INVREA, Gaspare (pseudonimo Remigio Zena)
Nacque a Torino il 23 genn. 1850 dal marchese Fabio e da Teresa Galleani d'Agliano (che, seguendo un'antica consuetudine, aveva voluto partorire nella casa torinese dei genitori). Appartenente a una famiglia della più alta nobiltà genovese che, attestata su posizioni fortemente clericali e conservatrici, annoverava fra gli ascendenti ben quattro dogi oltre a numerosi magistrati e uomini politici, fu educato presso scuole e istituti religiosi. Conseguita la licenza liceale nel 1867, si iscrisse a Genova alla facoltà di giurisprudenza, ma presto lasciò gli studi per arruolarsi nell'esercito pontificio; a Roma rimase fino alla conquista della città da parte delle truppe italiane. Conseguita la laurea a Genova nel 1873, l'anno dopo si sposò a Fossano con Flavia Alliaga-Gandolfi di Ricaldone, figlia del conte Camillo e di Ernestina Avogadro Lascaris; dal matrimonio nacquero le figlie Maria Teresa ed Ernestina. Nel 1875 entrò nella magistratura civile, presso la procura generale del re a Genova, iniziando una carriera che lo avrebbe visto ricoprire svariati incarichi in numerose città dell'Italia e in Africa: passato nel 1876 al tribunale militare di Genova, nel 1878 fu sostituto avvocato fiscale a Salerno, per tornare l'anno successivo, con il medesimo incarico, a Genova.
Sono questi gli anni in cui maturarono gli interessi letterari dell'I., con la collaborazione a numerose riviste, tra cui la Rassegna nazionale, La Rivista paglierina, La Farfalla, Il Preludio, Intermezzo, la Cronaca bizantina, Frou-Frou; i più significativi interventi critici sono stati raccolti da E. Villa nel volume Verismo polemico e critico (Roma 1971). Fin dall'inizio l'I. adottò per i suoi scritti lo pseudonimo di Remigio Zena (a eccezione della rubrica Libri e giornali, da lui tenuta nella Cronaca bizantina fra il 1883 e il 1885, dove si firmava O. Rabasta). Dopo la prova dialettale di Zena do 1878 canson (Genova s.d.), nel 1880 uscirono, sempre a Genova, le Poesie grigie; il primo volume di prose fu, invece, la raccolta di novelle Le anime semplici. Storie umili (ibid. 1886).
Già nei titoli emerge la preferenza accordata dall'I. alle tematiche "in minore" e agli ambienti in cui vivono i ceti subalterni, con il rifiuto di un'idea di letteratura aulica e paludata, di tipo carducciano o dannunziano. Nel volume di versi, diviso in tre libri (Commedia, Acqueforti e Non commedia), si avverte l'influsso di un realismo scapigliato che giustifica alcuni atteggiamenti irriverenti e provocatori, di un E. Praga ma soprattutto di un O. Guerrini, del quale si rifiuta tuttavia l'estremismo scandalistico e anticlericale, per sottolineare piuttosto le maschere di una "commedia" sotto cui si nascondono ipocrisie e fariseismi.
Nel 1880 l'I. pubblicava nel Crepuscolo tre brani, Le foglie, Il brindisi e Il cavallo di legno (cui altri seguiranno, fra il 1883 e il 1885, in Frou-Frou), in un genere che, definito "ballate in prosa", rivela l'ascendente dei baudelairiani Petits poèmes en prose, per la ricerca di una scrittura breve, liricamente tesa e concentrata. Si osserva sin d'ora quella componente sperimentale che porterà l'I. a cimentarsi in forme e modi diversi, richiamandosi a esperienze anche lontane fra loro, come quelle del verismo e del decadentismo, ma sempre con la misura di un equilibrio alieno da soluzioni estreme.
Nelle Anime semplici sono raccolte cinque novelle, Serafina, Le idee di Maestro Hoffmann (Storia grigia), Il canonico, La Bricicca in gloria e Il tifo. Se nella seconda si avvertono ancora le suggestioni del fantastico nordico, romantico-scapigliato, la direzione è già quella di un verismo bozzettistico che, non privo di inflessioni ironiche, caratterizza gli altri testi, dove si fa più evidente la propensione verso un linguaggio che si atteggi al parlato; La Bricicca in gloria, in particolare, che rielabora una precedente redazione (Le figlie della Bricicca, apparsa nel 1883 in Frou-Frou), rappresenta l'inizio di quello che sarà il romanzo più importante dell'I., La bocca del lupo.
Nel 1886 l'I. fu inviato a Chieti e, dopo un anno, a Massaua. Nominato nel 1888 avvocato fiscale, fu destinato alla sede di Palermo, da dove, nel 1890, passò nuovamente a Massaua. Tra il 1891 e il 1892 fu per pochi mesi a Firenze presso il tribunale militare, per ricoprire poi il medesimo incarico a Milano, dove si fermò fino al 1897.
Nel 1887 aveva dato alle stampe il resoconto di un suo viaggio, In yacht da Genova a Costantinopoli (Genova), una sorta di "giornale di bordo" (recita il sottotitolo) che, presentandosi come una forma mista (vi compaiono riflessioni letterarie e poesie), poco concede al gusto allora assai diffuso dell'esotico (esplicita è la polemica nei confronti del De Amicis di Costantinopoli), ma tende piuttosto a ripiegarsi sull'analisi di sé e delle proprie ripercussioni interiori.
Nel 1892 l'I. pubblicò il romanzo La bocca del lupo (apparso dapprima a puntate in Folchetto, tra febbraio e luglio del medesimo anno) e, nel 1894, i versi di Le pellegrine (entrambi i volumi uscirono a Milano presso Treves). La bocca del lupo segna la piena adesione ai temi e alle forme di una poetica verista per cui molto ebbe a contare l'esempio verghiano, del Verga dei Malavoglia in particolare.
Il narratore si esprime qui attraverso un lungo monologo che, adottando un punto di vista prossimo a quello dei personaggi del racconto, mette in risalto la scioltezza e la vivacità di una scrittura tendenzialmente vicina al parlato popolare, con le sue sprezzature sintattiche, gli anacoluti, la coloritura delle espressioni idiomatiche e proverbiali. La vicenda, ambientata in un quartiere della vecchia Genova, riprende la figura della Bricicca, una popolana energica e spregiudicata, che, per combattere la miseria, vive di occupazioni precarie e di espedienti, fino a quando, scoperta come tenutaria di un banco del lotto clandestino, verrà arrestata e incarcerata. L'umanità che si muove intorno a lei, e che ne condivide i bisogni e le preoccupazioni, è vista nella sua lotta quotidiana, fra pettegolezzi e rivalità, desiderio di apparire e rassegnata accettazione delle sconfitte. Al destino dei "vinti", ripercorso senza concessioni populistiche o cadute moralistiche, non sfuggono le tre figlie delle Bricicca: la bella e ambiziosa Marinetta, che, assecondata dalla madre e circuita da una sorta di losco protettore, finirà per darsi alla prostituzione; Angela, ingenua e altruista, che morirà in un letto di ospedale; l'ignorata e quasi ripudiata Battistina, che, fattasi suora, parte alla fine per il Sudamerica. La seconda raccolta poetica, Le pellegrine, è divisa in quattro parti (L'Idumea, I vani orizzonti, Le suggestioni e Damasco) e risente delle influenze dei prediletti poeti francesi, parnassiani e simbolisti, con una ricerca di novità metriche che rivela, anche nei divertimenti satirico-ironici, una notevole abilità tecnica; la sezione conclusiva pone al centro il problema di una fede che, pur se convinta, non risulta mai frutto di una supina accettazione.
Nel 1897 l'I. pubblicava ancora, nell'Almanacco delle famiglie cristiane, il racconto Confessione postuma, poi raccolto in volume (Torino 1977) da A. Briganti, con il sottotitolo Quattro storie dell'altro mondo, insieme con altri tre testi narrativi rimasti inediti (La cavalcata, L'invitata e La pantera). Tali prove esemplificano l'altra maniera narrativa dell'I., che, incline al fantastico, ricrea atmosfere oniriche e parapsicologiche in cui si affievoliscono i confini fra il reale e l'irreale, la vita e la morte. Ma anche in questo caso l'I. evita le esasperazioni, riconducendo quasi gli eventi soprannaturali all'interno del miracolo cristiano: in Confessione postuma un sacerdote viene inesplicabilmente condotto a visitare una peccatrice che, morta il giorno prima, torna in vita per poter essere confessata. Per cura di S. Jacomuzzi è uscito, infine, il racconto L'ultima cartuccia (Milano 1983).
Tra il 1897 e il 1899 l'I. svolse le sue mansioni a La Canea, nell'isola di Creta, presso il tribunale internazionale; poi tornò a ricoprire il suo incarico a Milano, dove rimase fino al 1907. In questo periodo pubblicò il secondo romanzo, L'apostolo (Milano 1901), e una nuova raccolta di poesie, Olympia (ibid. 1905).
In alcune osservazioni manoscritte (citate da E. Villa in Scapigliatura e verismo a Genova, Roma 1969, p. 333) L'apostolo è definito dall'I. un "romanzo d'ambiente clericale moderno, o per meglio dire, cattolico militante: pellegrinaggi, congressi, comitati, commemorazioni di Pio IX, udienze in Vaticano di Leone XIII, funzioni religiose, esercizi spirituali, giornalismo[…] ecc. formano lo sfondo del quadro". Su questo sfondo, che l'autore si è proposto di "descrivere con verità, senza sarcasmi, senza pregiudizi, senz'astio" attraverso l'adozione di un linguaggio più formalmente composto, spiccano le crisi spirituali del protagonista, che, deciso di consacrarsi al sacerdozio, si innamora di una giovane volubile, la quale, dopo averlo abbandonato, cercherà invano di tornare da lui. Nelle poesie di Olympia diventa esclusivo il gioco ironico e satirico, che, investendo un intero costume culturale, si esercita nominalmente, pur senza acredine, sui protagonisti della letteratura, del giornalismo e dell'editoria del tempo.
Da ultimo l'I. fu chiamato a esercitare le sue mansioni a Roma, fino a quando, collocato a riposo nel 1914, si ristabilì definitivamente a Genova, dove morì l'8 sett. 1917.
Fonti e Bibl.: I manoscritti dell'I. sono conservati a Genova, presso la Società ligure di storia patria: un elenco si legge nel necrologio di F. Poggi, G. I., in Atti della Società ligure di storia patria, XLIX (1919), 1, pp. 134-160 (con partic. riferimento alle pp. 138 s., 153), e nella monografia di E. Vivaldi, Remigio Zena, Genova 1930, pp. 221-224. Altri interventi e studi critici: L. Capuana, in Libri e teatro, Catania 1892, pp. 143-154; A. Varaldo, Per la morte di Remigio Zena, in Fior d'agave, Milano 1924, pp. 379-391; Id., Remigio Zena (con poesie inedite), in Nuova Antologia, 1° giugno 1930, pp. 379-391; A. Baldini, Stonature di cinquant'anni fa. La Farfalla petroliera, ibid., 16 giugno 1931, pp. 503-508; V. Silvi, Scoperte in biblioteca, in L'Italia letteraria, XI (1935), 1, p. 9; C. Pariset, Un ricordo del poeta genoveseG. I., in Giorn. stor. e letterario della Liguria, XIV (1938), 2, pp. 122 s.; V.A. Castagnaro, I cavalieri dello Spirito, in Humanitas, V (1950), gennaio, pp. 92-103; B. Croce, Remigio Zena, in La letteratura della nuova Italia, VI, Bari 1950, pp. 91-103; S. Rotta, Remigio Zena, verista genovese, in Genova, XXXI (1954), 4, pp. 14-18; G. Del Vecchio, Remigio Zena (G. I.) romanziere e poeta storico, Roma 1960; E. Villa, Remigio Zena, in Scapigliatura e verismo a Genova, Roma 1969, pp. 103-397; Id., introd. a R. Zena, Romanzi e racconti, Bologna 1971; G. Cattaneo, introd. a R. Zena, L'apostolo, Novara 1972; A. Briganti, introd. a R. Zena, Tutte le poesie, Bologna 1974; G. Spagnoletti, introd. a R. Zena, La bocca del lupo, Milano 1974; A. Briganti, introd. a R. Zena, Confessione postuma. Quattro storie dell'altro mondo, cit.; G. Luti, Letteratura e società tra Otto e Novecento, Milano 1979, pp. 182-206; S. Jacomuzzi, introd. a R. Zena, L'ultima cartuccia, Milano 1983; S. Campailla, Zena: una città e un autore, in Scrittura e società. Studi in onore di G. Mariani, Roma 1985, pp. 155-165; G. Marcenaro, introd. a R. Zena, La bocca del lupo, Genova 1989; G. Luti, Remigio Zena, in G. Bertone et al., La letteratura ligure. L'Ottocento, Genova 1990, pp. 401-442; A.T. Ossani, Capricci minimi di Remigio Zena tra Scapigliatura ed estetismo, Urbino 1991; M. Ciffariello, Una commedia inedita di Remigio Zena, in La Rass. della letteratura italiana, LXXXVIII (1994), 1-2, pp. 170-195; P. De Ventura, Forestierismi e neologismi nella lingua poetica di Remigio Zena, in Studi linguistici italiani, XX (1994), 2, pp. 256-272; M. Di Giovanna, Remigio Zena narratore, Roma 1994; F. De Nicola, introd. a R. Zena, In yacht da Genova a Costantinopoli, Genova 1999; F. Merlanti, Genova tra le righe. La città nelle pagine di narratori italiani fra '800 e '900, con una premessa di F. Contorbia, Genova 2000, pp. 65-85.