Medin, Gastone
Scenografo cinematografico, nato a Spalato il 6 luglio 1905 e morto a Velletri il 5 settembre 1973. Nel corso della sua lunga carriera M. fu attivo testimone di una buona parte di storia del cinema italiano: ricostruì le ambientazioni romantiche e nostalgiche, ricche di suggestioni teatrali, delle commedie dei telefoni bianchi o dei film tratti dal opere liriche, e al tempo stesso entrò con naturalezza nel clima neorealista dando un personale tocco di spettacolarità alle scenografie di alcuni capolavori di quel movimento del cinema italiano, tra cui alcuni film di Vittorio De Sica.
M. fu disegnatore e cartellonista e collaborò con le riviste "Il mondo e lo schermo" e "Cinematografo"; si fece poi notare con le scenografie del film muto di Alessandro Blasetti Sole (1929), nel quale, sullo sfondo di paludi e di miseri interni, si ispirò alle più moderne tendenze scenografiche provenienti soprattutto dalla Russia e dalla Germania. Questa esperienza gli valse il ruolo di capo ufficio costruzioni della Cines, che mantenne fino al 1933. L'immaginario romantico di Mario Camerini trovò in lui un ottimo interprete: Figaro e la sua gran giornata (1931) e Gli uomini, che mascalzoni… (1932), Il signor Max (1937), Una romantica avventura (1940) e I promessi sposi (1941), tra gli altri, gli offrirono lo spunto per ricostruire set cinematografici quasi fossero quinte teatrali arredate con grazia ed eleganza. Il talento di M. trovò modo di esprimersi al meglio anche in ambientazioni a lui contemporanee, come dimostrano le affascinanti scenografie di gusto anni Trenta in O la borsa o la vita (1933) di Carlo Ludovico Bragaglia. Anche l'Ottocento riproposto da Mario Soldati in Piccolo mondo antico (1941) o in Malombra (1942) sembrò essergli assai congeniale e, in collaborazione con la grande costumista Maria De Matteis, M. riuscì a trasmettere, attraverso gli scorci di paesaggi e di interni, quell'inconfondibile clima nostalgico e malinconico che caratterizza i due romanzi di A. Fogazzaro dai quali i film sono tratti. In Eugenia Grandet, sempre di Soldati, realizzò scenografie ricche ed eleganti, cariche di un'eccessiva tendenza al decorativismo che comunque gli valsero un Nastro d'argento nel 1947. Con i due film di guerra Luciano Serra pilota (1938) di Goffredo Alessandrini e L'assedio dell'Alcazar (1940) di Augusto Genina M. dimostrò che le sue creazioni potevano assumere un carattere più realistico, e questa tendenza si rafforzò in Fari nella nebbia (1942) di Gianni Franciolini, nel quale anticipò un gusto neorealista che sarebbe stato poi maggiormente approfondito nei film di De Sica. Fu comunque sempre pronto a sperimentare generi diversi, come per es. i film operistici di Carmine Gallone, La forza del destino (1950), Puccini ‒ Vissi d'arte, vissi d'amore (1953) e Cavalleria rusticana (1953). Il rapporto professionale con De Sica rispecchiò il suo iter artistico: lavorò con lui in opere ancora marcatamente teatrali, come le commedie leggere Rose scarlatte (1940) o Maddalena zero in condotta (1940), ma anche nei suoi film migliori, come L'oro di Napoli (1954), Il tetto (1956) e, soprattutto, La ciociara (1960), in cui M. riuscì a mettere a frutto le molteplici esperienze fatte nel corso della sua carriera. Rimase comunque sempre molto legato alla commedia leggera, di cui esempi notevoli furono due film di Luigi Comencini: Pane, amore e fantasia (1953) e Pane, amore e gelosia (1954). Tra gli altri importanti registi italiani con cui ebbe modo di lavorare, da ricordare Mario Mattoli, Guido Brignone, Gennaro Righelli e Amleto Palermi.
S. Masi, Costumisti e scenografi del cinema italiano, 1° vol., L'Aquila 1989, pp. 22-24.