COLOMBINA, Gasparo
Nacque in Padova, probabilmente all'inizio degli anni Ottanta del Cinquecento, da un Camillo (Arch. di Stato di Padova, Corporaz. soppresse. S. Filippo Neri, Processi, I, 7 apr. 1644). Poco o nulla si sa intorno alla sua giovinezza, agli studi compiuti, ai circoli frequentati: se si dà retta al Tomasini che, peraltro, dovette personalmente conoscerlo e ne lasciò breve memoria nel suo Manoscritto Athenae Patavinae datato 1654 (c. 64), sebbene "literis parum instructus" fu di tal "praestantia et promptitudine" d'ingegno da superare ben presto le limitazioni, probabilmente imposte dalla modesta condizione sociale, grazie alle indefesse letture consentitegli da un impiego presso il libraio e stampatore padovano Pierpaolo Tozzi.
Prese moglie, in momento imprecisato; ma, perdutala, decise l'"altiorem vitae rationem assumere" che, da qualche tempo, ormai "librarii exercitationem spernens", aveva in mente; e, lasciato il secolo, si fece chierico e, quindi, prete (ibid.). S'ignora quando il proposito ebbe concreto compimento: certo, prima del 2 febbr. 1622 allorché, già sacerdote, venne accettato tra i fratelli dell'Oratorio di S. Girolamo di Padova (Padova, Arch. parrocchiale di S. Tomaso, Quad. A, c. 13r): nel momento, dunque, in cui, a seguito della canonizzazione intervenuta in quell'anno, la confraternita associava il nome del fondatore Filippo Neri a quello del titolare. Ivi, "summo fervore" e "cum plurimum ingenio et bonis moribus" (Tomasini, cit.), profuse il proprio impegno nella vita del pio istituto. Corista e sacrestano il 2 ott. 1622, il 9 ott. 1623 è cassiere e il 6 ott. 1624 maestro dei novizi; prefetto il 13 luglio 1625, risulta confermato in tale ruolo il 1° nov. 1632 e il 25 luglio 1640 (Beltrame, 1966, p. 103). Il 14 sett. 1624 era stato tra i firmatari della petizione rivolta da A. M. Cortivo de Sanctis al vescovo Marco Cornaro al fine d'ottenere l'autorizzazione a erigere una congregazione di preti dell'Oratorio di S. Filippo Neri presso la chiesa di S. Tomaso Cantuariense, che si era resa vacante per la morte del parroco (Monterosso, c. 1; Cortivo de Sanctis, 1687). La dedizione devota non aveva, tuttavia, distratto il C. da interessi culturali, se non proprio contradditori, certo inattesi e sorprendenti. Nel 1623, infatti, e per i tipi di quel Tozzi che gli era stato padrone di bottega, appariva un suo Discorso distinto in quatro capitoli, rispettivamente dedicati al "disegno, e modi di esercitarsi in esso", alla "pittura, e qual deve essere il buon pittore", ai "modi di colorire, e sue distintioni" e ai "lineamenti" ed ai "colori" coi quali il "dissegnatore" e il "pittore" debbono "spiegare gli affetti principali, sì naturali, come accidentali nell'huomo secondo l'arte della fisionomia"; alla breve trattazione Filippo Esegrenio (Hesengrin) allegava una sequenza di figure in rame, esemplificative, "a giovamento delli studiosi di questa nobil Arte" de Li primi elementi della Simmetria o sia commesuratione del disegno delli corpi humani et naturali.
Il volume, erroneamente attribuito dallo Schlosser (1964) nella sua integrità allo Hesengrin, è assai raro: un esemplare, più ampio di quello descritto da C. Bianconi al Comolli (1791) e da ritenere pertanto manipolato con l'inserimento di tavole estrapolate da un'opera autonoma (Il perfetto disegno, s. l. né d.) dell'incisore, proveniente dal monastero benedettino di Praglia, si conserva presso la Bibl. univers. di Padova (Cessi, 1958),.
In ogni caso, il testo del C., pur nella schematicità dell'esposizione, rivela motivi d'interesse, sovrattutto laddove il concetto di imitazione viene risolto in un esplicito riferimento alla lezione, coloristica in primo luogo, della grande tradizione veneta cinquecentesca; ma non senza aperture al significato di un naturalismo in cui è facile cogliere suggestioni della lezione del caravaggismo lato sensu: motivi che gli studî non hanno sinora raccolto; e che meriterebbero, viceversa, d'essere considerati anche in rapporto ai contemporanei milieux culturali e artistici padovani e veneti e alla collaborazione, illuminante, proprio con l'"Esegrenio", "pittore et antiquario", amico di maestri quali il Padovanino, l'Alabardi, il Ponzoni, e frequentatore della corte di Mantova (precisamente nel 1623) come di alcuni tra i maggiori collezionisti veneziani.
Nell'anno 1625, ancora presso il Tozzi, il C. stampava Ilbuonprovifaccia per sani e amalati e, presso il Sandi (Padova), senza data ma forse nello stesso tomo di tempo, Indovinalagrillo: "operett[e]", siccome l'autore stesso nel testo dichiarava, "di passatempo, e da scherzo", e si tratta certo delle testimonianze di un estro vivace, ma non per questo distratto e finalizzato, viceversa e assai più di quanto non paia, a rispondere agli intenti, insieme ricreativi ed edificanti, dell'istituto di S. Filippo Neri. Tuttavia, l'attenzione e il gusto del C. per l'esperienza artistica rimaneva vivo e teso. Si sa che dopo l'approvazione nel 1636, da parte del governo della Serenissima, della Congregazione padovana, sancita da apposita ducale, si decideva la demolizione della vecchia chiesa di S. Tomaso e la costruzione di un nuovo edificio: il cui "disegno" - giusta il contratto stipulato col capomastro Bortolo da Verato il 27 luglio 1639 a cantiere già aperto - era stato preparato dal C. (Arch. di Stato di Padova, Corporaz. soppresse, S. Filippo Neri, Instrumenti, I, n. 33) che sovrintese personalmente ai lavori, conclusi, giusta perizie del proto Andrea Almerigo del 5 aprile e del 7 luglio, nel 1640. Secondo una plausibile ipotesi del Cessi (1958), in precedenza il C. doveva aver fornito il progetto dell'oratorio dei SS. Girolamo e Filippo, eretto a partire dal 1626 grazie ad un lascito testamentario di Paolo Emilio Dotto, ma in seguito distrutto; è probabile che avesse pure approntato i disegni per la casa-oratorio dei filippini, eseguiti però al di là della sua morte e con larghe modifiche dopo il 1653 (Cessi, 1958).
Resta, quindi, a testimoniare la sua attività d'architetto solo la chiesa di S. Tomaso: il suo impianto, composto e di severa semplicità risentita dei modi scamozziani, rinvia alla coerenza della vocazione neocinquecentesca del Colombina. Il quale, di sicuro ancor presente nel 1642 a Padova dove risulta acquistare casette nel quartiere di S. Anna (Arch. di Stato di Padova, Corporaz. soppresse, S. Filippo Neri, Processi, I, 15 febbr. 1642), se ne allontanò di lì a poco (ibid., 15 apr. 1644) per raggiungere Venezia: e sarà stato, magari, nella condizione sgradevole di "proscriptus" e per "malevolentiorum hominum invidia" (Tomasini, cit.). Certo si è che, ospitato presso palazzo Gussoni a S. Fosca (e nella chiesa di S. Fosca - giusta un suo stesso accenno testamentario - officiava), appare ben presto in comunicazione con un circolo artistico al quale potrebbe essersi indirizzato grazie al rapporto a suo tempo intrattenuto con lo Hesengrin, divenendo consigliere ed affettuoso amico dei pittore Ermanno Stroiffi (Beltrame, 1966), a sua volta intimo di quel Bernardo Strozzi che, precisamente a S. Fosca, il 2 ag. 1644, troverà sepoltura. Dopo aver licenziato, per i tipi di G. Hertz (Venezia) nel 1648, il volume Il perfetto re e sacerdote spirituale, che rivela la pubblicistica del C. ormai energicamente orientata sui temi della vocazione religiosa ma senza spunti di originalità nelle scelte e nella trattazione, il C. accettò, l'anno appresso, un invito a Udine come preposito di quella costituenda casa dei filippini: nel 1651 pubblicò nella città friulana, presso lo Schiratti, una Pratica della dottrina di Cristo, ripromettendosi di mandare alla luce, "a Dio piacendo" siccome personalmente attesta (p. 31), una serie di altre operette su temi spirituali. Ma, il 22 luglio, dettava testamento sul letto di morte (copia in Arch. di Stato di Padova, Corporaz. soppresse, S. Filippo Neri, Instrumenti, I, alla data): si sa che immutato restava il suo affetto per lo Stroiffi in procinto ormai d'entrare anch'egli nella congregazione filippina, ed è accertato che possedeva una notevole biblioteca e una collezione d'opere d'arte, tra le quali l'immagine "miracolosa" (Tomasini, 1654) di S. Filippo Neri dipinta da Giambattista Pellizzari, tuttora conservata presso la chiesa di S. Tomaso a Padova (Beltrame, 1966), e "alcuni pezzi d'arazzi di Paolo Veronese", forse ottenuti per il tramite dello Hesengrin.
Morì a Udine in quello stesso 1651. Un Ritratto di sacerdote dello Stroiffi, già nella coll. Kieslinger di Vienna, da altri ritenuto autoritratto del pittore, fissa probabilmente le sue fattezze (Cessi, 1958) e potrebbe identificarsi col dipinto ch'era stato posto in sua memoria nella casa dei filippini di Udine (Tomasini, ms.).
Fonti e Bibl.: Oltre alle referenze archivistiche citate nel testo, vedi Arch. di Stato di Padova, Corporaz. soppresse, S. Filippo Neri, Processi, IV, Nota della vendita della chiesa di S. Tomaso; Processi, III:P. G. M. Monterosso, Memoria..., 12 maggio 1632; Padova, Bibl. civica, ms. B. P. 1481, I: 1. Ph. Tomasini, Athenae Patavinae, c. 64; Id., Vita della beata Beatrice d'Este, Padova 1654, App.; A. M. Cortivo de Sanctis, Opere spirituali, Padova 1687, pp. n. n.; A. Comolli, Bibl. storico-critica dell'architettura civile ed arti subalterne, III, Roma 1791, pp. 61 s.;G. A. Moschini, Guida per Padova, Venezia 1817, p. 103; G.A. Moschini, Delle origini e dello sviluppo della pittura in Padova, Padova 1826, p. 106 n. 1; N. Pietrucci, Biografie degli artisti padovani, Padova 1858, p. 82; F. Cessi, G. C., I, L'uomo, in Padova, n. s., III (1957), 11-12, pp. 20-25; Id., G. C., II, L'architetto, ibid., IV (1958), 1, pp. 15-18; Id., G. C., III, I continuatori, ibid., 2, pp. 14-17; Id., Il pittore Filippo Esegrenio e i suoi libri di disegni al Museo di Padova, I, ibid., 5, pp. 10-14; J. Schlosser Magnino, La letter. artistica, a cura di O. Kurz, Firenze- Wien 1964, pp. 625 s.; D. G. Beltrame, Storia e arte in S. Tomaso..., Padova 1966, passim; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 248.