VISCONTI, Gaspare (Gasparino). – Figlio di Uberto (Berto, Berteto, Alberto, Oberto)
, nacque con ogni probabilità tra il 1340 e il 1350. Non è conosciuta l’identità della madre. La sua era una delle tante linee laterali viscontee dotate di fortezze e signorie nel Milanese, oltre che di influenza in città e a corte: si trattava della discendenza di un Pietro Visconti zio di Matteo I, signore di Milano.
A questo ramo spettava in particolare il controllo di quattro dei castelli siti nell’area di più antico radicamento signorile della famiglia, a nord-ovest del centro urbano: le fortezze di Fagnano, Cassano Magnago, Albizzate, Caidate.
Uberto, padre di Gaspare, ancora vivo nel 1406, fu certamente uomo di grande fiducia di Galeazzo II e poi del figlio Gian Galeazzo. Nel 1385 divenne infatti podestà a Bergamo, appena strappata dal conte di Virtù (Gian Galeazzo) allo zio Bernabò. Quindi, per ordine del signore, si spostò in altre città di massima importanza: prima a Verona, conquistata da qualche giorno (1387); e poi a Padova, all’indomani della vittoria su Carraresi (1388).
Gaspare ereditò dal padre la stretta prossimità con la corte di Pavia, e fin da giovane fu impegnato in compiti di alto prestigio e valore politico. Il suo primo incarico noto è un’ambasceria compiuta in Inghilterra nel 1367 per conto di Galeazzo II (al fine di concludere le nozze tra Violante Visconti e Lionello duca di Clarence, figlio di Edoardo III d’Inghilterra); ma sappiamo che come e più del padre anche Gian Galeazzo ebbe di Gaspare, del quale doveva essere all’incirca coetaneo, «non puoca stima» (Gualdo Priorato, 1674). Non desta sorpresa dunque apprendere che nel maggio del 1385 – nel corso delle cruciali giornate in cui operò l’arresto dello zio Bernabò – il futuro primo duca volle avere al proprio fianco proprio Gaspare, cui spettò il compito delicatissimo di condurre il prigioniero fino al carcere di Trezzo.
Gli anni successivi furono per Gaspare anni felici, onorati da nuovi incarichi di primaria importanza: abbiamo notizia di altre due legazioni in Inghilterra, ma anche di missioni presso Amedeo VIII conte di Savoia e l’imperatore Venceslao. Al principio del Quattrocento tanta dedizione gli valse l’investitura feudale del grande borgo di Arona, comprendente il lucroso dazio su tutte le merci in transito per il lago Maggiore, e si può ben dire che attorno a quelle date Visconti fosse uno degli uomini più importanti del Ducato. Nel 1402, accompagnato dall’anziano padre Uberto, partecipò in posizione di grandissimo rilievo ai funerali di Gian Galeazzo; insieme a loro c’era il giovane Pietro, figlio primogenito di Gaspare e di Oretta Beccaria, che al marito aveva portato in dote alcuni ricchi feudi pavesi.
Gaspare era a quel punto un uomo fatto, certamente più che cinquantenne, con alle spalle una già lunga carriera politica; ma il decennio di guerra civile apertosi dopo la morte di Gian Galeazzo rappresentò una fase di nuova e improvvisa accelerazione della sua carriera. Dall’estate del 1403 Milano divenne campo di battaglia tra fazioni contrapposte, e proprio Visconti si trovò a giocare un ruolo di primissimo piano nello scontro. Contrariamente a quanto afferma la storiografia più risalente (Giorgio Giulini e Pompeo Litta, valutati dubitativamente già da Felice Fossati), Gaspare non fu affatto uno dei leader del partito ghibellino nella capitale, che era capeggiato da altri membri del casato visconteo (in particolare da Antonio e Francesco Visconti di Somma, e dagli eredi di Bernabò). Nei rivolgimenti di quegli anni i ghibellini milanesi sostennero infatti una linea di netta discontinuità rispetto ai modi d’esercizio del potere del primo duca, giudicati tirannici; mentre Gaspare – insieme a quasi tutti gli uomini più vicini a Gian Galeazzo – si costituì come principale guida del composito partito (fatto tanto da uomini di tradizione familiare ghibellina, come era appunto lui, quanto da individui di retaggio guelfo) che intendeva custodire l’eredità politica e ideologica del principe defunto.
Nei primi mesi del conflitto Visconti si schierò quindi con la duchessa Caterina e il reggente Francesco Barbavara, espressione di una linea di continuità con il governo del primo duca. Fu al fianco di Caterina quando quest’ultima venne catturata a Monza (agosto 1404), e subì le rappresaglie del partito ghibellino. Quando – dopo un vorticoso alternarsi di prevalenze dei vari partiti – nel tardo 1409 si impose a Milano la preminenza del condottiero Facino Cane, appoggiato da tutti i più accesi ghibellini della capitale, Gaspare si ritrovò di nuovo a malpartito. Nell’aprile del 1410, insieme ad altri ‘giangaleazziani’ come Ottone da Mandello e il castellano Vincenzo Marliani, partecipò a un tentativo di assassinio di Cane. La macchinazione però fallì e Visconti dovette fuggire da Milano. Nella capitale tornò due anni dopo, insieme al nuovo duca Filippo Maria, quando quest’ultimo rimase padrone della situazione, a seguito della morte del fratello Giovanni Maria e di Cane, oltre che del rivale sostenuto dal partito ghibellino, Estorre Visconti.
Nella guerra intestina che travagliò Milano dopo il 1402 il trionfo di Filippo Maria, va sottolineato, rappresentò un esito di forte continuità con gli anni di Gian Galeazzo. Il nuovo principe andò ad abitare nel castello di Porta Giovia, per molti simbolo della ‘tirannia’ del primo duca; e rese omaggio alla figura della madre Caterina, uccisa dai medesimi ghibellini che costituirono fino all’ultimo i suoi più strenui oppositori. Attorno a lui si muovevano invece uomini già vicini a Gian Galeazzo e a Caterina, tra i quali spiccava – per autorità e per capacità di influenzare lo stesso principe – proprio Gaspare.
A distanza di decenni, sul finire del Quattrocento, un quasi omonimo bisnipote di Gaspare, il poeta Gaspare Ambrogio Visconti (v. la voce in questo Dizionario), celebrò l’avo sottolineando proprio il ruolo cruciale da lui avuto negli eventi del 1412, e l’ascendente conseguito sul neoduca Filippo Maria. Gaspare Visconti, scriveva il nipote nel suo poema De Paulo e Daria amanti, nel momento più buio aveva posto i suoi amici e i suoi denari al servizio della causa filippesca: «[Filippo Maria] è cavato fuor de laberinto / et posto in stato da Gaspar Vesconte / che gli darà il ducato quieto e vinto / cum amici, danari et le man pronte»; e sul nuovo duca lo stesso Gaspare aveva poi vegliato come un padre, al punto che proprio la sua morte avrebbe determinato uno scarto negativo nel regime filippesco: «et cum prudentia et forza sin che è vivo / [Gaspare] terrà Philippo in terra come huom Divo [...]. / Morto quel buon consiglio de Gasparro / extinguerasse la sua fama seco / perché Philippo deverrà bizzarro / et de la mente et de la vita ceco» (De Paulo e Daria amanti, 1495, l. VII). Si trattava delle parole encomiastiche di un più modesto ed ammirato erede, certamente; ma altrettanto certamente di parole ricche di verità.
Dopo il 1412 Gaspare divenne davvero «il più eminente personaggio della corte di Filippo Maria» (F. Fossati, in P.C. Decembrio, Vita Philippi..., 1925-1958, p. 367), ricordato dallo stesso Pier Candido Decembrio, e poi da molti altri, come il «primo» dei clarissimi che componevano l’onesta e fida familia ducale. Nonostante l’età avanzata, per più di due decenni il magnificus cavalier Gaspare fu al centro della vita politica del Ducato, influenzando in profondità le pratiche di governo del principe, e ricoprendo tanti e tali incarichi di cui è impossibile rendere conto in dettaglio (se ne veda l’elenco puntuale in F. Fossati, in P.C. Decembrio, Vita Philippi..., cit.). Operò in qualità di procuratore del duca in occasione di atti di massima importanza: investiture feudali, giuramenti di fedeltà, aderenze, pacificazioni, trattati. Fu inviato dal duca presso Sigismondo e presso il Concilio di Costanza; delegato a ricevere oratori e ambascerie. Nel suo grande palazzo milanese, «in realtà un insieme complesso di case, giardini e sedimi» prospiciente il castello (Rossetti, 2013, p. 22), si tenevano le riunioni del Consiglio segreto; e fu nel mezzo di queste stanze tutte ornate di bisse che ancora nel 1435, probabilmente più che novantenne, Gaspare trattò un accordo con alcuni emissari angioini.
Nel corso di questa sua rutilante seconda giovinezza politica Visconti ebbe tempo anche per una nuova moglie – Agnese Besozzi, sposata nel 1412 – e per un figlio, chiamato Filippo Maria, in onore del nuovo duca. Mantenne saldo il suo controllo sui castelli di famiglia e su Arona, il cui dazio nel 1417 gli rendeva più di 1500 fiorini l’anno.
Morì tra il marzo e il maggio del 1436.
Il suo imponente monumento funebre si vede ancora oggi a Milano, nella chiesa di S. Eustorgio, e fu fatto scolpire attorno al 1427 per commissione dello stesso Gaspare, ancora vivo, da un seguace di Jacopino da Tradate. Furono suoi eredi nei beni e nelle giurisdizioni i figli Pietro e Filippo Maria. E proprio al primogenito Pietro – a segno della perdurante influenza politica della famiglia – toccò nel 1450 l’onore di porre la berretta ducale sul capo del nuovo duca di Milano, Francesco Sforza.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Milano, Atti dei notai, b. 70, 17 novembre 1406 (Uberto, padre di Gaspare); 25 febbraio 1412 (per il matrimonio tra Gaspare e Agnese Besozzi); Stresa, Archivio Borromeo Isola Bella, Dazi e regalie, Arona I, Dazi e regalie, b. 1667, 13 gennaio 1417 (dazio di Arona); G.A. Visconti, De Paulo e Daria amanti, in la excellentissima citade de Milano, impresso per magistro Philippo Mantegatio dicto el Cassano, 1495. Per i dati relativi alle podesterie di Uberto Visconti, padre di Gaspare, v. Chronicon bergomense guelpho-ghibellinum, a cura di C. Capasso, in RIS, XVI, 2, Bologna 1928-1940, p. 25 (podesteria a Bergamo); Cronaca carrarese di Galeazzo e Bartolomeo Gatari, a cura di A. Medin - G. Tolomei, ibid., XVII, 1.1, Città di Castello poi Bologna 1909-1931, p. 359; P.C. Decembrio, Vita Philippi Mariae tertii ligurum ducis, in Id., Opuscula historica, a cura di F. Fossati et al., ibid., XX, 1, Bologna 1925-1958, ad ind. (in partic. pp. 367-370, lunga e fondamentale nota erudita di Felice Fossati, esito di una vasta indagine nella documentazione edita e inedita, con rinvio alle principali cronache milanesi – Bernardino Corio, Donato Bossi, Giovanni Simonetta – e un confronto con la storiografia precedente).
G. Gualdo Priorato, Vita et attioni di Gasparino Visconti, in Id., Vite et azzioni di personaggi militari e politici, Vienna 1674, ad ind.; P. Litta, Famiglie celebri italiane, Torino-Milano 1839-1846, Visconti, tavola XI; G. Giulini, Memorie spettanti alla storia, al governo ed alla descrizione della città e campagna di Milano ne’ secoli bassi, V-VI, Milano 1856, ad ind.; A. Colombo, L’ingresso di Francesco Sforza in Milano e l’inizio di un nuovo principato, in Archivio storico lombardo, s. 4, III (1905), 6, pp. 297-344, 7, pp. 33-101 (incoronazione F. Sforza); F. Cengarle, Immagine di potere e prassi di governo. La politica feudale di Filippo Maria Visconti, Roma 2006, pp. 20 nota, 23 nota, app. 11; Ead., Feudi e feudatari del duca Filippo Maria Visconti. Repertorio, Milano 2007, ad ind.; E. Rossetti, Sotto il segno della vipera. L’agnazione viscontea nel Rinascimento: episodi di una committenza di famiglie (1480-1520), Milano 2013, p. 22 (palazzo e commissioni di Gaspare); S. Buganza, I Visconti e l’aristocrazia milanese tra Tre e primo Quattrocento: gli spazi sacri, in Famiglie e spazi sacri nella Lombardia del Rinascimento, a cura di L. Arcangeli et al., Milano 2015, pp. 129-167 (tomba in S. Eustorgio); Il ducato di Filippo Maria Visconti, 1412-1447. Economia, politica, cultura, a cura di F. Cengarle - M.N. Covini, Firenze 2015 (in partic. F. Del Tredici, Il partito dello Stato. Crisi e ricostruzione del ducato visconteo nelle vicende di Milano e del suo contado (1402-1417), pp. 27-69, per il 1402-12, e ad ind.); F. Del Tredici, Un’altra nobiltà. Storie di (in)distinzione a Milano. Secoli XIV-XV, Milano 2017, pp. 167-184; Id., La libertà dei ghibellini. Fazione e dialettica costituzionale a Milano, in Gaspare Ambrogio Visconti e la Milano di fine Quattrocento, a cura di S.M.S. Albonico, Roma, in corso di stampa.