la data di nascita al 1471, quasi tutta la letteratura più recente è stata concorde nel posticipare di almeno cinque anni tale termine, per via della mancanza di documenti riguardanti l'artista anteriori al 1508 e per le caratteristiche stilistiche relative alla sua opera giovanile.
Definire la formazione del F. è ancora impresa ardua, si può accogliere l'indicazione lomazziana relativa all'apprendistato del F. presso Stefano Scotto, ascrivendo al maestro e al suo allievo un itinerario che, da Milano alla Valsesia e all'area comasco-valtellinese-ticinese, con connessioni allacciate anche con il Piemonte occidentale - segnatamente con Martino Spanzotti -, tra gli anni Ottanta e Novanta del Quattrocento univa tra loro le diverse botteghe e perfino sovrapponeva le specializzazioni.
La mano del giovane F., aiuto di un maestro milanese, è stata riconosciuta nel cosiddetto sacello della Vergine di Varallo Sesia, parte dell'originario complesso che diventerà il Sacro Monte.
Qui le due coppie di angeli in preghiera affiancate alla scena dell'Assunzione presentanotali novità di invenzione, "che par crescere con cadenze piemontesi su di un complesso clima culturale lombardo" già permeato di solide assimilazioni bramantiane (Testori, in Mostra di G. F., 1956, pp. 23, 91) da non poter essere riferite al maestro milanese cui si deve il resto della composizione, evidenziando invece uno dei primi interventi del giovanissimo F., più o meno intorno al 1493.
Problemi stilistici e cronologici presentano anche gli affreschi della cappella della Vergine in S. Maria delle Grazie di Varallo, attribuiti allo Scotto o a Nicolò da Varallo, in cui alcune figure dello Sposalizio della Vergine e il re moro dell'Adorazione dei magi sono stati ricondotti al pennello del F. (ibidem, p. 91), cui probabilmente poco dopo spettò, come maestro autonomo, l'esecuzione della Crocefissione oggi alla Pinacoteca di Varallo e la realizzazione di alcuni affreschi nel convento di S. Maria delle Grazie, oggi noti solo grazie alla testimonianza delle fonti e ad alcuni lacerti staccati conservati nella Pinacoteca di Varallo, di aggiornata cultura tra Butinone e Bramantino, vivificati da un forte senso del volume e del colore.
Pur nell'incertezza di tali individuazioni e fondandosi soprattutto sugli sviluppi successivi, risultano fondamentali per il F. nell'ultimo decennio del Quattrocento il rapporto con il Bramantino e il primo viaggio nell'Italia centrale (a Roma soprattutto) quasi certamente compiuto accanto a Eusebio Ferrari all'aprirsi del secolo (Romano, 1982, p. 61;Id., 1983-84, p. 140). Il soggiorno a Roma fu fondamentale, forse propiziato dalla commissione al Perugino e bottega dei polittico per la certosa di Pavia che segnò un importante rinnovamento della cultura artistica locale. Significativamente, anche se senza fondamento, proprio il Perugino fu indicato come maestro del F. nell'indice aggiunto al Trattato della pittura del Lomazzo nel 1584: "Stefano Scoto Milanese et maestro di Gaudentio con Perugino" (p. 696), aprendo la via a digressioni erudite che tra il XVII e il XIX secolo tentarono di riconoscere vanamente la mano del F. in diverse imprese romane (cfr. Colombo, 1881, pp. 31-36; A. M. Brizio, in Mostra di G. F., 1956, pp. 3-6; T. Marghetich, in Della Valle, 1990, p. 117).
In realtà, a Roma il F. non guardò al solo Perugino, ma studiò Luca Signorelli, Pinturicchio, Filippino Lippi e i principali pittori attivi in quegli anni, come rivelato dalle due tavolette di predella del Museo civico di Torino, raffiguranti l'Adorazione dei pastori e l'Adorazione dei magi, che "sembrano dipinte a Roma più che tra Novara e Vercelli, quasi in contiguità con le invenzioni convulse e beffarde di Aspertini" (Romano, 1982, p. 61). Si collocano nei primi anni del nuovo secolo due coppie di angeli rubate dal Museo civico di Novara nel 1974 sui quali il F. già sperimentava quei "cangianti" per i quali andrà ancora famoso almeno ottant'anni dopo (Lomazzo [1584], 1974, II, p. 176).
I frutti del soggiorno centroitaliano si evidenziano pienamente negli affreschi della cappella di S. Margherita in S. Maria delle Grazie di Varallo, del 1507 (Bordiga, 1830, p. 25; Bossi, 1983, p. 183). Sia la precocissima comparsa delle grottesche nella cappella, esemplate soprattutto su modelli signorelliani (Dacos, 1969, pp. 86 s.), eseguite con velocità "compendiaria" intorno ai tondi della volta, sia la sicurezza degli impianti evidente per esempio nella Disputa nel tempio, memore della monumentalità delle architetture romane oltre che del Bramantino, attestano la maturazione del F., che incomincia a questo punto anche a tener conto dell'insegnamento leonardesco oltre che a rapportarsi con la grafica tedesca. Appartiene a questa fase l'Adorazione allegorica del Bambino dello Städelsches Kunstinstitut di Francoforte, frammento di una più grande composizione. Nell'intrico dei molti problemi irrisolti, si evidenzia intorno allo scadere del primo decennio una commissione vercellese, favorita, stando ai documenti del 26 luglio 1508 e del 7 maggio e 30 luglio 1509 (Colombo, 1881, pp. 41, 285 ss.) da Eusebio Ferrari.
Il 26 luglio I 508 "Gaudenzio de Vinci de Varali" venne infatti incaricato di dipingere un polittico per la Confraternita vercellese di S. Anna, oggi sparso nelle parti superstiti tra la National Gallery di Londra (Annunciazione Layard, già nel secondo registro) e la Galleria Sabauda di Torino (Padre Eterno, pannello centrale superiore; S. Anna, la Vergine e il Bambino, già al centro tra la Cacciata di Gioacchino dal tempio e l'Incontro alla porta Aurea). Il 30 luglio 1509 Amedeo e Giovan Pietro Giovenone furono incaricati da Eusebio Ferrari di eseguire la cornice dell'ancona, avviando una collaborazione con la bottega del F. destinata a durare per almeno un trentennio (Schede Vesme, 1982, p. 1294). Il registro superiore risulta dipendente da quello del polittico della certosa di Pavia del Perugino e dei suoi collaboratori, mentre l'intera composizione è fortemente debitrice al Bramantino, ormai rientrato a Milano dopo la breve parentesi romana, evidenziando i ripetuti contatti del F. con la cultura della capitale lombarda, ben più fitti e ripetuti di quanto finora ipotizzato.A pochi mesi dalla consegna del polittico di S. Anna, il 25 febbr. 1510 il F. (nuovamente registrato nel documento come "de Vince ... habitatorem Vallis Sicidae") ricevette la commissione dell'ancona per la collegiata di Arona, firmata e datata 1511 (Colombo, 1881, p. 288), ancora in loco nell'origmario assetto, che comprende pure la sontuosa cornice ascrivibile con ogni probabilità ai Giovenone, in quel tempo assai aggiornati sugli esiti di G. A. Del Maino forse proprio in virtù della colta mediazione del Ferrari.
Il complesso, consegnato il 5 giugno 1511 (ibidem, p.291-93), comprende un'Adorazione del Bambino sormontata dalla lunetta raffigurante Dio Padre e quattro scomparti con coppie di santi, oltre ad una predella. Come accadrà spesso in seguito, solo il pannello con l'Adorazione sembra interamente autografo del F., che negli altri scomparti incominciò a valersi della collaborazione di artisti come Fermo Stella o Sperindio Cagnoli.
Come si è evidenziato, i documenti ricordano che il F. risiedeva a Varallo, dove era proprietario di una casa (venduta solo nel 1539: ibidem, pp. 337 ss.; Sacchi, 1989, p. 204 n. 12) e dove si sposò una prima volta avendo due figli, Margherita e Gerolamo, poi pittore dalle caratteristiche tuttora ignote, probabilmente morto a Vercelli allo scadere del quarto decennio (Colombo, 1881, pp. 49, 156-58). Nel 1513 il F. datò la conclusione dei lavori sul tramezzo della chiesa di S. Maria delle Grazie di Varallo, firmando un grande affresco diviso in ventuno scomparti raffiguranti scene della Vita di Cristo, eseguiti probabilmente nell'arco di più stagioni.
Pur tenendo conto dei precedenti foppeschi e spanzottiani già realizzati su analoghi tramezzi (A. Nova, Itramezzi in Lombardia tra XV e XVI secolo: scene della Passione e devozione francescana, in Il francescanesimo in Lombardia. Storia e arte, Milano 1983, pp. 197-215), il F. accentrò la struttura compositiva della parete introducendo un impianto prospettico coordinato e bilanciando la simmetria degli episodi, costruiti ricorrendo al modello di Spanzotti a Ivrea, alle stampe dineriane e a spunti diversi, che spaziano da Perugino a Leonardo. Le architetture sono bramantesche, mentre la narrazione si piega in direzione drammatico-teatrale rivelando le meditazioni dell'artista sui temi della predicazione francescana. La decorazione dell'oratorio della Madonna di Loreto a Roccapietra (alle porte di Varallo) condivide lo stesso clima di calorosa corrispondenza di affetti ancora venati da una sottigliezza arcaizzante, presentando tra l'altro forse l'incunabolo della plastica gaudenziana, una Madonna del Latte di grande dolcezza espressiva e, all'esterno, l'Adorazione del Bambino.
Il 20 luglio 1514 il F. fu incaricato di dipingere l'ancona per l'altar maggiore della chiesa vecchia di S. Gaudenzio di Novara (oggi nella chiesa nuova), comprendente, oltre alla predella, sei scomparti contenenti per contratto almeno tredici figure di eccellente qualità e inserita in una cornice lignea disegnata dall'artista in persona (Colombo, 1881, pp. 296-99). Il fideiussore novarese del F. fu il Cagnoli, che affiancò il F. per oltre un decennio, come attestato per esempio dalla Madonna già Vittadini e dall'Ultima Cena del duomo di Novara (Venturoli, 1987, p. 256).
I lavori al polittico di Novara si prolungarono ben oltre i diciotto mesi convenuti nel contratto, giungendo a metà il 23 dic. 1516 (Colombo, 1881, pp. 300-303) e concludendosi solo nel 1521, probabilmente a causa dell'incalzare delle commissioni che si accumularono sulla bottega del F. dopo la ripresa dei lavori al Sacro Monte di Varallo.
Gli anni compresi tra il contratto per il polittico di Novara (1514) e l'arrivo a Vercelli (1527-1528) sono scarsamente documentati dalle fonti, ma sono fondamentali per lo sviluppo dell'arte gaudenziana, prepotentemente cresciuta proprio intorno alla metà del secondo decennio: non si tratta solo di "maturazione di stile, ma acquisizione di un'inedita e moderna visione del mondo e dell'arte" (Ferro, 1989, p. 48). La ricomposizione ideale di un trittico di ignota provenienza ricostruibile intorno alla Madonna con Bambino dellaPinacoteca di Brera di Milano, frammento di una più grande tavola nota attraverso copie antiche, al S. Pietrocon un devoto ea un S. Giovanni Battista (Torino, Galleria Sabauda: Ferro, 1983, p. 74; Romano, 1989) ha consentito di recente di recuperare un'importante opera del F. eseguita intorno al 1515-16.
Risale già al 1566 il primo apprezzamento per l'attività svolta dal F. al Sacro Monte, quando fu definito "eccellente nel dipingere come nella scultura" (Sesalli, 1566). Eppure pochi problemi filologici e cronologici si presentano cosi ardui da risolvere come quello relativo all'inquadramento dell'opera del F. al Sacro Monte, un cantiere completamente scoperto dal punto di vista documentario per la prima metà del XVI secolo. Il F. vi fu probabilmente presente come maestro e poi come coordinatore artistico per almeno quattro decenni, fino al 15271/1528, quando si trasferi a Vercelli. Se indubitabile è la sua attività di frescante nelle cappelle della Crocefissione e dei Magi, molto più problematico risulta ricostruire la sua opera di architetto (nel progettare gli spazi soprattutto interni delle cappelle) e di scultore, dati non solo il rimaneggiamento di molte statue, ma anche la presenza di due diversi materiali utilizzati per realizzare le figure, il legno prima e la terracotta poi. Mentre Lomazzo attribuisce esplicitamente al F. la sola qualifica di "plasticatore", ribadendo che "a Varalli, di terra, ha fatto quello che molti eccellenti scultore fatto non hanno" (Lomazzo [1590], 1973, I, p. 157), Sesalli fin dal 1566 gli aveva già riferito alcune statue lignee, aprendo la strada alla moderna rivalutazione della sua attività di scultore in legno. In realtà, pur provenendo da una zona alpina ricchissima di sculture in legno e pur conoscendo l'opera dei principali maestri lombardi di intaglio del tempo, i Del Maino e i De Donati, al di fuori della supposta attività al Sacro Monte non consta che il F. abbia mai realizzato opere lignee, ma risulta anzi che in tutte le occasioni ad oggi note abbia consegnato ai maestri specializzati un modello da eseguire, intervenendo poi eventualmente nella pittura e doratura dei manufatti. Un rarissimo opuscolo in ottave, il Tractato de li capituli de Passione fondati sopra el monte de Varale, pubblicato nel 1514 (riportato da A. Durio, in Boll. storico per la prov. di Novara, XX[1926], pp. 117-39) dà conto dell'originario assetto del Sacro Monte enumerandovi ventuno stazioni in parte in corso di realizzazione e consente di riconoscere alcuni nuclei ancora oggi esistenti. In particolare, sulla base delle descrizioni contenute nel libriccino e delle indicazioni di Sesalli, sono state ascritte all'attività del F. anteriore al 1514 almeno le sculture lignee raffiguranti la Vergine dormiente (oggi nella cripta della chiesa), l'Angelo annunziante e la Vergine Annunziata (attualmente nella seconda cappella), il Cristo del Pretorio e un Manigoldo (già nella cappella della Spogliazione, ora nella XXXII cappella), la Maddalena e il Cristo morto (nell'andito e nella cappella del sepolcro, XLIII; Sesalli, 1566). Intorno al 1515 dovrebbe cadere l'esecuzione della tavola raffigurante S. Francesco che riceve le stigmate (Varallo, Pinacoteca), dipinta dal F. per la cappella Scarognini intitolata al santo annessa al S. Sepolcro del Sacro Monte. Nel 1517 l'elezione di due nuovi fabbricieri diede nuovo impulso ai lavori del Sacro Monte che probabilmente furono posti sotto il coordinamento artistico del F., cui si deve la definitiva trasformazione delle cappelle in veri e propri "teatri di devozioni". In questa fase furono realizzati i gruppi in terracotta della Circoncisione (cappella VIII) e della Adorazione del Bambino (VIcappella), eseguiti con il largo concorso di collaboratori. Nella cappella dell'Adorazione dei pastori (VII), la bottega gaudenziana espresse con straordinaria forza comunicativa la partecipazione dei valligiani al riconoscimento della "Nascita", coniugando spunti leonardeschi a un'inedita adesione all'aspetto reale dei pastori valsesiani, fornendo nelle plastiche modelli fondamentali per lo sviluppo della successiva statuaria dei sacri monti piemontesi e lombardi.
Risale probabilmente allo scadere del secondo decennio l'esecuzione del polittico di S. Gaudenzio di Varallo, purtroppo ricomposto nel 1760 in una cornice barocca, recante nel registro inferiore al centro il Matrimonio mistico di s. Caterina, nei laterali i Ss. Pietro e Gaudenzio e in quello superiore la Pietà tra S. Giovanni Battista e s. Marco, mutilato della predella (oggi perduta, ma nota al Bordiga, 1821, p. 23), eseguito dal F. con il concorso della bottega, che stemperò in parte la matura monumentalità delle ultime opere autografe del Ferrari.
Il 1521 fu un anno insolitamente ricco di informazioni per l'attività del Ferrari. Il 9 gennaio risulta a Vercelli per accogliere nella sua bottega per sei anni Giuseppe di Amedeo Giovenone, probabilmente già avviato in famiglia alla professione artistica (Colombo, 18 81, p. 304).
Nella sua bottega operarono per lo più maestri specializzati, provenienti da differenti formazioni, solo affinati dal Ferrari. Nell'ambito di tale bottega-cantiere incominciarono ad assumere grande rilievo i cartoni, un cospicuo nucleo dei quali è oggi conservato all'Accademia Albertina di Torino, realizzati sia per rendere esecutivo il progetto del maestro poi non necessariamente dipinto dalla sua mano, sia per conservarne un modello, tanto da essere eseguiti o rifiniti in alcuni casi dopo il compimento dell'opera. Non è forse solo un caso che il corpus dei cartoni parta cronologicamente da un primo foglio raffigurante i Ss. Agabio e Paolo, autografo del F., modello per lo scomparto inferiore di destra del polittico di S. Gaudenzio di Novara, polittico nella cui lunga gestazione si avverte il passaggio alla fase più imprenditoriale dell'attività gaudenziana, senza che tale definizione nulla tolga alla freschezza e felicità inventiva del capobottega. Il fervore di attività è evidenziato proprio dai documenti del 1521, dai quali risulta che il F. era ancora legato al Cagnoli per il saldo del polittico di S. Gaudenzio di Novara (5 febbr., 1º e 21 marzo: Colombo, 1881, p.301) e che nello stesso anno, insieme con lo Stella, stava attendendo alla doratura dell'ancona dell'Assunta della chiesa di S. Lorenzo di Morbegno in Valtellina, intagliata da G. A. Del Maino tra il 1516 e il 1519 (Damiani, 1896; Perotti, 1981, pp. 20-24). I documenti riguardanti l'ancona attestano la presenza del F. in Valtellina almeno nel 1520 e 1521 oltre che nel 1524 e nel 1525 (fino al gennaio 1526).
Molti furono i viaggi valtellinesi del F. sviluppati almeno su un arco ventennale, connotati da risvolti sia privati (il pittore si riammogliò proprio nel terzo decennio con una morbegnese, Maria di Matteo Foppa, vedova di Giovanni Antonio dell'Ohno) sia artistici-1 come attestato dall'Adorazione del Bambino dipintasull'ingresso della chiesa domenicana di S. Antonio di Morbegno - derivata dal modello della lunetta di Roccapietra -, commissionata da un membro della famiglia Ninguarda (Bordiga, 1821, p. 46), cui apparteneva la suocera del pittore (Arch. di Stato di Sondrio, Notarile 674, c. 96, 2 nov. 1538), dal perduto affresco raffigurante l'Incoronazione della Vergine già nel catino absidale di S. Alessandro di Traona (Sacchi, 1989, pp. 204 s.), dall'esecuzione delle ante dell'ancona di S. Abbondio delduomo di Como (sempre intagliata dal Del Maino) e di quelle di Morbegno, di cui resta, su tela molto abrasa, la sola Nascitadella Vergine (Rossi, 1994, p. 244).
Le tele comasche (ancora nel duomo) erano originariamente montate su doppio registro in una struttura che incrociava due pannelli del F. (lo Sposaliziodella Vergine ela Fuga in Egitto) con altrettanti di Bernardino Luini, sormontati da Due profeti, eseguiti da entrambi gli artisti separatamente (Di Lorenzo, 1994); di norma datate dalla critica al quarto decennio, le due tele gaudenziane risalgono invece all'inizio del terzo (ibidem). La ricostruzione dell'originario assetto delle ante non rivela alcun coordinamento tra il F. e Luini, che si trovarono a condividere la commissione per motivi ancora sconosciuti.
L'impegno del F. al Sacro Monte di Varallo dovette essere intenso e continuativo anche nel terzo decennio, sebbene nessun appiglio documentario scandisca la successione dei lavori, che videro il valsesiano impegnato a più riprese nel cantiere.
Una testimonianza coeva attesta che nel 1520 era in corso di riallestimento il Monte Calvario (A. M. Brizio, in Mostra di G. F., 1956, p. 15), descritto come un gruppo ligneo tradizionale nel citato Tractato del 1514 ma poi completamente rinnovato sotto la guida del F., che eseguì gli affreschi delle pareti e della volta e realizzò, coi collaboratori, gran parte delle statue in terracotta (tranne il Cristo, piùantico); è possibile ipotizzare che il complesso sia stato ultimato intorno al 1522-23, quando il F. risulta assente da Morbegno. Per realizzare il Calvario, il F. annullò il piùpossibile all'intemo della cappella l'impatto dell'architettura smussando gli angoli e gli spigoli per ottenere un continuum adatto a creare, grazie agli affreschi, l'inipressione di uno spazio estemo unitario composto di paesaggio e cielo, animato per ogni dove di presenze umane e angeliche (ibidem; De Vecchi, 1984). L'ultima testimonianza superstite dell'attività del F. al Sacro Monte è la cappella del Corteo dei magi, purtroppo con affreschi molto deteriorati, compiuta poco prima del trasferimento a Vercelli; altre opere, attestate dalle fonti, risultano perdute (Debiaggi, 1988).
Intorno al 1525 il F. dipinse per la chiesa di S. Silano di Romagnano Sesia un polittico ora sparso in varie collezioni (S. Rocco, Madonna con il Bambino e santi, S. Sebastiano, costituenti il registro inferiore, in collezione Borromeo; S. Silano e S. Giovanni Battista, laterali superiori, in collezioni private e gli Angeli con l'ostensorio al Szépmüvészeti Múzeum [Museo di belle arti] di Budapest (Ferro, 1983).
Tra il 1527-1528 e il 1535 il F. prese residenza a Vercelli. Data al 13 ott. 1528 un documento riguardante un'ancona - forse mai eseguita - raffigurante la Natività al centro e Quattro santi per la cappella di Dorotea Avogadro di Valdengo nella chiesa della Trinità (Colombo, 1881, pp. 306 s.), mentre il 27 giugno 1529 G. A. Corradi di Lignana incaricò il F. di risistemare la zona del coro della chiesa di S. Cristoforo e di dipingerne l'ancona, al prezzo di 150 scudi.
La pala, nota come la Madonna degli Aranci, fu collocata quasi certamente intorno al 1530, nel tempo in cui il giovane Lanino incominciò a comparire, in atti notarili, accanto al F. (Colombo, 1881, pp. 157, 164 e 326; G. Galante Garrone, in G. F. e la sua scuola, 1982, p. 129).
Intorno alla conclusione dei lavori della pala deve cadere la commissione degli affreschi del transetto destro di S. Cristoforo, intitolato alla Maddalena, sempre finanziato dal Corradi di Lignana, personaggio di prestigio unito da vincoli di parentela a Mercurino Arborio da Gattinara, gran cancelliere di Carlo V (Romano, 1986, p. 47). La cappella della Maddalena fu completata, come attestato da una lapide, nel 1532; fu seguita dall'affresco della simmetrica cappella dell'Assunzione della Vergine, commissionato al F. il 3 nov. 1532 e compiuto, stando a una seconda epigrafe, nel 1534 (Colombo, 1881, pp. 154, 312).
Le opere di S. Cristoforo presentano una straordinaria coesione stilistica e poetica, equilibrata nell'invenzione, composta su parziali citazioni dal Marienleben di Dürer e su felici spunti autonomi che ricordano la naturalezza del Lotto (Brizio, in Mostra di G. R, 1956, p. 18).
Mentre un documento del 2 dic. 1530 restituisce la notizia di almeno altre due ancone perdute, dipinte dal F. negli anni vercellesi, una eseguita tra il 1530 e il 1531 per la cappella di S. Antonio della chiesa di S. Marco e l'altra, già in S. Lorenzo, indicata come esempio da superare in magnificenza e dimensione (Colombo, 1881, pp. 324-25), si conoscono altre opere ascrivibili al periodo vercellese del F., ubicate in diversi musei. Si tratta dell'Adorazione del Bambino con un cardinale del John and Mable Ringling Museum di Sarasota (Florida), già Taverna e poi Holford, della Pietà già Crespi di Milano, ora a Budapest (Szépmüvészeti Múzeum), di cui esiste all'Accademia Albertina il cartone, del pannello raffigurante le Ss. Caterina e Apollonia, chiaramente parte di un polittico, di collezione privata milanese (Romano, 1970, p. 17), e delle tele raffiguranti i quattro Evangelisti in S. Cristoforo.
Datano probabilmente già dall'aprirsi del quarto decennio i contatti del F. con i fratelli de Nanis di Casale Monferrato, per i quali eseguì un polittico raffigurante il Battesimo di Cristo (assai malridotto a causa di un incendio, ancora nel duomo di Casale) tra le Ss. Lucia e Maddalena ai lati (perdute, ma segnalate in loco insieme con la predella nel 1904 dalla Halsey, p. 136), la cui esecuzione si protrasse oltre il 9 luglio 1534 (Colombo, 1881, pp. 327 ss.). Si trovavano a Casale Monferrato anche la tavola raffigurante la Vergine in trono tra i ss. Martino e Maurizio (già nella chiesa di S. Maria di Piazza) e probabilmente la Crocefissione su tela, databili intorno al 1534-1536 (Torino, Pinacoteca Sabauda; Romano, 1970, p. 18).
Risulta per ora non chiarito il numero dei soggiorni del F. a Vigevano nel 1533 e l'attività svolta per il piccolo centro.
In particolare, da un elenco di stipendiati della Camera ducale, risultano pagate al F. 63 lire imperiali per imprecisati lavori-compiuti tra i mesi di gennaio e aprile 1533 (Malaguzzi Valeri, 1902), mentre da altri documenti si apprende che l'artista era stato incaricato di dipingere anche la) cappella maggiore dei duomo (Colombo, 1909). È quasi certo che questa commissione non fu eseguita, mentre è sicuro che nel 1534, a Vercelli, dove ancora risiedeva stabilmente il F. dipinse per la Confraternita del Ss. Sacramento del duomo di Vigevano un'ancona raffigurante la Pentecoste (oggi perduta; Colombo, 1919-11).
Nella primavera del 1534 il F. lasciò almeno altre tre volte Vercelli per recarsi a Saronno, dove progettò la decorazione della cupola del santuario di S. Maria dei Miracoli (probabilmente succedendo a B. Luini, morto da pochi anni); il 28 settembre ricevette la commissione per l'esecuzione dell'affresco, al quale attese dall'estate del 1535 fino al mese di novembre, e poi dal marzo del 1536 fino al luglio dello stesso anno, quando l'opera fu nella sostanza compiuta (Di Lorenzo, 1989, p. 216). A Saronno il F. tornò a proporre per l'ultima volta una commistione di pittura e scultura (Ilconcerto degli angeli..., 1990, pp. 20-29). Nella cupola, quattro gironi di angeli cantori si affastellano in una rappresentazione che prevedeva l'illusoria sovrapposizione del suono divino su quello reale prodotto nelle cantorie sottostanti (ibid., pp. 25-31).
L'ultimo documento che attesta la presenza del F. a Vercelli è datato 4 ott. 1535 (Colombo, 1881, p. 172); poco dopo il F. si stabili definitivamente a Milano. Da un inedito documento si ricava che il F. "dictus de Varallo" il 12 Sett. 1537 risultava già residente a "porta Romana parrochia sancti Nazarij in Brolo Mediolani" quando affittò una casa sita nella stessa parrocchia.
Tra i testimoni dell'atto figura, tra gli altri, G. B. Della Cerva, abitante a sua volta nei pressi di S. Nazzaro, che compare qui per la prima volta citato accanto al maestro valsesiano, col quale aveva però probabilmente già collaborato a Vercelli (Archivio di Stato di Milano, Notarile 10890). Sempre nel 1537, il 14 novembre, il F. chiese e ottenne di essere esonerato da una levata forzosa di grani calcolata sulla tassa del sale di Novara: ciò significa che a quella data l'artista non risiedeva più né in città né nel circondario, essendosi trasferito altrove (il documento relativo, Archivio di Stato di Novara, Arch. storico del Comune di Novara 200, cc. 74v-76v, è già stato segnalato con opposta interpretazione da Dell'Omo, 1993, p. 147 e n. 7); la data di esecuzione del Matrimonio mistico di s. Caterina del duomo di Novara, pertanto, è probabile che vada di poco anticipata rispetto al 1537, sempre però restando nel quarto decennio.
A partire proprio dal 1537 il F. risulta collaborare con la Fabbrica del Duomo di Milano. Le notizie biografiche sul F. scarseggiano anche per gli anni milanesi, caratterizzati comunque da un'intensa attività, quasi sempre affrontata con l'aiuto di collaboratori.
Entro la fine del quarto decennio dovrebbero scalarsi la Sacra Conversazione per le monache francescane di S. Chiara di Milano (tagliata alla fine del XVIII secolo, oggi alla Pinacoteca Carrara di Bergamo e in collezioni private, Ferro, 1985; 1990) e la Sacra Conversazione, su tela, per la cappella di S. Bartolomeo in S. Ambrogio, sempre a Milano. Inoltre nel 1538, a Morbegno, il F. fu saldato per l'ancona e per le ante dell'Assunta (Rossi, 1994). Probabilmente poco dopo eseguì, con la collaborazione della bottega, la pala raffigurante la Salita al Calvario per il santuario della Ss. Pietà di Cannobio, in cui compaiono i segni dell'aggiornamento manieristico milanese. Negli anni milanesi il F. si indirizzò verso lo studio dei modelli proposti dal Pordenone, da Giulio Romano e da Tiziano, confermando la sua istintiva vitalità intellettuale ma per lo più perdendo in tenerezza e in calore, requisiti del tutto estranei alle esigenze del gruppo egemone filospagnolo che, in città, sostanzialmente gli affidò le principali commissioni sacre, come attestato dal Battesimo di Cristo del deambulatorio di S. Maria presso S. Celso (e non stupisce che negli inventari dei beni degli eredi degli "imperialissimi" Leone e Pompeo Leoni, si trovasse, nel 1615, elencato proprio "Un quadro di un Batisterio, coppia di Gaudentio": Archivio di Stato di Milano, Notarile 24283, 20 luglio 1615). Probabilmente proviene pure dalla capitale lombarda il Compianto sul Cristo morto oggi alla Galleria Sabauda di Torino. come attesterebbe l'esistenza di una buona copia seiceùtesca nella chiesa di S. Barnaba di Milano. Fin dal suo arrivo a Milano il F. fu considerato un modello dagli artisti locali, come attestato dall'influenza esercitata su Callisto Piazza (M. L. Ferrari, Calisto de la Piaza, in Paragone, XVI [1965], 183, p. 44).
Per la cappella Gallarati della chiesa francescana di S. Angelo Vecchio il F. dipinse nel 1540il Martirio di s. Caterina (Milano, Pinacoteca di Brera) e un ciclo di affreschi (perduti per l'abbattimento dell'edificio alla metà del XVI secolo; Sacchi, 1989, p. 208). IlF. continuò a ficevere commissioni pure per chiese della provincia, per le quali dipinse alcuni polittici con largo concorso della bottega: è questo il caso dell'ancona dell'Assunta per S. Maria della Piazza a Busto Arsizio (1541; cfr. Marani, 1992, p. 254) o di quella di S. Andrea di Maggianico, presso Lecco, oggi in parte alla - National Gallery di Londrà (Moro, 1986, pp. 138 s.). La predella di quest'ultimo polittico, già vista dal Bordiga nel 1821 in una collezione privata ma poi dispersa, si deve.riconoscere nei cinque monocromi raffiguranti Cristo e gli apostoli oggi conservati nella Pinacoteca del Castello Sforzesco. di Milano.
Anche lo scorcio della vita dei F. fu contrassegnato da un'intensa attività: tra gennaio e dicembre del 1542 egli ricevette i pagamenti per l'affresco della cappella di S. Corona in S. Maria delle Grazie di Milano (completata poi il 12 febbr. 1543 con la pala raffigurarite l'Incoronazione di spine di Tiziano). Nel 1543 datò il S. Paolo nello studio (Lione, Musée des Beaux Arts, in deposito dal Louvre), per la cappella di Paolo da Cannobio nella stessa chiesa di S. Maria delle Grazie (Sacchi, 1989, p. 211). Nel 1544 il F. fu incaricato dal tesoriere dei Comune di eseguire il cartone raffigurante S. Ambrogio per il perduto gonfalone di Milano, poi ricamato da Gerolamo Delfinone (ibidem, p. 213), e il 18 febbraio dello stesso anno, insieme con G. B. Della Cerva, cui era unito da un patto di societas, finora non reperito, ma menzionato dai documenti, ricevette l'incarico di eseguire l'Ultima Cena per la chiesa di S. Maria della Passione (Colombo, 1881, pp. 352 s.).
Pur conservando l'impianto düreriano già adottato in altre occasioni, il F. introduce nella Cena milaneseuna nuova simmetria rispetto alle versioni precedenti, ricollocando la figura del Cristo al centro e aprendo alle sue spalle una finestra che inquadra architetture di ascendenza ancora bramantiniana, ben differenti dal paesaggio romanizzante sviluppato dietro al S. Paolo di Lione, quasi a segnare un ripensamento dopo le fatiche di modernizzazione fino ad allora perseguite, anticipatore dell'ultimo capolavoro: la cappella della Nascita della Vergine della chiesa amadeita di S. Maria della Pace dipinta, secondo Lomazzo, "all'ultimo dei suoi anni", cioè proprio tra lo scadere del 1544 e il 1545, anno in cui F. è però documentato pure a Saronno per avviare l'affresco dei pennacchi della cupola (Di Lorenzo, 1989, p. 227). La cappella, dipinta su commissione di Gaspare Trivulzio per legato della madre (Sacchi, 1989, p. 217) venne decorata con una serie di affreschi relativi alla Vitadella Vergine (oggi alla pinacoteca di Brera) e con una pala raffigurante la Nascita di Maria (già Contini-Bonacossi). Gli affreschi costituiranno una inesauribile repertorio per i pittori lombardi delle generazioni successive. La pala, tutta giocata su una ricca cromia di verdi e rossi rafforzati da vibranti arancioni, pur presentando l'intervento di un collaboratore soprattutto nel secondo piano, costituisce l'epilogo della poetica gaudenziana (Romano, 1982, p. 64).
Tra le molte opere disperse del F., resta dà segnalare solo la notizia riferita da Lomazzo (1584) secondo cui avrebbe dipinto un'unica opera di soggetto profano: un Plutone e Proserpina per Francesco I di Francia; una perduta tavoa raffigurante tale iconografia risulta in effetti elencata negli inventari reali francesi all'aprirsi del XVII secolo (Cox-Rearick, 1996).
Il corpus dei disegni del F. necessita di una nuova sistemazione critica, che distingua finalmente le opere autografe da quelle di allievi ed epigoni e riconosca la straordinaria versatilità del maestro, il cui segno grafico era caratterizzato sempre dalla vibrante espressione dei valori luministici e dal delicatissimo trapasso dei chiaroscuri come attestano la Testa di vecchio della Biblioteca Reale di Torino o la Testa di angelo del Gabinetto dei disegni e delle stampe degli Uffizi.
Morì a Milano il 31 genn. 1546.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Vite de'più eccellenti pittori, scultori e architetti [1568], a cura di G. Milanesi, IV, Firenze 1879-85, p. 652; VI, ibid. 1881, p. 518;F. Sesalli, Breve descritione del Sacro Monte di Varallo di Valsesia, Milano 1566, c. 4v, in A. Durio, Francesco Sesalli e la prima "Descrittione" del Sacro Monte di Varallo, in Bollettino storico della Provincia di Novara, XXI (1927), pp.167-178, 379-394;G. P. Lomazzo, Trattato dell'arte de la pittura [1584];Id., Idea del tempio della pittura [1590], in Scritti sulle arti, a cura di R. P. Ciardi, I-II, Firenze 1973-74, ad Indicem; F. Zuccaro, Diporto per l'Italia, Torino 1606, p. 6;Id., Il passeggio per l'Italia con la dimora in Parma, Bologna 1608, pp. 7 s.; P. Morigia, La nobiltà di Milano..., Milano 1619, pp. 419, 472 s.; G. B. Fassola, La Nuova Gerusalemme o sia... il Santo Sepolcro di Varallo, Milano 1671, ad Indicem;L. A. Cotta, Museo novarese, Milano 1701, p. 287; P. Orlandi. Abcedario pittorico, Bologna 1704, pp, 173 s.; F. Baldinucci, Notizie de' professori del disegno da Cimabue in qua [1681-1728], IV, Firenze 1769, p. 171; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia... [1808], a cura di M. Capucci, I, Firenze 1968, p. 317; II, 1970, pp. 298, 314-16; I. Fumagalli, Scuola di Leonardo da Vinci in Lombardia, Milano 1811; G. Bordiga, Notizie intorno alle opere di G. F. pittore e plasticatore, Milano 1821; Id., Storia e guida del Sacro Monte di Varallo, Varallo 1830, ad Indicem;Id., Le opere del pittore e plasticatore G. F. disegnate ed incise da Silvestro Pianazzi, Milano 1835; Annali della Fabbrica del Duomo, Milano 1877-85, III, pp. 263, 265, 267, 269, 277; G. Colombo, Vita ed opere di G. F. pittore con documenti inediti, Torino 1881; V. Promis, Disegni di G. F. nella Biblioteca di Sua Maestà in XXI tavole, Torino 1881;G. Colombo, Documenti e notizie intorno agli artisti vercellesi, Vercelli 1883, ad Indicem; E. Motta, La data della morte di G. F., in Archivio storico dell'arte, I (1888), p. 43; G. Frizzoni, Inuovi acquisti dei Musei del palazzo di Brera in Milano, ibid., III (1890), pp. 417-19; A. Marazza, ICenacoli di G. F., ibid., V (1892), pp. 145-75; G. F. Damiani, Documenti intorno ad un'ancona di G. F. a Morbegno durante gli anni 1520-1526, ibid., s. 2, II (1896), pp. 306-13; S. Monti, La cattedrale di Como, Como 1898, p. 159; G. Frizzoni, Rassegna d'insigni artisti italiani. G. F., in L'Arte, IV (1901), p. 103-108; F. Malaguzzi Valeri, G. F. a Vigevano, in Rassegna d'arte, II (1902), p. 181; S. Monti, Storia ed arte nella provincia ed antica diocesi di Como, Como1902, pp. 322 s., 325 ss.; E. Halsey, G. F., London 1904; P. Toesca, Un dipinto di G. F. al Museo nazionale di Firenze, in Rassegna d'arte, VI (1906), pp. 42 s.; D. Sant'Ambrogio, La scoperta di due putti ad affresco ascrivibili a G. F., in Arte e storia, XXVII (1908) pp. 19-20; A. Colombo, G. F. e la scuola pittorica vigevanese, in Viglievanum, III (1909), pp. 34-42, 111-121, 195-203, 265-67; IV (1910), pp. 238-58, 345-358; V (1911), pp. 77-94; P. Galloni, Sacro Monte di Varallo, Varallo 1914, pp. 67-133 e passim;A. M. Brizio, Studi su G., in L'arte, XXVIII (1926), pp. 103-20, 158-177; G. Romerio, Due tavole di G. F. rappresentanti S. Francesco che riceve le stimmate, in Bollettino storico per la Provincia di Novara, III (1926), pp. 245-252; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, IX, 2, Milano 1926, pp. 809 ss.; F. Antal, Beiträge zu G. F., in Städel Jahrbuch, V (1926), pp. 43 ss.; S. Weber, G. F. und seine Schule, Strassburg 1927; A. Durio, Bibliografia di G. F. 1514-1928, Novara 1928; L. Grassi, G. F. e i suoi disegni, in L'Arte, XLIV (1941), pp. 182-205; C. Baroni, L'arte in Novara e nel Novarese, in Novara e il suo territorio, Novara 1952, pp. 536, 576, 578-582, 591, 595, 597, 672; A. M. Brizio, La più antica veduta del Sacro Monte di Varallo, in Studi dedicati a G. F., in Bollettino della Società piemontese di archeologia e belle arti, n.s., VIII-XI (1954-57), pp. 3-5; Id., Configurazione del Sacro Monte di Varallo nel 1514, ibid., pp. 6-18;L. Mallè, Poesia e cultura di G., ibid., pp. 19-50; Id., Fucina piemontese, Ibid., pp. 51-64; Id., G. e i Nordici, Ibid , pp. 65-75; Id., G. e Brescia, ibid., pp. 76-81;W. Suida, Contributo alla Conoscenza delle pitture piemontesi in America, ibid., pp. 82-93; A. Bertini, Appendice a un catalogo, ibid., pp. 94-98; N. Gabrielli, Una scultura di G. F. nella cappella di Loreto, ibid., pp. 99 s.; Mostra di G. F., Milano 1956; A. M. Brizio, Tre dipinti di G. F., in Studies in the history of art dedicated to William E. Suida, New York 1959, pp. 226-30; A.M. Brizio-M. Rosci, Pinacoteca di Varallo Sesia, Varallo Sesia 1960, pp. 15-19 71-79, 114-115; N. Gabrielli, Affreschi di G. F. a Varallo Sesia, in Atti e memorie del Congresso di Varallo Sesia, Torino 1960, pp. 61-65; IlSacro Monte di Varallo, a cura di M. Bernardi, Torino 1960, ad Indicem;L. Mallè, Due tavolette inedite di predella di G. F., in Studi in onore di Mario Salmi, Firenze 1962, pp. 451-59; G. Testori, Un inedito di G. F. (e un ricordo), in Studi di storia dell'arte in onore di Mario Salmi, Torino 1967, pp. 25-27; N. Dacos, La découverte de la Domus Aurea et la formation des grotesques à la Renaissance, London-Leida 1969, pp. 86 s.; L. Mallè, Incontri con G., Torino 1969; V. Viale, G. F., Torino 1969 (con ulteriore bibl.); G. Romano, Casalesi del Cinquecento. L'avvento del manierismo in una città padana, Torino 1970, ad Indicem; Il Seicento lombardo (catal.), II, Milano 1973, p. 15; G. Romano, in Opere d'arte a Vercelli... (catal.), Vercelli 1976, pp. 17-19; G. Galante Garrone, ibid., pp. 21 s.; C. Debiaggi, Studi gaudenziani, Biella 1977; G. Bora, La cultura figurativa in Milano..., in Omaggio a Tiziano... (catal.), Milano 1977, pp. 47 s.; C. Marino, Dati archivistici relativi a opere d'arte conservate nella cattedrale di Vigevano, in Studi di storia medievale e diplomatica, III (1978), pp. 181-184; L. Mravik, Stefano Scotto. Maitre de G. F.?, in Bulletin du Musée hongrois des beaux arts, LIII (1979), pp. 59-68; G. Perotti, L'ancona dell'Assunta, in La Via del Bene, 1981, 9, pp. 13-24; C. Debiaggi, Due inedite tavolette gaudenziane, in Bollettino della Società piemontese di archeologia e belle arti, XXXV-XXXVII (1981-83), pp. 61-2; G. F. e la sua scuola. I cartoni cinquecenteschi dell'Accademia Albertina (catal.), a cura di Q. Romano, Torino 1982; G. Pacciarotti, G. F. e la sua scuola a Busto Arsizio, Busto Arsizio 1982; Schede Vesme, IV, Torino 1982, pp. 1294 s., 1798; G. Bora, La cappella di S. Corona, in S. Maria delle Grazie a Milano, Milano 1983, pp. 152-61; A. Bossi, Una precisazione cronologica sulla prima attività pittorica di G. F., in Bollettino storico vercellese, XXXXI (1983), pp. 165-86; F. M. Ferro, G. a Romagnano Sesia, in Paragone, XXXIII (1983), 401-403, pp. 72-80; G. Romano, Eusebio Ferrari e gli affreschi cinquecenteschi di palazzo Verga a Vercelli, in Prospettiva, 1983-84, 33-36, pp. 140 ss.; P. De Vecchi, Annotazioni sul Calvario del Sacro Monte di Varallo, in Fra Rinascimento, Manierismo e realtà. Scritti di storia dell'arte in memoria di A. M. Brizio, a cura di P. C. Marani, Firenze 1984, pp. 109-118; F. M. Ferro, Un'anconamilanese di G., in Paragone, XXXVI (1985), 419-23, pp. 157-63; F. Moro, Ilpolittico di Maggianico e gli esordi di Bernardino Luini, in Archivi di Lecco, I (1986), pp. 138 s.; Bernardino Lanino e il Cinquecento a Vercelli, a cura di G. Romano, Torino 1986; P. Venturoli, in Museo novarese. Documenti, studi e progetti per una nuova immagine delle collezioni civiche (catal.), a cura di M. L. Tomea Gavazzoli, Novara 1987, pp. 254-60; M. T. Binaghi Olivari, in Pinacoteca di Brera. Scuole lombarda e piemontese 1300-1535, Milano 1988, p. 366; C. Debiaggi, C. Bascapè come fonte per le opere di G. al Sacro Monte di Varallo, in Boll. d. Soc. piemontese di archeol. e belle arti, XLII (1988), pp. 139-50; G. Romano, in Piemontesi e lombardi tra Quattrocento e Cinquecento (catal.), a cura di G. Romano, Torino 1989, pp. 135-39; F. M. Ferro, in Pinacoteca di Brera. Scuole lombarda, ligure e piemontese 1535-1796, Milano 1989, pp. 44-63; P. Astrua, ibid., pp. 64-66; A. Di Lorenzo, Nuovidocumenti per G. e i suoi aiuti a Saronno, in Bollettino della Società pavese di storia patria, LXXXIX (1989) pp. 215-235; R. Sacchi, G. F. a Milano: i committenti, la bottega, le opere, in Storia dell'arte (1989), pp. 201-218; IlConcerto degli angeli. G. F. e la cupola di Saronno, Milano 1990; G. Della Valle, Notizie degli artefici piemontesi, a cura di G. C. Sciolla, Torino 1990, ad Indicem; C. Debiaggi, Un capitolo della statuaria al Sacro Monte di Varallo. Traccia per G. F. scultore, in Le Rive, V (1991), pp. 15-25; F. M. Ferro, Un'ancona di G. F. completata, in Paragone, n.s., XLI (1990), 479-81, pp. 99-101; S. Gatti, Un dipinto di G. F. già in Brianza e ora a Berlino, in Arte lombarda, n. s., I-II (1991), 96-7, pp. 161-164; M. Dell'Omo, Pietà e prestigio nel duomo di Novara... Con dati inediti su Tiziano e Gaudenzio, ibid., 1992, 101 pp. 32-40; P. Venturoli, in La Confraternita di S. Giuseppe (catal.), a cura di A. Zanetta, Borgomanero 1992, pp. 28 s.; P. C. Marani, in Pittura tra Ticino e Olona. Varese e la Lombardia nord-occidentale, a cura di M. Gregori, Milano 1992, pp. 32-35, 252-55;M. Dell'Omo, La cattedrale di Novara. Arredi e decorazioni dal Cinquecento all'Ottocento, Novara 1993, pp. 715-, 147-159;L. A. Cotta, in Museo novarese..., a cura di M. Dell'Omo, Torino 1994, ad Indicem; A. Di Lorenzo, in Pittura a Como e nel Canton Ticino dal Mille al Settecento, a cura di M. Gregori, Milano 1994, pp. 289 s.; M. Rossi, in La pittura in Alto Lario e in Valtellina dal Medioevo al Settecento, a cura di M. Gregori, Milano 1994, pp. 244-5;M. S. Tronca, La collezione di Leone Leoni e le sue implicazioni culturali, in Leone Leoni, tra Lombardia e Spagna, Atti del Convegno, a cura di M. L. Gatti Perer, Milano 1995, p. 32;J. Cox-Rearick, The collection of Francis I. Royal treasures, New York 1996, V, 6, p. 174e passim;U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, pp. 450-52.