COSSA (Coscia), Gaspare
Figlio secondogenito di Giovanni, secondo signore di Procida e nobile cavaliere napoletano appartenente alla guardia della regina Giovanna I, e di Ciocciola Barrile, nacque probabilmente a Napoli intorno alla metà del Trecento. Ebbe tre fratelli: Pietro, detto più comunemente Petrillo, che ereditò dal padre la signoria di Procida, Baldassarre, eletto pontefice nel 1410 col nome di Giovanni XXIII, Marino, signore di Caliginari, e una sorella, Marella.
La prima notizia sul C. risale al 1384, quando egli appare al seguito di Carlo III d'Angiò Durazzo in una spedizione partita da Napoli contro il duca Luigi d'Angiò. Successive concessioni di Ladislao di Durazzo in favore del C. lasciano intendere che la corte dei Durazzeschi dové beneficiare largamente della sua opera sia come armatore sia in qualità di esperto comandante di navi da guerra. Il 15 ott. 1390, infatti, il C. ottenne dal sovrano una rendita annua di cento once di carlini d'argento, e solo tre anni dopo, il 9 marzo 1393, ricevette, insieme con il fratello Marino. alcuni feudi nell'isola di Ischia che erano appartenuti al gastaldo Giovannello, morto senza eredi. Il 1º aprile seguente il C. acquistò, ancora in comproprietà con il fratello Marino, alcuni beni che la corte regia possedeva in Ischia, ed il 14 agosto dello stesso anno gli fu concesso dal re di ridurre in burgensatici alcuni dei feudi di cui era stato investito. Si ha notizia di un solo pagamento effettuato dalla corte napoletana in suo favore: l'8 nov. 1392 re Ladislao ordinava al suo tesoriere, Giovanni Punzetto, di versare al C. duecento once di carlini d'argento come prezzo del fitto di due sue galee.
Nel 1395, quando il Regno di Napoli era per la massima parte nelle mani di Luigi II ed il dominio di Ladislao si era ridotto quasi solamente alla città di Gaeta, il C. partecipò con due sue navi all'assedio di Napoli, per chiudere l'accesso al porto ed impedire così che dalla parte del mare giungessero rifornimenti alla città occupata. È quasi certo che il suo intervento in quell'impresa, alla quale presero parte anche cinque galee pisane e tre di Ladislao, fosse stato determinato dalle forti pressioni del pontefice Bonifacio IX, che in quell'occasione avrebbe promesso al C. la concessione della porpora cardinalizia al fratello Baldassarre in cambio del suo aiuto.
Nel 1398 il C., al comando di tre galee di Bonifacio IX, accompagnò in Francia il cardinale legato apostolico. Durante il viaggio si fermò a Genova, dove erano scoppiate, dal 1º luglio, violente lotte tra la fazione guelfa e quella ghibellina, entrambe decise a condizionare in proprio favore il governo del luogotenente francese da poco tempo instauratosi in città. Il C. fu scelto come mediatore tra le parti in lotta e svolse quindi un ruolo importante nella definizione della pace che fu conclusa il 28 luglio.
Nel 1409 il C. abbandonò la causa del re Ladislao, il quale aveva i riconquistato il Regno di Napoli e nella lotta tra i pontefici delle tre diverse obbedienze era schierato dalla parte di quello romano. La famiglia Cossa seguiva, invece, la scelta pisana del cardinale Baldassarre e ne condivideva anche le decisioni politiche. Il 17 luglio 1409il papa pisano, Alessandro V, il quale aveva rinnovato a Luigi II l'investitura del Regno di Napoli, concessagli già dal papa avignonese Clemente VII, prese sotto la sua protezione il C. e la sua famiglia, sciogliendoli dall'obbligo di vassallaggio verso Ladislao. In tal modo il pontefice aveva non solo la garanzia di poter contare sull'aiuto militare e finanziario dei C., ma privava nello stesso tempo Ladislao di un valido sostegno nella sua lotta contro Luigi II.
Dopo l'elezione al soglio pontificio di suo fratello Baldassarre, avvenuta nel maggio del 1410,il C. partecipò attivamente allo scontro tra Ladislao di Durazzo e Luigi II, combattendo per quest'ultimo che godeva dell'appoggio di Giovanni XXIII. Soprannominato "la vera aquila", fu posto al comando delle galee di Luigi II in qualità di capitano generale, grado concessogli pochi anni prima da Bonifacio IX. Dopo un primo scontro, che risultò favorevole alla marina di Ladislao, concludendosi con la cattura di cinque delle migliori navi di Luigi d'Angiò, giunse nel porto di Napoli, tra il 14 ed il 16 giugno, la flotta comandata dal C., composta di ventitré galee e due galeotte: nel giro di pochi giorni furono saccheggiate Ischia, Procida e Policastro. La reazione di Ladislao nei confronti di Giovanni XXIII e del C. fu immediata e violenta e si concretizzò con l'arresto dei fratelli di questo, Pietro, Marino e Marella, e della madre Ciocciola, che vennero imprigionati in Castelnuovo.
Da questo momento non si hanno più notizie del C. se non quella relativa alla sua morte, avvenuta a Roma il 23 nov. 1411. I suoi funerali furono celebrati solennemente nella basilica di S. Pietro e la sua salma venne sepolta nella cappella Vere Crucis.
Il C. aveva sposato Luisa Brancaccio Imbriaco (o Imbriaca) di Napoli dalla quale sembra aver avuto un unico figlio, Giovanni, conte di Troia e castellano di Castel Capuano. Questi disperse la fortuna paterna combattendo per la causa di Giovanna II e, in special modo, di Renato d'Angiò di cui fu uno dei più accaniti e fedeli partigiani nella lotta contro Alfonso d'Aragona, arrivando fino al punto di seguirlo nel suo esilio in Provenza.
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