ERIZZO, Gasparo
Nacque a Venezia l'8 sett. 1529, primo di quattro figli maschi di Giovanni di Benedetto e di Andriana Marcello di Bernardo di Andrea. La famiglia aveva ormai fissato la propria residenza a S. Martino di Castello, ma l'E., una volta intrapresa la carriera politica, preferì abitare nell'antico palazzo di S. Canciano, famoso per lo splendido giardino, a coltivare gli studi, come un giorno avrebbe fatto il suo omonimo nipote. Le fonti (Barbaro, Alberici, Priuli, Zeno) sono infatti concordi nell'affermare che l'E., "eruditissimo nelle lettere greche e latine", fu autore di elegie ed epigrammi, che peraltro rimasero tutti manoscritti, né conobbero una circolazione paragonabile a quella delle sue opere etnico-geografiche, come la descrizione della Dalmazia e del viaggio da Venezia a Costantinopoli, attraverso i Balcani.
La conferma della status sociale dell'E. ci è fornita dagli esordi della carriera politica, che lo videro savio agli Ordini per quattro anni consecutivi, dal 1554 al 1557; quindi gli venne affidato il primo incarico di rilievo: il 24 giugno 1557 era eletto sindaco in Dalmazia, assieme a Giacomo Contarini di Simone. Le commissioni furono consegnate loro nel febbraio 1558, ma un mese più tardi, appena all'inizio della missione, il Contarini moriva ad Antivari, e l'E. dovette attendere l'elezione di un nuovo collega, che venne scelto il 18 aprile nella persona di Michele Bon di Alvise.
L'incontro avvenne a Curzola, dove - così il Bon al Senato - l'E. aveva già cominciato "con grandissima diligenza ad operar tutto quello che poteva spedir come sindico solo, però fece veder li conti di quella camera, far l'inquisitioni ordinarie et le rassegne de cavalli et fanti, né mancò d'ogni buona provisione in detta città"; i due percorsero poi tutta la regione, e sappiamo che il 12 febbr. 1559 emanavano a Cherso un decreto che venne inserito negli statuti di quella Comunità. Il rientro in patria avvenne probabilmente di lì a poco; purtroppo la relazione conclusiva non è datata, ma è certamente del 1559: ogni località visitata è descritta in uno specifico paragrafo, quindi segue l'illustrazione globale della Dalmazia, attraverso le sue componenti geografiche, sociali, economiche e militari; ne esce il quadro di un paese travagliato da "continua carestia" e segnato da una diffusa miseria, ma non privo di potenziali risorse: ad esempio, il solo "utile delli sali de Pago è tanto..., che con esso si puol supplir d'avantazo a quanto fa bisogno nel spender ordinariamente".
Secondo il Donazzolo (che riprende indicazioni di precedenti autori quali l'Alberici, il Priuli ed il Litta), si colloca proprio a ridosso del ritorno a Venezia, nell'estate del 1559, il viaggio a Costantinopoli, la cui narrazione in lingua volgare avrebbe costituito il maggior titolo di gloria per l'Erizzo.
L'opera, manoscritta anonima e non datata, fu parzialmente stampata nel secolo scorso da P. Matkovic, che l'attribuì al bailo Marino Cavalli (1558-60); senonché il Donazzolo inclina ad assegnarla all'E., dal momento che l'autore afferma espressamente di essersi recato alla corte ottomana al seguito di un bailo ("Conoscendo io quanta utilità soglia apportare a gli huomini nell'attioni l'esperienza delle cose; deliberai fra me stesso di abbracciare la prima occasione, la quale mi potesse dar comodità di vedere, et conoscere dilligentemente la corte, et i costumi di alcuno prencipe di gran forze, et potere. Et così stando io avvertito a questo, fu dal Senato eletto un bailo in Costantinopoli", con cui il giovane patrizio intraprese il lungo viaggio, "lasciando da un canto tutte le occupationi, che mi potevano essere d'impedimento, et non havendo rispetto alla calda et ardente stagione").
Lo scritto tace il nome del diplomatico, ma precisa che la partenza avvenne il 6 giugno a bordo di una galera che fece scalo a Traù, donde la comitiva giunse a cavallo sino a Salona, poi con altra nave a Cattaro, e di lì, attraverso Dolcigno, Alessio e Adrianopoli, sino a Pera di Costantinopoli, toccata il 2 di agosto dopo un estenuante percorso.
Ora, è certo che l'E. fu alla corte del sultano (nel testamento accenna ad una veste regalatagli da Solimano), ma è da escludere al seguito del bailo Cavalli: costui infatti giunse a Costantinopoli tra la fine di agosto e gli inizi di settembre del 1558, quando l'E. era sindaco in Dalmazia; né è attendibile il Donazzolo quando colloca il viaggio al 1559, perché in tale anno nessun ambasciatore della Repubblica si recò sul Bosforo. Non resta che pensare al successore del Cavalli, quel Girolamo Ferro - anch'egli colto umanista - il quale giunse a Costantinopoli nei primi giorni di agosto del 1560, gravemente debilitato nel fisico per le fatiche incontrate nel corso dell'itinerario, e che ne causarono la morte il 20 nov. 1561; tempi troppo diversi da queste date parrebbero da escludere, dal momento che lo scritto attribuisce al sultano l'età di sessantotto anni, e al figlio Selim trentasei: pur con tutte le cautele imposte dall'approssimazione delle cronologie allora seguite in Oriente e a Venezia, i termini estremi del periodo dovrebbero essere compresi fra il 1557 ed il 1562.
Se dunque fu l'E. l'autore del racconto, il viaggio non può essere collocato neppure al tempo del successore di Girolamo Ferro, che fu Daniele Barbarigo, il quale giunse a Costantinopoli il 12 luglio 1562, mentre il 13 settembre di quello stesso anno l'E. era certamente a Venezia, perché vi fu eletto avogador fiscale e sindaco. Dunque l'estate del 1560; a patto di rimuovere un'ultima perplessità, derivante dal fatto che l'E. ricoprì l'incarico di camerlengo di Comun dal 23 genn. 1560 al 22 maggio 1561: questo dice il Segretario alle Voci (Elezioni del Maggior Consiglio, reg. 3, c. 15), che però nell'agosto 1560 presenta quattro titolari del magistrato anziché tre; ci fu infatti un'elezione straordinaria e non motivata, per cui il 2 giugno 1560 (quattro giorni prima che, a detta dell'anonimo estensore della narrazione, il viaggio avesse inizio) Pietro Correr di Antonio subentrava ad uno di questi tre personaggi: Andrea Gabriel, Ottaviano Grimani, e l'Erizzo. La fonte non precisa quale di essi abbia abbandonato l'incarico, ma è legittimo supporre trattarsi di quest'ultimo.
Per quanto poi concerne lo scritto (certamente interessante, ma privo di particolari pregi di acutezza e originalità), esso contiene diverse notizie sui paesi attraversati, e si conclude con venti capitoletti in cui si tratta dell'origine dei Turchi, dell'indole del sovrano e dei principali dignitari della corte, delle milizie, delle risorse, dei costumi più notevoli di quelle genti, nel solco di altre consimili opere, abbastanza note alla tradizione veneta.
Avogador fiscale e sindaco, col compito di rivedere i conti delle Camere fiscali della Terraferma e l'amministrazione della giustizia, una prima volta nel 1562-1563, e poi ancora nel 1566-1567 assieme a Marco Marin, nel corso di questo secondo incarico l'E. soggiornò particolarmente in Istria, come documentano alcune lettere al Consiglio dei dieci, che contengono gravissime e circostanziate accuse contro il rettore di Parenzo, Francesco Cappello, reo di "estorsioni, ingiustitie, et rapine" commesse a danno di "molti poveri oppressi".
Portatosi poi in Terraferma, nell'agosto 1567 cadeva ammalato a Crema; nel testamento raccomandava ai "fratelli dolcissimi", Benedetto e Vincenzo, l'amore per la madre e la cura costante di "introdur utile et honor in casa nostra"; morì in quella città, nel monastero di S. Pietro Martire, ove fu sepolto, il 7 sett. 1567.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd. 1, St. veneta 19: M. Barbaro-A. M. Tasca, Arbori de' patritii veneti…, III, c. 419; Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, cod. Cicogna 3782: G. Priuli, Pretiosi frutti…, cc. 8v-9r; Arch. di Stato di Venezia, Segretario alle Voci. Elezioni del Maggior Consiglio, reg. 3, cc. 15, 21, 143; reg. 4, c. 7; Ibid., Elezioni dei Pregadi, reg. 2, cc. 13, 64; Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, Mss. Donà delle Rose, 321, cc. 1r-13v: Relatione di Dalmatia di Michele Bono et Gaspare Erizzo sindaci (pubblicata in Commissiones et relationes Venetae, a cura di S. Ljubić, in Monumenta spectantia historiam Slavorum meridionalium, Zagrabiae 1877-1880, II, p. 7; III, pp. 112-134); Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. It., cl. VI, cod. 105 (= 5728), cc. 1r-55v: Descrizione del viaggio per terra di Costantinopoli e delle cose principali del Paese (edita - limitatamente alle prime sedici carte, ossia alla semplice narrazione dell'itinerario percorso - da P. Matkovic, Dva talijanska putopisa po Balkanskom peluotokn iz XVI. vieka, Zagreb 1878, pp. 47-56); Arch. di Stato di Venezia, Capi del Consiglio dei dieci. Lettere di rettori, b. 263, n. 50; b. 266, nn. 19 s.; b. 273, n. 4 (si tratta di documenti relativi al sindacato in Istria, del 1566); Ibid., Sezione notarile. Testamenti, b. 1191/272. Si veda, inoltre: G. Alberici, Catalogo breve de gl'illustri et famosi scrittori venetiani..., Bologna 1605, p. 33; P. A. Zeno, Memoria de' scrittori veneti patritii..., Venetia 1662, p. 49; P. Donazzolo, Iviaggiatori veneti minori, Roma 1927, pp. 116-119; R. Paci, La "scala" di Spalato e il commercio veneziano nei Balcani tra Cinque e Seicento, Venezia 1971, p. 45; P. Litta, Le famiglie celebri ital., s. v. Erizzo, tav. I.