SPONTINI, Gaspare Luigi Pacifico
Musicista, nato a Maiolati (Ancona) il 14 novembre 1774, ivi morto il 14 gennaio 1851. Figlio di un modesto calzolaio, fu posto a studiare lettere nel seminario di Iesi. Ma le sue attitudini musicali persuasero i parenti a fargli studiar musica. Tra i suoi primi insegnanti è da ricordare Niccolò Bonanni. Il 1° gennaio 1793 lo S. entrò nel Conservatorio della Pietà dei Turchini, a Napoli, ove ebbe a insegnanti il Sala e il Tritto. Il 28 ottobre 1795 fuggì a Roma ove, al teatro Pallacorda, fece rappresentare con vivo successo una sua farsa musicale I Puntigli delle donne. Sulle stesse scene, nel carnevale del 1797 fece rappresentare un'altra farsa, L'Eroismo ridicolo, ossia La finta filosofa, e nel carnevale 1798 la commedia Il finto pittore, mentre nell'autunno precedente, al S. Samuele di Venezia dirigeva un'altra sua commedia in due atti, Adelina Senese, ossia L'amor segreto. Nella primavera del 1798, a Firenze, metteva in scena la sua prima opera seria, Teseo riconosciuto, e due altre farse: L'Isola disabitata e Chi più guarda men vede.
Tornato a Napoli nel 1799, lo S. vi dirigeva, al Teatro Nuovo, repliche dei precedenti lavori e una commedia nuova in due atti, La fuga in maschera che andò in scena nel carnevale 1799-800. La corte di Napoli, rifugiatasi a Palermo dopo l'occupazione francese, lo chiamò a sostituire D. Cimarosa, come maestro di cappella. A Palermo fece rappresentare, nel 1800, due commedie (I quadri parlanti, Sofronia ed Olindo) e un dramma (Gli Elisi delusi); ma dovette subito allontanarsene, in conseguenza di un amore romanzesco. Nel 1801 lo troviamo prima a Roma, ove al Teatro Valle mette in scena la farsa Il Geloso e l'Audace, ossia Gli amanti in cimento, che non ebbe successo; poi a Venezia, al Teatro S. Moisé, con la farsa Le Metamorfosi di Pasquale (1802).
Recatosi a Parigi nel 1803 (dopo essersi fermato alcuni mesi a Marsiglia), là visse modestamente dando lezioni di canto. Ivi conobbe F.-J. Fétis e per suo mezzo gli Érard, celebri fabbricanti di pianoforti, coi quali doveva imparentarsi nel 1811, sposando la soave Maria Celeste Érard; strinse relazione col conte di Rémusat, ispettore dei teatri parigini, che lo avvicinò a Giuseppina di Beauharnais e a Napoleone. Nel 1804 (11 febbraio) riuscì a far rappresentare al Teatro Italiano (Sala Favart) l'opera buffa La finta filosofa, riveduta e portata a 3 atti, che ebbe grande successo. I critici parigini trovarono che lo stile dello S. si confaceva al gusto francese e lo incitarono a scrivere un'opera su libretto nella loro lingua. Scrisse infatti La Petite Maison, che andò in scena il 12 maggio 1804 all'Opéra-Comique (teatro Feydeau) e, la prima sera, cadde clamorosamente, per colpa di un licenzioso e insulso libretto. L'insuccesso risospinse lo S. verso l'opera seria e scrisse il Milton, dramma in un atto, rappresentato con successo all'Opéra-Comique il 27 novembre 1804. Con questo lavoro, che segna un grande progresso rispetto ai precedenti, lo S. mostra quanto avesse saputo profittare dallo studio dei classici e segnatamente di Gluck; profitto che doveva mostrare luminosamente nel prossimo capolavoro: La Vestale. Un'altra opera comica in un atto, Julie ou le Pot de fleurs (Opéra-Comique, 12 marzo 1805) fu accolta freddamente.
Intorno al libretto de La Vestale, tragedia lirica in 3 atti, scritta dal poeta Étienne de Jouy, lo S. lavorò con fervore tre anni e nel 1806 la partitura era pronta, ma la rappresentazione fu ritardata da ostacoli e ostilità di ogni genere, vinte dalla sua tenacia e dalla protezione dell'imperatrice Giuseppina, che lo aveva nominato particolare compositore della sua camera. Per rendersi bene accetto sempre più ai sovrani, lo S. compose, subito dopo la battaglia d'Austerlitz, una cantata in lode di Napoleone, su banale libretto di Luigi Balocchi, L'eccelsa gara, che fu eseguita nel teatro dell'imperatrice (Sala Louvois) l'8 febbraio 1806. La musica, male ispirata dal libretto, nonostante molti bei pezzi, riuscì alquanto noiosa.
La prima esecuzione della Vestale ebbe luogo il 15 dicembre 1807 nel teatro dell'Académie Impériale de Musique (Opéra), presente l'imperatrice. Il successo fu clamoroso e duraturo: il gennaio 1830 ebbe luogo la 200° rappresentazione all'Opéra. La partitura della Vestale - di stile nuovo, originale e grandioso, le cui melodie, di ampio e nobile respiro, sono sostenute da una robusta armonia e da un vigoroso e colorito strumentale, nella quale soli, pezzi d'assieme e cori sono tutti di straordinario potere drammatico - è una delle più potenti concezioni melodrammatiche di tutti i tempi. Il Berlioz, che la ammirava in ogni sua parte, considerava lo S. il maggiore rappresentante del grand-opéra francese.
Alla Vestale seguì - su comando di Napoleone, che se ne riprometteva un fine politico - il Fernand Cortez ou La Conquête du Mexique, tragedia lirica in 3 atti, su libretto di E. de Jouy e Joseph Étienne Esménard, rappresentata all'Académie Impériale de Musique il 28 novembre 1809, alla presenza di Napoleone e dei re di Sassonia e di Vestfalia. Il successo fu calorosissimo e si ripeté ampliato quando, nel 1817, il Fernando Cortez fu ripreso, dopo molti cambiamenti apportati sia al libretto sia alla musica. Altre modifiche subì nel 1823. Giudicato in queste ultime elaborazioni, il Cortez è degno della Vestale, pur senza raggiungere la potente unità di stile della prima; esso è il poema dell'eroismo, e la musica ne rende il carattere con efficacia drammatica e ispirate melodie. Replicato dopo la caduta di Napoleone, fu spesso ripetuto fino al 1830 (248° rappresentazione all'Opéra). Anche il Cortez ebbe nel Berlioz un ammiratore entusiasta e senza riserve.
Nel 1810 lo S. assunse la direzione dell'antica "Opera Italiana", che, unita amministrativamente alla "Comédie", aveva preso il nome di "Teatro dell'Imperatrice"; direzione che lasciò due anni dopo. Nel corso del 1811 vi fece rappresentare il Pirro di G. Paisiello, con nuovi recitativi dello S. stesso, e, per la prima volta a Parigi, nella sua forma originale, il Don Giovanni di Mozart.
Caduto l'impero napoleonico, lo S. chiese la carica di direttore dell'Opera Italiana e della musica particolare del nuovo re, Luigi XVIII. Ottenne il titolo di compositore drammatico del re e una pensione, dopo però aver composto due opere d'occasione, che nulla aggiunsero alla sua fama: Pélage, ou le Roi de la Paix, due atti rappresentati all'Opéra il 23 agosto 1814, con tiepido successo; e Les Dieux rivaux, opera-ballo in un atto, scritta in collaborazione con Persuis, Berton e Kreutzer, e rappresentata con migliore successo il 21 giugno 1816 all'Opéra. L'anno seguente lo S. rimaneggiò, componendo ex novo un mirabile baccanale, Les Danaïdes di Salieri, che, riprese il 22 ottobre 1817, ottennero duraturo successo. Di lì a pochi giorni fu accordata allo S. la cittadinanza francese. Dopo queste opere di circostanza si accinse a musicare un libretto che si confaceva veramente alle qualità del suo genio; e fu l'Olympie, tragedia lirica in 3 atti di Dieulafoy e Brifaut, "imitée de Voltaire, come dice il libretto; rappresentata all'Académie Royale de Musique il 22 dicembre 1819, con successo meno caloroso della Vestale e del Cortez; minor calore dovuto alla inusitata doppia catastrofe della tragedia e a una maggiore raffinatezza della tecnica, sia strumentale che vocale, che toglie alla partitura l'impetuosità costituente il fascino maggiore delle due precitate opere. Per le scene tedesche (prima rappresentazione: Berlino, 14 maggio 1821), ove l'Olimpia ebbe maggiore e più duraturo successo, lo S., cedendo al gusto del pubblico, modificò profondamente la tragedia, dandole un lieto fine, ma sciupando la grandiosità tragica della prima versione.
Federico Guglielmo III, re di Prussia, trovandosi nella primavera del 1814 a Parigi, sentì all'Opéra la Vestale e il Cortez, e ne riportò profonda impressione, e nell'agosto 1819 chiamò lo S. a Berlino per metterlo alla direzione della sua musica e del teatro reale. Il 28 maggio 1820 lo S. prendeva possesso del suo ufficio in un momento tutt'altro che propizio per un musicista italiano, mentre ferveva in Germania un risveglio di nazionalismo musicale (il Freischütz di C. M. Weber apparve il 18 giugno 1821), concretantesi in una lotta accanita contro l'opera italiana. Ancor prima che lo S. giungesse a Berlino, il conte Brühl, intendente del teatro reale di Berlino, iniziò contro di lui una campagna diffamatoria, che doveva poi proseguire, con accanimento, il giornalista L. Rellstab; campagna cui il carattere impulsivo dell'orgoglioso e puntiglioso maestro dava a volte nuova esca, che ne amareggiò l'esistenza e che lo condusse persino sulle soglie del carcere; ma nonostante la quale lo S. riuscì a mantenere il suo posto per ben ventidue anni, protetto e favorito dai re di Prussia, sostenuto da una eletta parte dell'opinione pubblica. La sua attività a Berlino si manifestò, oltre che con la direzione del teatro reale e della musica di corte, con la composizione delle seguenti opere: Lalla Rookh (27 gennaio 1821) opera-balletto, o meglio musica di scena per il poema di Tommaso Moore, contenente pagine di delicata bellezza; Nurmahal, oder das Rosenfest von Kaschmir (27 maggio 1822) opera in due atti, su libretto di Herklotz, dal precitato poema di Moore, per la quale lo S. si servì di alcuni brani dell'opera-balletto precedente, del suo baccanale delle Danaïdes e persino di un'aria de Les Dieux rivaux; Alcidor (23 maggio 1825) su soggetto fantastico, tratto da un vecchio libretto di Rochon de Chabannes, opera priva d'interesse drammatico e che non seppe ispirare allo S. che qualche rara buona pagina; Agnes von Hohenstaufen (1° atto il 28 maggio 1827, intera il 12 giugno 1829, rifatta il 6 dicembre 1837) opera in 3 atti, su libretto di E. Raupach, di soggetto medievale tedesco. Con quest'ultima partitura, rimasta inedita, lungamente elaborata e racchiudente ampia vena melodica, ricchezza d'armonie e di coloriti orchestrali, lo S. chiudeva la sua carriera teatrale: ed era la partitura da lui prediletta. Con essa il maestro, dando prova della duttilità del suo ingegno, molto si avvicinò allo stile dei compositori tedeschi suoi contemporanei; ma non gli giovò, ché, dopo l'Agnese, la campagna diffamatoria contro di lui si accanì sempre più.
Nell'autunno-inverno del 1838-39 lo S. fece un viaggio in Italia, durante il quale presentò al papa Gregorio XVI, che lo nominò conte di S. Andrea, un suo progetto di riforma della musica sacra: poi si recò a Parigi, ove ottenne, all'Académie des Beaux-Arts, il posto rimasto vacante per la morte del Paer. Tornato a Berlino vi passò ancora due anni, dopo la morte di Federico Guglielmo III (7 giugno 1840), durante i quali le questioni coi suoi avversarî si inasprirono e lo inasprirono. Nell'autunno del 1841 fece un viaggio a Parigi e nel luglio del '42 lasciò definitivamente Berlino per la capitale francese, pur conservando, per la liberalità del nuovo re di Prussia, titoli ed emolumenti. Gli anni dal 1843 al '48 lo S. li trascorse in continui viaggi, specialmente in patria, e in continue opere di beneficenza. Nel 1850 tornò a stabilirsi in Italia.
Il posto che lo S. occupa nella storia del melodramma italiano - italiano perché, sia in Francia sia in Germania, egli si mantenne sempre compositore nostro, per la qualità della melodia e per la limpidezza delle armonie - è posto di primissimo ordine. Con i suoi capolavori del periodo francese, durante il quale trovò poemi e ambiente consoni al suo spirito, lo S. è il vero rappresentante musicale di quello speciale momento di esaltazione eroica, che s'impersona nel nome di Napoleone Bonaparte. Degna di nota è anche la sua straordinaria capacità di direttore d'orchestra. Oltre alle composizioni citate, lo S. ha lasciato frammenti di altri melodrammi, rimasti allo stato di progetto: musica sacra, musica vocale da camera, cantate, pezzi per banda militare (scritti per il re di Prussia) e poche altre cose.
Bibl.: L. de Loménie, S. par un homme de rien, Parigi 1841; C. M. Oettinger, S., Lipsia 1843; R. Rochette, Notice historique sur la vie et les ouvrages de M. S., Parigi 1862; R. Wagner, Souvenirs sur S., in Oeuvres en prose, VII, Parigi 1913; Ph. Spitta, S. in Berlin, in Zur Musik, Berlino 1892; A. Pougin, Les dernières années de S., in Riv. mus. it., 1922; G. Radiciotti, S. a Berlino, in Il pianoforte, 1925; C. Bouvet, S., Parigi 1930.