GORRIERI, Gastone
Nacque a Montelaterone, frazione di Arcidosso, alle pendici del monte Amiata, il 3 sett. 1894, da Alfonso e Adele Detti.
Avviatosi al giornalismo il G., collaboratore de Il Popolo d'Italia già dal 1915, nel primo dopoguerra entrò in rapporto con il mondo del futurismo toscano, che si teneva in quel periodo a stretto contatto con la cerchia milanese di F.T. Marinetti. Aderì, pertanto, fin dall'origine, al fascio politico futurista di Firenze, e partecipò all'adunata del 23 marzo 1919 in piazza S. Sepolcro.
La sua vicinanza a Marinetti è confermata da una serie di incontri, fra Milano e Firenze, pochi giorni prima che, proprio a Firenze, si tenesse il primo congresso dei Fasci di combattimento (ottobre 1919), che si risolse in un rafforzamento del ruolo dei fascisti milanesi. Per il G. l'occasione rappresentò, di fatto, una vera e propria svolta, con l'elezione nel primo direttorio dei fasci (1919); da quel momento, e per tutto il biennio successivo, il suo attivismo in seno al movimento, prima in Toscana e poi anche in Lombardia, fu intensissimo.
Il contributo del G. all'attività politica del fascio toscano, proprio per la sua vicinanza all'ambiente milanese, e quindi alla componente sindacalnazionale, si tradusse in breve nella costituzione di un "partito del lavoro", da lui stesso promosso all'inizio del 1920, cui aderiva un gruppo di associazioni sindacali autonome; in questo periodo, dunque, egli rappresentò, in seno al movimento, una fra le punte di quella tendenza "laburista" che - come dimostra l'intero percorso politico del G. - lo avvicinava anche all'ala più intransigente e aggressiva del combattentismo, uno dei vivai dello squadrismo, da cui il fascismo trasse adepti per lungo tempo.
Dopo la pesante sconfitta elettorale del novembre 1919 e le vicende fiumane il rischio che i fasci si scompaginassero era alto. Occorreva dunque in ciascuna sede periferica un elemento di raccordo con il centro nevralgico del movimento che faceva capo a B. Mussolini: per la Toscana a esercitare questo ruolo fu proprio il G. che, nel 1920, ebbe la responsabilità del controllo dei fasci fiorentini, su cui doveva riferire tempestivamente a U. Pasella, allora segretario generale dei fasci.
In questa fase il G., per conto del direttorio nazionale, si occupò anche della revisione e del controllo delle finanze del movimento, notevolmente intaccate dalle spese sostenute per le elezioni; inoltre affiancò Pasella, come testimonia la corrispondenza fra i due, nel progetto di creare, a fini di propaganda, una società sportiva nazionale che avrebbe permesso di agire sui giovani anche dove non fosse costituita una sezione dei fasci.
Il G., comunque, non trascurò mai l'attività di giornalista d'assalto, iniziata quale collaboratore del Popolo d'Italia, e proseguita, nel 1919, come redattore del settimanale antibolscevico I Nemici d'Italia, diretto da M. Mazza (1919-20); fu anche condirettore de Il Giornale di Milano, "quotidiano sindacalista, anticlericale, antiborghese e anticomunista" (giugno-settembre 1920), e de L'Ardito, "settimanale dell'Associazione arditi d'Italia" (1919-22).
La collaborazione con questi giornali, tutti appartenenti a una medesima corrente del fascismo, contribuisce a collocarlo nell'area più intransigente del movimento e, dal 1921, del Partito nazionale fascista (PNF).
La rete di rapporti intrattenuti dal G. fu probabilmente all'origine, nel 1920, del suo trasferimento a Milano, dove ottenne formalmente la residenza alla fine del 1922. A questa data divenne prima redattore quindi redattore capo de L'Ambrosiano, fondato in quell'anno da U. Notari e vicino ai futuristi.
L'attività all'Ambrosiano rappresentò per lui una vera e propria palestra di giornalismo: si trattava, infatti, di un foglio sotto molti punti di vista innovativo, dove erano state introdotte rubriche di economia e di divulgazione tecnico-scientifica, e i cui collaboratori, seguendo le sperimentazioni del direttore, potevano apprendere le ultime novità in tema di grafica e di fotografia.
Quando, nel 1925, lasciò la testata per diventare redattore de Il Secolo, e direttore de Il Torchio - un quotidiano di spiccato orientamento squadrista nato e morto fra il 1925 e il 1926 - poteva già ritenersi un compiuto professionista nonché un abile manipolatore della propaganda giornalistica; il 1925, poi, rappresentò per lui l'inizio di una nuova fase politica e professionale.
Infatti il G. - che dalle pagine del Torchio attaccava la stampa non allineata e i suoi opinionisti, mirando in particolare alle testate allora più prestigiose, il Corriere della sera e Il Secolo - fu, insieme con L. Ferretti, segretario del sindacato lombardo e regista dell'intera operazione, fra i protagonisti del processo di fascistizzazione della stampa milanese.
All'inizio del 1927, l'operazione poteva considerarsi compiuta con l'attivazione ufficiale del Sindacato nazionale fascista dei giornalisti che, di fatto, controllava completamente la categoria e al cui vertice era un direttivo di cui il G. entrò a far parte. Sempre nell'ambito di questo disegno, a Milano si arrivò all'acquisizione da parte dei Crespi - già proprietari del Corriere - de La Sera e del Secolo e alla fusione delle due testate nel nuovo quotidiano Il Secolo - La Sera, diretto dal 1927 da G. Capodivacca, che fu sostituito, alla fine del 1928, dal G., divenuto, nel 1930, anche condirettore de L'Economia nazionale, funzioni che tenne fino al 1943.
A partire dal 1931, il G. aveva preso ad attaccare con metodo anche il Corriere della sera di A. Borelli, che pure era stato nominato direttore con il placet del Partito nazionale fascista (PNF) e del Sindacato giornalisti, e godeva della protezione di Arnaldo Mussolini; lo scopo era forse quello di sostituirsi a lui, o forse di appoggiare le ambizioni in questa stessa direzione di Ferretti. In ogni caso il tentativo, portato avanti con maggior determinazione dopo la morte di Arnaldo, fallì, risolvendosi, infine, in un rafforzamento del direttore del Corriere.
In tutti questi anni il giornalismo era sempre stato praticato dal G. allo scopo evidente di occupare i gangli vitali dell'organigramma del regime, utilizzando oltre agli strumenti della propaganda, che ben conosceva, anche quelli della delazione. Tuttavia negli anni della stabilità e della piena affermazione del fascismo egli non seppe più cogliere, o non gli si presentarono più, occasioni propizie per la sua carriera, che raggiunse un punto di stallo.
Intravide una qualche possibilità di svolgere un ruolo politicamente più attivo, in piena guerra, nella confusa atmosfera creatasi nel 1943. Di fatto il G., dopo il 25 luglio, aveva spedito in un primo momento un telegramma di adesione al governo Badoglio; questo precedente fece sì che, una volta instauratasi al Nord, nel dicembre, la Repubblica sociale italiana (RSI) egli, sentendosi in una posizione difficile, si trovò quasi obbligato ad accettare il posto di addetto stampa della legione autonoma Ettore Muti.
Questa, sorta a Milano nel settembre 1943 e attiva fino al febbraio-marzo 1945, era un reparto armato autonomo, destinato ad acquistare una triste fama di feroce estremismo che condivideva con la banda Koch, ed era formata soprattutto da ex squadristi, fra cui alcuni dei più noti picchiatori del 1921.
Il G., forse per bilanciare il suo rapporto con la Muti, e comunque in linea con l'ambigua condotta da lui spesso tenuta anche in seno al regime, ricoprì contemporaneamente un ruolo anche all'interno del cosiddetto Ponte.
Tale iniziativa faceva capo a E. Cione, il quale aveva dato vita a una sorta di movimento di opinione, il Ponte appunto, interno alla RSI ma in funzione di un ripensamento critico del fascismo; probabilmente reali obiettivi dell'iniziativa, avallata anche da Mussolini, erano da un lato quello di spaccare il movimento antifascista, dall'altro quello di costruire un margine per trattative in caso di sconfitta. A tale scopo il Ponte aveva già impostato contatti con l'opposizione per il rilascio di alcuni antifascisti.
Il ruolo del G. all'interno del Ponte era, ancora una volta, quello di addetto stampa: suo compito quello di inventare e redigere due periodici clandestini, in realtà del tutto privi di circolazione, che dovevano dimostrare, qualora fosse stato necessario produrre prove, come il dialogo e il confronto con l'opposizione stessero effettivamente procedendo; il G. aveva anche partecipato alla riunione del 10 nov. 1944, che aveva inaugurato i contatti con gli antifascisti.
Di quest'ultima fase dell'attività del G. ciò che appare incomprensibile, anche alla più recente storiografia, è una sua possibile credibilità dal momento che egli, mentre collaborava al Ponte, partecipava in prima persona alle azioni della Muti, di cui era probabilmente, in quanto capo ufficio stampa, uno fra gli elementi più noti.
Con la fine della guerra si perdono le tracce del Gorrieri. Non subì processi e, a quanto risulta, non fu sottoposto a epurazione; d'altro canto non figura neppure in alcun elenco di giornalisti nelle pubblicazioni dell'Annuario della stampa; unica notizia certa è quella del suo trasferimento a Roma nel 1958.
Il G. morì a Grottaferrata, nei dintorni della capitale, il 14 ott. 1985.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Mostra della rivoluzione fascista, 102, cart. 1 (carteggio del fascio fiorentino col comitato centrale del movimento); Ibid., Carteggio del comitato centrale dei fasci, b. 29, f. Firenze (lettere del 19 dic. 1919 e 26 genn 1920); Ministero dell'Interno, Direzione generale di Pubblica Sicurezza, Affari generali e riservati, Categorie annuali, 1919, cat. G1, f. Fasci di combattimento. Affari generali; Partito nazionale fascista, Segreteria amministrativa, Federazione provinciale, Milano, b. 591, f. Situazione giornalisti di fronte al regime; Ibid., Servizi amministrativi, b. 1, f. Bilanci 1919 (gestione 1° aprile - 31 dic. 1919, revisore il G.); Segreteria particolare del duce, Repubblica sociale italiana, Cart. riservato, b. 44, ff. 433, 444, sottofasc. Gorrieri; b. 48, f. 535; b. 78, f. WR. Vedi anche: U. Zannuta, La caduta degli angeli. Storia intima della Repubblica sociale, Roma 1947, pp. 91-95; E. Cione, Storia della Repubblica sociale, Caserta 1948, p. 438; O. Dinale, Quarant'anni di colloqui con lui, Milano 1953, p. 231; F.T. Marinetti, Taccuini, Bologna 1987, pp. 421, 451. Inoltre si veda: R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario 1883-1920, Torino 1965, p. 571; E. Ragionieri, Il partito fascista. Appunti per una ricerca, in La Toscana nel regime fascista, Firenze 1971, pp. 62 s.; R. Cantagalli, La prima scissione del fascio fiorentino, ibid., p. 591; N. Tranfaglia - M. Legnani - P. Murialdi, La stampa italiana nell'età fascista, Bari-Roma 1980, pp. 41 n., 45, 75, 80, 129, 131; E. Decleva, Arnoldo Mondadori, Torino 1988, p. 113; E. Gentile, Storia del partito fascista. 1919-1922. Movimento e milizia, Bari-Roma 1989, pp. 50, 58 s., 112, 419 n.; G. Bocca, La repubblica di Mussolini, Milano 1994, pp. 193, 309-311, 371; M. Isnenghi, L'Italia del fascio, Firenze 1996, p. 255; D. Gagliani, Brigate nere. Mussolini e la militarizzazione del partito fascista repubblicano, Torino 1999, p. 156 n.; L. Ganapini, La repubblica delle camicie nere. I combattenti, i politici, gli amministratori, i socializzatori, Milano 1999, pp. 448 s.; Annuario della stampa italiana1928-1930, Milano 1930, p. 485; Chi è? 1931 e 1940, sub vocibus.